CIPRIANO
L’UNITÀ DELLA CHIESA CATTOLICA
Le eresie e gli scismi
1. - Il Signore ci avverte e ci
sottolinea: «Voi siete il sale della terra » (Matteo 5,13). E vuole che
siamo semplici fino all’innocenza, e tuttavia prudenti nella semplicità (Matteo
10,16). Perciò, fratelli carissimi, è necessario che noi, con cuore vigile e
attento, sappiamo prevedere e capire e fuggire le insidie dell’astuto nemico,
affinché, essendoci rivestiti di Cristo (Galati 3,27; Romani 13,14), sapienza
di Dio Padre (1 Corinzi 1,24), non manchiamo poi di prudenza nel mettere al
sicuro la nostra salvezza. Infatti, non c’è solo da temere la persecuzione, né
gli attacchi aperti che si sferrano contro i servi di Dio per abbatterli e
sopraffarli. È molto più facile difendersi nel caso in cui sono evidenti i
motivi del terrore: quando l’avversario insorge scopertamente, l’animo si
premunisce. C’è più da temere e da guardarsi, quando invece il nemico si
avvicina di soppiatto e, mimetizzato da apparenze di pace, si insinua
serpeggiante per varchi segreti, e da qui il suo nome di serpente. Tale è la
sua astuzia di sempre; tale è l’inganno subdolo e oscuro con cui tenta di
raggirare l’uomo. Così, sin dal l’inizio del mondo, sedusse e circuì con
carezzevoli menzogne l’anima inesperta e incauta nella sua credulità (Genesi
3,1). E così pure si spinse a tentare il Signore, accostandosi a lui con
cautela, come per ripetere l’insidia di sorpresa: ma ora fu riconosciuto e
respinto, e condannato all’umiliazione proprio perché scoperto e smascherato
(Matteo 4,1).
2. - Da qui, per noi, l’esempio e
l’avvertimento di fuggire le vie dell’uomo vecchio, e di camminare invece sulle
orme del Cristo vincitore (Efesini 4,20). In questo modo non ricadremo incauti
nei lacci della morte; al contrario, messi in guardia dinanzi al pericolo,
potremo ricevere e possedere l’immortalità. Ma ecco, forse potremo conquistare
l’immortalità senza osservare quei comandamenti di Cristo, mediante i quali la
morte è espugnata e vinta? Lo dichiara lui stesso, col dire: «Se vuoi
pervenire alla vita, osserva i comandamenti» (Matteo 19,17); e ancora: «Se
fate quanto vi comando, non vi chiamerà più servi ma amici» (Giovanni
15,14). Costoro, poi, egli li chiama forti e stabili, fondati sulla roccia,
irremovibili e radicati nella più provata fermezza contro tutte le tempeste e i
turbini del mondo. «Colui che ascolta — dice — le mie parole e le mette in
pratica, lo paragonerò ad un uomo saggio che ha edificato la sua casa sulla
roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e
s’abbatterono su quella casa: essa non crollò. E ciò perché era stata fondata
sulla roccia» (Matteo 7,24). Dunque, dobbiamo conformarci alle sue parole,
dobbiamo imparare e mettere in pratica tutto quello che egli insegnò e operò.
Del resto, come può dire di credere in Cristo colui che non fa ciò che Cristo
ha comandato di fare? o come giungerà al premio della fede, colui che non vuole
star fedele ai comandamenti? Costui necessariamente ondeggerà disorientato, e,
in balia dello spirito dell’errore, sarà come la polvere che il vento solleva e
si porta via qua e là. Non potrà certo avanzare nel cammino verso la sua
salvezza, colui che non si mette sulla vera via della salvezza.
3. - Ora, bisogna guardarsi non solo dai
pericoli aperti e manifesti, ma pure dalle insidie tese con l’astuzia sottile
dell’imbroglio. Ed ecco, cosa può esserci di più astuto e sottile? Il nemico,
smascherato e abbattuto dalla venuta di Cristo, dopo che la luce venne alle
genti e irraggiò il suo splendore per la salvezza degli uomini sicché i sordi
ricuperavano l’udito della grazia spirituale e i ciechi aprivano gli occhi al
Signore e gli infermi si rinvigorivano della sanità eterna e gli zoppi
accorrevano alla Chiesa e i muti articolavano con chiara voce le loro
preghiere: quel nemico, vedendo i suoi idoli abbandonati, e disertati i suoi
templi e le sue sedi a causa del gran numero dei credenti, ha escogitato un
nuovo inganno quello cioè di far cadere gli imprudenti presentandosi con
l’etichetta del nome cristiano. Ha inventato, cosi, le eresie e gli scismi per
sovvertire la fede, per corrompere la verità, per spezzare l’unità. In questo
modo, coloro che egli non può più tenere nel vicolo cieco dell’antico errore,
li raggira e li inganna per una nuova via. Strappa gli uomini proprio dalla
Chiesa e, mentre essi credono di essersi già accostati alla luce sfuggendo alla
notte del mondo, li avvolge ancora in altre tenebre senza che essi se ne
accorgano. Cosi costoro finiscono per chiamarsi cristiani senza però osservare la legge del Vangelo di Cristo; e
mentre camminano nelle tenebre, pensano di stare nella luce. Tutto ciò è opera
appunto dell’avversario, il quale attira con lusinghe nell’errore, e — come
dice l’Apostolo (2 Corinzi 11,14) — si trasforma in angelo di luce, e spaccia i
suoi ministri per ministri di giustizia: costoro chiamano giorno la notte,
salvezza la morte, e insinuano la disperazione con l’appannaggio della
speranza, e l’incredulità sotto il pretesto della fede, e dicono Cristo
l’Anticristo, cosicché frustrano sottilmente la verità con menzogne verosimili.
Ma ciò accade, fratelli carissimi, quando non ci si rifà all’origine della
verità, quando non se ne ricerca il principio, quando non si osserva la
dottrina del magistero celeste
L’unità della Chiesa
4. - Se qualcuno vuol considerare ed
esaminare queste cose, non ha bisogno di una discussione con argomenti a non
finire. La prova della fede è facile, per la sinteticità della verità. Dice il
Signore a Pietro: «Io ti dico che tu sei Pietro e sopra questa pietra
edificherò la mia Chiesa, e le porte del l’inferno non la vinceranno. A te darò
le chiavi del regno dei cieli: quanto avrai legato sulla terra sarà legato
anche in cielo, e ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto anche in cielo»
(Matteo 16,18-19) [1].
