D. L. 502/92

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Decreto Legislativo 30 dicembre 1992 n. 502

"Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421"

 

TITOLO I  Ordinamento

Articolo 1 Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza 

Articolo 2  Competenze regionali

Articolo 3 Organizzazione delle Unità sanitarie locali

Articolo 3-bis Direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario

Articolo 3-ter Collegio sindacale

Articolo 3-quater Il distretto

Articolo 3-quinquies Funzioni e risorse del distretto

Articolo 3-sexies Direttore di distretto

Articolo 3-septies Integrazione sociosanitaria

Articolo 3-octies Area delle professioni sociosanitarie

Articolo 4 Aziende ospedaliere e presidi ospedalieri

Articolo 5 Patrimonio e contabilità

Articolo 5-bis Ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico

Articolo 6 Rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università

Articolo 6-bis Protocolli d'intesa tra le regioni, le università e le strutture del Servizio sanitario nazionale

Articolo 6-ter Fabbisogno di personale sanitario

Articolo 7 Dipartimento di prevenzione

Articolo 7-bis Il dipartimento di prevenzione

Articolo 7-ter Funzioni del dipartimento di prevenzione

Articolo 7-quater Organizzazione del dipartimento di prevenzione

Articolo 7-quinquies Coordinamento con le Agenzie regionali per l'ambiente

Articolo 7-sexies Istituti zooprofilattici sperimentali e Uffici veterinari del Ministero della sanità

Articolo 7-septies Funzioni di profilassi internazionale

Articolo 7-octies Coordinamento delle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro 

 

TITOLO II Prestazioni

Articolo 8 Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali

Articolo 8-bis Autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali

Articolo 8-ter Autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie

Articolo 8-quater Accreditamento istituzionale

Articolo 8-quinquies Accordi contrattuali

Articolo 8-sexies Remunerazione

Articolo 8-septies Prestazioni erogate in forma indiretta

Articolo 8-octies Controlli

Articolo 9 Fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale

Articolo 9-bis Sperimentazioni gestionali

Articolo 10 Controllo di qualità

 

Titolo III Finanziamento

 

Articolo 11 Versamento contributi assistenziali

Articolo 12 Fondo sanitario nazionale

Articolo 12-bis Ricerca sanitaria

Articolo 13 Autofinanziamento regionale

 

Titolo IV Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini

 

Articolo 14 Diritti dei cittadini

 

Titolo V Personale

 

Articolo 15 Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie

Articolo 15-bis Funzioni dei dirigenti responsabili di struttura

Articolo 15-ter Incarichi di natura professionale e di direzione di struttura

Articolo 15-quater Esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario

Articolo 15-quinquies Caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari

Articolo 15-sexies Caratteristiche del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari che svolgono attività libero-professionale extramuraria

Articolo 15-septies Contratti a tempo determinato

Articolo 15-octies Contratti per l'attuazione di progetti finalizzati

Articolo 15-nonies Limite massimo di età per il personale della dirigenza medica e per la cessazione dei rapporti convenzionali

Articolo 15-decies Obbligo di appropriatezza

Articolo 15-undecies Applicabilità al personale di altri enti

Articolo 15-duodecies Strutture per l'attività libero-professionale

Articolo 15-terdecies Denominazioni

Articolo 15-quatuordecies Osservatorio per l'attività libero-professionale

Articolo 16 Formazione

Articolo 16-bis Formazione continua

Articolo 16-ter Commissione nazionale per la formazione continua

Articolo 16-quater Incentivazione della formazione continua

Articolo 16-quinquies Formazione manageriale

Articolo 16-sexies Strutture del Servizio sanitario nazionale per la formazione

Articolo 17 Collegio di direzione

Articolo 17-bis Dipartimenti

 

Titolo VI Norme finali e transitorie

 

Articolo 18 Norme finali e transitorie

Articolo 19 Competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome

Articolo 19-bis Commissione nazionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari

Articolo 19-ter Federalismo sanitario, patto di stabilità e interventi a garanzia della coesione e dell'efficienza del Servizio sanitario nazionale

Articolo 19-quater Organismi e commissioni

Articolo 19-quinquies Relazione sugli effetti finanziari

Articolo 19-sexies Norme transitorie

                                                                                                                                                                      

TITOLO I  Ordinamento

Articolo 1 Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza

1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti ed istituzioni di rilievo nazionale, nell'ambito dei conferimenti previsti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché delle funzioni conservate allo Stato dal medesimo decreto. 

2. Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei

principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze nonché dell'economicità nell'impiego delle risorse.

3. L'individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale, per il periodo di validità del Piano sanitario nazionale, è effettuata contestualmente

all'individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l'intero sistema di finanza pubblica nel documento di programmazione economico-finanziaria. Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli

essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente.

4. Le regioni, singolarmente o attraverso strumenti di autocoordinamento, elaborano proposte per la predisposizione del Piano sanitario nazionale, con riferimento alle esigenze del livello territoriale considerato e alle funzioni interregionali da assicurare prioritariamente, anche sulla base delle indicazioni del Piano vigente e dei livelli essenziali di assistenza

individuati in esso o negli atti che ne costituiscono attuazione. Le regioni trasmettono al Ministro della sanità, entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione annuale sullo stato di attuazione del piano sanitario regionale, sui risultati di gestione e sulla spesa prevista per l'anno

successivo.

5. Il Governo, su proposta del Ministro della sanità, sentite le commissioni parlamentari competenti per la materia, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione dell'atto, nonché le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, le quali rendono il

parere entro venti giorni, predispone il Piano sanitario nazionale, tenendo conto delle proposte trasmesse dalle regioni entro il 31 luglio dell'ultimo anno di vigenza del piano precedente, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 4. Il Governo, ove si discosti dal parere delle

commissioni parlamentari, è tenuto a motivare. Il piano è adottato ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

6. I livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale. Tali livelli comprendono, per il 1998-2000:

a) l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;

b) l'assistenza distrettuale;

c) l'assistenza ospedaliera.

7. Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che:

a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2;

b) non soddisfano il principio dell'efficacia e dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate;

c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell'economicità nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell'assistenza.

8. Le prestazioni innovative per le quali non sono disponibili sufficienti e definitive evidenze scientifiche di efficacia possono essere erogate in strutture sanitarie accreditate dal Servizio sanitario nazionale esclusivamente nell'ambito di appositi programmi di sperimentazione

autorizzati dal Ministero della Sanità.

9. Il Piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è adottato dal Governo entro il 30 novembre dell'ultimo anno di vigenza del Piano precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del triennio con la procedura di cui al comma 5.

10. Il Piano sanitario nazionale indica:

a) le aree prioritarie di intervento, anche ai fini di una progressiva riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute;

b) i livelli essenziali di assistenza sanitaria da assicurare per il triennio di validità del Piano;

c) la quota capitaria di finanziamento per ciascun anno di validità del Piano e la sua disaggregazione per livelli di assistenza;

d) gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario nazionale verso il miglioramento continuo della qualità dell'assistenza, anche attraverso la realizzazione di progetti di interesse sovraregionale;

e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante l'integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socioassistenziali degli enti locali;

f) le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria, prevedendo altresì il relativo programma di ricerca;

g) le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno e alla valorizzazione delle risorse umane;

h) le linee guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, all'interno di ciascuna struttura sanitaria, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza;

i) i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti.

11. I progetti obiettivo previsti dal Piano sanitario nazionale sono adottati dal Ministro della sanità con decreto di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e

della programmazione economica e con gli altri Ministri competenti per materia, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

12. La Relazione sullo stato sanitario del Paese, predisposta annualmente dal Ministro della sanità:

a) illustra le condizioni di salute della popolazione presente sul territorio nazionale;

b) descrive le risorse impiegate e le attività svolte dal Servizio sanitario nazionale;

c) espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano sanitario nazionale;

d) riferisce sui risultati conseguiti dalle regioni in riferimento all'attuazione dei piani sanitari regionali;

e) fornisce indicazioni per l'elaborazione delle politiche sanitarie e la programmazione degli interventi.

13. Il Piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Le regioni,

entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di partecipazione delle autonomie locali, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, nonché delle formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel campo dell'assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni sindacali degli operatori sanitari pubblici e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio

sanitario nazionale.

14. Le regioni e le province autonome trasmettono al Ministro della sanità i relativi schemi o progetti di piani sanitari allo scopo di acquisire il parere dello stesso per quanto attiene alla coerenza dei medesimi con gli indirizzi del Piano sanitario nazionale. Il Ministro della sanità esprime il parere entro 30 giorni dalla data di trasmissione dell'atto, sentita

l'Agenzia per i servizi sanitari regionali.

15. Il Ministro della sanità, avvalendosi dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, promuove forme di collaborazione e linee guida comuni in funzione dell'applicazione coordinata del Piano sanitario nazionale e della normativa di settore, salva l'autonoma determinazione regionale in

ordine al loro recepimento.

16. La mancanza del Piano sanitario regionale non comporta l'inapplicabilità delle disposizioni del Piano sanitario nazionale.

17. Trascorso un anno dall'entrata in vigore del Piano sanitario nazionale senza che la regione abbia adottato il Piano sanitario regionale, alla regione non è consentito l'accreditamento di nuove strutture. Il Ministro della sanità, sentita la regione interessata, fissa un termine non

inferiore a tre mesi per provvedervi. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adotta gli atti necessari per dare attuazione nella regione al Piano sanitario nazionale, anche mediante la nomina di commissari ad acta.

18. Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate di cui all'articolo 4, comma 12, alla realizzazione dei doveri costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla persona.

Esclusivamente ai fini del presente decreto sono da considerarsi a scopo non lucrativo le istituzioni che svolgono attività nel settore dell'assistenza sanitaria e socio-sanitaria, qualora ottemperino a quanto previsto dalle disposizioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettere d),

e), f), g), e h), e comma 6 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; resta fermo quanto disposto dall'articolo 10, comma 7, del medesimo decreto. L'attribuzione della predetta qualifica non comporta il godimento dei benefici fiscali previsti in favore delle organizzazioni non lucrative

di utilità sociale dal decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.

 

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Articolo 2  Competenze regionali

1. Spettano alle Regioni e alle Province autonome, nel rispetto dei

principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed

amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.

2. Spettano in particolare alle Regioni la determinazione dei principi

sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela

della salute e dei criteri di finanziamento delle Unità sanitarie locali e

delle Aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e

supporto nei confronti delle predette Unità sanitarie locali ed Aziende,

anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della

qualità delle prestazioni sanitarie.

2-bis. La legge regionale istituisce e disciplina la Conferenza permanente

per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, assicurandone

il raccordo o l'inserimento nell'organismo rappresentativo delle autonomie

locali, ove istituito. Fanno, comunque, parte della Conferenza: il sindaco

del comune nel caso in cui l'ambito territoriale dell'Azienda unità

sanitaria locale coincida con quella del comune; il presidente della

Conferenza dei sindaci, ovvero il sindaco o i presidenti di circoscrizione

nei casi in cui l'ambito territoriale dell'unità sanitaria locale sia

rispettivamente superiore o inferiore al territorio del Comune;

rappresentanti delle associazioni regionali delle autonomie locali.

2-ter. Il progetto del Piano sanitario regionale è sottoposto alla

Conferenza di cui al comma 2-bis, ed è approvato previo esame delle

osservazioni eventualmente formulate dalla Conferenza.

La Conferenza partecipa, altresì, nelle forme e con le modalità stabilite

dalla legge regionale, alla verifica della realizzazione del Piano

attuativo locale, da parte delle aziende ospedaliere di cui all'articolo

4, e dei piani attuativi metropolitani.

2-quater. Le regioni, nell'ambito della loro autonomia, definiscono i

criteri e le modalità anche operative per il coordinamento delle strutture

sanitarie operanti nelle aree metropolitane di cui all'articolo 17, comma

1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché l'eventuale costituzione di

appositi organismi.

2-quinquies. La legge regionale disciplina il rapporto tra programmazione

regionale e programmazione attuativa locale, definendo in particolare le

procedure di proposta, adozione e approvazione del Piano attuativo locale

e le modalità della partecipazione ad esse degli enti locali interessati.

Nelle aree metropolitane il piano attuativo metropolitano è elaborato

dall'organismo di cui al comma 2-quater, ove costituito.

2-sexies. La regione disciplina altresì:

a) l'articolazione del territorio regionale in unità sanitarie locali, le

quali assicurano attraverso servizi direttamente gestiti l'assistenza

sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, l'assistenza

distrettuale e l'assistenza ospedaliera, salvo quanto previsto dal

presente decreto per quanto attiene alle aziende ospedaliere di rilievo

nazionale e interregionale e alle altre strutture pubbliche e private

accreditate;

b) i princìpi e criteri per l'adozione dell'atto aziendale di cui

all'articolo 3, comma 1-bis;

c) la definizione dei criteri per l'articolazione delle unità sanitarie

locali in distretti, da parte dell'atto di cui all'articolo 3, comma

1-bis, tenendo conto delle peculiarità delle zone montane e a bassa

densità di popolazione;

d) il finanziamento delle unità sanitarie locali, sulla base di una quota

capitaria corretta in relazione alle caratteristiche della popolazione

residente con criteri coerenti con quelli indicati all'articolo 1, comma

34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

e) le modalità di vigilanza e di controllo, da parte della regione

medesima, sulle unità sanitarie locali, nonché di valutazione dei

risultati delle stesse, prevedendo in quest'ultimo caso forme e modalità

di partecipazione della Conferenza dei sindaci;

f) l'organizzazione e il funzionamento delle attività di cui all'articolo

19-bis, comma 3, in raccordo e cooperazione con la Commissione nazionale

di cui al medesimo articolo;

g) fermo restando il generale divieto di indebitamento, la possibilità per

le unità sanitarie locali di:

1) anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un

dodicesimo dell'ammontare annuo del valore dei ricavi, inclusi i

trasferimenti, iscritti nel bilancio preventivo annuale;

2) contrazione di mutui e accensione di altre forme di credito, di durata

non superiore a dieci anni, per il finanziamento di spese di investimento

e previa autorizzazione regionale, fino a un ammontare complessivo delle

relative rate, per capitale e interessi, non superiore al quindici per

cento delle entrate proprie correnti, ad esclusione della quota di fondo

sanitario nazionale di parte corrente attribuita alla regione;

h) le modalità con cui le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere

assicurano le prestazioni e i servizi contemplati dai livelli aggiuntivi

di assistenza finanziati dai comuni ai sensi dell'articolo 2 comma 1,

lettera l), della legge 30 novembre 1998, n. 419.

2-septies. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del

decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 le regioni istituiscono

l'elenco delle istituzioni e degli organismi a scopo non lucrativo di cui

all'articolo 1, comma 18.

2-octies. Salvo quanto diversamente disposto, quando la regione non adotta

i provvedimenti previsti dai commi 2-bis e 2-quinquies , il Ministro della

sanità, sentite la regione interessata e l'Agenzia per i servizi sanitari

regionali, fissa un congruo termine per provvedere; decorso tale termine,

il Ministro della sanità, sentito il parere della medesima Agenzia e

previa consultazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, propone

al Consiglio dei Ministri l'intervento sostitutivo, anche sotto forma di

nomina di un commissario ad acta. L'intervento adottato dal Governo non

preclude l'esercizio delle funzioni regionali per le quali si è provveduto

in via sostitutiva ed è efficace sino a quando i competenti organi

regionali abbiano provveduto.

 

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Articolo 3 Organizzazione delle Unità sanitarie locali

1. Le regioni, attraverso le unità sanitarie locali, assicurano i livelli

essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, avvalendosi anche delle

aziende di cui all'articolo 4.

1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità

sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica

pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione e

funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel

rispetto dei princìpi e criteri stabiliti con la legge regionale di cui

all'articolo 2, comma 2-sexies. L'atto aziendale individua le strutture

operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette

a rendicontazione analitica.

1-ter. Le aziende di cui ai commi 1 e 1-bis informano la propria attività

a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e sono tenute al

rispetto del vincolo di bilancio, attraverso l'equilibrio di costi e

ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie. Agiscono mediante

atti di diritto privato. I contratti di fornitura di beni e servizi, il

cui valore sia inferiore a quello stabilito dalla normativa comunitaria in

materia, sono appaltati o contrattati direttamente secondo le norme di

diritto privato indicate nell'atto aziendale di cui al comma 1-bis.

1-quater. Sono organi dell'azienda il direttore generale e il collegio

sindacale. Il direttore generale adotta l'atto aziendale di cui al comma

1-bis; è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili

delle strutture operative dell'azienda. Il direttore generale è

coadiuvato, nell'esercizio delle proprie funzioni, dal direttore

amministrativo e dal direttore sanitario. Le regioni disciplinano forme e

modalità per la direzione e il coordinamento delle attività

socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria. Il direttore generale si

avvale del Collegio di direzione di cui all'articolo 17 per le attività

ivi indicate.

1-quinquies. Il direttore amministrativo e il direttore sanitario sono

nominati dal direttore generale.

Essi partecipano, unitamente al direttore generale, che ne ha la

responsabilità, alla direzione dell'azienda, assumono diretta

responsabilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e

concorrono, con la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione

delle decisioni della direzione generale.

2. L'Unità sanitaria locale può assumere la gestione di attività o servizi

socio-assistenziali su delega dei singoli enti locali con oneri a totale

carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale, e con

specifica contabilizzazione. L'Unità sanitaria locale procede alle

erogazioni solo dopo l'effettiva acquisizione delle necessarie

disponibilità finanziarie.

3. Le Regioni disciplinano, entro il 31 marzo 1994, nell'ambito della

propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento delle

Unità sanitarie locali prevedendo tra l'altro:

a) i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli uffici

dirigenziali delle Unità sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere

nonché i criteri per l'attuazione della mobilità del personale risultato

in esubero, ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legislativo 3

febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.

4. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell'Unità

sanitaria locale, sono riservati al Direttore generale. Al Direttore

generale compete in particolare, anche attraverso l'istituzione

dell'apposito servizio di controllo interno di cui all'articolo 20 del

decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed

integrazioni, verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei

rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle

risorse attribuite ed introitate nonché l'imparzialità ed il buon

andamento dell'azione amministrativa.

