IL COMMA GIOVANNEO









1 Giovanni 5,7-8





 

 

 

 

 

Il cosiddetto "comma giovanneo" suona così: "perché tre sono quelli che rendono testimonianza: nel cielo:  il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo e questi tre sono uno" (1 Giovanni 5,7-8).  Il versetto manca in tutti i codici più autorevoli (Sinaitico, Vaticano, Alessandrino), in tutte le copie più antiche della Vulgata latina (Codex Amiantinus, Codex Fuldensis, Codex Paulinus e Codex Dublinensis), in tutte le versioni più famose (Siriache, Copte, Armena, Georgiana, Etiopica, Araba, Slava, Gotica) ed in quasi tutte le citazioni dei Padri della Chiesa. Il comma giovanneo non è poi citato da nessuno dei primi quattro Concilii (Efeso 325, Costantinopoli 381, Efeso 431, Calcedonia 451), neppure nelle polemiche contro Ario. Esiste, pertanto, un consenso quasi unanime sul fatto che il comma giovanneo sia una nota esplicativa contenuta in alcuni manoscritti ed inglobata nel testo da qualche scriba sbadato, creativo o temerario.

 

Il comma giovanneo è però presente in alcuni manoscritti legati alla Vetus Latina (Codici Frinsingensis VI secolo, Legionensis VII secolo, Cavensis IX secolo, Complutensis X secolo e Sangallensis 63 e 907 X secolo). Il comma giovanneo compare quindi nel Codex Monacensis (VI secolo) e nello Speculum (VII secolo), mentre dubbi sull’autenticità del comma giovanneo sono chiaramente espressi nella prefazione alle epistole cattoliche del Codex Fuldensis (VI secolo). Il comma giovanneo è quindi presente in manoscritti minori della Volgata (VIII-X secolo), nonché in nove manoscritti successivi all'anno mille (61, 88, ω110, 221, 429, 629, 636, 918, 2318). È quindi citato letteralmente citato nel IV Concilio Lateranense (1215).

 

Nel Medioevo fu inserito nella Poliglotta Complutense (1514), nella Vulgata Clementina (1592) e nelle varie versioni del Textus Receptus (1516-1551).

 

Occorre ricordare che la testimonianza della Vetus Latina (II-III secolo) risulta alquanto discutibile. Di fatto, nel corso del III secolo, oltre ad alcuni manoscritti molto antichi ed autorevoli (come i Codici Veronensis adottato Girolamo come base della Vulgata, il Palatinus citato da Agostino, il Vercelliensis copiato da Eusebio e il Bobiensis usato da Cipriano), circolavano nel Nord Africa, in Gallia, in Italia, in Spagna e in Irlanda numerosissimi codici, spesso caratterizzati da limiti, imperfezioni, aggiunte, mutilazioni ed errori. Il papa Damaso (intorno al 380) commissionò una nuova traduzione della Bibbia a San Gerolamo proprio per i dubbi legati all'attendibilità dei vari manoscritti della Vetus Latina. Lo stesso Girolamo, nella prefazione alla sua traduzione dei quattro vangeli, osservò quindi come fossero in circolazione quasi tante versioni quanti manoscritti (tot enim sunt exemplaria paene quot codices).

 

Evidenti citazioni del comma giovanneo si trovano in Cipriano (250 d. C.), in Idacius Clarus (350) e nel Liber Apologeticus di Priscilliano (380). Citazioni letterali del comma si trovano poi in Eugenio di Cartagine (484), in Victor Vitensis (485), in Vigilius Tapensis (490), in Fulgenzio di Ruspe (527), in Cassiodoro (583), in Isidoro di Siviglia (636) e in Giacomo di Edessa (700). 

 

Alcuni di coloro che difendono l'autenticità del comma giovanneo pensano però che la scomparsa dello stesso comma da tutto l'Oriente cristiano sia imputabile alle revisioni di Origene, vescovo di Alessandria (185-253) e di Luciano, vescovo di Antiochia e maestro di Ario (martire nel 312). Secondo Girolamo, Origene "si applicò alle divine scritture, così da imparare la lingua ebraica …oltre ai Settanta egli raccolse pure, in un solo volume, altre edizioni, cioè quelle di Aquila, proselito del Ponto, di Teodozione ebionita e di Simmaco, parimente ebionita" (Girolamo, Gli Uomini Illustri, LIV). Sempre secondo Girolamo, Luciano fu "uomo di grandissima cultura, prete della chiesa di Antiochia e tanto profondo nello studio delle Sacre Scritture che alcuni esemplari delle medesime sono fino ad oggi detti lucianei…..Subì il martirio per la fede in Cristo a Nicomedia, durante la persecuzione di Massimino" (Girolamo, Gli Uomini Illustri, LXXVII). Diffusa è la convinzione che Origene prima e Luciano dopo abbiano portato avanti recensioni letterali del testo greco della Settanta e del Nuovo Testamento, tanto diffusasi in tutto l'Oriente da soppiantare le versioni precedenti, già prima della controversia ariana. Tali recensioni non sarebbero invece penetrate in Occidente. Il testo dei vari codici della Vetus Latina risulterebbe pertanto legato ad una tradizione testuale più antica, in parte corrotta da trascrizioni successive ed in parte scalzata dalla Vulgata di Gerolamo. Finora nessuna prova definitiva è stata però portata a favore di tali tesi.