Sopra uno solo edifica la Chiesa, e a lui comanda di pascere le sue pecore. E
benché a tutti gli apostoli, dopo la sua risurrezione, abbia conferito la
stessa potestà dicendo: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi.
Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati, gli saranno rimessi; a
chi li riterrete, gli sa ranno ritenuti» (Giovanni 20,21-23), tuttavia
perché si manifestasse l’unità dispose con la sua autorità che l’origine della
stessa unità derivasse da uno solo. Anche gli altri apostoli erano certo ciò
che era Pietro, insigniti con eguale partecipazione di onore e di potestà; ma
l’inizio viene dall’unità, affinché la Chiesa di Cristo si mostri una. È questa
Chiesa una che lo Spirito Santo, nella persona del Signore, designa pure nel
Cantico dei Cantici, dove si dice: «Unica è la mia colomba, la mia perfetta
unica alla madre sua, la preferita per la sua genitrice» (Cantico dei
Cantici 6,8). Chi non conserva questa unità della Chiesa, crede forse di
conservare la fede? Chi si oppone e resiste alla Chiesa, penserà di essere
nella Chiesa? È pure il beato apostolo Paolo che insegna la stessa cosa, e
mostra il mistero dell’unità, dicendo: «Un sol corpo, e un solo Spirito, una
sola speranza della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo
battesimo, un solo Dio» (Efesini 4,46).
5. – È proprio questa unità che dobbiamo
conservare fermamente e difendere, soprattutto noi vescovi, che stiamo a capo
della Chiesa: e ciò affinché possiamo provare che anche l’episcopato è uno e
indiviso. Nessuno attenti con qualche menzogna alla fraternità, nessuno
corrompa con perfida prevaricazione la verità della fede. Uno è l’episcopato, e
ciascuno per la sua parte lo possiede tutto intero. Una è la Chiesa, mentre si
estende al largo abbracciando una gran moltitudine per la sua crescente
fecondità. È come per il sole, che ha molti raggi ma una sola è la sorgente
luminosa; come per l’albero, che ha molti rami ma uno solo è il tronco che si
erge su radice tenace; e per la sorgente, che è una sola, ma da essa sgorgano
molti ruscelli, e cosi, mentre dall’esuberanza del gettito d’acqua sembra
derivare la molteplicità, tuttavia nell’origine si conserva l’unità. Provati a
strappare il raggio del sole dalla sorgente: l’unità della luce non segue una
tale divisione. Provati a staccare un ramo dall’albero: il ramo staccato non
potrà germogliare. Provati infine a isolare un ruscello dalla sor gente, questo
ruscello, cosi tagliato fuori, inaridirà. Così, anche la Chiesa del Signore
diffonde la luce dei suoi raggi per tutto il mondo; tuttavia una sola è la luce
che sparge ovunque, e non si divide l’unità del corpo. Estende i suoi rami
frondosi per tutta intera la terra, riversa in ogni direzione le sue acque in
piena; e tuttavia non v’è che un solo principio e una sola origine; e una sola
è la madre feconda, ricca di frutti. Noi nasciamo dal suo grembo, ci nutriamo
del suo latte, siamo animati dal suo spirito.
Nella Chiesa la salvezza
6. - La sposa di Cristo non sarà mai
adultera: essa è incorruttibile e pura. Ha conosciuto una sola casa, ha
custodito con casto pudore la santità di un sol talamo. Lei ci conserva per
Dio, lei destina al regno i figli che ha generato. Chiunque, separandosi dalla
Chiesa, ne sceglie una adultera, viene a tagliarsi fuori dalle promesse della
Chiesa: chi abbandona la Chiesa di Cristo, non perviene certo alle ricompense
di Cristo. Costui sarà un estraneo, un profano, un nemico. Non può avere Dio
per padre chi non ha la Chiesa per madre. Se avesse potuto salvarsi chi restò
fuori dell’arca di Noé, allora potremmo dire che si salverà chi è fuori della
Chiesa (Genesi 7,1). Ecco quanto il Signore ci dice ammonendoci: «Chi non è
con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde» (Matteo
12,30). Colui che spezza la concordia, la pace di Cristo, è contro Cristo; e
colui che raccoglie fuori della Chiesa, disperde la Chiesa di Cristo. Il
Signore dice: «Io e il Padre siamo uno» (Giovanni 10,30). E ancora sta
scritto del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: «E i tre sono uno»
(1 Giovanni
5,7). Ebbene, può forse esserci qualcuno che creda si possa dividere
l’unità nella Chiesa, questa unità che viene dalla stabilità divina e che è
legata ai misteri celesti, e penserà che si possa dissolvere per la divergenza
di opposte volontà? Chi non si tiene in questa unità, non si tiene nella legge
di Dio, non si tiene nella fede del Padre e del Figlio, non si tiene nella vita
e nella salvezza.
La tunica di Cristo simbolo dell’unità
7. - Questo mistero dell’unità, questo
vincolo di concordia stretto alla perfezione, ci viene indicato nel Vangelo, là
dove si parla della tunica del Signore Gesù Cristo: essa non viene affatto
divisa né strappata; ma si gettano le sorti sulla veste di Cristo, sicché chi
dovrà rivestirsi di Cristo (Galati 3,27; Romani 13,14) riceva la veste intatta
e possieda indivisa e integra quella tunica. Cosi leggiamo nella divina
Scrittura: «Quanto poi alla tunica, poiché era senza cuciture dall’alto al
basso e tessuta d’un pezzo, si dissero a vicenda: Non stracciamola, ma
tiriamola a sorte a chi tocchi» (Giovanni 19,23). Lui portava l’unità che
viene dall’alto, che viene cioè dal cielo e dal Padre: tale unità non poteva
essere affatto divisa da chi la ricevesse in possesso, conservandosi tutta
intera e assolutamente indissolubile. Non può possedere la veste di Cristo,
colui che divide e separa la Chiesa di Cristo. Invece, quando alla morte di
Salomone il suo regno e il suo popolo si dividono, il profeta Achia, fattosi incontro
al re Geroboamo nel campo, strappa in dodici pezzi il suo mantello, e dice: «Prenditene
dieci pezzi, poiché questo dice il Signore: Ecco che io strappo il regno di
mano a Salomone, e darò a te dieci scettri, e due saranno lasciati a lui per
riguardo al mio servo David e per la città di Gerusalemme che io ho eletta per
stabilire lì il mio nome » (1 Re 11,31-36). Il profeta Achia strappò il suo
mantello perché Israele si divideva in dodici tribù. Ma, al contrario, poiché
non può dividersi il popolo di Cristo, la tunica di lui, tessuta tutta d’un
pezzo e senza cuciture, non sarà divisa da coloro che la possiedono: essa, cosi
indivisa, tutta insieme tessuta, mostra la stretta concordia del nostro popolo,
di noi che ci siamo rivestiti di Cristo (Galati 3,27; Romani 13,14). Egli,
dunque, col segno e il simbolo della tunica, ha rappresentato l’unità della
Chiesa.