I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende unità

sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono adottati esclusivamente

con riferimento ai requisiti di cui all'articolo 1 del D.L. 27 agosto

1994, n. 512, convertito dalla legge 17 ottobre 1994, n. 590, senza

necessità di valutazioni comparative. L'autonomia di cui al comma 1

diviene effettiva con la prima immissione nelle funzioni del direttore

generale. I contenuti di tale contratto, ivi compresi i criteri per la

determinazione degli emolumenti, sono fissati entro centoventi giorni

dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del

Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della

sanità, del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari

regionali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le

regioni e le province autonome. Il Direttore generale è tenuto a motivare

i provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal Direttore

sanitario, dal Direttore amministrativo e dal Consiglio dei sanitari. In

caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del

Direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal Direttore

amministrativo o dal Direttore sanitario su delega del Direttore generale

o, in mancanza di delega, dal Direttore più anziano per età. Ove l'assenza

o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione.

5.Il Direttore sanitario è un medico che non abbia compiuto il

sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni

qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture

sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione. Il Direttore

sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi ed

igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al Direttore generale

sugli atti relativi alle materie di competenza. Il Direttore

amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche che non

abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per

almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o

amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media

o grande dimensione.

Il Direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi dell'Unità

sanitaria locale. Sono soppresse le figure del coordinatore

amministrativo, del coordinatore sanitario e del sovrintendente sanitario,

nonché l'ufficio di direzione.

6. Il Direttore generale non è eleggibile a membro dei Consigli comunali,

dei Consigli provinciali, dei Consigli e assemblee delle Regioni e del

Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno

centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei

predetti organi. In caso di scioglimento anticipato dei medesimi, le cause

di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano

cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di

scioglimento. In ogni caso il Direttore generale non è eleggibile nei

Collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il

territorio dell'Unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le

sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di

accettazione della candidatura. Il Direttore generale che sia stato

candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di

cinque anni le sue funzioni in Unità sanitarie comprese, in tutto o in

parte, nel Collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni.

La carica di Direttore generale è incompatibile con quella di membro del

Consiglio e delle Assemblee delle Regioni e delle Province autonome, di

Consigliere provinciale, di Sindaco, di Assessore comunale, di Presidente

o di Assessore di Comunità montana, di membro del Parlamento, nonché con

l'esistenza di rapporti anche in regime convenzionale con la Unità

sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni o di rapporti

economici o di consulenza con strutture che svolgono attività

concorrenziali con la stessa. La predetta normativa si applica anche ai

Direttori amministrativi ed ai Direttori sanitari. La carica di Direttore

generale è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto di

lavoro dipendente, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con

l'Unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni.

7. Non possono essere nominati Direttori generali, Direttori

amministrativi o Direttori sanitari delle Unità sanitarie locali:

1) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, a pena

detentiva non inferiore ad un anno per delitto non colposo ovvero a pena

detentiva non inferiore a sei mesi per delitto non colposo commesso nella

qualità di pubblico ufficiale o con abuso dei poteri o violazione dei

doveri inerenti ad una pubblica funzione, salvo quanto disposto dal

secondo comma dell'articolo 166 del codice penale;

2) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto per il

quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza;

3) coloro che sono stati sottoposti, anche con provvedimento non

definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della

riabilitazione prevista dall'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n.

327, e dall'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55;

4) coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza detentiva o a libertà

vigilata.

8. Il Consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell'Unità sanitaria

locale con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal

Direttore sanitario. Fanno parte del Consiglio medici in maggioranza ed

altri operatori sanitari laureati - con presenza maggioritaria della

componente ospedaliera medica se nell'Unità sanitaria locale è presente un

presidio ospedaliero - nonché una rappresentanza del personale

infermieristico e del personale tecnico sanitario. Nella componente medica

è assicurata la presenza del medico veterinario. Il Consiglio dei sanitari

fornisce parere obbligatorio al Direttore generale per le attività

tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli

investimenti ad esse attinenti. Il Consiglio dei sanitari si esprime

altresì sulle attività di assistenza sanitaria. Tale parere è da

intendersi favorevole ove non formulato entro il termine fissato dalla

legge regionale. La Regione provvede a definire il numero dei componenti

nonché a disciplinare le modalità di elezione e la composizione ed il

funzionamento del Consiglio.

9. Il Direttore generale dell'Unità sanitaria locale nomina i revisori con

specifico provvedimento e li convoca per la prima seduta. Il Presidente

del Collegio viene eletto dai revisori all'atto della prima seduta. Ove a

seguito di decadenza, dimissioni o decessi il Collegio risultasse mancante

di uno o più componenti, il Direttore generale provvede ad acquisire le

nuove designazioni dalle Amministrazioni competenti. In caso di mancanza

di più di due componenti dovrà procedersi alla ricostituzione dell'intero

Collegio. Qualora il Direttore generale non proceda alla ricostituzione

del Collegio entro trenta giorni, la Regione provvede a costituirlo in via

straordinaria con un funzionario della Regione e due designati dal

Ministro del tesoro. Il Collegio straordinario cessa le proprie funzioni

all'atto dell'insediamento del Collegio ordinario.

L'indennità annua lorda spettante ai componenti del Collegio dei revisori

è fissata in misura pari al 10 per cento degli emolumenti del Direttore

generale dell'Unità sanitaria locale. Al Presidente del Collegio compete

una maggiorazione pari al 20 per cento dell'indennità fissata per gli

altri componenti.

10. Nelle Unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con

quello del Comune, il Sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze

sanitarie della popolazione, provvede alla definizione, nell'ambito della

programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l'impostazione

programmatica dell'attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione

ed il bilancio di esercizio e rimette alla Regione le relative

osservazioni, verifica l'andamento generale dell'attività e contribuisce

alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le proprie

valutazioni e proposte al Direttore generale ed alla Regione. Nelle Unità

sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide con il territorio

del Comune, le funzioni del Sindaco sono svolte dalla Conferenza dei

Sindaci o dei Presidenti delle circoscrizioni di riferimento territoriale

tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque

componenti nominati dalla stessa Conferenza con modalità di esercizio

delle funzioni dettate con normativa regionale.

 

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Articolo 3-bis

Direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario

1. I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle unità sanitarie

locali e delle aziende ospedaliere sono adottati esclusivamente con

riferimento ai requisiti di cui al comma 3.

2. La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel termine

perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio. Scaduto

tale termine, si applica l'articolo 2, comma 2-octies.

3.Gli aspiranti devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) diploma di laurea;

b) esperienza almeno quinquennale di direzione tecnica o amministrativa in

enti, aziende, strutture pubbliche o private, in posizione dirigenziale

con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane,

tecniche o finanziarie, svolta nei dieci anni precedenti la pubblicazione

dell'avviso.

4. I direttori generali nominati devono produrre, entro diciotto mesi

dalla nomina, il certificato di frequenza del corso di formazione in

materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria. I

predetti corsi sono organizzati ed attivati dalle regioni, anche in ambito

interregionale ed in collaborazione con le università o altri soggetti

pubblici o privati accreditati ai sensi dell'articolo 16-ter, operanti nel

campo della formazione manageriale, con periodicità almeno biennale. I

contenuti, la metodologia delle attività didattiche, la durata dei corsi,

non inferiore a centoventi ore programmate in un periodo non superiore a

sei mesi, nonché le modalità di conseguimento della certificazione, sono

stabiliti, entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del decreto

legislativo 19 giugno 1999, n. 229 con decreto del Ministro della sanità,

previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I

direttori generali in carica alla data di entrata in vigore del decreto

legislativo 19 giugno 1999, n. 229 producono il certificato di cui al

presente comma entro diciotto mesi da tale data.

5. Le regioni determinano preventivamente, in via generale, i criteri di

valutazione dell'attività dei direttori generali, avendo riguardo al

raggiungimento degli obiettivi definiti nel quadro della programmazione

regionale, con particolare riferimento alla efficienza, efficacia e

funzionalità dei servizi sanitari. All'atto della nomina di ciascun

direttore generale, esse definiscono ed assegnano, aggiornandoli

periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi,

con riferimento alle relative risorse, ferma restando la piena autonomia

gestionale dei direttori stessi.

6. Trascorsi diciotto mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la

regione verifica i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento

degli obiettivi di cui al comma 5 e, sentito il parere del sindaco o della

conferenza dei sindaci di cui all'articolo 3, comma 14, ovvero, per le

aziende ospedaliere, della Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis,

procede o meno alla conferma entro i tre mesi successivi alla scadenza del

termine. La disposizione si applica in ogni altro procedimento di

valutazione dell'operato del direttore generale, salvo quanto disposto dal

comma 7.

7. Quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di

grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio di buon

andamento e di imparzialità della amministrazione, la regione risolve il

contratto dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla

sua sostituzione; in tali casi la regione provvede previo parere della

Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, che si esprime nel termine

di dieci giorni dalla richiesta, decorsi inutilmente i quali la

risoluzione del contratto può avere comunque corso. Si prescinde dal

parere nei casi di particolare gravità e urgenza. Il sindaco o la

Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 3, comma 14, ovvero, per le

aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, nel

caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano attuativo

locale, possono chiedere alla regione di revocare il direttore generale, o

di non disporne la conferma, ove il contratto sia già scaduto. Quando i

procedimenti di valutazione e di revoca di cui al comma 6 e al presente

comma riguardano i direttori generali delle aziende ospedaliere, la

Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis è integrata con il Sindaco

del comune capoluogo della provincia in cui è situata l'azienda.

8. Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore

amministrativo e del direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da

contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non

superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme

del titolo terzo del libro quinto del codice civile. La regione disciplina

le cause di risoluzione del rapporto con il direttore amministrativo e il

direttore sanitario. Il trattamento economico del direttore generale, del

direttore sanitario e del direttore amministrativo è definito, in sede di

revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 luglio

1995, n. 502, anche con riferimento ai trattamenti previsti dalla

contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della

dirigenza medica e amministrativa.

9. La regione può stabilire che il conferimento dell'incarico di direttore

amministrativo sia subordinato, in analogia a quanto previsto per il

direttore sanitario dall'articolo 1 del decreto del Presidente della

Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, alla frequenza del corso di

formazione programmato per il conferimento dell'incarico di direttore

generale o del corso di formazione manageriale di cui all'articolo 7 del

decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 o di

altro corso di formazione manageriale appositamente programmato.

10. La carica di direttore generale è incompatibile con la sussistenza di

altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo.

11. La nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario determina

per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e

il diritto al mantenimento del posto.

L'aspettativa è concessa entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo

di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di

previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il

versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali comprensivi delle

quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico

corrisposto per l'incarico conferito nei limiti dei massimali di cui

all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, e

a richiedere il rimborso di tutto l'onere da esse complessivamente

sostenuto all'unità sanitaria locale o all'azienda ospedaliera

interessata, la quale procede al recupero della quota a carico

dell'interessato.

12. Per i direttori generali e per coloro che, fuori dei casi di cui al

comma 11, siano iscritti all'assicurazione generale obbligatoria ed alle

forme sostitutive ed esclusive della medesima, la contribuzione dovuta sul

trattamento economico corrisposto nei limiti dei massimali previsti

dall'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181,

è versata dall'unità sanitaria locale o dall'azienda ospedaliera di

appartenenza, con recupero della quota a carico dell'interessato.

13. In sede di revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei

ministri 19 luglio 1995, n. 502 si applica il comma 5 del presente

articolo.

14. Il rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale è

regolato dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive

modificazioni. Per la programmazione delle assunzioni si applica

l'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive

modificazioni.

15. In sede di prima applicazione, le regioni possono disporre la proroga

dei contratti con i direttori generali in carica all'atto dell'entrata in

vigore del presente decreto per un periodo massimo di dodici mesi.

 

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Articolo 3-ter Collegio sindacale

1. Il collegio sindacale:

a) verifica l'amministrazione dell'azienda sotto il profilo economico;

b) vigila sull'osservanza della legge;

c) accerta la regolare tenuta della contabilità e la conformità del

bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, ed

effettua periodicamente verifiche di cassa;

d) riferisce almeno trimestralmente alla regione, anche su richiesta di

quest'ultima, sui risultati del riscontro eseguito, denunciando

immediatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità;

trasmette periodicamente, e comunque con cadenza almeno semestrale, una

propria relazione sull'andamento dell'attività dell'unità sanitaria locale

o dell'azienda ospedaliera rispettivamente alla Conferenza dei sindaci o

al sindaco del comune capoluogo della provincia dove è situata l'azienda

stessa.

2. I componenti del collegio sindacale possono procedere ad atti di

ispezione e controllo, anche individualmente.

3. Il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da cinque

membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro del

tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro

della sanità e uno dalla Conferenza dei sindaci; per le aziende

ospedaliere quest'ultimo componente è designato dall'organismo di

rappresentanza dei comuni. I componenti del collegio sindacale sono scelti

tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il

Ministero di grazia e giustizia, ovvero tra i funzionari del Ministero del

tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano

esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di

componenti dei collegi sindacali.

4.I riferimenti contenuti nella normativa vigente al collegio dei revisori

delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere si

intendono applicabili al collegio sindacale di cui al presente articolo.

 

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Articolo 3-quater Il distretto

1. La legge regionale disciplina l'articolazione in distretti dell'unità

sanitaria locale. Il distretto è individuato, sulla base dei criteri di

cui all'articolo 2, comma 2-sexies, lettera c), dall'atto aziendale di cui

all'articolo 3, comma 1-bis, garantendo una popolazione minima di almeno

sessantamila abitanti, salvo che la regione, in considerazione delle

caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della

popolazione residente, disponga diversamente.

2. Il distretto assicura i servizi di assistenza primaria relativi alle

attività sanitarie e sociosanitarie di cui al successivo articolo

3-quinquies, nonché il coordinamento delle proprie attività con quella dei

dipartimenti e dei servizi aziendali, inclusi i presidi ospedalieri,

inserendole organicamente nel Programma delle attività territoriali. Al

distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di

salute della popolazione di riferimento. Nell'ambito delle risorse

assegnate, il distretto è dotato di autonomia tecnico-gestionale ed

economico-finanziaria, con contabilità separata all'interno del bilancio

della unità sanitaria locale.

3. Il Programma delle attività territoriali, basato sul principio della

intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture

operative:

a) prevede la localizzazione dei servizi a gestione diretta di cui all'

articolo 3-quinquies;

b) determina le risorse per l'integrazione socio-sanitaria di cui

all'articolo 3-septies e le quote rispettivamente a carico dell'unità

sanitaria locale e dei comuni, nonché la localizzazione dei

presidi per il territorio di competenza;

c) è proposto, sulla base delle risorse assegnate e previo parere del

Comitato dei sindaci di distretto, dal direttore di distretto ed è

approvato dal direttore generale, d'intesa, limitatamente alle attività

sociosanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto conto delle priorità

stabilite a livello regionale.

4. Il Comitato dei sindaci di distretto, la cui organizzazione e il cui

funzionamento sono disciplinati dalla regione, concorre alla verifica del

raggiungimento dei risultati di salute definiti dal Programma delle

attività territoriali. Nei comuni la cui ampiezza territoriale coincide

con quella dell'unità sanitaria locale o la supera il Comitato dei sindaci

di distretto è sostituito dal Comitato dei presidenti di circoscrizione.

 

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Articolo 3-quinquies Funzioni e risorse del distretto

1. Le regioni disciplinano l'organizzazione del distretto in modo da

garantire:

a) l'assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale,

attraverso il necessario coordinamento e l'approccio multidisciplinare, in

ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di

libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva e i presidi

specialistici ambulatoriali;

b) il coordinamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di

libera scelta con le strutture operative a gestione diretta, organizzate

in base al modello dipartimentale, nonché con i servizi specialistici

ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed extraospedaliere accreditate;

c) l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate

da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di

rilevanza sanitaria se delegate dai comuni.

2. Il distretto garantisce:

a) assistenza specialistica ambulatoriale;

b) attività o servizi per la prevenzione e la cura delle

tossicodipendenze;

c) attività o servizi consultoriali per la tutela della salute

dell'infanzia, della donna e della famiglia;

d) attività o servizi rivolti a disabili ed anziani;

e) attività o servizi di assistenza domiciliare integrata;

f) attività o servizi per le patologie da HIV e per le patologie in fase

terminale.

3. Trovano inoltre collocazione funzionale nel distretto le articolazioni

organizzative del dipartimento di salute mentale e del dipartimento di

prevenzione, con particolare riferimento ai servizi alla persona.

 

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Articolo 3-sexies Direttore di distretto

1. Il direttore del distretto realizza le indicazioni della direzione

aziendale, gestisce le risorse assegnate al distretto, in modo da

garantire l'accesso della popolazione alle strutture e ai servizi,

l'integrazione tra i servizi e la continuità assistenziale. Il direttore

del distretto supporta la direzione generale nei rapporti con i sindaci

del distretto.

2. Il direttore di distretto si avvale di un ufficio di coordinamento

delle attività distrettuali, composto da rappresentanti delle figure

professionali operanti nei servizi distrettuali. Sono membri di diritto di

tale ufficio un rappresentante dei medici di medicina generale, uno dei

pediatri di libera scelta ed uno degli specialisti ambulatoriali

convenzionati operanti nel distretto.

3. L'incarico di direttore di distretto è attribuito dal direttore

generale a un dirigente dell'azienda, che abbia maturato una specifica

esperienza nei servizi territoriali e un'adeguata formazione nella loro

organizzazione, oppure a un medico convenzionato, ai sensi dell'articolo

8, comma 1, da almeno dieci anni, con contestuale congelamento di un

corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria.

4. La legge regionale disciplina gli oggetti di cui agli articoli

3-quater, comma 3 e 3-quinquies, commi 2 e 3, nonché al comma 3 del

presente articolo, nel rispetto dei princìpi fondamentali desumibili dalle

medesime disposizioni; ove la regione non disponga, si applicano le

predette disposizioni.

 

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Articolo 3-septies Integrazione sociosanitaria

1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a

soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute

della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni

di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la

continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.

2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono:

a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate

alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione

e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite

e acquisite;

b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del

sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di

bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo

stato di salute.

3. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 2, comma 1,

lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, da emanarsi, entro tre

mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del

Ministro della sanità e del Ministro per la solidarietà sociale,

individua, sulla base dei princìpi e criteri direttivi di cui al presente

articolo, le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma 2,

lettere a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per

quanto compete alle unità sanitarie locali e ai comuni. Con il medesimo

atto sono individuate le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione

sanitaria di cui al comma 4 e alle quali si applica il comma 5, e definiti

i livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo

sanitario.

4. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono

caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della

componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree

materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze

da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in

fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie

cronico-degenerative.

5. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono

assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di

assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente

normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo

nazionali e regionali.

6. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei

Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla

legge regionale ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo

31 marzo 1998, n. 112. La regione determina, sulla base dei criteri posti

dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, il finanziamento

per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, sulla base di quote

capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza.

7. Con decreto interministeriale, di concerto tra il Ministro della

sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e il Ministro per la

funzione pubblica, è individuata all'interno della Carta dei servizi una

sezione dedicata agli interventi e ai servizi sociosanitari.

8. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 e dall'articolo 3 quinquies,

comma 1, lettera c), le regioni disciplinano i criteri e le modalità

mediante i quali comuni e aziende sanitarie garantiscono l'integrazione,

su base distrettuale, delle prestazioni sociosanitarie di rispettiva

competenza, individuando gli strumenti e gli atti per garantire la

gestione integrata dei processi assistenziali sociosanitari.

 

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Articolo 3-octies Area delle professioni sociosanitarie

1. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per

la solidarietà sociale e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della

programmazione economica, sentito il Consiglio superiore di sanità e la

Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e Bolzano, entro novanta giorni dalla data di

entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 è

disciplinata l'istituzione all'interno del Servizio sanitario nazionale,

dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria e sono

individuate le relative discipline della dirigenza sanitaria.

2. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per

la solidarietà sociale, sentito il Ministro per l'università e la ricerca

scientifica e tecnologica e acquisito il parere del Consiglio superiore di

sanità, sono integrate le tabelle dei servizi e delle specializzazioni

equipollenti previste per l'accesso alla dirigenza sanitaria del Servizio

sanitario nazionale, in relazione all'istituzione dell'area sociosanitaria

a elevata integrazione sanitaria.

3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per

la solidarietà sociale, sono individuati, sulla base di parametri e

criteri generali definiti dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8

del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i profili professionali

dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria.

4. Le figure professionali di livello non dirigenziale operanti nell'area

sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria, da formare con corsi di

diploma universitario, sono individuate con regolamento del Ministro della

sanità, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca

scientifica e tecnologica e per la solidarietà sociale, ai sensi

dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; i relativi

ordinamenti didattici sono definiti dagli atenei, ai sensi dell'articolo

17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 sulla base di criteri

generali determinati con decreto del Ministro dell'università e della

ricerca scientifica e tecnologica, emanato di concerto con gli altri

Ministri interessati, tenendo conto dell'esigenza di una formazione

interdisciplinare, adeguata alle competenze delineate nei profili

professionali e attuata con la collaborazione di più facoltà

universitarie.

5. Le figure professionali operanti nell'area sociosanitaria a elevata

integrazione sanitaria, da formare in corsi a cura delle regioni, sono

individuate con regolamento del Ministro della sanità di concerto con il

Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza permanente per

i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e

Bolzano, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988,

n. 400; con lo stesso decreto sono definiti i relativi ordinamenti

didattici.

 

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Articolo 4 Aziende ospedaliere e presidi ospedalieri

1. Per specifiche esigenze assistenziali, di ricerca scientifica, nonché

di didattica del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto dei criteri e

delle modalità di cui ai commi 1 bis e seguenti, possono essere costituiti

o confermati in aziende, disciplinate dall'articolo 3, gli istituti di

ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, con le

particolarità procedurali e organizzative previste dalle disposizioni

attuative dell'articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997,

n. 59; le aziende di cui all'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n.

419, secondo le specifiche disposizioni definite in sede di attuazione

della delega ivi prevista; le aziende ospedaliere di rilievo nazionale o

interregionale, alle quali si applicano, salvo che sia diversamente

previsto, le disposizioni del presente decreto relative alle unità

sanitarie locali. Sino all'emanazione delle disposizioni attuative sugli

istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ad essi si applicano

le disposizioni del presente decreto relative alla dirigenza sanitaria, ai

dipartimenti, alla direzione sanitaria e amministrativa aziendale e al

collegio di direzione. Le disposizioni del presente decreto, salvo quanto

in esso diversamente disposto, non si applicano ai policlinici

universitari e alle aziende ove insistono le facoltà di medicina e

chirurgia prima della data indicata dalle disposizioni attuative della

delega prevista dall'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419; ove

tale data non sia prevista, dette disposizioni si applicano a partire dal

1° aprile 2000.

1-bis. Nell'ambito della riorganizzazione della rete dei servizi

conseguente al riordino del sistema delle aziende previsto dal presente

decreto, le regioni possono proporre la costituzione o la conferma in

aziende ospedaliere dei presidi ospedalieri in possesso di tutti i

seguenti requisiti:

a) organizzazione dipartimentale di tutte le unità operative presenti

nella struttura, disciplinata dall'atto di cui all'articolo 3, comma

1-bis, in coerenza con l'articolo 17-bis;

b) disponibilità di un sistema di contabilità economico patrimoniale e di

una contabilità per centri di costo;

c) presenza di almeno tre unità operative di alta specialità secondo le

specificazioni di cui al decreto del Ministro della sanità 29 gennaio

1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1 febbraio 1992, e

successive modificazioni;

d) dipartimento di emergenza di secondo livello, ai sensi dell'atto di

indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente della

Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31

marzo 1992 e successive modificazioni, secondo le specificazioni contenute

nell'Atto di intesa tra Stato e regioni di approvazione delle linee guida

sul sistema di emergenza sanitaria pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n.

114 del 17 maggio 1996;

e) ruolo di ospedale di riferimento in programmi integrati di assistenza

su base regionale e interregionale, così come previsto dal Piano sanitario

regionale ed in considerazione della mobilità infraregionale e della

frequenza dei trasferimenti da presidi ospedalieri regionali di minore

complessità;

f) attività di ricovero in degenza ordinaria, nel corso dell'ultimo

triennio, per pazienti residenti in regioni diverse, superiore di almeno

il dieci per cento rispetto al valore medio regionale, salvo che per le

aziende ubicate in Sicilia e in Sardegna;

g) indice di complessità della casistica dei pazienti trattati in ricovero

ordinario, nel corso dell'ultimo triennio, superiore ad almeno il venti

per cento del valore medio regionale;

h) disponibilità di un proprio patrimonio immobiliare adeguato e

sufficiente per consentire lo svolgimento delle attività istituzionali di

tutela della salute e di erogazione di prestazioni sanitarie.

1-ter. I requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1-bis non si

applicano agli ospedali specializzati di cui al decreto ministeriale 31

gennaio 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 2 giugno

1995. In ogni caso, non si procede alla costituzione o alla conferma in

azienda ospedaliera qualora questa costituisca il solo presidio

ospedaliero pubblico presente nella azienda unità sanitaria locale.

1-quater. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in

vigore del presente decreto, trasmettono al Ministro della sanità le

proprie indicazioni ai fini della individuazione degli ospedali di rilievo

nazionale o interregionale da costituire in azienda ospedaliera avuto

riguardo a quanto previsto dai commi 1-bis e 1-ter. Entro novanta giorni

dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n.

229, il Ministro della sanità, attenendosi alle indicazioni pervenute

dalle regioni previa verifica dei requisiti e, in mancanza, sulla base di

proprie valutazioni, formula le proprie proposte al Consiglio dei

ministri, il quale individua gli ospedali da costituire in azienda

ospedaliera. Entro sessanta giorni dalla data della deliberazione del

Consiglio dei ministri, le regioni costituiscono in azienda, ai sensi del

comma 1, i predetti ospedali.

1-quinquies. Nel predisporre il Piano sanitario regionale, e comunque dopo

tre anni dall'entrata in vigore del presente decreto, la regione procede a

verificare la permanenza dei requisiti di cui al comma 1-bis e a valutare

l'equilibrio economico delle aziende ospedaliere costituite nel suo ambito

territoriale. In caso di grave disavanzo nel triennio considerato, oppure

di perdita dei requisiti di cui al comma 1-bis, la costituzione in azienda

viene revocata, secondo le procedure previste per la costituzione

medesima, e la regione individua l'unità sanitaria locale subentrante nei

relativi rapporti attivi e passivi.

1-sexies. I presìdi attualmente costituiti in aziende ospedaliere, con

esclusione dei presìdi di cui al comma 6, per i quali viene richiesta la

conferma e che non soddisfano i requisiti di cui al comma 1-bis, possono

essere confermati per un periodo massimo di tre anni dall'entrata in

vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sulla base di un

progetto di adeguamento presentato dalla regione, con la procedura di cui

al comma 1-quater. Alla scadenza del termine previsto nel provvedimento di

conferma, ove permanga la carenza dei requisiti, le regioni e il ministero

della sanità attivano la procedura di cui all'ultimo periodo del comma

1-quinquies; ove i requisiti sussistano, si procede ai sensi del comma

1-quater.

1-septies. Le regioni definiscono le modalità dell'integrazione

dell'attività assistenziale delle aziende di cui al comma 1 nella

programmazione regionale e le forme della collaborazione con le unità

sanitarie locali in rapporto alle esigenze assistenziali dell'ambito

territoriale in cui operano, anche ai sensi dell'articolo 3-septies.

1-octies. Ai progetti elaborati dalle regioni e finanziati ai sensi

dell'articolo 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e

successive modificazioni, hanno titolo a partecipare anche gli enti e gli

istituti di cui al comma 12.

2. Possono essere individuati come ospedali di rilievo nazionale e di alta

specializzazione quelli che dispongono di tutte le seguenti

caratteristiche:

a) Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità,

sentito il Consiglio superiore di sanità e la Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, provvede, sulla

base dell'evoluzione scientifica e tecnologica, ad aggiornare

periodicamente l'elenco delle attività di alta specialità e dei requisiti

necessari per l'esercizio delle attività medesime;

3. Sono ospedali a rilievo nazionale e di alta specializzazione i

policlinici universitari, che devono essere inseriti nel sistema di

emergenza sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27

marzo 1992.

4. I policlinici universitari sono Aziende dell'Università dotate di

autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile. Lo statuto

dell'Università determina, su proposta della facoltà di medicina, le

modalità organizzative e quelle gestionali, nel rispetto dei fini

istituzionali, in analogia ai principi del presente decreto fissati per

l'Azienda ospedaliera. La gestione dei policlinici universitari è

informata al principio dell'autonomia economico-finanziaria e dei

preventivi e consuntivi per centri di costo, basati sulle prestazioni

effettuate.

5. I presidi ospedalieri in cui insiste la prevalenza del corso formativo

del triennio clinico della facoltà di medicina, costituiti in Aziende

ospedaliere, si dotano del modello gestionale secondo quanto previsto dal

presente decreto per le Aziende ospedaliere; il Direttore generale è

nominato d'intesa con il Rettore dell'Università. La gestione dell'Azienda

deve essere informata anche all'esigenza di garantire le funzioni

istituzionali delle strutture universitarie che vi operano.

L'Università e l'Azienda stabiliscono i casi per i quali è necessaria

l'acquisizione del parere della facoltà di medicina per le decisioni che

si riflettono sulle strutture universitarie. Nella composizione del

Consiglio dei sanitari deve essere assicurata la presenza delle componenti

universitarie in rapporto alla consistenza numerica delle stesse.

6. Le Aziende ospedaliere, incluse quelle di cui al comma 5, devono

chiudere il proprio bilancio in pareggio. L'eventuale avanzo di

amministrazione è utilizzato per gli investimenti in conto capitale, per

oneri di parte corrente e per eventuali forme di incentivazione al

personale da definire in sede di contrattazione. Il verificarsi di

ingiustificati disavanzi di gestione o la perdita delle caratteristiche

strutturali e di attività prescritte, fatta salva l'autonomia

dell'Università, comportano rispettivamente il commissariamento da parte

della Regione e la revoca dell'autonomia aziendale.

7. Gli ospedali che non siano costituiti in Azienda ospedaliera conservano

la natura di presidi dell'Unità sanitaria locale. Nelle Unità sanitarie

locali nelle quali sono presenti più ospedali, questi possono essere

accorpati ai fini funzionali. Nei presidi ospedalieri dell'Unità sanitaria

locale è previsto un Dirigente medico in possesso dell'idoneità di cui

all'articolo 17, come responsabile delle funzioni igienico-organizzative,

ed un Dirigente amministrativo per l'esercizio delle funzioni di

coordinamento amministrativo. Il Dirigente medico ed il Dirigente

amministrativo concorrono, secondo le rispettive competenze, al

conseguimento degli obiettivi fissati dal Direttore generale. A tutti i

presidi di cui al presente comma è attribuita autonomia

economico-finanziaria con contabilità separata all'interno del bilancio

dell'Unità sanitaria locale, con l'introduzione delle disposizioni

previste per le Aziende ospedaliere, in quanto applicabili.

8. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 5, lettera g) in

materia di personale in esubero, le Regioni provvedono alla

riorganizzazione di tutti i presidi ospedalieri sulla base delle

disposizioni di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 30 dicembre 1991,

n. 412, correlando gli standard ivi previsti con gli indici di degenza

media, l'intervallo di turn-over e la rotazione degli assistiti, ed

organizzando gli stessi presidi in dipartimenti. All'interno dei presidi

ospedalieri e delle Aziende di cui al presente articolo sono riservati

spazi adeguati, da reperire entro centoventi giorni dalla data di entrata

in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, per l'esercizio

della libera professione intramuraria ed una quota non inferiore al 5% e

non superiore al 10% dei posti-letto per la istituzione di camere a

pagamento. I Direttori generali delle nuove Unità sanitarie locali e delle

Aziende ospedaliere e, fino al loro insediamento, gli Amministratori

straordinari pro-tempore, nonché le autorità responsabili delle Aziende di

cui al comma 5, sono direttamente responsabili dell'attuazione di dette

disposizioni. In caso di inosservanza la Regione adotta i conseguenti

provvedimenti sostitutivi. In caso di documentata impossibilità di

assicurare gli spazi necessari alla libera professione all'interno delle

proprie strutture, gli spazi stessi sono reperiti, previa autorizzazione

della Regione, anche mediante appositi contratti tra le Unità sanitarie

locali e case di cura o altre strutture sanitarie, pubbliche o private.

Per l'attività libero-professionale presso le suddette strutture sanitarie

i medici sono tenuti ad utilizzare i modulari delle strutture sanitarie

pubbliche da cui dipendono. I contratti sono limitati al tempo

strettamente necessario per l'approntamento degli spazi per la libera

professione all'interno delle strutture pubbliche e comunque non possono

avere durata superiore ad un anno e non possono essere rinnovati. Il

ricovero in camere a pagamento comporta l'esborso da parte del ricoverato

di una retta giornaliera stabilita in relazione al livello di qualità

alberghiera delle stesse, nonché, se trattasi di ricovero richiesto in

regime libero-professionale, di una somma forfettaria comprensiva di tutti

gli interventi medici e chirurgici, delle prestazioni di diagnostica

strumentale e di laboratorio strettamente connesse ai singoli interventi,

differenziata in relazione al tipo di interventi stessi. In ciascuna

Regione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della disciplina di

riorganizzazione ospedaliera di cui al presente articolo, e comunque entro

un triennio dall'entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre

1993, n. 517, cessano di avere efficacia le disposizioni di cui alla legge

12 febbraio 1968, n. 132, e al decreto del Presidente della Repubblica 27

marzo 1969, n. 128, nonché le disposizioni del decreto del Presidente

della Repubblica 27 marzo 1969, n. 129.

9. I posti letto da riservare, ai sensi del comma 10 per la istituzione di

camere a pagamento nonché quelli ascritti agli spazi riservati

all'esercizio della libera professione intramuraria, non concorrono ai

fini dello standard dei posti letto per mille abitanti previsto dall'art.

4, comma 3 della legge 30 dicembre 1991, n. 412.

10. Al fine di consentire in condizione di compatibilità e di coerenza con

le esigenze e le finalità assistenziali delle Unità sanitarie locali e

delle Aziende ospedaliere, l'esercizio delle attività libero professionali

in regime ambulatoriale all'interno delle strutture e dei servizi, le

disposizioni di cui all'articolo 35, comma 2, lettera d), del decreto del

Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, si applicano anche

al restante personale della dirigenza del ruolo sanitario di cui

all'articolo 15 del presente decreto. Per le prestazioni di consulenza e

per la ripartizione dei proventi derivanti dalle predette attività si

applicano le vigenti disposizioni contrattuali.

11. Nulla è innovato alla vigente disciplina per quanto concerne

l'ospedale Galliera di Genova, l'Ordine Mauriziano e gli istituti ed enti

che esercitano l'assistenza ospedaliera di cui agli articoli 40, 41 e 43,

secondo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, fermo restando che

l'apporto dell'attività dei suddetti presidi ospedalieri al Servizio

sanitario nazionale è regolamentato con le modalità previste dal presente

articolo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto

legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i requisiti tecnico-organizzativi ed

i regolamenti sulla dotazione organica e sull'organizzazione dei predetti

presidi sono adeguati, per la parte compatibile, ai principi del presente

decreto e a quelli di cui all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre

1991, n. 412, e sono approvati con decreto del Ministro della sanità.

12. I rapporti tra l'ospedale Bambino Gesù, appartenente alla Santa Sede,

le strutture del Sovrano Militare Ordine di Malta ed il Servizio sanitario

nazionale, relativamente all'attività assistenziale, sono disciplinati da

appositi accordi da stipularsi rispettivamente tra la Santa Sede, il

Sovrano Militare Ordine di Malta ed il Governo italiano.

 

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Articolo 5 Patrimonio e contabilità

1. Nel rispetto della normativa regionale vigente, il patrimonio delle

unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere è costituito da tutti i

beni mobili ed immobili ad esse appartenenti, ivi compresi quelli da

trasferire o trasferiti loro dallo Stato o da altri enti pubblici, in

virtù di leggi o di provvedimenti amministrativi, nonché da tutti i beni

comunque acquisiti nell'esercizio della propria attività o a seguito di

atti di liberalità.

2. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere hanno disponibilità

del patrimonio secondo il regime della proprietà privata, ferme restando

le disposizioni di cui all'articolo 830, secondo comma, del codice civile.

