(Questi breve
articolo, già apparso in forma leggermente più completa in una rivista
del settore, si riferisce ad una visita che il sottoscritto ha effettuato
presso la sede del presente museo nel 1995)
Il
Museo Nazionale dell'Aria e dello Spazio di Washington rappresenta senza
alcun dubbio una delle migliori strutture esistenti aventi per oggetto
l'aviazione e lo spazio.
Il
museo, inaugurato nel luglio del 1976, è articolato in numerose gallerie,
ognuna delle quali tratta un tema specifico attraverso l’esposizione dei
vari pezzi, la consultazione della documentazione fotografica, delle
schede tecniche e avvalendosi inoltre di vari video per la proiezione di
filmati.
L’esposizione
riguarda tutta la storia del volo e la conquista dello spazio, partendo
dagli inizi (e dall’aereo dei fratelli Wright, 17 dicembre 1903), fino
ad arrivare al volo ultra tecnologico ed alle missioni lunari e spaziali,
passando per i numerosi primati ed i vari conflitti. Tra gli altri, si
possono infatti ammirare l’aereo
dei fratelli Wright, il Blèriot
XI, un Albatros D.Va, uno SPAD XIII,
il Ryan NYP “Spirit of St Louis”
di Charles Lindbergh, il Bell
X-1 “Glamorous Glennis” del capitano Charles “Chuck” Yeager,
il modulo di comando dell’Apollo
11 Columbia, il veicolo lunare
della missione Apollo 17,il Grumman
X-29 ecc. ecc.
Sono
poi esposti nelle gallerie o nei percorsi di passaggio, vari dipinti (su
quadri o pareti) e numerosissime bacheche e vetrine contenenti armamenti,
uniformi, medaglie, foto, mappe, modelli, parti meccaniche, ed altro
materiale.
Fantastico,
gigantesco e suggestivo è un “murales”, nel quale in primo
piano è dipinta l’imponente sagoma di un Boeing B. 17G,
raffigurato in volo sul territorio germanico che assieme ad altre Fortezze
Volanti sono sottoposte ad un attacco aereo da parte dei caccia della
Luftwaffe.
Un
fornitissimo “Museum Shop”, permette inoltre al visitatore di
acquistare quasi di tutto, potendo scegliere tra libri, riviste, stampe,
abbigliamento, ed altri numerosi articoli, tutti ovviamente con soggetto
aerospaziale. Non bisogna poi dimenticare che sono inoltre presenti punti
di informazione, guide audio e fotografiche, guardaroba, un punto
appositamente attrezzato per i bambini e vari servizi pubblici.
Tornando
alla mostra statica, ci soffermeremo esclusivamente alle gallerie
dedicate alla guerra aerea del secondo conflitto mondiale, nelle
quali sono presenti, tra gli altri, i seguenti velivoli:
-
sezione anteriore del bombadiere Martin B. 26 Marauder “Flak
Bait”, dove si ha la possibilità di poter vedere anche gli interni
della cabina.
-
North American P.51D Mustang.
l'esemplare esposto ha finiture
completamente argentee e porta, sul lato sinistro del muso, il nome
“Willit Run?”.
-
Supermarine Spitfire Mark VII,
con codici EN 474, il quale è
stato, nelle prime versioni costruite, uno dei protagonisti indiscussi
della famosa “Battaglia d’Inghilterra”, svoltasi nei cieli inglesi
nell’estate e autunno del 1940.
-
Messerschmitt Bf 109 G-6, il più
famoso e “numeroso” caccia tedesco, costruito in oltre 33.000
esemplari, che ha tra l’altro militato, anche nelle file della Regia
Aeronautica prima e della Aeronautica Nazionale Repubblicana poi, in
numerose decine di esemplari.
-
Mitsubishi A6M5 “Zero” con
la livrea verde/grigia, il caccia giapponese più famoso della guerra del
pacifico, che all’inizio del conflitto si conquistò un incredibile
fama, “terrorizzando” le forze alleate, impreparate ad affrontare un
aereo di concezione estremamente moderna e con incredibili doti di
manegevolezza.
