A proposito, ripeto, il Piemontese viene scritto da circa 800 anni. Invero non è sempre stato scritto allo stesso modo, ma da oltre 150 anni ha una grafia che potremmo chiamare "classica" essendo quella usata da tutti i maggiori autori in lingua piemontese. Infine, intorno agli anni 1930, questa grafia è stata normalizzata ed assunta da tutti come ufficiale.
Riportiamo l'alfabeto utilizzato in queste note per stabilire l'ordine alfabetico (vocali in blù): a, b, c, d, e, ë, f, g, h, i, j, l, m, n, n-, o, ò, p, q, r, s, t, u, v, z. Qui il dittongo eu non è considerato vocale indipendente ma, appuno, dittongo. Un modo di includere questo dittongo come vocale nell'alfabeto, ed un ordine alfabetico "più piemontese" (ma meno immediato per chi non ne ha dimestichezza) è il seguente: a, b, c, d, e, ë, f, g, h, i, j, l, m, n, n-, ò, eu, p, q, r, s, t, o, u, v, z. Nel seguito andiamo nel dettaglio della grafia e fonologia piemontesi, mentre qui ne richiamiamo subito le principali caratteristiche, in modo che non passino inosservate, data la loro importanza. Si tratta dei suoni vocali particolari piemontesi e della loro grafia. Meglio di ogni spiegazione è sicuramente l'aggiunta dei "file" vocali che permettono di udire la corretta pronuncia. La vocale e in sillaba aperta (di regola) e la vocale é con accento acuto, sono pronunciate molto strette come in cesa (chiesa) - mangé (mangiare) La vocale e in sillaba chiusa (di regola) e la vocale è con accento grave, sono pronunciate molto aperte come in persi (pesca) - cafè (caffè) La vocale ë, che non esiste in italiano, è quasi del tutto muta, ma nonostante questo spesso regge l'accento tonico della parola (in particolare quando precede consonanti doppie). Esempio: vëdde (vedere) - dësfé (disfare) - për (per) - prësté (prestare) - ghëddo (avvio - andazzo) La vocale ò con accento grave, corrisponde alla o italiana. In piemontese il suono "o" è sempre tonico (salvo poche eccezioni, fra le quali alcuni termini scientifici, come vedremo). Ad esempio: tòla (latta) - sòtola (trottola) - cadò (regalo). La vocale o e la vocale ó con accento acuto, corrispondono alla u italiana. Ad esempio: col (quello) - ronza (rovo) - róndola (rondine). Quando l'accento tonico cade sulla penultima sillaba e la parola termina per o, quest'ultima assume (spesso) un suono intermedio tra o ed u. Questo succede anche per parecchi nomi di elementi chimici, indipendentemente da dove si trova il loro accento. Ad esempio ossìgeno (ossigeno) - aluminio (alluminio) ( il vocabolario considera caso per caso) La vocale u ha un suono che non esiste in italiano, e che corrisponde alla u francese (che è anche la u piemontese). Ad esempio: subrich (frittella) - rumenta (ciarpame) - un (uno) - ruso (ruggine). La vocale o dittongo (vei sopra) eu ha un suono che non esiste in italiano, e che corrisponde al dittongo eu francese (che è anche la eu piemontese). Ad esempio: seuli (piano) - feu (fuoco) - reu (alone) - bleu (blu). La tabella seguente illustra grafia e fonologia, con i simboli (a caratteri ASCII) di uso internazionale, tratti dal "WWWEBSTER Dictionary" ( e scritti in verde successivamente) adattati ed integrati ( simboli "æ" e "[gn]" come descritto sotto) e con l'aiuto di parole italiane inglesi e francesi. Si riporta la lista dei simboli fonetici usati
Si nota subito che nel piemontese classico, salvo italianismi, le fricative sci, sce, gli, gle non esistono, come pure i suoni della z italiana. In alcune varianti locali del piemontese, esistono comunque suoni non contenuti nel piemontese classico. Rispetto alla solita tabella di suoni che normalmente indicati, nella tabella qui di seguito aggiungiamo l'indicazione per questi suoni e, secondo anche un suggerimento ricevuto che condividiamo, il suono "u" con cui viene a volte pronunciata la "v", che, a volte, non è esattamente una "u" ma tende al suono che in inglese ha la consonante "w". useremo questo simbolo con parsimonia e con le dovute spiegazioni "sul posto".
Nel caso questi simboli vengano usati, si richiamerà l'attenzione sul fatto che appartengono a vocaboli particolari con particolare pronuncia. Fonologia e grafia delle lettere in piemontese La vocale su cui cade l'accento tonico viene preceduta, nella simbologia fonetica, da apice ( ' ) ed indicata in grassetto, mentre consonanti in grassetto indicano il suono marcato della doppia, che in piemontese è meno marcato che in italiano. Si ricorda di non confondere i simboli grafici con le lettere, e che nella simbologia utilizzata, il suono rappresentato non sempre corrisponde al suono che avrebbe il simbolo se fosse una lettera italiana. Cliccando (che termine!!!) sulla parola piemontese si può ascoltare la pronuncia.