 

Un momento drammatico nella trasmissione delle scritture greche cristiane si ebbe al tempo della persecuzione di Diocleziano contro i cristiani.  L’attacco alla chiesa iniziò nel 303 d.C. e fu esteso a tutto l’impero romano in Occidente ed in Oriente. Con tre successivi editti venne ordinata la censura e la proibizione del culto cristiano, nonché la  totale distruzione dei libri sacri dei cristiani. Ai vescovi delle varie Chiese venne imposto di consegnare le Sacre Scritture alle autorità imperiali, al fine di procedere alla definitiva eliminazione delle stesse. Gli editti vennero applicati con rigore soprattutto in Oriente, dove la persecuzione durò molto più a lungo. Dopo la fine dell’impero di Diocleziano (305 d.C.), Costanzo Cloro e Massenzio decretarono la fine delle persecuzioni in Occidente, mentre Galerio  e Massimino andarono avanti in Oriente nelle zone di loro competenza per altri sei anni (fino al 311 d.C.). Al tempo di Costantino, quando le devastazioni si placarono, si pose il problema di ricostruire i testi ed i documenti perduti. Secondo coloro che difendono l’autenticità del comma giovanneo è pertanto possibile che la scomparsa di questo versetto dai manoscritti greci sia dovuta alla quasi totale distruzione delle scritture cristiane nelle province orientali dell’impero, mentre la persistenza dello stesso versetto nella Vetus latina potrebbe essere legata all’impatto meno devastante delle persecuzioni nelle province occidentali. Anche a favore di questa tesi nessuna prova definitiva è stata però finora prodotta.

 

Tertulliano citò il comma giovanneo piuttosto liberamente (Tertulliano, Contro Prassea, XXV, 1 e XXXI,1), mentre sicuramente autentica è la testimonianza di Cipriano (250) che citò in modo letterale ed autorevole due versetti del Nuovo Testamento per difendere l'unità di Dio e della Chiesa Cattolica (Cipriano, De Catholicae Ecclesiae Unitate, VI e Al fratello Giubaiano, lettera 73);

·       il Signore dice: «Io e il Padre siamo uno»(Giovanni 10,30);

·       e ancora sta scritto del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: «E i tre sono uno» (1 Giovanni 5,7).

 

Il vescovo spagnolo Idacio Claro (metà del IV secolo) fece chiaro riferimento al comma giovanneo (Patrologia Migne, Volume LXII, colonna 359) e Priscilliano (fine IV secolo) citò testualmente il comma giovanneo nel Liber Apologeticus (IV capitolo). Anche se lo scrittore spagnolo viene spesso screditato, in quanto condannato a morte per eresia e "magia delittuosa", Girolamo ricorda come Priscilliano fosse stato vescovo di Avila ed avesse subito il martirio a Treviri sotto il tiranno Massimo. Sempre secondo Girolamo, Priscilliano fu solo da alcuni accusato di eresia gnostica, mentre molti sostennero che non avesse mai condiviso gli errori e le pratiche magiche di cui era stato accusato. Si trattò comunque del primo caso di condanna a morte per eresia (Gerolamo, Gli uomini illustri, CXXI).

 

Il comma giovanneo è anche presente in Contra Varimadum, antico libro apologetico di autore sconosciuto (Pseudo Vigilius Tapensis ) risalente al V secolo. Agostino (IV secolo) sembra poi conoscere il comma giovanneo, anche se non è sicuro che lo abbia veramente citato come parte integrale delle Sacre Scritture (si veda Contro Massimino Vescovo Ariano, libro II, 22, 3; La Trinità, II, 13, 23; La Trinità, IV, 20, 29). Troviamo quindi il comma giovanneo in tardi manoscritti della Vetus Latina come il Codex Monacensis (VI secolo) o “Codice r” e lo Speculum (VIII secolo) o “Codice m”. Più tardi (VII secolo) anche Isidoro di Siviglia (Patrologia Migne, Volume LXXXIII, colonna 1203) e Cassiodoro. (Patrologia Migne, Vol. LXX, colonna 1373) citarono il comma giovanneo. L'attendibilità di queste testimonianze risente però dalla forte diffusione della Vetus Latina in Italia e nella Regione Iberica.