-
Macchi C. 202 Folgore, "90-4"
il caccia italiano monoplano più conosciuto
e prodotto durante il conflitto. Il Folgore
esposto risulta essere uno dei pochissimi caccia italiani sopravvissuti al
conflitto. Tra l’altro, si tratta di uno dei due C. 202 portati negli
USA, al termine del conflitto, per essere sottoposto ad una serie di test
valutativi, prima di essere ceduto al museo per curarne il restauro e
quindi l’esposizione. Il recupero del C. 202,
iniziato nel 1974, è stato realizzato sulla scorta della
documentazione richiesta dalla Smithsonian Institution, all’Aeronautica
Macchi ed allo S.M.A.. Il restauro, almeno per quanto riguarda
l’esterno, è stato eseguito con grande accuratezza, peccato che risulti
errata l’identificazione del velivolo. Infatti, l’aereo originale,
assegnato alla 90° squadriglia del 4° Stormo “Francesco Baracca”,
operante in Africa Settentrionale nel 1942 e contraddistinto dal numero
individuale 4 in rosso, (su cui volava il sergente maggiore Amleto
Monterumici), apparteneva alla serie III e non alla IX come riportato sul
timone di direzione, mentre il numero della matricola militare era il 7796
e non il 9476. Anche lo schema mimetico, a macchie verdi rare su fondo
nocciola chiaro è corretto, anche se forse, sembra presentare le macchie
leggermente troppo rare rispetto alla mimetizzazione originale visibile
sulla documentazione fotografica dell’epoca. Comunque questi “piccoli
appunti” nulla tolgono al merito ed alla precisione con cui i
responsabili del museo hanno restaurato il più conosciuto caccia
italiano.
-
Curtiss
P40 “Lope’s Hope”, con insegne statunitensi e con la
caratteristica Shark Mouth dipinta sul muso.
- l’F4F Wildcat e l’F6F
Hellcat, i due magnifici e determinanti caccia della Grumman,
quest’ultimo tra l’altro mostrato con una semiala ripiegata.
-
Douglas Dauntless SBD-6, il bombardiere in picchiata protagonista,
assieme ai caccia Grumman, della Battaglia di Midway, svoltasi nel giugno
del 1942 e che segnò il giro di boa della guerra del Pacifico.
-
Messerschmitt 262 A-1a Schwalbe,
il caccia a reazione germanico capostipite degli aerei a reazione, che
presero definitivamente il sopravvento, su quelli a pistoni, a partire
dagli anni 50. Contraddistinto dal numero individuale 7 giallo, W.nr.
500491, era di base a Parchim, nel marzo del 1945 e apparteneva alla 9°
Staffel del Jagdgeschwader 7. Aveva in fusoliera la caratteristica fascia
rossa e blu della “Difesa del Reich” e, come stemma sul muso, un
levriero rampante. Catturato dagli americani, Il Me 262 fu prima portato
negli USA per essere provato dall’Air Force con i codici FE-111 e quindi
restaurato nel 1979.
-
Lockheed
XP-80 Shooting Star “Lulu
Belle”, primo caccia a reazione americano. Prima della conclusione
del secondo conflitto mondiale quattro P-80 furono inviati in Europa a
scopo sperimentale, due in Italia e due in Inghilterra, ma era ormai
troppo tardi per prendere parte attiva alle fasi conclusive della guerra.
-
Nel periodo in cui è stata effettuata la presente visita, si è avuta
inoltre la possibilità di vedere alcune parti del Boeing
B29 “Enola Gay”, (vista l’ingombrante mole del velivolo, era
impensabile mostrare per intero il velivolo all'interno delle sale), la
superfortezza tristemente nota per aver sganciato, sulla città di
Hiroshima, il 6 agosto del 1945, ai comandi del colonnello Paul W. Tibbets,
la prima bomba atomica della storia. Erano esposte le sezioni anteriore e
centrale, uno dei quattro motori parzialmente privo di pannellature, un
elica ed il grande timone di direzione, il simulacro della bomba
atomica, battezzata Little Boy, un modellino in scala ridotta della
superfortezza, varie foto ed articoli giornalistici dell’epoca tutti
riguardanti la prima missione nucleare.
- Nella sezione dedicata ai missili e razzi erano esposte delle due più
famose “armi di rappresaglia” tedesche, la bomba volante V-1
ed il primo missile balistico V-2.
Interessantissima
è anche la “Galleria degli Assi”, nella quale sono presenti
brevi biografie, corredate da una foto, dei maggiori assi mondiali,
incluse anche quelle del Magg.
Adriano Visconti e del Ten.
Franco Bordoni Bisleri indicati, rispettivamente con 26 e 24 vittorie,
primo e secondo asso nella graduatoria italiana.
Per
concludere non posso che confermare che il presente Museo rappresenta una
tappa obbligatoria per tutti gli appassionati di aviazione.
Paolo
Pesaresi - 3 Marzo 2001