I simboli dell’Antico Testamento
8. - Chi
perciò sarà così scellerato e perfido, e così fuor di testa per furore di
discordia, da credere che si possa dividere o che egli stesso osi divide
l’unità di Dio, la veste del Signore, la Chiesa di Cristo? Egli ci ammonisce e
ci insegna nel suo Vangelo: «E ci sarà dice un sol gregge e un solo pastore»
(Giovanni 10,16). E può forse pensare qualcuno che possano esserci in uno
stesso luogo molti pastori e più greggi? Parimenti l’apostolo Paolo ci
raccomanda la stessa unità con questa pressante esortazione: «Vi scongiuro,
fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, che tutti teniate uno
stesso linguaggio e non vi siano scismi fra voi: siate invece perfettamente
uniti in uno stesso sentimento e in uno stesso pensiero» (1 Corinzi 1,10).
E ancora dice: «Sopportandovi a vicenda con amore, studiatevi di conservare
l’unità dello spirito nel vincolo della pace» (Efesini 4,2). Ebbene, credi
tu che si possa stare in piedi e continuare a vivere, allontanandosi dalla
Chiesa, costruendosi altre sedi e dimore diverse? se pensi che a Rahab, nella
quale era prefigurata la Chiesa, fu detto: «Radunerai tuo padre, tua madre,
i tuoi fratelli, tutta la tua parentela presso di te in casa tua; e accadrà che
chi uscirà fuori della porta di casa tua, sarà colpevole della sua rovina»
(Giosuè 2,18). Parimenti, il rito della Pasqua, nella legge dell’Esodo,
prescriveva che l’agnello, il cui sacrificio era figura di quello di Cristo,
fosse mangiato in una stessa casa. Ecco le parole stesse di Dio: «Sarà
mangiato in una sola casa, e non getterete la sua carne fuori della casa»
(Esodo 12,46). Non può dunque essere gettata fuori la carne di Cristo, la cosa
santa del Signore; né ci sarà altra casa per i credenti all’infuori del l’unica
Chiesa. È questa casa, questa dimora in cui tutti si è un’anima sola, che lo
Spirito Santo indica e annunzia nei Salmi con queste parole: «Ai derelitti
Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri; solo i ribelli
abbandona in terra arida» (Salmo 67,7). Nella casa di Dio, nella Chiesa di
Cristo, vi abitano coloro che sono un’anima sola, e che perseverano in
concordia e semplicità.
L’esempio della colomba
9. - Per questo, lo Spirito Santo venne
in forma di colomba (Matteo 3,16); essa è un animale semplice e gaio, senza
amarezza né fiele, incapace di mordere con crudeltà, senza unghie che lacerino
con violenza; essa ama le abitazioni degli uomini, conosce e si affeziona a una
sola casa. Quando una coppia procrea, i due allevano insieme la prole; quando
si muovono, vanno uniti in volo; passano la vita in comune armonia; col bacio
della loro bocca dimostrano il reciproco amore di pace; in tutto adempiono la
legge della concordia. Ecco la semplicità che si deve conoscere nella Chiesa,
ecco la carità che si deve avere. Imitiamo la colomba nel l’amore fraterno, e
la nostra mansuetudine e la nostra dolcezza possano riprodurre quelle della
pecora e dell’agnello (Luca 10,3; Giovanni 21,15). Che ci sta a fare, in un
cuore cristiano, la ferocia del lupo, la rabbia del cane, il veleno mortifero
del serpente, la cruenta violenza della belva? C’è da rallegrarci che una tal
genia si separi dalla Chiesa, affinché non vengano a soffrire il contagio di
una simile compagnia, velenosa e crudele, le colombe e le pecore di Cristo. Non
possono convivere e stare insieme l’amarezza con la dolcezza, la tenebra e la
luce, la pioggia e il bel tempo, la guerra e la pace, la sterilità e la
fecondità, la siccità e le sorgenti d’acqua, la tempesta e il sereno. Non c’è
da pensare che possano uscire dalla Chiesa i buoni; il vento non porta via il
grano, né la bufera abbatte un albero ben piantato su profonda radice. È invece
la paglia leggera che viene sollevata dalla tempesta, sono gli alberi deboli
che vengono atterrati dall’irrompere del turbine. Ed è questo tipo di gente che
l’apostolo Giovanni detesta e stigmatizza, dicendo: «Si sono allontanati da
noi, ma non erano dei nostri: se infatti fossero stati dei nostri, sarebbero
rimasti con noi » (1 Giovanni 2,19).
Le eresie vagliano la fede dei credenti
10. - Da qui sono nate di frequente e
nascono tuttora le eresie: dal fatto che una mente perversa non ha pace, e che
la perfidia ribelle non osserva l’unità. Per la verità, è il Signore che
permette e lascia che esse si verifichino, — salva restando la libertà di
scelta di ciascuno. Ne viene come un criterio di verità per l’esame dei nostri
cuori e delle nostre menti: per cui risplende di chiara luce la fede integra di
chi è stato provato. Ecco come per mezzo dell’Apostolo ci ammonisce lo Spirito
Santo: «È necessario che ci siano divisioni, affinché coloro che sono stati
provati siano tra voi conosciuti» (1 Corinzi 11,19). Cosi vengono provati
coloro che sono veramente fedeli; così sono smascherati i perfidi; così già
qui, prima del giorno del giudizio, si opera la divisione fra le anime dei
giusti e degli ingiusti, e si separa la paglia dal frumento (Matteo 3,12-30).