Gli atti di trasferimento a terzi di diritti reali su immobili sono

assoggettati a previa autorizzazione della regione. I beni mobili e

immobili che le unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere e gli

istituti di ricovero e cura a carattere scientifico utilizzano per il

perseguimento dei loro fini istituzionali costituiscono patrimonio

indisponibile degli stessi, soggetti alla disciplina dell'articolo 828,

secondo comma, del codice civile.

3. Le leggi ed i provvedimenti di cui al comma 1 costituiscono titolo per

la trascrizione, la quale è esente da ogni onere relativo a imposte e

tasse.

4. Gli atti di donazione a favore delle unità sanitarie locali e delle

aziende ospedaliere che abbiano ad oggetto beni immobili con specifica

destinazione a finalità rientranti nell'ambito del servizio sanitario

nazionale, sono esenti dal pagamento delle imposte di donazione,

ipotecarie e catastali.

5. Qualora non vi abbiano già provveduto, entro novanta giorni dalla data

di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le

regioni emanano norme per la gestione economico finanziaria e patrimoniale

delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, informate ai

principi di cui al codice civile, così come integrato e modificato con

d.lgs. 9 aprile 1991, n. 127, e prevedendo:

a) la tenuta del libro delle deliberazioni del direttore generale;

b) l'adozione del bilancio economico pluriennale di previsione nonché del

bilancio preventivo economico annuale relativo all'esercizio successivo;

c) la destinazione dell'eventuale avanzo e le modalità di copertura degli

eventuali disavanzi di esercizio;

d) la tenuta di una contabilità analitica per centri di costo e

responsabilità che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti

e dei risultati;

e) l'obbligo delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di

rendere pubblici, annualmente, i risultati delle proprie analisi dei

costi, dei rendimenti e dei risultati per centri di costo e

responsabilità;

f) il piano di valorizzazione del patrimonio immobiliare anche attraverso

eventuali dismissioni e conferimenti.

6. Per conferire struttura uniforme alle voci dei bilanci pluriennali ed

annuali e dei conti consuntivi annuali, nonché omogeneità ai valori

inseriti in tali voci e per consentire all'Agenzia per i servizi sanitari

regionali rilevazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei

risultati, è predisposto apposito schema, con decreto interministeriale

emanato di concerto fra i Ministri del tesoro e della sanità, previa

intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le

regioni e le province autonome.

7. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere sono tenute agli

adempimenti di cui all'articolo 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468 e

all'articolo 64 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. La

disciplina contabile di cui al presente articolo decorre dal 1° gennaio

1995 e la contabilità finanziaria è soppressa.

 

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Articolo 5-bis Ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico

1. Nell'ambito dei programmi regionali per la realizzazione degli

interventi previsti dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, il

Ministero della sanità può stipulare, di concerto con il Ministero del

tesoro, del bilancio e della programmazione economica e d'intesa con la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano e nei limiti delle disponibilità

finanziarie, iscritte nel bilancio dello Stato, accordi di programma con

le regioni e con altri soggetti pubblici interessati aventi ad oggetto la

relativa copertura finanziaria nell'arco pluriennale degli interventi,

l'accelerazione delle procedure e la realizzazione di opere, con

particolare riguardo alla qualificazione e messa a norma delle strutture

sanitarie.

2. Gli accordi di programma previsti dal comma 1 disciplinano altresì le

funzioni di monitoraggio e di vigilanza demandate al Ministero della

sanità, i rapporti finanziari fra i soggetti partecipanti all'accordo, le

modalità di erogazione dei finanziamenti statali, le modalità di

partecipazione finanziaria delle regioni e degli altri soggetti pubblici

interessati, nonché gli eventuali apporti degli enti pubblici preposti

all'attuazione.

3.In caso di mancata attivazione del programma oggetto dell'accordo entro

i termini previsti dal medesimo programma, la copertura finanziaria

assicurata dal Ministero della sanità viene riprogrammata e riassegnata,

sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e

le province autonome, in favore di altre regioni o enti pubblici

interessati al programma di investimenti, tenuto conto della capacità di

spesa e di immediato utilizzo delle risorse da parte dei medesimi.

 

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Articolo 6 Rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università

1. Le Regioni, nell'ambito della programmazione regionale, stipulano

specifici protocolli d'intesa con le Università per regolamentare

l'apporto alle attività assistenziali del servizio sanitario delle facoltà

di medicina, nel rispetto delle loro finalità istituzionali didattiche e

scientifiche.

Le università concordano con le regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano, nell'ambito dei protocolli d'intesa di cui al presente comma,

ogni eventuale utilizzazione di strutture assistenziali private, purchè

accreditate e qualora non siano disponibili strutture nell'azienda di

riferimento e, in via subordinata, in altre strutture pubbliche. Le

Università contribuiscono, per quanto di competenza, all'elaborazione dei

piani sanitari regionali. La programmazione sanitaria, ai fini

dell'individuazione della dislocazione delle strutture sanitarie, deve

tener conto della presenza programmata delle strutture universitarie. Le

Università e le Regioni possono, d'intesa, costituire policlinici

universitari, mediante scorporo e trasferimento da singoli stabilimenti

ospedalieri di strutture universitarie od ospedaliere, accorpandole in

stabilimenti omogenei tenendo conto delle esigenze della programmazione

regionale. I rapporti in attuazione delle predette intese sono regolati

ove necessario con appositi accordi tra le Università, le Aziende

ospedaliere e le Unità sanitarie locali interessate.

2. Per soddisfare le specifiche esigenze del Servizio sanitario nazionale,

connesse alla formazione degli specializzandi e all'accesso ai ruoli

dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, le Università e le Regioni

stipulano specifici protocolli di intesa per disciplinare le modalità

della reciproca collaborazione. I rapporti in attuazione delle predette

intese sono regolati con appositi accordi tra le Università, le Aziende

ospedaliere, le Unità sanitarie locali, gli Istituti di ricovero e cura a

carattere scientifico e gli Istituti zooprofilattici sperimentali. Ferma

restando la disciplina di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n.

257, sulla formazione specialista, nelle scuole di specializzazione

attivate presso le predette strutture sanitarie in possesso dei requisiti

di idoneità di cui all'articolo 7 del citato decreto legislativo n.

257/1991, la titolarità dei corsi di insegnamento previsti

dall'ordinamento didattico universitario è affidata ai dirigenti delle

strutture presso quali si svolge la formazione stessa, in conformità ai

protocolli d'intesa di cui al comma 1. Ai fini della programmazione del

numero degli specialisti da formare, si applicano le disposizioni di cui

all'articolo 2 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, tenendo

anche conto delle esigenze conseguenti alle disposizioni sull'accesso alla

dirigenza di cui all'articolo 15 del presente decreto. Il diploma di

specializzazione conseguito presso le predette scuole è rilasciato a firma

del Direttore della Scuola e del Rettore dell'Università competente. Sulla

base delle esigenze di formazione di prestazioni rilevate dalla

programmazione regionale, analoghe modalità per l'istituzione di corsi di

specializzazione possono essere previste per i presidi ospedalieri delle

Unità sanitarie locali, le cui strutture siano in possesso dei requisiti

di idoneità previsti dall'articolo 7 del decreto legislativo 8 agosto

1991, n. 257.

3. A norma dell'articolo 1, lettera o), della legge 23 ottobre 1992, n.

421, la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e

della riabilitazione avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre

strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private

accreditate. I requisiti di idoneità e l'accreditamento delle strutture

sono disciplinati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca

scientifica e tecnologica d'intesa con il Ministro della sanità. Il

Ministro della sanità individua con proprio decreto le figure

professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo ordinamento

didattico è definito, ai sensi dell'articolo 9 della legge 19 novembre

1990, n. 341, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca

scientifica e tecnologica emanato di concerto con il Ministro della

sanità. Per tali finalità le Regioni e le Università attivano appositi

protocolli di intesa per l'espletamento dei corsi di cui all'articolo 2

della legge 19 novembre 1990, n. 341. La titolarità dei corsi di

insegnamento previsti dall'ordinamento didattico universitario è affidata

di norma a personale del ruolo sanitario dipendente dalle strutture presso

le quali si svolge la formazione stessa, in possesso dei requisiti

previsti. I rapporti in attuazione delle predette intese sono regolati con

appositi accordi tra le Università, le Aziende ospedaliere, le Unità

sanitarie locali, le istituzioni pubbliche e private accreditate e gli

Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. I diplomi conseguiti

sono rilasciati a firma del responsabile del corso e del Rettore

dell'Università competente. L'esame finale, che consiste in una prova

scritta ed in una prova pratica, abilita all'esercizio professionale.

Nelle Commissioni di esame è assicurata la presenza di rappresentanti dei

Collegi professionali, ove costituiti. I corsi di studio relativi alle

figure professionali individuate ai sensi del presente articolo e previsti

dal precedente ordinamento che non siano stati riordinati ai sensi del

citato articolo 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, sono soppressi

entro due anni a decorrere dal 1° gennaio 1994, garantendo, comunque, il

completamento degli studi agli studenti che si iscrivono entro il predetto

termine al primo anno di corso. A decorrere dalla data di entrata in

vigore del presente decreto, per l'accesso alle scuole ed ai corsi

disciplinati dal precedente ordinamento è in ogni caso richiesto il

possesso di un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado di

durata quinquennale. Alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente

ordinamento e per il predetto periodo temporale possono accedere gli

aspiranti che abbiano superato il primo biennio di scuola secondaria

superiore per i posti che non dovessero essere coperti dai soggetti in

possesso del diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado.

4. In caso di mancata stipula dei protocolli di intesa di cui al presente

articolo, entro centoventi giorni dalla costituzione delle nuove Unità

sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere, previa diffida, gli accordi

sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dei

Ministri della sanità e dell'Università e della ricerca scientifica e

tecnologica.

5. Nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia il personale

laureato medico ed odontoiatra di ruolo, in servizio alla data del 31

ottobre 1992, dell'area tecnico-scientifica e socio-sanitaria svolge anche

le funzioni assistenziali. In tal senso è modificato il contenuto delle

attribuzioni dei profili del collaboratore e del funzionario tecnico

socio-sanitario in possesso del diploma di laurea in medicina e chirurgia

ed in odontoiatria. È fatto divieto alle Università di assumere nei

profili indicati i laureati in medicina e chirurgia ed in odontoiatria.

 

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Articolo 6-bis Protocolli d'intesa tra le regioni, le università e le strutture del Servizio sanitario nazionale

1. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro

dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentita la

Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, sono elaborate ogni tre anni

linee guida per la stipulazione di protocolli d'intesa tra le regioni, le

università e le strutture del Servizio sanitario nazionale, determinando i

parametri al fine di individuare le strutture universitarie per lo

svolgimento delle attività assistenziali e le strutture per la formazione

specialistica e i diplomi universitari.

2. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 1 si applicano le linee

guida di cui al decreto dei Ministri della sanità e dell'università e

della ricerca scientifica e tecnologica 31 luglio 1997, pubblicato nella

Gazzetta Ufficiale n. 181 del 5 agosto 1997.

3 .Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 1 le strutture sono

individuate, per quanto concerne la formazione specialistica, in

conformità al decreto del Ministro dell'università e della ricerca

scientifica e tecnologica 17 dicembre 1997, pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 1997 e, per quanto concerne i diplomi

universitari, in conformità al decreto del Ministro dell'università e

della ricerca scientifica e tecnologica 24 settembre 1997, pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale n. 234 del 7 ottobre 1997.

 

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Articolo 6-ter Fabbisogno di personale sanitario

1. Entro il 30 aprile di ciascun anno il Ministro della sanità, sentiti la

Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano e la Federazione nazionale degli

Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri e degli altri Ordini e Collegi

professionali interessati, determina con uno o più decreti il fabbisogno

per il Servizio sanitario nazionale, anche suddiviso per regioni, in

ordine ai medici chirurghi, veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi,

chimici, fisici, psicologi, nonché al personale sanitario infermieristico,

tecnico e della riabilitazione ai soli fini della programmazione da parte

del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica

degli accessi ai corsi di diploma di laurea, alle scuole di formazione

specialistica e ai corsi di diploma universitario. Con la stessa procedura

è determinato, altresì, il fabbisogno degli ottici, degli odontotecnici e

del restante personale sanitario e socio-sanitario che opera nei servizi e

nelle strutture del Servizio sanitario nazionale.

2. A tali fini i decreti di cui al comma 1 tengono conto di:

a) obiettivi e livelli essenziali di assistenza indicati dal Piano

sanitario nazionale e da quelli regionali;

b) modelli organizzativi dei servizi;

c) offerta di lavoro;

d) domanda di lavoro, considerando il personale in corso di formazione e

il personale già formato, non ancora immesso nell'attività lavorativa.

3.Gli enti pubblici e privati e gli ordini e collegi professionali sono

tenuti a fornire al Ministero della sanità i dati e gli elementi di

valutazione necessari per la determinazione dei fabbisogni riferiti alle

diverse categorie professionali; in caso di inadempimento entro il termine

prescritto il Ministero provvede all'acquisizione dei dati attraverso

commissari ad acta ponendo a carico degli enti inadempienti gli oneri a

tal fine sostenuti.

 

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Articolo 7 Dipartimento di prevenzione

1. Le attività di indirizzo e coordinamento necessarie per assicurare la

uniforme attuazione delle normative comunitarie e degli organismi

internazionali sono assicurate dal Ministero della sanità che si avvale,

per gli aspetti di competenza, dell'Istituto superiore di sanità,

dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro,

degli istituti zooprofilattici sperimentali, dell'Agenzia per i servizi

sanitari regionali, dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente

e degli istituti di ricerca del CNR e dell'ENEA.

2. I dipartimenti di prevenzione, tramite la Regione, acquisiscono

dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e

dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul

lavoro ogni informazione utile ai fini della conoscenza dei rischi per la

tutela della salute e per la sicurezza degli ambienti di lavoro.

L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro

garantisce la trasmissione delle anzidette informazioni anche attraverso

strumenti telematici.

 

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Articolo 7-bis Il dipartimento di prevenzione

1.Le regioni disciplinano l'istituzione e l'organizzazione del

dipartimento della prevenzione secondo i principi contenuti nelle

disposizioni del presente articolo e degli articoli 7-ter e 7-quater. Il

dipartimento di prevenzione è struttura operativa dell'unità sanitaria

locale che garantisce la tutela della salute collettiva, perseguendo

obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle

disabilità, miglioramento della qualità della vita.

2.A tal fine il dipartimento di prevenzione promuove azioni volte a

individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine

ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i

distretti, con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle

aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse

discipline. Partecipa alla formulazione del programma di attività della

unità sanitaria locale, formulando proposte d'intervento nelle materie di

competenza e indicazioni in ordine alla loro copertura finanziaria.

 

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Articolo 7-ter Funzioni del dipartimento di prevenzione

1.In base alla definizione dei livelli essenziali di assistenza, il

dipartimento di prevenzione garantisce le seguenti funzioni di prevenzione

collettiva e sanità pubblica anche a supporto dell'autorità sanitaria

locale:

a) profilassi delle malattie infettive e parassitarie;

b) tutela della collettività dai rischi sanitari degli ambienti di vita

anche con riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali;

c) tutela della collettività e dei singoli dai rischi infortunistici e

sanitari connessi agli ambienti di lavoro;

d)sanità pubblica veterinaria, che comprende sorveglianza epidemiologica

delle popolazioni animali e profilassi delle malattie infettive e

parassitarie; farmacovigilanza veterinaria; igiene delle produzioni

zootecniche; tutela igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale;

e) tutela igienico-sanitaria degli alimenti;

f) sorveglianza e prevenzione nutrizionale;

g) tutela della salute nelle attività sportive.

2. Il dipartimento di prevenzione contribuisce inoltre alle attività di

promozione della salute e di prevenzione delle malattie

cronico-degenerative in collaborazione con gli altri servizi e

dipartimenti aziendali.

 

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Articolo 7-quater Organizzazione del dipartimento di prevenzione

1. Il dipartimento di prevenzione opera nell'ambito del Piano attuativo

locale, ha autonomia organizzativa e contabile ed è organizzato in centri

di costo e di responsabilità. Il direttore del dipartimento è scelto dal

direttore generale tra i dirigenti con almeno cinque anni di anzianità di

funzione e risponde alla direzione aziendale del perseguimento degli

obiettivi aziendali, dell'assetto organizzativo e della gestione, in

relazione alle risorse assegnate.

2. Le regioni disciplinano l'articolazione delle aree dipartimentali di

sanità pubblica, della tutela della salute negli ambienti di lavoro e

della sanità pubblica veterinaria, prevedendo strutture organizzative

specificamente dedicate a:

a) igiene e sanità pubblica;

b) igiene degli alimenti e della nutrizione;

c) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro;

d) sanità animale;

e) igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione,

conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro

derivati;

f) igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.

3.Le strutture organizzative si distinguono in servizi o in unità

operative, in rapporto all'omogeneità della disciplina di riferimento ed

alle funzioni attribuite, nonché alle caratteristiche e alle dimensioni

del bacino di utenza.

4.I servizi veterinari operano quale centro di responsabilità, dotati di

autonomia tecnico-funzionale ed organizzativa nell'ambito della struttura

dipartimentale, e rispondono del perseguimento degli obiettivi del

servizio, nonché della gestione delle risorse economiche attribuite.

5.Nella regolamentazione del dipartimento di prevenzione, le regioni

possono prevedere, secondo le articolazioni organizzative adottate, la

disciplina delle funzioni di medicina legale e necroscopica.

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Articolo 7-quinquies Coordinamento con le Agenzie regionali per l'ambiente

1. Il Ministro della sanità ed il Ministro dell'ambiente, d'intesa con la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, stipulano, nell'ambito delle

rispettive competenze, un accordo quadro per il coordinamento e la

integrazione degli interventi per la tutela della salute e dell'ambiente

che individua i settori di azione congiunta ed i relativi programmi

operativi.

2. Le regioni individuano le modalità e i livelli di integrazione fra

politiche sanitarie e politiche ambientali, prevedendo la stipulazione di

accordi di programma e convenzioni tra le unità sanitarie locali e le

aziende ospedaliere e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente

per la tutela della popolazione dal rischio ambientale, con particolare

riguardo alle attività di sorveglianza epidemiologica e di comunicazione

del rischio. Tali accordi devono comunque garantire l'erogazione delle

prestazioni richieste dalle unità sanitarie locali per lo svolgimento di

funzioni e di compiti istituzionali senza oneri aggiuntivi per il Servizio

sanitario nazionale.