 

Numerosi vescovi cattolici africani citarono poi (nel IV-V secolo) il comma giovanneo per difendere la dottrina ortodossa contro le violente persecuzioni dei vandali ariani. Tra le testimonianze più antiche è forse il caso di ricordare quella di Eugenio, vescovo di Cartagine, che nel 484 presentò davanti al re dei vandali Hunnerico ed alla presenza di ben 460 vescovi, una dichiarazione di fede trinitaria contenente il comma giovanneo. Di tale dichiarazione parlò diffusamente il vescovo e storico africano (IV secolo) Victor Vitensis (Historia pesecutionis Africanae Provinciae, temporibus Geiserici et Hunirici regum Vandalorum, III, 11). Degna di nota è anche la testimonianza di Fulgenzio (468-533), vescovo africano di Ruspe ed eminente Padre della Chiesa: egli citò letteralmente il comma giovanneo in ben tre opere (Contra Fabianum, 21,4;  De Trinitate, 1,4;  Responsio contra Arianos, X), in chiara polemica con i vandali e gli ariani. Citazioni successive (V secolo) del comma giovanneo sono infine presenti anche in alcuni libri del vescovo africano Vigilius Tapensis (Patrologia Migne, Volume LXII, colonna 243). Pure queste testimonianze devono però tener conto della forte diffusione della Vetus Latina in Africa.

 

Gerolamo (V secolo) non incluse il comma giovanneo nella versione originale della Vulgata ma ritroviamo qualche secolo più tardi il comma in alcuni manoscritti latini, nonché in numerosi codici minori della Vulgata (VIII-X secolo). Il comma giovanneo è poi quasi sempre presente nelle copie della Volgata in mano alle sette eretiche del Medioevo e nelle traduzioni bibliche dei Valdesi e degli Albigesi

 

Può essere interessante notare come, nei primi secoli, solo il Concilio di Calcedonia (451) faccia riferimento a 1Giovanni 5.7-8, limitandosi però a citare solo la parte canonica del versetto "poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi" ed ignorando totalmente il comma giovanneo "perché tre sono quelli che rendono testimonianza: nel cielo:  il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo e questi tre sono uno. Nel IV Concilio Lateranense (1215) il comma giovanneo fu quindi citato letteralmente:. Si legge nella lettera canonica di S. Giovanni: …perché tre rendono testimonianza in cielo, il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo. E questi tre sono una cosa sola, e aggiunge subito: e tre sono quelli che rendono testimonianza in terra: lo spirito, l'acqua, e il sangue e questi tre sono una cosa sola,… come si legge in alcuni codici…." (Atti del IV Concilio Lateranense II, 2).

 

I nove manoscritti greci contenenti il comma giovanneo (61, 88, ω110, 221, 429, 629, 636, 918, 2318) godono oggi di scarsa autorità, perché tutti successivi al X° secolo. Alcuni pensano addirittura che il Greg. 61, conservato al Trinity College di Dublino, sia un falso, costruito apposta per convincere Erasmo e Roberto Estienne ad includere il comma giovanneo nel Textus Receptus.

 

Finora nessuna prova definitiva è stata però portata a favore di tale tesi (B. Metzger, A Textual Commentary on the Greek New Testament, II° ed.,  pp. 647-49; B. Metzger, Il Testo del Nuovo Testamento, Brescia, 1996, pp. 105 e 265.).

 

E' tuttavia possibile che tali manoscritti abbiano esercitato un certo peso nel reinserimento del comma giovanneo nella Poliglotta Complutense (1514), nella Vulgata Clementina (1592) e nelle varie versioni del Textus Receptus (1516-1551).

 

Nel 1897 il Sant’Uffizio di Roma produsse un’autorevole dichiarazione (confermata da papa Leone XIII) secondo la quale, alla luce delle conoscenze allora disponibili, non esistevano elementi sufficienti per negare l’autenticità del comma giovanneo. Nel 1927 lo stesso Sant’Uffizio chiarì come il precedente decreto non fosse inteso ad impedire l’investigazione della materia né tanto meno la possibilità di abbracciare opinioni contrarie. In pratica si trattò solo di un avvertimento agli esegeti cattolici affinché si astenessero dal trarre conclusioni definitive prima di un pronunciamento ufficiale di tutta la chiesa. Il gran numero di testimonianze favorevoli al comma giovanneo rendeva giustamente prudente il magistero della chiesa, terrorizzata dal rischio di sradicare dalla Bibbia un versetto autentico. Fino all’inizio degli anni ’60, tutte le bibbie cattoliche, pur riportando il comma giovanneo, ricordarono sempre nelle note come questo versetto fosse assente dal testo greco e mancasse in molti antichi ed autorevoli manoscritti.

 

Quasi tutte le bibbie cattoliche e protestanti hanno oggi eliminato il comma giovanneo, riconoscendo fondate le osservazioni mosse dalla critica testuale, dalla ricerca storica e dalla moderna esegesi. Rimangono solo alcune traduzioni protestanti che conservano il comma giovanneo (ad esempio la Nuova Diodati, la Reina Valera e la New King James), in quanto ancora tratte dal Textus Receptus di Erasmo da Rotterdam.

 

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