Perciò sorgono quelli che si mettono a capo di temerari avventurieri, da sé,
senza divina disposizione, coloro che si costituiscono capi senza alcuna
ordinazione legale, che assumono il nome di vescovi senza che nessuno mai abbia
dato loro l’episcopato. Di costoro lo Spirito Santo dice nei Salmi che siedono
sulla cattedra della pestilenza (Salmo 1,1), essi, piaga contagiosa della fede,
ingannatori con la bocca d’aspide e artefici d’ogni corruzione della verità,
che sputano fuori veleni di morte con la loro lingua pestifera: la loro parola
si propaga come il cancro (2 Timoteo 2,17), il loro insegnamento introduce un
veleno mortale nei cuori e nelle anime.
11. - Contro costoro grida il Signore;
lontano da costoro egli ritrae e richiama il suo popolo errante, dicendo: «Non
state ad ascoltare i discorsi dei falsi profeti: le visioni della loro fantasia
li fanno vaneggiare; parlano, ma non per suggerimento del Signore. Dicono a
quelli che rigettano la parola di Dio: avrete pace voi e quanti camminano
secondo i propri desideri. E a chiunque segue la perversità del suo cuore: non
ti sopravverrà alcun male, Io non ho loro parlato, ed essi profetano. Se si
fossero mantenuti nella mia verità e avessero ascoltato le mie parole e avesse
ro istruito il mio popolo, io li avrei stornati dai loro pensieri malvagi »
(Geremia 23,16-22). E ancora il Signore indica e addita costoro, quando dice: «Hanno
abbandonato me, fonte d’acqua viva, e si sono scavate delle cisterne spaccate
che non possono contenere l’acqua » (Geremia 2,13). Mentre non può esserci
che un solo battesimo, essi credono di battezzare. Hanno disertato la fonte
della vita, e promettono la grazia dell’acqua di vita e di salvezza. Là gli
uomini non saranno lavati, saranno insudiciati; i peccati non saranno
cancellati, ma accumulati. Tale natività non genera figli a Dio ma al diavolo:
costoro, nati dalla menzogna, non avranno le promesse della verità, e procreati
dal l’infedeltà perderanno la grazia della fede. Non potranno certo pervenire
al premio della pace, coloro che con furore sedizioso hanno mandato in frantumi
la pace del Signore
Dove due o tre sono radunati...
12. - E non s’ingannino alcuni, — con
una interpretazione che ne svuoti di significato, — circa le parole del
Signore: «Dove due o tre saranno radunati nel mio nome, io sarò con loro»
(Matteo 18,20). I falsi interpreti che adulterano il Vangelo citano le ultime
parole e tralasciano ciò che precede, si ricordano di una parte e sopprimono
l’altra con inganno: così come essi stessi sono separati dalla Chiesa, in modo
analogo separano un’affermazione singola dal resto. Infatti, ecco quel che il
Signore dice ai suoi discepoli per esortarli all’unità e alla pace: «Io vi
dico che se due di voi si accorderanno sulla terra, qualunque cosa, che chiederete,
sarà a voi concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dove due o tre
saranno radunati nel mio nome, io sarò con loro» (Matteo 18,19-20). Con ciò
mostra che si concede moltissimo non tanto al gran numero di coloro che
pregano, quanto piuttosto alla loro unanimità. «Se due di voi si
accorderanno sulla terra», dice: ecco, prima pone l’unanimità, premette
innanzi tutto la concordia della pace. Ci insegna cosi che dobbiamo essere
sempre e strettamente uniti fra noi. Ebbene, come può essere in accordo con un
altro chi non è in accordo col corpo della stessa Chiesa e con l’intera
comunità dei fratelli? In che modo possono radunarsi due o tre in nome di
Cristo, quando si sa che essi si sono separati da Cristo e dal suo Vangelo?
Infatti, non noi da essi, ma essi da noi si sono allontanati; poiché le eresie
e gli scismi sono venuti fuori dopo, sono stati essi ad abbandonare la fonte e
l’origine della verità, fondando per sé diverse conventicole. Ma il Signore
parla della sua Chiesa, parla a quelli che sono nella Chiesa: se costoro sono
concordi, se come ha prescritto e raccomandato due o tre pregano, radunati, si,
ma unanimi, essi otterranno dalla maestà di Dio quanto chiederanno. «Dove
saranno due o tre, — dice, — io sarà con loro», e cioè con coloro che sono
semplici e pacifici, con coloro che temono Dio e osservano i precetti di Dio.
Con costoro dice di essere, anche se due o tre. Cosi fu coi tre fanciulli nella
fornace ardente (Daniele 3) i quali, proprio perché restavano con semplicità in
Dio e in unità fra loro, furono ristorati come da un soffio di rugiada mentre
erano circondati dalle fiamme. Così si fece presente ai due apostoli chiusi in
prigione (Atti 5,17), appunto perché essi erano semplici, erano unanimi; e
aprendo egli stesso le porte del carcere, li riportò fuori sulla pubblica
piazza affinché annunziassero alla moltitudine la parola che avevano fedelmente
predicata. Dunque, quando fra i suoi precetti dice: «Dove saranno due o tre,
io sarò con loro », non divide gli uomini dalla Chiesa, lui che ha
istituito e formato la Chiesa. Al contrario, rimproverando ai perfidi la
discordia e raccomandando con le sue parole la pace ai fedeli, mostra che egli
è con due o tre i quali siano un’anima sola nel pregare piuttosto che con un
gran numero di gente in disaccordo, e che si ottiene di più con la preghiera
concorde di pochi che con l’orazione discorde di molti.
13. - Perciò, anche, nel dare la norma
della preghiera, ha fatto questa aggiunta: «Quando vi mettete a pregare, se
avete qualche cosa contro qualcuno, perdonate, affinché anche il Padre vostro
che è nei cieli rimetta a voi i vostri peccati » (Marco 11,25). Inoltre,
allontana dall’altare colui che viene al sacrificio con la discordia
nell’animo, e gli comanda di andar prima a ristabilire la concordia col
fratello, e di tornar dopo, con la pace, ad offrire il sacrificio a Dio (Matteo
5,23-24). Per questo Dio non guardò alle offerte di Caino infatti non poteva
aver Dio in pace con sé, colui che non aveva la pace col fratello per la
gelosia che gli ardeva dentro (Genesi 4,5). Ebbene, quale pace si aspettano per
sé quelli che sono nemici dei fratelli? quali sacrifici credono di celebrare
coloro che sono rivali dei vescovi? Pensano forse che Cristo sia con loro,
quando sono radunati, essi che si radunano fuori della Chiesa?