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Note: (1) - Vedasi note sulle consonanti doppie, qui sotto. (2) - Di solito la doppia c indica c dolce (suono semplice) mentre la doppia s indica s sorda (suono semplice). Quando, però, queste doppie sono precedute da ë, allora si comportano come le altre lettere. (3) - Usata ma italianismo, la parola piemontese è: bërlichè (4) - Si trova in sillabe "collassate" e corrisponde alla brevissima vibrazione vocale necessaria a pronunciare, ad esempio, una l isolata. Spesso, comunque, serve di appoggio alla voce e pertanto sostiene l'accento tonico della parola. (5) - I suoni "rafforzati" di f, g, l, v non sembrano parte della struttura linguistica piemontese. (6) - La traduzione di questa parola non è immediata, significa tanto "antipatia" astratta, come "colui che è antipatico a...", seguito da genitivo. (7) - La doppia n ha comportamento particolare. Può seguire la regola generale delle doppie (preceduta da ë - vedi (1)-), oppure equivale alla srittura: n-n. Si tratta in realtà delle due diverse consonanti, anche se il trattino viene omesso. Non è quindi una consonante doppia. (8) - Come si vedrà nel seguito, in piemontese molte parole che iniziano per a, ë quando seguono parole terminanti per vocale, possono perdere la vocale iniziale, che viene sostituita da apostrofo. Questo per scorrevolezza fonetica. (9) - Spesso, quando le parole che contengono ò sono declinabili, coniugabili, derivate o derivabili, se nelle varie forme l'accento tonico si sposta su altra vocale, la ò diventa o e ne assume il suono (di u italiana). (10)- In piemontese non è parola molto usata o corretta, si preferisce utilizzare termini quali: gentaja (gentaglia) o perifrasi. (11)- L'accenno di pronuncia è una marcatura del suono della o che precede, o un leggero suono di o (u italiana). A volte la v, in questi casi, viene omessa. Quando la v viene pronunciata \ u \ spesso il suono si avvicina a quello della W inglese come l'iniziale della parola "what". Nota sull'uso di s, z Le regole date sono in generale valide, ma vi sono delle particolarità nel caso di s, z precedute da consonante e seguite da vocale. In questo caso, se la pronuncia richiede s sorda la scrittura è sempre con una s semplice. Se la pronuncia richiede una s dolce, in alcune parole si usa la lettera z, in altre rimane la s semplice. Quando vi è la z non vi dono dubbi ed il suono è sempre di s dolce: monze, sporze (mungere, sporgere) hanno pronuncia \m'unze, sp'orze \. Se invece vi è la s, che di norma dovrebbe suonare sempre come s sorda, vi sono alcune parole nelle quali invece suona leggermente o decisamente dolce. Così le parole dansé, sènsa (danzare, senza) suonano decisamente \ d&[ng]s'e, s'æ[ng]s& \, mentre ad esempio la parola tërsent (trecento) suona piuttosto \ t&rz'ent \. In alcune parole la differenza tra s dolce ed s sorda è determinante, in quanto il significaro cambia: basin \b&zi[ng]\ significa "bacetto", bassin \b&si[ng]\ significa "bacinella, mastello". Nota sulle consonanti doppie Appare evidente che il piemontese utilizza molte meno consonanti doppie, rispetto all'italiano. Queste poi, spessissimo sono precedute dalla vocale ë. A questo proposito vediamo un momento, a partire dal capostipite : il latino, come, in italiano, francese e piemontese si sono formate alcune parole. Il latino aveva alcune parole con lettere doppie, come littera = lettera ; mittere = mandare ; bellum = guerra tussis = tosse ; currere = correre e così via. In italiano, tutte queste parole danno origine, in modo diretto e/o derivato, a parole che contengono le stesse lettere doppie. Ad esempio:lettera, letteratura, mittente, bellicoso, belligerante, tosse, correre In francese vi è ancora la tendenza a mantenere la doppia, ma non sempre, mentre, almeno nella pronuncia, la parola tende a contrarsi (vocale finale muta o assente). La doppia viene pronunciata in modo meno marcato. Ad esempio: lettre (pr. lettr&) = lettera ; mission (pr. missio[ng]) = missione ; belliqueux (pr. bellik[oe]) = bellicoso tousser (pr. tuss'e) = tossire Negli esempi precedenti, in piemontese la doppia t, la doppia r e la doppia l scompaiono, la doppia s rimane solo ad indicare la pronuncia di s sorda, ma non si pronuncia doppia, nemmeno lievemente (lo stesso vale per le doppie c, g). Si ha: litra (pr. litr&) = lettera ; mission (pr. misiu[ng]) = missione ; belicós (pr. belik'uz) = bellicoso ; tosse (pr. tuse) = tossire Altro esempio di "fonte di doppie" per l'italiano, sono le parole derivate dai verbi latini con prefisso ad+verbo quali admittere, adpetere, advocare da cui in italiano derivano parole quali ammettere, ammissione, appetito, avvocato, dove la d del prefisso si trasforma nella consonante seguente e forma lettera doppia. In francese a volte la d rimane (admettre) a volte si trasforma in doppia (appetit) a volte scompare semplicemente (avocat). In piemontese in ogni caso scompare e non si forma la doppia: amission, aptit, avocat Anche i nessi latini ct. pt hanno originato, di norma, doppie in italiano e non in piemontese e francese, come negli esempi esguenti: Accusativo lat. lactem, in ital. latte, in fran. lait, in piem. lait Accusativo lat. noctem, in ital. notte, in fran. nuit, in piem. neuit Part. pass. lat. factus, in ital. fatto, in fran. fait, in piem. fait Numerale lat. septem, in ital. sette, in fran. sept, in piem. set In queste derivazioni si nota una maggiore vicinanza del piemontese al francese, che non all'italiano (in altri casi non è così). Il piemontese tende a non utilizzare le doppie, nel caso queste ci siano, a contrarsi è la vocale precedente che si trasforma in una brevissima ë. In effetti, anche i gruppi ss, cc, quando preceduti da ë suonano come doppie, come nella parola sëcca = secca, o nella parola spëssa = spessa. Questo sarà argomento di eventuale studio successivo. Qui accenniamo solo che la ë in questi casi porta praticamente sempre l'accento tonico della parola, ed il motivo di "rafforzamento" della consonante che segue è di facilitare la pronuncia. | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
I dittonghi e trittonghi... Utilizziamo una tabella sul tipo della precedente. Con possibilità di ascoltare la pronuncia.