3.Le regioni e le unità sanitarie locali, per le attività di laboratorio

già svolte dai presidi multizonali di prevenzione come compito di

istituto, in base a norme vigenti, nei confronti delle unità sanitarie

locali, si avvalgono delle agenzie regionali per la protezione

dell'ambiente.

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Articolo 7-sexies Istituti zooprofilattici sperimentali e Uffici veterinari del Ministero della sanità

1.I servizi veterinari si avvalgono delle prestazioni e della

collaborazione tecnico-scientifica degli Istituti zooprofilattici

sperimentali. La programmazione regionale individua le modalità di

raccordo funzionale tra i servizi veterinari delle unità sanitarie locali

e gli Istituti zooprofilattici sperimentali per il coordinamento delle

attività di sanità pubblica veterinaria, nonché le modalità integrative

rispetto all'attività dei Posti di ispezione frontaliera veterinaria e

degli Uffici veterinari di confine, porto ed aeroporto e quelli per gli

adempimenti degli obblighi comunitari.

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Articolo 7-septies Funzioni di profilassi internazionale

1. Nell'ambito di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998,

n. 112 relativamente alle funzioni di profilassi internazionale, le

attribuzioni di igiene pubblica, ambientale e del lavoro di cui al decreto

ministeriale 22 febbraio 1984 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 77

del 17 marzo 1984 ed al decreto ministeriale 2 maggio 1985 pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 18 giugno 1985 ad esclusione delle

suddette funzioni di profilassi internazionali su merci, persone e flussi

migratori svolte dagli Uffici di sanità marittima e aerea del Ministero

della sanità, sono svolte dai dipartimenti di prevenzione delle unità

sanitarie locali territorialmente competenti.

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Articolo 7-octies Coordinamento delle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro

1. Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato ai sensi dell'articolo 8

della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono definiti, sulla base dei princìpi e

criteri di cui agli articolo 7-bis e 7-ter, gli indirizzi per un programma

di azione nazionale per la prevenzione degli infortuni e la tutela della

salute nei luoghi di lavoro, con particolare attenzione al coordinamento

fra le competenze ispettive delle unità sanitarie locali, cui spetta la

vigilanza sull'ambiente di lavoro, e quelle degli ispettorati del lavoro e

dell'INAIL, nonché delle altre strutture di vigilanza, fermo restando

quanto previsto in materia dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n.

626, e in particolare gli articoli 25 e 27.

2. Il dipartimento di prevenzione assicura, nella programmazione della

propria attività destinata alla tutela della salute e della sicurezza

negli ambienti di lavoro, il raccordo con gli organismi paritetici

previsti dall'articolo 20 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.

626, o, qualora non ancora costituiti, con le parti sociali.

[1/3. Continua]

Il testo risulta così modificato, per effetto dei seguenti provvedimenti:

Decreto Legislativo 7 dicembre 1993 n. 517

Decreto Legge 30 maggio 1994 n. 325

Decreto Legge 27 agosto 1994 n. 512

Legge Finanziaria 23 dicembre 1994 n. 724

Legge Finanziaria 28 dicembre 1995 n. 549

Decreto Legge 18 novembre 1996 n. 583

Decreto Legislativo 15 dicembre 1997 n. 446

Legge Finanziaria 23 dicembre 1998 n. 449

Legge Delega 30 novembre 1998 n. 419

Decreto Legislativo 19 giugno 1999 n. 229

Decreto Legislativo 28 luglio 2000 n. 254

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TITOLO II Prestazioni

Articolo 8 Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali

1.Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di

medicina generale ed i pediatri di libera scelta è disciplinato da

apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi

collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'articolo 4, comma 9,

della legge 30 dicembre 1991, n.412, con le organizzazioni sindacali

di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale.

La rappresentatività delle organizzazioni sindacali è basata sulla

consistenza associativa.

Detti accordi devono tenere conto dei seguenti principi:

a) prevedere che la scelta del medico è liberamente effettuata

dall'assistito, nel rispetto di un limite massimo di assistiti per

medico, ha validità annuale ed è tacitamente rinnovata;

b) regolamentare la possibilità di revoca della scelta da parte

dell'assistito nel corso dell'anno nonché la ricusazione della

scelta da parte del medico, qualora ricorrano eccezionali ed

accertati motivi di incompatibilità;

c) disciplinare gli ambiti e le modalità di esercizio della libera

professione prevedendo che: il tempo complessivamente dedicato alle

attività in libera professione non rechi pregiudizio al corretto e

puntuale svolgimento degli obblighi del medico, nello studio medico

e al domicilio del paziente; le prestazioni offerte in attività

libero-professionale siano definite nell'ambito della convenzione,

anche al fine di escludere la coincidenza tra queste e le

prestazioni incentivanti di cui alla lettera d); il medico sia

tenuto a comunicare all'azienda unità sanitaria locale l'avvio

dell'attività in libera professione, indicandone sede ed orario di

svolgimento, al fine di consentire gli opportuni controlli; sia

prevista una preferenza nell'accesso a tutte le attività incentivate

previste dagli accordi integrativi in favore dei medici che non

esercitano attività libero-professionale strutturata nei confronti

dei propri assistiti. Fino alla stipula della nuova convenzione sono

fatti salvi i rapporti professionali in atto con le aziende termali.

In ogni caso, il non dovuto pagamento, anche parziale, di

prestazioni da parte dell'assistito o l'esercizio di attività libero

professionale al di fuori delle modalità e dei limiti previsti dalla

convenzione comportano l'immediata cessazione del rapporto

convenzionale con il Servizio sanitario nazionale;

d) ridefinire la struttura del compenso spettante al medico,

prevedendo una quota fissa per ciascun soggetto iscritto alla sua

lista, corrisposta su base annuale in rapporto alle funzioni

definite in convenzione; una quota variabile in considerazione del

raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi di attività e

del rispetto dei conseguenti livelli di spesa programmati di cui

alla lettera f); una quota variabile in considerazione dei compensi

per le prestazioni e le attività previste negli accordi nazionali e

regionali, in quanto funzionali allo sviluppo dei programmi di cui

alla lettera f);

e) garantire l'attività assistenziale per l'intero arco della

giornata e per tutti i giorni della settimana attraverso il

coordinamento operativo e l'integrazione professionale, nel rispetto

degli obblighi individuali derivanti dalle specifiche convenzioni,

fra l'attività dei medici di medicina generale, dei pediatri di

libera scelta, della guardia medica e della medicina dei servizi,

attraverso lo sviluppo di forme di associazionismo professionale e

la organizzazione distrettuale del servizio;

f) prevedere le modalità attraverso le quali le unità sanitarie

locali, sulla base della programmazione regionale e nell'ambito

degli indirizzi nazionali, individuano gli obiettivi, concordano i

programmi di attività e definiscono i conseguenti livelli di spesa

programmati dei medici singoli od associati, in coerenza con gli

obiettivi ed i programmi di attività del distretto;

g) disciplinare le modalità di partecipazione dei medici alla

definizione degli obiettivi e dei programmi di attività del

distretto e alla verifica del loro raggiungimento;

h) disciplinare l'accesso alle funzioni di medico di medicina

generale del Servizio sanitario nazionale secondo parametri definiti

nell'ambito degli accordi regionali, in modo che l'accesso medesimo

sia consentito ai medici forniti dell'attestato o del diploma di cui

all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 o

titolo equipollente prevedendo altresì che la graduatoria annuale

evidenzi i medici forniti dell'attestato o del diploma, al fine di

riservare loro una percentuale prevalente di posti in sede di

copertura delle zone carenti ferma restando l'attribuzione agli

stessi di un adeguato punteggio, che tenga conto anche dello

specifico impegno richiesto per il conseguimento dell'attestato;

i) regolare la partecipazione di tali medici a società, anche

cooperative, anche al fine di prevenire l'emergere di conflitti di

interesse con le funzioni attribuite agli stessi medici dai rapporti

convenzionali in atto;

l) prevedere la possibilità di stabilire specifici accordi con i

medici già titolari di convenzione operanti in forma associata,

secondo modalità e in funzione di specifici obiettivi definiti in

ambito convenzionale;

m) prevedere le modalità con cui la convenzione possa essere

sospesa, qualora nell'ambito della integrazione dei medici di

medicina generale e dei pediatri di libera scelta nella

organizzazione distrettuale, le unità sanitarie locali attribuiscano

a tali medici l'incarico di direttore di distretto o altri incarichi

temporanei ritenuti inconciliabili con il mantenimento della

convenzione.

1-bis. Le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere,

in deroga a quanto previsto dal comma 1, utilizzano, ad esaurimento,

nell'ambito del numero delle ore di incarico svolte alla data di

entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i

medici addetti alla stessa data alle attività di guardia medica e di

medicina dei servizi. Per costoro valgono le convenzioni stipulate

ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Entro un

anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto che

modifica il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e

successive modificazioni, le regioni possono individuare aree di

attività della emergenza territoriale e della medicina dei servizi,

che, al fine del miglioramento dei servizi, richiedono l'instaurarsi

di un rapporto d'impiego. A questi fini, i medici in servizio alla

data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n.

229, addetti a tali attività, i quali al 31 dicembre 1998

risultavano titolari di un incarico a tempo indeterminato da almeno

cinque anni, o comunque al compimento del quinto anno di incarico a

tempo indeterminato, sono inquadrati a domanda nel ruolo sanitario,

nei limiti dei posti delle dotazioni organiche definite ed approvate

nel rispetto dei principi di cui all'articolo 6 del decreto

legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni e

previo giudizio di idoneità secondo le procedure di cui al decreto

del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 1997, n. 502.

Nelle more del passaggio alla dipendenza, le regioni possono

prevedere adeguate forme di integrazione dei medici convenzionati

addetti alla emergenza sanitaria territoriale con l'attività dei

servizi del sistema di emergenza-urgenza secondo criteri di

flessibilità operativa, incluse forme di mobilità interaziendale.

2. Il rapporto con le farmacie pubbliche e private è disciplinato da

convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi

nazionali stipulati a norma dell'articolo 4, comma 9, della legge 30

dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria

maggiormente rappresentative in campo nazionale. Detti accordi

devono tener conto dei seguenti principi:

a) le farmacie pubbliche e private erogano l'assistenza farmaceutica

per conto delle Unità sanitarie locali del territorio regionale

dispensando, su presentazione della ricetta del medico, specialità

medicinali, preparati galenici, prodotti dietetici, presidi

medico-chirurgici e altri prodotti sanitari erogabili dal Servizio

sanitario nazionale nei limiti previsti dai livelli di assistenza;

b) per il servizio di cui alla lettera a) l'Unità sanitaria locale

corrisponde alla farmacia il prezzo del prodotto erogato, al netto

della eventuale quota di partecipazione alla spesa dovuta

dall'assistito. Ai fini della liquidazione la farmacia è tenuta alla

presentazione della ricetta corredata del bollino o di altra

documentazione comprovante l'avvenuta consegna all'assistito. Per il

pagamento del dovuto oltre il termine fissato dagli accordi

regionali di cui alla successiva lettera c) non possono essere

riconosciuti interessi superiore a quelli legali;

c) demandare ad accordi di livello regionale la disciplina delle

modalità di presentazione delle ricette e i tempi dei pagamenti dei

corrispettivi nonché l'individuazione di modalità differenziate di

erogazione delle prestazione finalizzate al miglioramento

dell'assistenza definendo le relative condizioni economiche anche in

deroga a quanto previsto alla precedente lettera b), e le modalità

di collaborazione delle farmacie in programmi particolari

nell'ambito delle attività di emergenza, di farmacovigilanza, di

informazione e di educazione sanitaria.

2-bis. Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato ai sensi

dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono individuati i

criteri per la valutazione:

a) del servizio prestato in regime convenzionale dagli specialisti

ambulatoriali medici e delle altre professionalità sanitarie, al

fine dell'attribuzione del trattamento giuridico ed economico ai

soggetti inquadrati in ruolo ai sensi dell'articolo 34 della legge

27 dicembre 1997, n. 449;

b) per lo stesso fine, del servizio prestato in regime convenzionale

dai medici della guarda medica, della emergenza territoriale e della

medicina dei servizi nel caso le Regioni abbiano proceduto procedano

a instaurare il rapporto di impiego ai sensi del comma 1-bis del

presente articolo sia nel testo modificato dal decreto legislativo 7

dicembre 1993, n. 517, sia nel testo introdotto dal decreto

legislativo 19 giugno 1999, n. 229; a tali medici è data facoltà di

optare per il mantenimento della posizione assicurativa già

costituita presso l'Ente nazionale previdenza e assistenza medici

(Enpam); tale opzione deve essere esercitata al momento

dell'inquadramento in ruolo. Il servizio di cui al presente comma è

valutato con riferimento all'orario settimanale svolto rapportato a

quello dei medici e delle altre professionalità sanitarie dipendenti

dalla azienda sanitaria".

2-ter. Con decreto del ministro della Sanità, è istituita, senza

oneri a carico dello Stato, una Commissione composta da

rappresentanti dei ministri della Sanità, del Tesoro, del bilancio e

della programmazione economica e del Lavoro e della previdenza

sociale e da rappresentanti regionali designati dalla Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province

autonome di Trento e di Bolzano, al fine di individuare modalità

idonee ad assicurare che l'estensione al personale a rapporto

convenzionale, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30

dicembre 1992, n. 502, come modificato del decreto legislativo 19

giugno 1999, n. 229 dei limiti di età previsti dal comma 1

dell'articolo 15-nonies dello stesso decreto avvenga senza oneri per

il personale medesimo. L'efficacia della disposizione di cui

all'articolo 15-nonies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre

1992, n. 502, come introdotto dall'articolo 13 del decreto

legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è sospesa fino all'attuazione

dei provvedimenti collegati alle determinazioni della Commissione di

cui al presente comma.

3. Gli Ordini ed i Collegi professionali sono tenuti a valutare

sotto il profilo deontologico i comportamenti degli iscritti agli

Albi ed ai Collegi professionali che si siano resi inadempienti agli

obblighi convenzionali. I ricorsi avverso le sanzioni comminate

dagli Ordini o dai Collegi sono decisi dalla Commissione centrale

per gli esercenti le professioni sanitarie.

4. Ferma restando la competenza delle Regioni in materia di

autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private, a

norma dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con

atto di indirizzo e coordinamento, emanato d'intesa con la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le

Province autonome, sentito il Consiglio superiore di sanità, sono

definiti i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi

richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle

strutture pubbliche e private e la periodicità dei controlli sulla

permanenza dei requisiti stessi. L'atto di indirizzo e coordinamento

è emanato entro il 31 dicembre 1993 nel rispetto dei seguenti

criteri e principi direttivi:

a) garantire il perseguimento degli obiettivi fondamentali di

prevenzione, cura e riabilitazione definiti dal piano sanitario

nazionale;

b) garantire il perseguimento degli obiettivi che ciascuna delle

fondamentali funzioni assistenziali del Servizio sanitario nazionale

deve conseguire, giusta quanto disposto dal decreto del Presidente

della Repubblica 25 dicembre 1992, concernente la "Definizione dei

livelli uniformi di assistenza sanitaria" ovvero dal piano sanitario

nazionale, ai sensi del precedente articolo 1, comma 4, lettera b);

c) assicurare l'adeguamento delle strutture e delle attrezzature al

progresso scientifico e tecnologico;

d) assicurare l'applicazione delle disposizioni comunitarie in

materia;

e) garantire l'osservanza delle norme nazionali in materia di:

protezione antisismica, protezione antincendio, protezione acustica,

sicurezza elettrica, continuità elettrica, sicurezza

antinfortunistica, igiene dei luoghi di lavoro, protezione dalle

radiazioni ionizzanti, eliminazione delle barriere architettoniche,

smaltimento dei rifiuti, condizioni microclimatiche, impianti di

distribuzione dei gas, materiali esplodenti, anche al fine di

assicurare condizioni di sicurezza agli operatori e agli utenti del

servizio;

f) prevedere l'articolazione delle strutture sanitarie in classi

differenziate in relazione alla tipologia delle prestazioni

erogabili;

g) prevedere l'obbligo di controllo della qualità delle prestazioni

erogate;

h) definire i termini per l'adeguamento delle strutture e dei

presidi già autorizzati per l'aggiornamento dei requisiti minimi, al

fine di garantire un adeguato livello di qualità delle prestazioni

compatibilmente con le risorse a disposizione.

5. Le Unità sanitari locali, in deroga a quanto previsto dai

precedenti commi 5 e 7, utilizzano il personale sanitario in

servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7

dicembre 1993, n. 517, ai sensi dei decreti del Presidente della

Repubblica 28 settembre 1990, n. 316, 13 marzo 1992, n. 261, 13

marzo 1992, n. 262, e 18 giugno 1988, n. 255. Esclusivamente per il

suddetto personale valgono le convenzioni stipulate ai sensi

dell'articolo 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e

dell'articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412.

Entro il triennio indicato al comma 7 le Regioni possono inoltre

individuare aree di attività specialistica che, ai fini del

miglioramento del servizio richiedano, l'instaurarsi di un rapporto

d'impiego. A questi fini i medici specialistici ambulatoriali di cui

al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1990, n.

316, che alla data del 31 dicembre 1992 svolgevano esclusivamente

attività ambulatoriale da almeno cinque anni con incarico orario non

inferiore a ventinove ore settimanali e che alla medesima data non

avevano altro tipo di rapporto convenzionale con il Servizio

sanitario nazionale o con altre istituzioni pubbliche o private,

sono inquadrati, a domanda, previo giudizio di idoneità, nel primo

livello dirigenziale del ruolo medico in soprannumero.

Con regolamento da adottarsi entro novanta giorni dalla data di

entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517,

ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal

Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro

della sanità di concerto con i Ministri del tesoro e della funzione

pubblica sono determinati i tempi, le procedure e le modalità per lo

svolgimento dei giudizi di idoneità. In sede di revisione dei

rapporti convenzionali in atto, l'accordo collettivo nazionale

disciplina l'adeguamento dei rapporti medesimi alle esigenze di

flessibilità operativa, incluse la riorganizzazione degli orari e le

forme di mobilità interaziendale, nonché i criteri di integrazione

dello specialista ambulatoriale nella assistenza distrettuale. Resta

fermo quanto previsto dall'articolo 34 della legge 27 dicembre 1997,

n. 449. Sono fatti salvi i provvedimenti in corso attuativi

dell'art. 8, comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.