Nell’unità e nell’amore è il
cristianesimo
14. - Costoro, anche se fossero uccisi
per la confessione del nome, non laverebbero la loro macchia neppure col
sangue: la colpa grave e inespiabile della discordia non può essere cancellata
neppure dal martirio. Non può essere martire chi non è nella Chiesa; non potrà
pervenire al regno chi abbandona colei che è destinata a regnare. Cristo ci ha
dato la pace, ci ha prescritto di essere d’un sol cuore e di un’anima sola, ci
ha raccomandato di conservare integri e inviolati i legami dell’amore e della
carità; perciò non potrà essere un martire colui che non osserva la carità
fraterna. Ecco ciò che insegna e afferma l’apostolo Paolo: «E se avessi la
fede fino a trasportare i monti, se non ho la carità, non sono nulla. E se
distribuissi tutti i miei averi a sostentamento (dei poveri), e dessi il mio
corpo a farmi bruciare, se non ho la carità, tutto ciò a niente mi serve. La
carità è magnanima, la carità è benigna, la carità non è invidiosa, non si gonfia,
non si irrita, non opera sconsideratamente, non pensa male, tutto ama, tutto
crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non verrà mai meno» (1
Corinzi 13). «La carità non verrà mai meno ». Ci sarà essa infatti,
sempre, nel regno: essa resterà in eterno, per l’unità dei fratelli
perfettamente stretti insieme. Al regno dei cieli non perverrà la discordia. Il
premio di Cristo — di Cristo che dice: «Questo è il mio comandamento, che vi
amiate l’un l’altro come io ho amato voi » (Giovanni 15,12) — non toccherà
a chi ha violato l’amore di Cristo con perfida disunità. Chi non ha la carità,
non ha Dio. Ascolta la voce del beato apostolo Giovanni: «Dio è amore, e
colui che rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Giovanni
4,16). Non possono rimanere con Dio, quelli che non han voluto essere unanimi
nella Chiesa di Dio. Brucino pure nelle fiamme, ed esposti al fuoco o dati alle
belve diano pure la vita: non otterranno la corona della fede ma la pena del
l’infedeltà; e ciò non sarà per loro l’esito glorioso della fortezza dei
credenti, ma la fine dei disperati. Un uomo del genere può ben essere ucciso,
non potrà essere coronato; può professarsi cristiano, ma cosi come pure il
diavolo, mentendo, spesso si spaccia per il Cristo, secondo quanto il Signore
stesso ci dice e ci avverte: «Molti verranno nel mio nome e diranno: io sono
il Cristo; e trarranno non po chi in inganno» (Marco 13,6). Come quello non
è Cristo, benché ne contrabbandi il nome per ingannarci, cosi non può essere
considerato un seguace di Cristo colui che non rimane nel suo Vangelo e nella
verità della fede.
15. - Certo, è cosa
sublime e meravigliosa profetare, scacciare i demoni e operare grandi prodigi
in terra. E tuttavia, colui che riesce a far questo non otterrà il regno dei
cieli se non cammina tenendosi sul retto e buon cammino. Lo afferma il Signore,
dicendo: «Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo
forse profetato nel tuo nome, e scacciato demoni nel tuo nome, e non operammo grandi
prodigi nel tuo nome? E allora io dirò loro: Non vi ho mai conosciuto; andate
via da me, voi operatori di iniquità» (Matteo 7,22). È dunque necessaria la
giustizia perché si possa meritare dinanzi a Dio, nostro giudice; bisogna
osservare i suoi precetti e ammonimenti, perché i nostri meriti abbiano
ricompensa. E il Signore, nel Vangelo, quando ha voluto tracciarci in poche
parole la via della nostra speranza e della nostra fede, ha detto: «Il
Signore Dio tuo è l’unico Signore... Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze. Questo il primo. Il
secondo è simile a questo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due
comandamenti dipende tutta la legge e i profeti» (Matteo 22,37). Con ciò,
ci ha insegnato contemporaneamente l’unità e l’amore, e ha racchiuso in questi
due precetti la legge e tutti i profeti. Ebbene, quale unità conserva, quale
amore può custodire e comprendere colui che nel suo insensato furore di
discordia divide la Chiesa, distrugge la fede, turba la pace, spazza via la
carità, profana il mistero?
I segni dei tempi
16. - Miei fedelissimi fratelli, questo
male già prima cominciò a diffondersi; ma adesso la funesta rovina provocata
dallo stesso male si è aggravata; e ha preso a pullulare e a propagarsi
maggiormente il veleno pestifero delle perversità ereticali e degli scismi.
Questo infatti doveva verificarsi al declinare del mondo, come ci ha predetto e
preannunziato lo Spirito Santo per mezzo dell’Apostolo: «Devi anche sapere che
negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti,
amanti del denaro, vanitosi, orgogliosi, bestemmiatori, ribelli ai genitori,
ingrati, senza religione, senza amore, sleali, maldicenti, intemperanti,
intrattabili, nemici del bene, traditori, sfrontati, accecati dall'orgoglio,
attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà, mentre ne
hanno rinnegata la forza interiore. Guardati bene da costoro! Al loro numero
appartengono certi tali che entrano nelle case e accalappiano donnicciole
cariche di peccati, mosse da passioni di ogni genere, che stanno sempre lì ad
imparare, senza riuscire mai a giungere alla conoscenza della verità.
Sull'esempio di Iannes e di Iambres che si opposero a Mosè, anche costoro si
oppongono alla verità: uomini dalla mente corrotta e riprovati in materia di
fede. Costoro però non progrediranno oltre, perché la loro stoltezza sarà
manifestata a tutti, come avvenne per quelli» (2 Timoteo 3,1). Tutto ciò
che fu predetto si adempie e avvicinandosi ormai la fine del mondo — si
realizza, con la prova insieme dei tempi e degli uomini. Più che mai, per la
furia dell’avversario, l’errore trascina in inganno, la presunzione esalta,
l’astio divampa, la cupidigia acceca, l’empietà deprava, la superbia gonfia, la
discordia esaspera, l’ira travolge.