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Accenti e trattino In piemontese, a parte la lettera ë che si è visto essere una lettera a sè e non una e accentata, non si usano la dieresi, l'accento circonflesso, la tilde, e la cediglia, ma solo si usano accento acuto (acent aùss), accento grave (acent grev), trattino (tratin). A proposito del trattino poi, si nota che la lettera n- non ha un "trait d'union", ma è il simbolo di una lettera a sè. L'accento acuto si usa solo sulla lettera e qualora abbia il suono stretto, ed in qualche caso sulla lettera o per il suono della u italiana accentata. L'accento grave si usa in tutti gli altri casi di accentazione. Anche qui si nota che la lettera ò è simbolo di una lettera a sè, anche se spesso l'accento tonico cade su questa lettera nelle parole che la contengono e spesso, se su parole derivate l'accento si sposta, la lettera stessa si trasforma in o con pronuncia \u\. Ad esempio robé= rubare si pronuncia \rub'e\ mentre ròbo=rubo si pronuncia \r'o-bu\. L'accento non viene sempre indicato sulle parole, in quanto non è necessario quando le parole stesse seguono le regole generali di accentazione e di pronuncia. È richiesto, o di consuetudine, nei seguenti casi: - Su finale in vocale accentata: parlé (parlare), cafè (caffè), sburdì (spaventare) - Di regola le parole terminanti per consonante hanno l'accento sull'ultima vocale. In questo caso non si indica. Se l'accento non cade sull'ultima vocale, allora si indica: véder (vetro), quàder (quadro) - Si indica sempre sulle parole sdruciole (sglissante) (accento sulla terzultima vocale) (se non vi sono possibili confusioni, a volte si "dimentica", ma non si dovrebbe): régola (regola), stiribàcola (capriola). - Sul dittongo èi quando la e è aperta: mèis (mese), fransèis (francese) - Sulle eccezioni del suono della e per indicarlo (non obbligatorio): lét (letto), amèra (amara), ciadél (baccano) - Per distinguere tra parole uguali con significati diversi:fra (fra cong.), frà (frate) A parte l'uso nella scrittura della lettera n- dove si è visto essere parte del simbolo che esprime la lettera e non "trait d'union", il trattino si usa, in un primo caso, per unire gli avverbi di luogo sì, là, lì (qui o qua, , là, lì) al nome o aggettivo che li precedono, come in: cost piàt-sì (prn. \kust pi&t-s'i\) = questo piatto qui ; col-lì e col-là (prn. \kul l'i e kul l'&\) = quello lì e quello là Un secondo uso, più importante, si ha nelle forme seguenti: a-i dove i è avverbio di luogo a-i son = ci sono a-j dove j è pronome personale a-j dis = gli dice i-i dove la prima i è pronome personale (1^ pers.) i-i vado = ci vado i-j dove la prima i è pronome personale (1^ pers.) i-j lo diso = glielo dico A questo proposito, come istruttiva curiosità, consideriamo che esistono le quattro forme ai, a-i, a-j, aj. La prima è preposizione articolata, seconda e terza sono state viste, la quarta è un nome comune e significa aglio.
- Il pronome personale i (io) a volte si sente pronunciare \e\ (area torinese). - In piemontere esiste il meccanismo della "prostesi" per il quale parole che iniziano con s impura (seguita da altre consonanti) o da particolari gruppi di consonanti quali ad esempio fn, se sono precedute da parole che terminano per consonante, allora aggiungono una iniziale ë. Ad esempio: n'aso strach, 'n caval ëstrach, trè fnoj, set ëfnoj (un asino stanco, un cavallo stanco, tre finocchi, sette finocchi). |
Monte Argentera La cima dell'Argentera invernale.