502 come modifica dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517.

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Articolo 8-bis Autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali

1. Le regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di

assistenza di cui all'articolo 1 avvalendosi dei presidi

direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle

aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di

ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti

accreditati ai sensi dell'articolo 8-quater, nel rispetto degli

accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies.

2. I cittadini esercitano la libera scelta del luogo di cura e dei

professionisti nell'ambito dei soggetti accreditati con cui siano

stati definiti appositi accordi contrattuali. L'accesso ai servizi è

subordinato all'apposita prescrizione, proposta o richiesta

compilata sul modulario del Servizio sanitario nazionale.

3. La realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività

sanitarie, l'esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio

sanitario nazionale e l'esercizio di attività sanitarie a carico del

Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al

rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter,

dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater,

nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui

all'articolo 8-quinquies. La presente disposizione vale anche per le

strutture e le attività sociosanitarie.

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Articolo 8-ter Autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie

1. La realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie

e sociosanitarie sono subordinate ad autorizzazione. Tali

autorizzazioni si applicano alla costruzione di nuove strutture,

all'adattamento di strutture già esistenti e alla loro diversa

utilizzazione, all'ampliamento o alla trasformazione nonché al

trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate, con

riferimento alle seguenti tipologie:

a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero

ospedaliero a ciclo continuativo o diurno per acuti;

b) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in

regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di

diagnostica strumentale e di laboratorio;

c) strutture sanitarie e sociosanitarie che erogano prestazioni in

regime residenziale, a ciclo continuativo o diurno.

2. L'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì,

richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni

sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia

ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di

particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza

del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le

strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte

anche a favore di soggetti terzi.

3. Per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie il

comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in

materia di autorizzazioni e concessioni di cui all'art. 4 del

decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni,

dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni ed

integrazioni, la verifica di compatibilità del progetto da parte

della regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno

complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture

presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire

l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento

prioritario di nuove strutture.

4. L'esercizio delle attività sanitarie e sociosanitarie da parte di

strutture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti

minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti con atto

di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15

marzo 1997, n. 59, sulla base dei princìpi e criteri direttivi

previsti dall'articolo 8, comma 4, del presente decreto. In sede di

modificazione del medesimo atto di indirizzo e coordinamento si

individuano gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni

sanitarie di cui al comma 1, nonché i relativi requisiti minimi.

5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto

legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni determinano:

a) le modalità e i termini per la richiesta e l'eventuale rilascio

della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della

autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria,

prevedendo la possibilità del riesame dell'istanza, in caso di esito

negativo o di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente;

b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di

strutture o di capacità produttiva, definendo idonee procedure per

selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati.

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Articolo 8-quater Accreditamento istituzionale

1. L'accreditamento istituzionale è rilasciato dalla regione alle

strutture autorizzate, pubbliche o private ed ai professionisti che

ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai

requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità

rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica

positiva dell'attività svolta e dei risultati raggiunti. Al fine di

individuare i criteri per la verifica della funzionalità rispetto

alla programmazione nazionale e regionale, la regione definisce il

fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate

dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali ed

uniformi di assistenza, nonché gli eventuali livelli integrativi

locali e le esigenze connesse all'assistenza integrativa di cui

all'articolo 9. La regione provvede al rilascio dell'accreditamento

ai professionisti, nonché a tutte le strutture pubbliche ed

equiparate che soddisfano le condizioni di cui al primo periodo del

presente comma, alle strutture private non lucrative di cui

all'articolo 1, comma 18, e alle strutture private lucrative.

2. La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le

aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere

la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli

accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies. I requisiti

ulteriori costituiscono presupposto per l'accreditamento e vincolo

per la definizione delle prestazioni previste nei programmi di

attività delle strutture accreditate, così come definiti

dall'articolo 8-quinquies.

3. Con atto di indirizzo e coordinamento emanato, ai sensi

dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro centottanta

giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno

1999, n. 229, sentiti l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, il

Consiglio superiore di sanità, e, limitatamente all'accreditamento

dei professionisti, la Federazione Nazionale dell'Ordine dei medici

chirurghi e degli odontoiatri, sono definiti i criteri generali

uniformi per:

a) la definizione dei requisiti ulteriori per l'esercizio delle

attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale da

parte delle strutture sanitarie e dei professionisti, nonché la

verifica periodica di tali attività;

b) la valutazione della rispondenza delle strutture al fabbisogno e

alla funzionalità della programmazione regionale, inclusa la

determinazione dei limiti entro i quali sia possibile accreditare

quantità di prestazioni in eccesso rispetto al fabbisogno

programmato, in modo da assicurare un'efficace competizione tra le

strutture accreditate;

c) le procedure ed i termini per l'accreditamento delle strutture

che ne facciano richiesta, ivi compresa la possibilità di un riesame

dell'istanza, in caso di esito negativo e di prescrizioni contestate

dal soggetto richiedente nonché la verifica periodica dei requisiti

ulteriori e le procedure da adottarsi in caso di verifica negativa.

4. L'atto di indirizzo e coordinamento è emanato nel rispetto dei

seguenti criteri e principi direttivi:

a) garantire l'eguaglianza fra tutte le strutture relativamente ai

requisiti ulteriori richiesti per il rilascio dell'accreditamento e

per la sua verifica periodica;

b) garantire il rispetto delle condizioni di incompatibilità

previste dalla vigente normativa nel rapporto di lavoro con il

personale comunque impegnato in tutte le strutture;

c) assicurare che tutte le strutture accreditate garantiscano

dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità,

qualità e funzionalità in relazione alla tipologia delle prestazioni

erogabili ed alle necessità assistenziali degli utilizzatori dei

servizi;

d) garantire che tutte le strutture accreditate assicurino adeguate

condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla

dotazione quantitativa e alla qualificazione professionale del

personale effettivamente impiegato;

e) prevedere la partecipazione della struttura a programmi di

accreditamento professionale tra pari;

f) prevedere la partecipazione degli operatori a programmi di

valutazione sistematica e continuativa dell'appropriatezza delle

prestazioni erogate e della loro qualità, interni alla struttura e

interaziendali;

g) prevedere l'accettazione del sistema di controlli esterni sulla

appropriatezza e sulla qualità delle prestazioni erogate, definito

dalla regione ai sensi dell'articolo 8-octies;

h) prevedere forme di partecipazione dei cittadini e degli

utilizzatori dei servizi alla verifica dell'attività svolta e alla

formulazione di proposte rispetto all'accessibilità dei servizi

offerti, nonché l'adozione e l'utilizzazione sistematica della carta

dei servizi per la comunicazione con i cittadini, inclusa la

diffusione degli esiti dei programmi di valutazione di cui alle

lettere e) ed f);

i) disciplinare l'esternalizzazione dei servizi sanitari

direttamente connessi all'assistenza al paziente, prevedendola

esclusivamente verso soggetti accreditati in applicazione dei

medesimi criteri o di criteri comunque equivalenti a quelli adottati

per i servizi interni alla struttura, secondo quanto previsto dal

medesimo atto di indirizzo e coordinamento;

j) indicare i requisiti specifici per l'accreditamento di funzioni

di particolare rilevanza, in relazione alla complessità

organizzativa e funzionale della struttura, alla competenza e alla

esperienza del personale richieste, alle dotazioni tecnologiche

necessarie o in relazione all'attuazione degli obiettivi prioritari

definiti dalla programmazione nazionale;

k) definire criteri per la selezione degli indicatori relativi

all'attività svolta ed ai suoi risultati finali dalle strutture e

dalle funzioni accreditate, in base alle evidenze scientifiche

disponibili;

l) definire i termini per l'adozione dei provvedimenti attuativi

regionali e per l'adeguamento organizzativo delle strutture già

autorizzate;

m) indicare i requisiti per l'accreditamento istituzionale dei

professionisti, anche in relazione alla specifica esperienza

professionale maturata e ai crediti formativi acquisiti nell'ambito

del programma di formazione continua di cui all'articolo 16-ter;

n) individuare l'organizzazione dipartimentale minima e le unità

operative e le altre strutture complesse delle aziende di cui agli

articoli 3 e 4, in base alla consistenza delle risorse umane,

tecnologiche e finanziarie, al grado di autonomia finanziaria e alla

complessità dell'organizzazione interna;

o) prevedere l'estensione delle norme di cui al presente comma alle

attività e alle strutture socio-sanitarie, ove compatibili.

5. Entro sessanta giorni dalla entrata in vigore dell'atto di

indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni definiscono,

in conformità ai criteri generali uniformi ivi previsti, i requisiti

per l'accreditamento, nonché il procedimento per la loro verifica,

prevedendo, per quanto riguarda l'accreditamento dei professionisti,

adeguate forme di partecipazione degli Ordini e dei Collegi

professionali interessati.

6. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore dell'atto di

indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni avviano il

processo di accreditamento delle strutture temporaneamente

accreditate ai sensi dell'articolo 6, comma 6, della legge 23

dicembre 1994, n. 724, e delle altre già operanti.

7. Nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove

strutture o per l'avvio di nuove attività in strutture preesistenti,

l'accreditamento può essere concesso, in via provvisoria, per il

tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della

qualità dei suoi risultati. L'eventuale verifica negativa comporta

la sospensione automatica dell'accreditamento temporaneamente

concesso.

8. In presenza di una capacità produttiva superiore al fabbisogno

determinato secondo le modalità di cui al comma 3, lettera b), le

regioni e le unità sanitarie locali attraverso gli accordi

contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies, sono tenute a porre a

carico del Servizio sanitario nazionale un volume di attività

comunque non superiore a quello previsto dagli indirizzi della

programmazione nazionale. In caso di superamento di tale limite, ed

in assenza di uno specifico e adeguato intervento integrativo ai

sensi dell'articolo 13, si procede, con le modalità di cui

all'articolo 28, commi 9 e seguenti della legge 23 dicembre 1998, n.

448, alla revoca dell'accreditamento della capacità produttiva in

eccesso, in misura proporzionale al concorso a tale superamento

apportato dalle strutture pubbliche ed equiparate, dalle strutture

private non lucrative e dalle strutture private lucrative.

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Articolo 8-quinquies Accordi contrattuali

1.Le regioni, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del

decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, definiscono l'ambito di

applicazione degli accordi contrattuali ed individuano i soggetti

interessati, con specifico riferimento ai seguenti aspetti:

a) individuazione delle responsabilità riservate alla regione e di

quelle attribuite alle unità sanitarie locali nella definizione

degli accordi contrattuali e nella verifica del loro rispetto;

b) indirizzi per la formulazione dei programmi di attività delle

strutture interessate, con l'indicazione delle funzioni e delle

attività da potenziare e da depotenziare, secondo le linee della

programmazione regionale e nel rispetto delle priorità indicate dal

Piano sanitario nazionale;

c) determinazione del piano delle attività relative alle alte

specialità ed alla rete dei servizi di emergenza;

d) criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture

ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il

programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo

di attività e del concorso allo stesso da parte di ciascuna

struttura.

2. In attuazione di quanto previsto dal comma 1, la regione e le

unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative

della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture

pubbliche ed equiparate, e stipulano contratti con quelle private e

con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro

organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano:

a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei

servizi;

b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti

nell'ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si

impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di

assistenza;

c) i requisiti del servizio da rendere, con particolare riguardo ad

accessibilità, appropriatezza clinica ed organizzativa, tempi di

attesa e continuità assistenziale;

d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate,

globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e

della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse

nell'accordo, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati

raggiunti e delle attività effettivamente svolte secondo le

indicazioni regionali di cui al comma 1, lettera d);

e) il debito informativo delle strutture erogatrici per il

monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno

essere seguite per il controllo esterno della appropriatezza e della

qualità della assistenza prestata e delle prestazioni rese, secondo

quanto previsto dall'articolo 8-octies.

3. Con decreto del ministro della sanità e dal ministro della

Difesa, ai fini di cui al comma 4, sono individuate le categorie

destinatarie e le tipologie delle prestazioni erogate dalle

strutture sanitarie militari.

4. Con decreto dal ministro della Sanità e del ministro della

Difesa, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo

Stato, le Regioni e le province autonome, sono individuate, nel

rispetto delle indicazioni degli strumenti di programmazione

regionale e tenendo conto della localizzazione regionale e della

disponibilità di risorse delle altre strutture sanitarie pubbliche

esistenti, le strutture sanitarie militari accreditabili, nonché le

specifiche categorie destinatarie e le prestazioni ai fini della

stipula degli accordi contrattuali previsti dal presente articolo.

Gli accordi contrattuali sono stipulati tra le predette strutture

sanitarie militari e le Regioni nel rispetto della reciproca

autonomia.

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Articolo 8-sexies Remunerazione

1. Le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a

carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un

ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di

cui all'articolo 8-quinquies e determinato in base alle funzioni

assistenziali e alle attività svolte nell'ambito e per conto della

rete dei servizi di riferimento. Ai fini della determinazione del

finanziamento globale delle singole strutture, le funzioni

assistenziali di cui al comma 2 sono remunerate in base al costo

standard di produzione del programma di assistenza, mentre le

attività di cui al comma 4 sono remunerate in base a tariffe

predefinite per prestazione.

2. Le regioni definiscono le funzioni assistenziali nell'ambito

delle attività che rispondono alle seguenti caratteristiche

generali:

a) programmi a forte integrazione fra assistenza ospedaliera e

territoriale, sanitaria e sociale, con particolare riferimento alla

assistenza per patologie croniche di lunga durata o recidivanti;

b) programmi di assistenza ad elevato grado di personalizzazione

della prestazione o del servizio reso alla persona;

c) attività svolte nell'ambito della partecipazione a programmi di

prevenzione;

d) programmi di assistenza a malattie rare;

e) attività con rilevanti costi di attesa, ivi compreso il sistema

di allarme sanitario e di trasporto in emergenza, nonché il

funzionamento della centrale operativa, di cui all'atto di indirizzo

e coordinamento approvato con decreto del Presidente della

Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76

del 21 marzo 1992;

f) programmi sperimentali di assistenza;

g) programmi di trapianto di organo, di midollo osseo e di tessuto,

ivi compresi il mantenimento e monitoraggio del donatore, l'espianto

degli organi da cadavere, le attività di trasporto, il coordinamento

e l'organizzazione della rete di prelievi e di trapianti, gli

accertamenti preventivi sui donatori.

3. I criteri generali per la definizione delle funzioni

assistenziali e per la determinazione della loro remunerazione

massima sono stabiliti con apposito decreto del Ministro della

sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa

con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni

e le province autonome, sulla base di standard organizzativi e di

costi unitari predefiniti dei fattori produttivi, tenendo conto,

quando appropriato, del volume dell'attività svolta.

4. La remunerazione delle attività assistenziali diverse da quelle

di cui al comma 2 è determinata in base a tariffe predefinite,

limitatamente agli episodi di assistenza ospedaliera per acuti

erogata in regime di degenza ordinaria e di day hospital, e alle

prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, fatta

eccezione per le attività rientranti nelle funzioni di cui al comma

3.

5. Il Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi

sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e

di Bolzano, ai sensi dell'articolo 120, comma 1, lettera g), del

decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con apposito decreto

individua i sistemi di classificazione che definiscono l'unità di

prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe

massime da corrispondere alle strutture accreditate, in base ai

costi standard di produzione e di quote standard di costi generali,

calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate,

preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza,

appropriatezza e qualità della assistenza. Lo stesso decreto

stabilisce i criteri generali in base ai quali le regioni, adottano

il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi

di strutture secondo le loro caratteristiche organizzative e di

attività, verificati in sede di accreditamento delle strutture

stesse.

6. Con la procedura di cui al comma 5, sono effettuati

periodicamente la revisione del sistema di classificazione delle

prestazioni e l'aggiornamento delle relative tariffe, tenendo conto

della definizione dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza e

delle relative previsioni di spesa, dell'innovazione tecnologica e

organizzativa, nonché dell'andamento del costo dei principali

fattori produttivi.

7. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, d'intesa con la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, disciplina le modalità di

erogazione e di remunerazione dell'assistenza protesica, compresa

nei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, anche

prevedendo il ricorso all'assistenza in forma indiretta.

8. Il Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza permanente

per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di

Trento e di Bolzano, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari

regionali, con apposito decreto, definisce i criteri generali per la

compensazione dell'assistenza prestata a cittadini in regioni

diverse da quelle di residenza. Nell'ambito di tali criteri, le

regioni possono stabilire specifiche intese e concordare politiche

tariffarie, anche al fine di favorire il pieno utilizzo delle

strutture e l'autosufficienza di ciascuna regione, nonché l'impiego

efficiente delle strutture che esercitano funzioni a valenza

interregionale e nazionale.

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Articolo 8-septies Prestazioni erogate in forma indiretta

1.I rimborsi relativi alle prestazioni erogate in forma indiretta

sono definiti dalle regioni e dalle province autonome in misura non

superiore al cinquanta per cento delle corrispondenti tariffe

regionali determinate ai sensi dell'articolo 8-sexies. Entro

diciotto mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo 19

giugno 1999, n. 229 è abolita l'assistenza in forma indiretta per le

prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e in regime di

degenza. Resta ferma la normativa vigente in materia di assistenza

sanitaria all'estero.

 

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Articolo 8-octies

Controlli

1. La regione e le aziende unità sanitarie locali attivano un

sistema di monitoraggio e controllo sulla definizione e sul rispetto

degli accordi contrattuali da parte di tutti i soggetti interessati

nonché sulla qualità della assistenza e sulla appropriatezza delle

prestazioni rese.

2. Per quanto riguarda le strutture pubbliche del Servizio sanitario

nazionale, la definizione degli accordi entro i termini stabiliti

dalla regione e il rispetto dei programmi di attività previsti per

ciascuna struttura rappresenta elemento di verifica per la conferma

degli incarichi al direttore generale, ai direttori di dipartimento

e del contratto previsto per i dirigenti responsabili di struttura

complessa, nonché per la corresponsione degli incentivi di risultato

al personale con funzioni dirigenziali dipendente dalle aziende

interessate.