L’opportunità di evitare gli apostati
17. - Ma noi, non lasciamoci scuotere o
turbare dall’eccesso rovinoso della perfidia di tanti; piuttosto la nostra fede
sarà corroborata dal verificarsi delle predizioni. Se hanno cominciato a
esserci di quei tali, con le deviazioni che erano state predette, gli altri
fratelli si guardino da loro, poiché anche questo è stato predetto quando Dio
ha voluto cosi istruirci: «Ma voi guardatevene! Ecco, io vi ho predetto ogni
cosa» (Marco 13,23). Vi prego, evitate la gente di tal fatta, e tenete
lontani da voi, dai vostri orecchi, come fossero un contagio mortale, le
conversazioni dannose. Sta scritto infatti: «Circonda le tue orecchie di una
siepe di spine e non stare ad ascoltare la lingua perversa » (Siracide
28,24); e ancora: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi» (1
Corinzi 15,33). Il Signore ci insegna e ci avverte di stare alla larga da quei
tali: «Sono dei ciechi — dice — che conducono altri ciechi. Ma se un cieco conduce
un altro cieco, cadranno tutti e due in una fossa» (Matteo 15,14). Va
considerato come un nemico, e va fuggito, chiunque si sia separato dalla
Chiesa. Costui è un perverso, un peccatore, uno che si è condannato da se
stesso (Tito 3,11). Crederà forse, costui, di essere con Cristo, lui che
avversa i sacerdoti di Cristo e si separa dalla comunione del suo clero e del
suo popolo? Egli leva le sue armi contro la Chiesa, si oppone alle disposizioni
di Dio. Nemico dell’altare, ribelle verso il sacrificio di Cristo, perfido in
fatto di fede, sacrilego in fatto di pietà, servo disobbediente, figlio empio,
fratello nemico, egli osa stabilire un altro altare disprezzando i vescovi e
abbandonando i sacerdoti di Dio, osa formulare un’altra preghiera in termini illegittimi,
osa profanare con falsi sacrifici la vera ostia del Signore; e non sa che chi
si oppone agli ordini di Dio viene punito dal castigo di Dio per la sua
avventata temerità.
Punizione degli apostati nell’Antico
Testamento
18. – Così Core, Dathan e Abiron,
poiché, contro Mosè e il sacerdote Aronne, tentarono di arrogarsi la libertà di
offrire il sacrificio, immediatamente furono puniti per ciò che avevano osato:
la terra, scompaginandosi, si apri in una voragine profonda e questa spaccatura
del suolo li risucchiò dritti e vivi. E l’ira e lo sdegno di Dio non colpirono
soltanto gli autori del fatto: anche gli altri duecentocinquanta complici, che
s’erano associati alla loro ribellione e al loro audace tentativo, furono
divorati con rapido castigo da un fuoco suscitato dal Signore (Numeri 16).
Questo ammonimento significa che si rivolge contro Dio stesso ogni sforzo dei
perversi per abolire con la volontà dell’uomo le disposizioni di Dio. Ed ecco
ciò che accadde anche al re Ozia: avendo preso in mano il turibolo, e
assumendosi a forza il diritto di sacrificare, contro la legge di Dio (Numeri
17,5) e la resistenza del sacerdote Azaria, non volendo obbedire e cedere fu
castigato dall’ira di Dio e deturpato in fronte da macchie di lebbra (2
Cronache 26,16-19): per l’offesa al Signore, fu marchiato proprio in quella
parte del corpo in cui sono segnati quelli che si rendono degni del Signore.
Anche i figli di Aronne, quando misero sull’altare un fuoco profano non
prescritto dal Signore, subito, al cospetto del Signore che si vendicava,
furono colpiti dalla morte (Numeri 3,4).
Il grave delitto contro l’unità
19. - Imitano e seguono appunto costoro,
quelli che di sprezzando la tradizione divina vanno dietro a dottrine estranee
e introducono un insegnamento di invenzione umana. Il Signore li riprende e li
riprova nel suo Vangelo, dicendo: «Voi rigettate il comandamento di Dio per
stabilire la vostra tradizione» (Matteo 15,6). Questo delitto è più grave
di quello commesso dai lapsi [2]:
questi ultimi, almeno, si sottomettono a far penitenza della loro colpa e
implorano la misericordia di Dio, desiderosi di una piena riparazione. Da una
parte si cerca la Chiesa, la si prega; dall’altra, la si combatte. Da una parte
può esserci stata una necessità; dall’altra, la volontà persiste nel peccato.
Da una parte chi ha rinnegato, con ciò ha fatto del male solo a se stesso;
dall’altra, chi tenta di introdurre l’eresia e lo scisma porta con sé molti
altri nella caduta. Da una parte soffre danno l’anima di uno solo; dall’altra,
si espongono al pericolo un mucchio di gente. È così: l’uno è cosciente d’aver
peccato e se ne duole, e ne piange; l’altro s’inorgoglisce nel suo peccato e si
compiace nei suoi delitti, e separa i figli dalla madre, si dà da fare per
allontanare le pecore dal pastore, mette confusione nei misteri di Dio. E
mentre colui che non ha confessato la sua fede ha peccato una sola volta,
l’altro pecca ogni giorno. Infine, se il primo viene in seguito a subire il
martirio, può ottenere le promesse del regno; il secondo, se sarà messo a morte
fuori della Chiesa, non perverrà alle ricompense della Chiesa.
20. – Né c’è da meravigliarsi, fratelli
dilettissimi, se anche tra i confessori della fede alcuni giungano a tanto; e
che certi cadano in peccati estremamente turpi e gravi. infatti, la confessione
non rende immuni dalle insidie del diavolo, né protegge di perpetua sicurezza
contro le tentazioni e i rischi e gli attacchi e gli assalti del mondo, mentre
ancora uno è in questo mondo. Altrimenti, non vedremmo mai nei confessori le
frodi e gli stupri e gli adulteri, che noi, pur troppo, dobbiamo costatare in
alcuni, dolendocene profondamente. Chiunque sia, colui che ha confessato
pubblicamente la fede durante la persecuzione, certo non potrà dirsi migliore o
maggiore o più caro a Dio di Salomone: eppure costui, se nel tempo in cui segui
le vie del Signore conservò la grazia che aveva ricevuta da Dio, quando invece
abbandonò la via del Signore perdette anche la grazia del Signore (1 Re 11).
Perciò sta scritto: «Conserva quello che hai, perché un altro non riceva la
tua corona» (Apocalisse 3,11). Ed evidentemente il Signore non ci
minaccerebbe, prospettandoci la possibilità di toglierci la corona di
giustizia, se allontanandoci noi dalla giustizia non si allontanasse da noi
necessariamente la corona.
21. - La confessione della fede [3]
è l’inizio della gloria, non il conseguimento della corona; non è la nostra
perfetta approvazione, ma solo ci introduce alla più alta dignità. Infatti sta
scritto: «Chi avrà perseverato sino alla fine, costui sarà salvo»
(Matteo 10,22). Cosi, tutto ciò che si compie prima della fine è un gradino per
salire ancora sino al coronamento della nostra salvezza, non è la mèta finale e
il punto culminante. Uno è confessore della fede: ma dopo la confessione il
pericolo si fa più grave, poiché l’avversario è più irritato contro di lui. Uno
è confessore della fede: deve stare maggiormente col Vangelo del Signore,
dacché per mezzo del Vangelo egli ha ottenuto gloria dal Signore. «A chi
molto è dato, molto sarà richiesto; e a chi è attribuita maggior dignità, più
da lui si esige servizio» (Luca 12,48). Nessuno si perda a causa
dell’esempio di qualche confessore; nessuno stia a imparare, dal comportamento
di qualche confessore, l’ingiustizia, l’insolenza, la perfidia. Uno è
confessore: si mostri umile e pacifico, sia modesto e amante della disciplina
nel suo modo di fare, affinché colui che si dice confessore di Cristo imiti il
Cristo che ha confessato. E infatti, egli dice: «Chi si esalta sarà
umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Luca 18,14); ed egli stesso fu
esaltato dal Padre perché, pur essendo Verbo e virtù e sapienza di Dio Padre,
umiliò se stesso in terra (Filippesi 2,6-11). Ebbene, come potrà amare
l’orgoglio, lui che con la sua legge ci comandò l’umiltà, lui che per la sua
umiltà ricevette dal Padre il più alto nome? Uno è confessore di Cristo: si, ma
poi non sia a causa sua bestemmiata la maestà e la dignità di Cristo. La lingua
che ha confessato Cristo non sia maldicente, sediziosa; non sia udita
strepitare con insulti e litigi; dopo le sue parole di lode, non inietti veleno
d’aspide contro i fratelli e i sacerdoti di Dio. Ma se poi costui si renderà
colpevole e detestabile, se sciuperà la sua confessione convertendosi al male,
se macchierà la sua vita con ignominiose turpitudini, se infine abbandonando la
Chiesa in cui è divenuto confessore e spezzando la concordia e l’unità cambierà
la fede di prima con la perfidia di dopo, costui non potrà certo illudersi per
via della sua confessione e pensare di essere destinato al premio della gloria,
poiché anzi il suo stesso privilegio costituirà per lui un più grave titolo di
condanna.
22. - Il Signore, non aveva scelto anche
Giuda tra i suoi apostoli? E tuttavia Giuda in seguito tradì il Signore. Ma non
per ciò, non perché il traditore Giuda si separò dalla loro compagnia, venne
meno la costanza e la fede de gli apostoli. Cosi, anche qui tra noi, non viene
d’un tratto polverizzata la santità e la dignità dei confessori, per il solo
fatto che è andata in frantumi la fede di alcuni. Ecco come si esprime il beato
Apostolo in una sua lettera: «E che dunque? Se alcuni di essi decaddero
dalla fede, forse che la loro infedeltà ha annullato la fedeltà di Dio? Non sia
mai. Dio infatti è verace; ma ogni uomo è mentitore» (Romani 3,3). Il più
gran numero e la miglior parte dei confessori resta nella robustezza della
propria fede e nella verità della legge e della disciplina del Signore; né si
separano dalla pace della Chiesa, consci che nella Chiesa hanno ottenuto la
grazia dalla bontà di Dio. Ed essi si attirano maggior lode della loro fede,
per questo: per essersi cioè separati dalla perfidia di coloro che un tempo
ebbero compagni nella confessione, tenendosi lontani, cosi, dal contagio del
delitto. Illuminati dalla luce del Vangelo, splendenti del puro fulgore del
Signore, sono tanto degni di lode per aver conservato la pace di Cristo quanto
per essere stati vittoriosi nella lotta contro il nemico.
23. - Certo io mi auguro, fratelli
carissimi, e vi consiglio e vi esorto, che se possibile nessuno dei fratelli
perisca, e che la madre possa con gioia stringere al suo seno, come un sol
corpo, il suo popolo unito. Ma se la mia esortazione, fatta per il loro bene,
non riuscirà a richiamare sulla via della salvezza coloro che si mettono a capo
di scismi e fomentano la divisione, rimanendo essi nella loro cieca e ostinata
follia, voialtri, però, che foste tratti in inganno in buona fede, o foste
spinti al l’errore, o foste abbindolati da qualche scaltra e astuta furberia,
voi scioglietevi dai lacci della menzogna, liberate dall’errore i vostri passi
disorientati, apprendete la retta via che conduce al cielo. Sentite come vi
esorta l’Apostolo: «Vi raccomando nel nome del Signore Gesù Cristo, che
evitiate quei fratelli che si comportano secondo il loro capriccio e non
secondo la tradizione che hanno ricevuta da noi» (2 Tessalonicesi 3,6).
ancora: «Nessuno vi inganni con vani ragionamenti poi ché per questo piomba
l’ira di Dio sui figli della disobbedienza. Non vogliate dunque associarvi a
loro» (Efesini 5,6). Occorre dunque stare alla larga; o meglio, occorre
fuggire dai colpevoli: e ciò perché non accada che qualcuno, unendosi a quelli
che si comportano male e vanno errando per vie traverse in mezzo ai peccati,
finisca per commettere egli pure gli stessi peccati deviando dal cammino della
verità. Uno è Dio e uno è Cristo, una è la sua Chiesa, e una la fede, e uno il
popolo strettamente congiunto dal cemento della concordia nell’unità solida di
un corpo. Non può spezzarsi l’unità. Non può essere separato un unico corpo,
scompaginando la sua struttura; né può essere fatto a pezzi, lacerando e
strappando le sue viscere. Quel che si separa da ciò che gli comunica la vita,
fuori non può più vivere e respirare, finisce per perdere la sostanza vitale.