3.Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato entro centottanta

giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19

giugno 1999, n. 229, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari

regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra

lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,

sono stabiliti, sulla base dei criteri di cui all'articolo

8-quinquies, i principi in base ai quali la regione assicura la

funzione di controllo esterno sulla appropriatezza e sulla qualità

della assistenza prestata dalle strutture interessate. Le regioni,

in attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al

precedente comma, entro sessanta giorni determinano:

a) le regole per l'esercizio della funzione di controllo esterno e

per la risoluzione delle eventuali contestazioni, stabilendo le

relative penalizzazioni;

b) il debito informativo delle strutture accreditate interessate

agli accordi e le modalità per la verifica della adeguatezza del

loro sistema informativo;

c) l'organizzazione per la verifica del comportamento delle singole

strutture;

d) i programmi per promuovere la formazione e l'aggiornamento degli

operatori addetti alla gestione della documentazione clinica e alle

attività di controllo. 4.L'atto di indirizzo e coordinamento di cui

al comma 3 individua altresì i criteri per la verifica di:

a) validità della documentazione amministrativa attestante

l'avvenuta erogazione delle prestazioni e la sua rispondenza alle

attività effettivamente svolte;

b) necessità clinica e appropriatezza delle prestazioni e dei

ricoveri effettuati, con particolare riguardo ai ricoveri di

pazienti indirizzati o trasferiti ad altre strutture;

c) appropriatezza delle forme e delle modalità di erogazione della

assistenza;

d) risultati finali della assistenza, incluso il gradimento degli

utilizzatori dei servizi.

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Articolo 9 Fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale

1. Al fine di favorire l'erogazione di forme di assistenza sanitaria

integrative rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario

nazionale e, con queste comunque direttamente integrate, possono

essere istituiti fondi integrativi finalizzati a potenziare

l'erogazione di trattamenti e prestazioni eccedenti i livelli

uniformi ed essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, definiti

dal Piano sanitario nazionale e dai relativi provvedimenti

attuativi.

2. La denominazione dei fondi di cui al presente articolo deve

contenere l'indicazione "fondo integrativo del Servizio sanitario

nazionale". Tale denominazione non può essere utilizzata con

riferimento a fondi istituiti per finalità diverse.

3. Tutti i soggetti pubblici e privati che istituiscono fondi

integrativi del Servizio sanitario nazionale sono tenuti ad adottare

politiche di non selezione dei rischi. Le fonti istitutive dei fondi

integrativi del Servizio sanitario nazionale sono le seguenti:

a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali;

b) accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti,

promossi dai loro sindacati o da associazioni di rilievo almeno

provinciale;

c) regolamenti di regioni, enti territoriali ed enti locali;

d) deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi

ordinamenti, da organizzazioni non lucrative di cui all'articolo 1,

comma 16 operanti nei settori dell'assistenza socio-sanitaria o

dell'assistenza sanitaria;

e) deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi

ordinamenti, da società di mutuo soccorso riconosciute;

f) atti assunti da altri soggetti pubblici e privati, a condizione

che contengano l'esplicita assunzione dell'obbligo di non adottare

strategie e comportamenti di selezione dei rischi o di

discriminazione nei confronti di particolari gruppi di soggetti.

4. L'ambito di applicazione dei fondi integrativi del Servizio

sanitario nazionale è rappresentato da:

a) prestazioni aggiuntive, non comprese nei livelli essenziali ed

uniformi di assistenza e con questi comunque integrate, erogate da

professionisti e da strutture accreditati;

b) prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale comprese nei

livelli uniformi ed essenziali di assistenza, per la sola quota

posta a carico dell'assistito, inclusi gli oneri per l'accesso alle

prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria e

per la fruizione dei servizi alberghieri su richiesta dell'assistito

di cui all'articolo 1, comma 15, della legge 23 dicembre 1996, n.

662;

c) prestazioni sociosanitarie erogate in strutture accreditate

residenziali e semiresidenziali o in forma domiciliare, per la quota

posta a carico dell'assistito.

5. Fra le prestazioni di cui al comma 4, lettera a), sono comprese:

a) le prestazioni di medicina non convenzionale, ancorché erogate da

strutture non accreditate;

b) le cure termali, limitatamente alle prestazioni non a carico del

Servizio sanitario nazionale;

c) l'assistenza odontoiatrica, limitatamente alle prestazioni non a

carico del Servizio sanitario nazionale e comunque con l'esclusione

dei programmi di tutela della salute odontoiatrica nell'età

evolutiva e dell'assistenza odontoiatrica e protesica a determinate

categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità.

6.Con decreto del Ministro della sanità, previo parere della

Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo

28 agosto 1997 n. 281, da adottare entro sessanta giorni dalla

entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale ai sensi

del comma 10, sono individuate le prestazioni relative alle lettere

a), b) e c) del comma 5, nonché quelle ricomprese nella lettera c)

del comma 4, le quali, in via di prima applicazione, possono essere

poste a carico dei fondi integrativi del Servizio sanitario

nazionale.

7. I fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono

autogestiti. Essi possono essere affidati in gestione mediante

convenzione, da stipulare con istituzioni pubbliche e private che

operano nel settore sanitario o sociosanitario da almeno cinque

anni, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro della

sanità, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in

vigore del presente decreto. Le regioni, le province autonome e gli

enti locali, in forma singola o associata, possono partecipare alla

gestione dei fondi di cui al presente articolo.

8.Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della disciplina

del trattamento fiscale ai sensi del comma 10, è emanato, su

proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell'articolo 17, comma

1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento contenente le

disposizioni relative all'ordinamento dei fondi integrativi del

Servizio sanitario nazionale. Detto regolamento disciplina:

a) le modalità di costituzione e di scioglimento;

b) la composizione degli organi di amministrazione e di controllo;

c) le forme e le modalità di contribuzione;

d) i soggetti destinatari dell'assistenza;

e) il trattamento e le garanzie riservate al singolo sottoscrittore

e al suo nucleo familiare;

f) le cause di decadenza della qualificazione di fondo integrativo

del Servizio sanitario nazionale.

9. La vigilanza sull'attività dei fondi integrativi del Servizio

sanitario nazionale è disciplinata dall'articolo 122 del decreto

legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Presso il Ministero della sanità,

senza oneri a carico dello Stato, sono istituiti: l'anagrafe dei

fondi integrativi del servizio sanitario nazionale, alla quale

debbono iscriversi sia i fondi vigilati dallo Stato che quelli

sottoposti a vigilanza regionale; l'osservatorio dei fondi

integrativi del Servizio sanitario nazionale, il cui funzionamento è

disciplinato con il regolamento di cui al comma 8.

10. Le disposizioni del presente articolo acquistano efficacia al

momento dell'entrata in vigore della disciplina del trattamento

fiscale dei fondi ivi previsti, ai sensi dell'articolo 10, comma 1,

della legge 13 maggio 1999, n. 133.

 

Articolo 9-bis Sperimentazioni gestionali

1. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni

e le province autonome di Trento e di Bolzano, autorizza programmi

di sperimentazione aventi ad oggetto nuovi modelli gestionali che

prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio

sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la

costituzione di società miste a capitale pubblico e privato.

2. Il programma di sperimentazione è proposto dalla regione

interessata, motivando le ragioni di convenienza economica del

progetto gestionale, di miglioramento della qualità dell'assistenza

e di coerenza con le previsioni del Piano sanitario regionale ed

evidenziando altresì gli elementi di garanzia, con particolare

riguardo ai seguenti criteri:

a) privilegiare nell'area del settore privato il coinvolgimento

delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale individuate

dall'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;

b) fissare limiti percentuali alla partecipazione di organismi

privati in misura non superiore al quarantanove per cento;

c) prevedere forme idonee di limitazione alla facoltà di cessione

della propria quota sociale nei confronti dei soggetti privati che

partecipano alle sperimentazioni;

d) disciplinare le forme di risoluzione del rapporto contrattuale

con privati che partecipano alla sperimentazione in caso di gravi

inadempienze agli obblighi contrattuali o di accertate esposizioni

debitorie nei confronti di terzi;

e) definire partitamente i compiti, le funzioni e i rispettivi

obblighi di tutti i soggetti pubblici e privati che partecipano alla

sperimentazione gestionale, avendo cura di escludere in particolare

il ricorso a forme contrattuali, di appalto o subappalto, nei

confronti di terzi estranei alla convenzione di sperimentazione, per

la fornitura di opere e servizi direttamente connesse all'assistenza

alla persona;

f) individuare forme e modalità di pronta attuazione per la

risoluzione della convenzione di sperimentazione e scioglimento

degli organi societari in caso di mancato raggiungimento del

risultato della avviata sperimentazione.

3. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni

e le province autonome di Trento e di Bolzano, avvalendosi

dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, verifica annualmente

i risultati conseguiti sia sul piano economico sia su quello della

qualità dei servizi, ivi comprese le forme di collaborazione in atto

con soggetti privati per la gestione di compiti diretti di tutela

della salute. Al termine del primo triennio di sperimentazione,

sulla base dei risultati conseguiti, il Governo e le regioni

adottano i provvedimenti conseguenti.

4. Al di fuori dei programmi di sperimentazione di cui al precedente

comma, è fatto divieto alle aziende del Servizio sanitario nazionale

di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo

svolgimento di compiti diretti di tutela della salute.

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Articolo 10 Controllo di qualità

1. Allo scopo di garantire la qualità dell'assistenza nei confronti

della generalità dei cittadini, è adottato in via ordinaria il

metodo della verifica e revisione della qualità e della quantità

delle prestazioni, nonché del loro costo, al cui sviluppo devono

risultare funzionali i modelli organizzativi ed i flussi informativi

dei soggetti erogatori e gli istituti normativi regolanti il

rapporto di lavoro del personale dipendente, nonché i rapporti tra

soggetti erogatori, pubblici e privati, ed il Servizio sanitario

nazionale.

2. Le Regioni, nell'esercizio dei poteri di vigilanza di cui

all'articolo 8, comma 4, e avvalendosi dei propri servizi ispettivi,

verificano il rispetto delle disposizioni in materia di requisiti

minimi e classificazione delle strutture erogatrici, con particolare

riguardo alla introduzione ed utilizzazione di sistemi di

sorveglianza e di strumenti e metodologie per la verifica di qualità

dei servizi e delle prestazioni. Il Ministro della sanità interviene

nell'esercizio del potere di alta vigilanza.

3. Con decreto del Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province

autonome e sentite la Federazione nazionale degli Ordini dei medici

e degli odontoiatri e degli altri Ordini e Collegi competenti, sono

stabiliti i contenuti e le modalità di utilizzo degli indicatori di

efficienza e di qualità. Il Ministro della sanità, in sede di

presentazione della Relazione sullo stato sanitario del Paese,

riferisce in merito alle verifiche dei risultati conseguiti,

avvalendosi del predetto sistema di indicatori.

4. Il Ministro della sanità accerta lo stato di attuazione presso le

Regioni del sistema di controllo delle prescrizioni mediche e delle

Commissioni professionali di verifica. La rilevazione dei dati

contenuti nelle prescrizioni mediche è attuata dalle Regioni e dalle

Province autonome con gli strumenti ritenuti più idonei. Il Ministro

della sanità acquisisce il parere della Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome in ordine

alla eventuale attivazione dei poteri sostitutivi. Ove tale parere

non sia espresso entro trenta giorni, il Ministro provvede

direttamente.

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Titolo III Finanziamento

Articolo 11 Versamento contributi assistenziali

1. I datori di lavoro tenuti, in base alla normativa vigente alla

data di entrata in vigore del presente decreto, a versare all'INPS i

contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale,

provvedono, alle scadenze già previste, al versamento con separata

documentazione degli stessi distintamente dagli altri contributi ed

al netto dei soli importi spettanti a titolo di fiscalizzazione del

contributo per le predette prestazioni.

2. In sede di prima applicazione, nei primi cinque mesi del 1993, i

soggetti di cui al comma precedente continuano a versare i

contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale con

le modalità vigenti alla data di entrata in vigore del presente

decreto.

3. I datori di lavoro agricoli versano allo SCAU, con separata

documentazione, i contributi per le prestazioni del Servizio

sanitario nazionale, distintamente dagli altri contributi alle

scadenze previste dalla normativa vigente alla data di entrata in

vigore del presente decreto. Lo SCAU riversa all'INPS i predetti

contributi entro quindici giorni dalla riscossione. Per i lavoratori

marittimi, fermo restando il disposto dell'ultimo comma

dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663,

convertito, con modificazioni, nella legge 29 febbraio 1980, n. 33,

i rispettivi datori di lavoro versano, con separata documentazione,

alle scadenze previste per i soggetti di cui al comma 1, i

contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale,

distintamente dagli altri contributi, alle Casse marittime che

provvedono a riversarli all'INPS entro 15 giorni dalla riscossione.

4. Le Amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo,

provvedono a versare i contributi per le prestazioni del Servizio

sanitario nazionale entro il bimestre successivo a quello della loro

riscossione.

5. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale

dovuti sui redditi diversi da lavoro dipendente sono versati con le

modalità previste dal decreto di attuazione dell'articolo 14 della

legge 30 dicembre 1991, n. 413.

6. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale

sui redditi da pensione e da rendita vitalizia corrisposti da

amministrazioni, enti, istituti, casse, gestioni o fondi di

previdenza, per effetto di legge, regolamento e contratto o accordo

collettivo di lavoro, sono versati, a cura dei predetti soggetti,

entro la fine del bimestre successivo a quello di erogazione delle

rate di pensione.

7. Nella documentazione relativa al versamento dei contributi di cui

ai commi 1 e 3, i datori di lavoro sono tenuti anche ad indicare,

distinti per Regione in base al domicilio fiscale posseduto dal

lavoratore dipendente, al 1° gennaio di ciascun anno, il numero dei

soggetti, le basi imponibili contributive e l'ammontare dei

contributi. In sede di prima applicazione le predette indicazioni

relative ai primi cinque mesi del 1993 possono essere fornite con la

documentazione relativa al versamento dei contributi effettuato nel

mese di giugno 1993.

8. Per il 1993 i soggetti di cui al comma 6 provvedono agli

adempimenti di cui al precedente comma con riferimento al luogo di

pagamento della pensione.

9. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale

e le altre somme ad essi connesse, sono attribuiti alle Regioni in

relazione al domicilio fiscale posseduto al 1° gennaio di ciascun

anno dall'iscritto al Servizio sanitario nazionale.

10. Le Amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e gli

enti di cui al comma 6, provvedono a versare i contributi per le

prestazioni del Servizio sanitario nazionale su appositi conti

infruttiferi aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato,

intestati alle Regioni. I contributi di cui al comma 5 sono fatti

affluire sui predetti conti. I contributi di cui ai commi 1 e 3 sono

accreditati dall'INPS ai predetti conti. In sede di prima

applicazione il versamento o l'accreditamento dei predetti

contributi sui conti correnti infruttiferi delle Regioni è

effettuato con riferimento agli interi primi cinque mesi del 1993.

In relazione al disposto di cui al comma 2, l'INPS provvede, entro

il 30 agosto 1993, alla ripartizione fra le Regioni dei contributi

riscossi nei primi cinque mesi del 1993. Ai predetti conti

affluiscono altresì le quote del fondo sanitario nazionale. Con

decreto del Ministro del tesoro sono stabilite le modalità di

attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.

11. I soggetti di cui al precedente comma inviano trimestralmente

alle Regioni interessate il rendiconto dei contributi sanitari

riscossi o trattenuti e versati sui c/c di tesoreria alle stesse

intestati; in sede di prima applicazione è inviato alle Regioni il

rendiconto del primo semestre 1993; entro trenta giorni dalla data

di approvazione dei propri bilanci consuntivi, ovvero per le

Amministrazioni centrali dello Stato entro trenta giorni dalla data

di presentazione al Parlamento del rendiconto generale, i soggetti

di cui al precedente comma inviano alle Regioni il rendiconto

annuale delle riscossioni o trattenute e dei versamenti corredato

dalle informazioni relative al numero dei soggetti e alle correlate

basi imponibili contributive.

12. Al fine del versamento dei contributi per le prestazioni del

Servizio sanitario nazionale non si applicano il comma 2

dell'articolo 63 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440,

l'articolo 17 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e

l'articolo 2 del Regio decreto 24 settembre 1940, n. 1954.

13. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano a

decorrere dal 1° gennaio 1993.

14. Per l'anno 1993 il Ministro del tesoro è autorizzato a

provvedere con propri decreti alla contestuale riduzione delle somme

iscritte sul capitolo 3342 dello stato di previsione dell'entrata e

sul capitolo 5941 dello stato di previsione della spesa del

Ministero del tesoro per importi pari ai contributi accreditati alle

Regioni dai soggetti di cui al precedente comma 9.

15. In deroga a quanto previsto dall'articolo 5, comma 3, del

decreto-legge 25 novembre 1989, n. 382, convertito, con

modificazioni, dalla legge 25 gennaio 1990, n. 8, le anticipazioni

mensili che possono essere corrisposte alle Unità sanitarie locali

per i primi nove mesi dell'anno 1993 sono riferite ad un terzo della

quota relativa all'ultimo trimestre dell'anno 1992.

16. È abrogato l'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 25 novembre

1989, n. 382, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 gennaio

1990, n. 8.

17. La partecipazione alla spesa sanitaria dei cittadini italiani,

compresi i familiari i quali risiedono in Italia e sono, in

esecuzione di trattati bilaterali o multilaterali stipulati

dall'Italia, esentati da imposte dirette o contributi sociali di

malattia sui salari, emolumenti ed indennità percepiti per il

servizio prestato in Italia presso missioni diplomatiche o uffici

consolari, sedi o rappresentanze di organismi o di uffici

internazionali, o Stati esteri, è regolata mediante convenzioni tra

il Ministero della sanità, il Ministero del tesoro, e gli organi

competenti delle predette missioni, sedi o rappresentanze e Stati.

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Articolo 12 Fondo sanitario nazionale

1. Il fondo sanitario nazionale di parte corrente e in conto

capitale è alimentato interamente da stanziamenti a carico del

bilancio dello Stato ed il suo importo è annualmente determinato

dalla legge finanziaria tenendo conto, limitatamente alla parte

corrente, dell'importo complessivo presunto dei contributi di

malattia attribuiti direttamente alle Regioni.