L’ideale della pace e dell’unanimità
24. - Lo Spirito Santo ci avverte e ci
dice: «Chi è l’uomo che vuole la vita e ama vedere giorni migliori?
Trattieni la tua lingua dal male, e non sfuggano dalle tue labbra parole di
frode. Schiva il male e fa’ il bene, cerca la pace e seguila» (Salmo
33,13). Deve cercare e seguire la pace, colui che è figlio di pace; deve
trattenere la sua lingua dal causare il male della di visione, colui che
conosce e ama il vincolo della carità. Ecco quanto ci ha lasciato il Signore,
fra gli altri suoi comandamenti divini e i suoi insegnamenti salutari. Già
prossimo alla passione, dice: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace»
(Giovanni 14,27). Ci ha lasciato questa eredità; e tutti i doni e le ricompense
da lui promessici, sono legati alla conservazione della pace. Se dunque siamo
eredi di Cristo, rimaniamo nella pace di Cristo; se siamo figli di Dio,
dobbiamo essere pacifici. «Beati i pacifici, — dice, — perché saranno
chiamati figli di Dio» (Matteo 5,9). Sì, i figli di Dio devono essere
pacifici, miti di cuore, semplici nel loro parlare, concordi nell’amore,
fedelmente tra di loro uniti dai vincoli dell’unanimità.
25. – È
questa unanimità che esistette un tempo, sotto gli apostoli: così il
popolo nuovo dei credenti mantenne la carità, custodendo i comandamenti del
Signore. Lo prova la Scrittura, dove si legge: «Ora la moltitudine di quelli
che avevano creduto, agiva d’una sola anima e di un sol pensiero» (Atti 4,32) e
ancora: «E tutti perseveravano unanimi nella preghiera, con le donne, e
Maria la madre di Gesù, e con i fratelli di lui» (Atti 1,14). E perciò
pregavano con efficacia; perciò potevano ot tenere con certezza tutto ciò che
chiedevano dalla misericordia di Dio.
26. - In mezzo a noi invece questa
unanimità è compromessa, e ne è prova il fatto che è decaduta pure la
generosità delle opere. Allora vendevano le case e le loro proprietà e,
facendosi tesori in cielo (Matteo 6,19; Luca 12,33), offrivano il ricavato agli
apostoli perché lo si distribuisse a sollievo degli indigenti (Atti 4,34). Ma
ora non diamo neppure la decima del nostro patrimonio; e anzi, pur avendoci
comandato il Signore di vendere (Luca 12,33) noi compriamo e ci arricchiamo.
Sino a questo punto si è afflosciato in noi il vigore della fede, è andata
languendo la forza dei credenti. E perciò il Signore, guardando ai nostri
tempi, dice nel suo Vangelo: «Quando il Figlio dell’uomo verrà, credi che
troverà fede sulla terra?» (Luca 18,8). Noi vediamo che si sta proprio
avverando ciò che egli ha predetto. Non si crede più che bisogna avere il timor
di Dio, che c’è una legge di giustizia, non si crede nell’amore, nelle opere.
Nessuno pensa con timore alle cose future, nessuno considera il giorno del
Signore e l’ira di Dio e i supplizi riservati agli increduli e gli eterni
tormenti cui sono destinati i perfidi. La nostra coscienza le temerebbe, tutte
queste cose, se credesse; ma poiché non crede, non le teme minima mente. Se
invece le credesse, se ne guarderebbe, e guardando sene le eviterebbe.
27. - Svegliamoci il più possibile,
fratelli carissimi (Romani 13,11). E scuotendoci dal sonno dell’inveterata
inerzia, vegliamo nell’osservanza e nella pratica dei precetti del Signore.
Siamo tali, quali egli ci ha prescritto di essere col dire: «Siano cinti i
vostri fianchi, e accese le vostre lampade; e voi siate simili a uomini che
attendono il loro padrone quando torni da nozze, per aprirgli appena viene e
picchia alla porta: beati quei servi che il padrone, al suo arrivo, troverà
vigilanti» (Luca 12,35). Bisogna esser cinti, perché quando sopravverrà il
giorno della partenza, esso non ci trovi impacciati e impigliati. La nostra
lampada deve stare accesa e risplendere nelle buone opere, affinché lui dalla
notte di questo mondo ci conduca alla luce dello splendore eterno. Attendiamo,
sempre pronti e prudenti, l’avvento del Signore che sarà improvviso: così,
quando egli busserà, la nostra fede sarà sveglia e riceverà dal Signore il
premio della vigilanza. Se osserveremo questi comandi, se riterremo questi
ammonimenti e precetti, non saremo come dormienti che il diavolo potrà trarre
in inganno: saremo, al contrario, servi vigili; e regneremo col Cristo regnante.
[1] A questo punto, secondo alcuni
testimoni, il testo di Cipriano proseguirebbe così: [E dopo la risurrezione,
gli dice: “Pasci le mie pecore” (Giovanni 21,17). Sopra uno solo edifica
la Chiesa e a lui comanda di pascere le sue pecore. E benché dia a tutti un’uguale
potestà, tuttavia costituisce una sola cattedra e stabilisce con l’autorità
della sua parola l’origine dell’unità. Anche gli altri apostoli erano certo ciò
che era Pietro, ma il primato fu dato a Pietro sicché si mostrasse una sola
Chiesa ed una sola cattedra. E tutti sono pastori, ma ne risulta un solo
gregge, perché tutti gli apostoli lo pascolano con unanime accordo. Chi non
conserverà questa unità, raccomandata anche da Paolo, crederà forse di
conservare la fede? Chi abbandonerà la cattedra di Pietro, sulla quale è
fondata la Chiesa, penserà di essere ancora nella Chiesa?]
[2] Lapsi erano coloro che avevano
rinnegato la propria fede durante le persecuzioni.
[3] Confessori della fede erano
coloro che avevano affrontato coraggiosamente il martirio ma - per caso, per
fortuna o per grazia - erano poi sopravvissuti. Godevano di enorme prestigio
morale e spirituale nella comunità cristiana. Alcuni erano stimati come vescovi
e li affiancavano nella guida della chiesa, mentre altri -montati in superbia- non
esitavano ad introdurre divisioni, eresie e scismi.