2. Una quota pari all'1% del fondo sanitario nazionale complessivo

di cui al comma precedente, prelevata dalla quota iscritta nel

bilancio del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio per

le parti di rispettiva competenza, è trasferita nei capitoli da

istituire nello stato di previsione del Ministero della sanità ed

utilizzata per il finanziamento di:

a) attività di ricerca corrente e finalizzata svolta da:

1) Istituto superiore di sanità per le tematiche di sua competenza;

2) Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro

per le tematiche di sua competenza;

3) Istituti di ricovero e cura di diritto pubblico e privato il cui

carattere scientifico sia riconosciuto a norma delle leggi vigenti;

4) Istituti zooprofilattici sperimentali per le problematiche

relative all'igiene e sanità pubblica veterinaria;

b) iniziative previste da leggi nazionali o dal piano sanitario

nazionale riguardanti programmi speciali di interesse e rilievo

interregionale o nazionale per ricerche o sperimentazioni attinenti

gli aspetti gestionali, la valutazione dei servizi, le tematiche

della comunicazione e dei rapporti con i cittadini, le tecnologie e

biotecnologie sanitarie;

c) rimborsi alle Unità sanitarie locali ed alle Aziende ospedaliere,

tramite le Regioni, delle spese per prestazioni sanitarie erogate a

cittadini stranieri che si trasferiscono per cure in Italia previa

autorizzazione del Ministro della sanità d'intesa con il Ministro

degli affari esteri.

A decorrere dal 1° gennaio 1995, la quota di cui al presente comma è

rideterminata ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della

legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

3. Il fondo sanitario nazionale, al netto della quota individuata ai

sensi del comma precedente, è ripartito con riferimento al triennio

successivo entro il 15 ottobre di ciascun anno, in coerenza con le

previsioni del disegno di legge finanziaria per l'anno successivo,

dal CIPE, su proposta del Ministro della sanità, sentita la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le

Province autonome; la quota capitaria di finanziamento da assicurare

alle Regioni viene determinata sulla base di un sistema di

coefficienti parametrici, in relazione ai livelli uniformi di

prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale, determinati

ai sensi dell'articolo 1, con riferimento ai seguenti elementi:

a) popolazione residente;

b) mobilità sanitaria per tipologia di prestazioni, da compensare,

in sede di riparto, sulla base di contabilità analitiche per singolo

caso fornite dalle Unità sanitarie locali e dalle Aziende

ospedaliere attraverso le Regioni e le Province autonome;

c) consistenza e stato di conservazione delle strutture immobiliari,

degli impianti tecnologici e delle dotazioni strumentali.

4. Il fondo sanitario nazionale in conto capitale assicura quote di

finanziamento destinate al riequilibrio a favore delle Regioni

particolarmente svantaggiate sulla base di indicatori qualitativi e

quantitativi di assistenza sanitaria, con particolare riguardo alla

capacità di soddisfare la domanda mediante strutture pubbliche.

3. Il fondo sanitario nazionale di parte corrente assicura altresì,

nel corso del primo triennio di applicazione del presente decreto,

quote di finanziamento destinate alle Regioni che presentano servizi

e prestazioni eccedenti quelli da garantire comunque a tutti i

cittadini rapportati agli standard di riferimento.

4. Le quote del fondo sanitario nazionale di parte corrente,

assegnate alle Regioni a statuto ordinario, confluiscono in sede

regionale nel fondo comune di cui all'articolo 8 della legge 16

maggio 1970, n. 281, come parte indistinta, ma non concorrono ai

fini della determinazione del tetto massimo di indebitamento. Tali

quote sono utilizzate esclusivamente per finanziare attività

sanitarie.

Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome le

rispettive quote confluiscono in un apposito capitolo di bilancio.

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Articolo 12-bis Ricerca sanitaria

1. La ricerca sanitaria risponde al fabbisogno conoscitivo e

operativo del Servizio sanitario nazionale e ai suoi obiettivi di

salute, individuato con un apposito programma di ricerca previsto

dal Piano sanitario nazionale.

2. Il Piano sanitario nazionale definisce, con riferimento alle

esigenze del Servizio sanitario nazionale e tenendo conto degli

obiettivi definiti nel Programma nazionale per la ricerca di cui al

decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, gli obiettivi e i settori

principali della ricerca del Servizio sanitario nazionale, alla cui

coerente realizzazione contribuisce la comunità scientifica

nazionale.

3. Il Ministero della Sanità, sentita la Commissione nazionale per

la ricerca sanitaria, di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto

legislativo 30 giugno 1993, n. 266, elabora il programma di ricerca

sanitaria e propone iniziative da inserire nella programmazione

della ricerca scientifica nazionale, di cui al decreto legislativo 5

giugno 1998, n. 204, e nei programmi di ricerca internazionali e

comunitari. Il programma è adottato dal Ministro della sanità,

d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,

le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei

mesi dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale,

ha validità triennale ed è finanziato dalla quota di cui

all'articolo 12, comma 2.

4. Il programma di ricerca sanitaria:

a)individua gli obiettivi prioritari per il miglioramento dello

stato di salute della popolazione;

b) favorisce la sperimentazione di modalità di funzionamento,

gestione e organizzazione dei servizi sanitari nonché di pratiche

cliniche e assistenziali e individua gli strumenti di verifica del

loro impatto sullo stato di salute della popolazione e degli

utilizzatori dei servizi;

c) individua gli strumenti di valutazione dell'efficacia,

dell'appropriatezza e della congruità economica delle procedure e

degli interventi, anche in considerazione di analoghe

sperimentazioni avviate da agenzie internazionali e con particolare

riferimento agli interventi e alle procedure prive di una adeguata

valutazione di efficacia;

d) favorisce la ricerca e la sperimentazione volte a migliorare la

integrazione multiprofessionale e la continuità assistenziale, con

particolare riferimento alle prestazioni sociosanitarie ad elevata

integrazione sanitaria;

e) favorisce la ricerca e la sperimentazione volta a migliorare la

comunicazione con i cittadini e con gli utilizzatori dei servizi

sanitari, a promuovere l'informazione corretta e sistematica degli

utenti e la loro partecipazione al miglioramento dei servizi;

f) favorisce la ricerca e la sperimentazione degli interventi

appropriati per la implementazione delle linee guida e dei relativi

percorsi diagnostico-terapeutici, per l'autovalutazione della

attività degli operatori, la verifica ed il monitoraggio e il

monitoraggio dei risultati conseguiti.

5. Il programma di ricerca sanitaria si articola nelle attività di

ricerca corrente e di ricerca finalizzata.

La ricerca corrente è attuata tramite i progetti istituzionali degli

organismi di ricerca di cui al comma seguente nell'ambito degli

indirizzi del programma nazionale, approvati dal Ministro della

sanità. La ricerca finalizzata attua gli obiettivi prioritari,

biomedici e sanitari, del Piano sanitario nazionale. I progetti di

ricerca biomedica finalizzata sono approvati dal Ministro della

sanità di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca

scientifica e tecnologica, allo scopo di favorire il loro

coordinamento.

6. Le attività di ricerca corrente e finalizzata sono svolte dalle

regioni, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Istituto superiore

per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, dall'Agenzia per i

servizi sanitari regionali, dagli Istituti di ricovero e cura a

carattere scientifico pubblici e privati nonché dagli Istituti

zooprofilattici sperimentali. Alla realizzazione dei progetti

possono concorrere, sulla base di specifici accordi, contratti o

convenzioni, le università, il Consiglio nazionale delle ricerche e

gli altri enti di ricerca pubblici e privati, nonché imprese

pubbliche e private.

7. Per l'attuazione del programma il Ministero della sanità, anche

su iniziativa degli organismi di ricerca nazionali, propone al

Ministero per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica e

agli altri ministeri interessati le aree di ricerca biomedica e

sanitaria di interesse comune, concordandone l'oggetto, le modalità

di finanziamento e i criteri di valutazione dei risultati delle

ricerche.

8. Il Ministero della sanità, nell'esercizio della funzione di

vigilanza sull'attuazione del programma nazionale, si avvale della

collaborazione tecnico-scientifica della Commissione nazionale per

la ricerca sanitaria di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto

legislativo 30 giugno 1993, n. 266, degli organismi

tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale e delle

regioni, sulla base di metodologie di accreditamento qualitativo,

anche al fine di garantire la qualità e la indipendenza del processo

di valutazione e di selezione dei progetti di ricerca.

9. Anche ai fini di cui al comma 1 del presente articolo, le regioni

e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano

l'organizzazione e il funzionamento dei Comitati etici istituiti

presso ciascuna azienda sanitaria ai sensi dei decreti ministeriali

15 luglio 1997, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1997,

n. 191, e 18 marzo 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 28

maggio 1998, n. 122, tenendo conto delle indicazioni e dei requisiti

minimi di cui ai predetti decreti e istituendo un registro dei

Comitati etici operanti nei propri ambiti territoriali.

10. Presso il Ministero della sanità è istituito il Comitato etico

nazionale per la ricerca e per le sperimentazioni cliniche . Il

Comitato:

a) segnala, su richiesta della Commissione per la ricerca sanitaria

ovvero di altri organi o strutture del Ministero della sanità o di

altre pubbliche amministrazioni, le conseguenze sotto il profilo

etico dei progetti di ricerca biomedica e sanitaria;

b) comunica a organi o strutture del Ministero della sanità le

priorità di interesse dei progetti di ricerca biomedica e sanitaria;

c) coordina le valutazioni etico-scientifiche di sperimentazioni

cliniche multicentriche di rilevante interesse nazionale, relative a

medicinali o a dispositivi medici, su specifica richiesta del

Ministro della sanità;

d) esprime parere su ogni questione tecnico-scientifica ed etica

concernente la materia della ricerca di cui al comma 1 e della

sperimentazione clinica dei medicinali e dei dispositivi medici che

gli venga sottoposta dal Ministro della sanità.

11.Le regioni formulano proposte per le predisposizione del

programma di ricerca sanitaria di cui al presente articolo, possono

assumere la responsabilità della realizzazione di singoli progetti

finalizzati, e assicurano il monitoraggio sulla applicazione dei

conseguenti risultati nell'ambito del Servizio sanitario

regionale.".

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Articolo 13 Autofinanziamento regionale

1. Le Regioni fanno fronte con risorse proprie agli effetti

finanziari conseguenti all'erogazione di livelli di assistenza

sanitaria superiori a quelli uniformi di cui all'articolo 1,

all'adozione di modelli organizzativi diversi da quelli assunti come

base per la determinazione del parametro capitario di finanziamento

di cui al medesimo articolo 1, nonché agli eventuali disavanzi di

gestione delle Unità sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere

con conseguente esonero di interventi finanziari da parte dello

Stato.

2. Per provvedere agli oneri di cui al comma precedente le Regioni

hanno facoltà, ad integrazione delle misure già previste

dall'articolo 29 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, di prevedere

la riduzione dei limiti massimi di spesa per gli esenti previsti dai

livelli di assistenza, l'aumento della quota fissa sulle singole

prescrizioni farmaceutiche e sulle ricette relative a prestazioni

sanitarie, fatto salvo l'esonero totale per i farmaci salvavita,

nonché variazioni in aumento dei contributi e dei tributi regionali

secondo le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettera i)

della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

3. Le Regioni, nell'ambito della propria disciplina organizzativa

dei servizi e della valutazione parametrica dell'evoluzione della

domanda delle specifiche prestazioni, possono prevedere forme di

partecipazione alla spesa per eventuali altre prestazioni da porre a

carico dei cittadini, con esclusione dei soggetti a qualsiasi titolo

esenti, nel rispetto dei principi del presente decreto.

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Titolo IV Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini

Articolo 14 Diritti dei cittadini

1. Al fine di garantire il costante adeguamento delle strutture e

delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini utenti del

Servizio sanitario nazionale il Ministro della sanità definisce con

proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i

rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome i contenuti

e le modalità di utilizzo degli indicatori di qualità dei servizi e

delle prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed

umanizzazione dell'assistenza, al diritto all'informazione, alle

prestazioni alberghiere, nonché dell'andamento delle attività di

prevenzione delle malattie. A tal fine il Ministro della sanità,

d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica

e tecnologica e con il Ministro degli affari sociali, può avvalersi

anche della collaborazione delle Università, del Consiglio nazionale

delle ricerche, delle organizzazioni rappresentative degli utenti e

degli operatori del Servizio sanitario nazionale nonché delle

organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti.

2. Le Regioni utilizzano il suddetto sistema di indicatori per la

verifica, anche sotto il profilo sociologico, dello stato di

attuazione dei diritti dei cittadini, per la programmazione

regionale, per la definizione degli investimenti di risorse umane,

tecniche e finanziarie. Le Regioni promuovono inoltre consultazioni

con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in

particolare con gli organismi di volontariato e di tutela dei

diritti al fine di fornire e raccogliere informazioni

sull'organizzazione dei servizi. Tali soggetti dovranno comunque

essere sentiti nelle fasi dell'impostazione della programmazione e

verifica dei risultati conseguiti e ogniqualvolta siano in

discussione provvedimenti su tali materie.

Per le finalità del presente articolo, le regioni prevedono forme di

partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato

impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività

relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei

servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale.

Le Regioni determinano altresì le modalità della presenza nelle

strutture degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti,

anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli

stessi presso le Unità sanitarie locali e le Aziende ospedaliere.

3. Il Ministro della sanità, in sede di presentazione della

Relazione sullo stato sanitario del Paese, riferisce in merito alla

tutela dei diritti dei cittadini con riferimento all'attuazione

degli indicatori di qualità.

4. Al fine di favorire l'orientamento dei cittadini nel Servizio

sanitario nazionale, le Unità sanitarie locali e le Aziende

ospedaliere provvedono ad attivare un efficace sistema di

informazione sulle prestazioni erogate, sulle tariffe, sulle

modalità di accesso ai servizi. Le Aziende individuano inoltre

modalità di raccolta ed analisi dei segnali di disservizio, in

collaborazione con le organizzazioni rappresentative dei cittadini,

con le organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti.

Il Direttore generale dell'Unità sanitaria locale ed il Direttore

generale dell'Azienda ospedaliera convocano, almeno una volta

l'anno, apposita Conferenza dei servizi quale strumento per

verificare l'andamento dei servizi anche in relazione all'attuazione

degli indicatori di qualità di cui al primo comma, e per individuare

ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni.

Qualora il Direttore generale non provveda, la Conferenza viene

convocata dalla Regione.

5. Il Direttore sanitario e il Dirigente sanitario del servizio, a

richiesta degli assistiti, adottano le misure necessarie per

rimuovere i disservizi che incidono sulla qualità dell'assistenza.

Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o

comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle

prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni,

opposizioni, denunce o reclami in via amministrativa, redatti in

carta semplice, da presentarsi entro quindici giorni dal momento in

cui l'interessato abbia avuto conoscenza dell'atto o comportamento

contro cui intende osservare od opporsi, da parte dell'interessato,

dei suoi parenti o affini, degli organismi di volontariato o di

tutela dei diritti accreditati presso la Regione competente, al

Direttore generale dell'Unità sanitaria locale o dell'Azienda che

decide in via definitiva o comunque provvede entro quindici giorni,

sentito il Direttore sanitario. La presentazione delle anzidette

osservazioni ed opposizioni non impedisce ne preclude la

proposizione di impugnative in via giurisdizionale.

6. Al fine di favorire l'esercizio del diritto di libera scelta del

medico e del presidio di cura, il Ministero della sanità cura la

pubblicazione dell'elenco di tutte le istituzioni pubbliche e

private che erogano prestazioni di alta specialità, con

l'indicazione delle apparecchiature di alta tecnologia in dotazione

nonché delle tariffe praticate per le prestazioni più rilevanti. La

prima pubblicazione è effettuata entro il 31 dicembre 1993.

7. È favorita la presenza e l'attività, all'interno delle strutture

sanitarie, degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti.

A tal fine le Unità sanitarie locali e le Aziende ospedaliere

stipulano con tali organismi, senza oneri a carico del fondo

sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli

ambiti e le modalità della collaborazione, fermo restando il diritto

alla riservatezza comunque garantito al cittadino e la non

interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari; le

Aziende e gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti

concordano programmi comuni per favorire l'adeguamento delle

strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini.

I rapporti tra Aziende ed organismi di volontariato che esplicano

funzioni di servizio o di assistenza gratuita all'interno delle

strutture sono regolati sulla base di quanto previsto dalla legge n.

266/91 e dalle leggi regionali attuative.

8. Le Regioni, le Unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere

promuovono iniziative di formazione e di aggiornamento del personale

adibito al contatto con il pubblico sui temi inerenti la tutela dei

diritti dei cittadini, da realizzare anche con il concorso e la

collaborazione delle rappresentanze professionali e sindacali.

Il testo risulta così modificato, per effetto dei seguenti

provvedimenti:

Decreto Legislativo 7 dicembre 1993 n. 517

Decreto Legge 30 maggio 1994 n. 325

Decreto Legge 27 agosto 1994 n. 512

Legge Finanziaria 23 dicembre 1994 n. 724

Legge Finanziaria 28 dicembre 1995 n. 549

Decreto Legge 18 novembre 1996 n. 583

Decreto Legislativo 15 dicembre 1997 n. 446

Legge Finanziaria 23 dicembre 1998 n. 449

Legge Delega 30 novembre 1998 n. 419

Decreto Legislativo 19 giugno 1999 n. 229

Decreto Legislativo 28 luglio 2000 n. 254

Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma

dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421"

(3/3)

 

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Titolo V Personale

Articolo 15 Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie

1. Fermo restando il principio dell'invarianza della spesa, la

dirigenza sanitaria è collocata in un unico ruolo, distinto

per profili professionali, ed in un unico livello, articolato

in relazione alle diverse responsabilità professionali e

gestionali. In sede di contrattazione collettiva nazionale

sono previste, in conformità ai principi e alle disposizioni

del presente decreto, criteri generali per la graduazione

delle funzioni dirigenziali nonché per l'assegnazione,

valutazione e verifica degli incarichi dirigenziali e per

l'attribuzione del relativo trattamento economico accessorio

correlato alle funzioni attribuite ed alle connesse

responsabilità del risultato.

2. La dirigenza sanitaria è disciplinata dal decreto

legislativo 3 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni,

salvo quanto previsto dal presente decreto.

3. L'attività dei dirigenti sanitari è caratterizzata, nello

svolgimento delle proprie mansioni e funzioni, dall'autonomia

tecnico-professionale i cui ambiti di esercizio, attraverso

obiettivi momenti di valutazione e verifica, sono

progressivamente ampliati. L'autonomia tecnico-professionale,

con le connesse responsabilità, si esercita nel rispetto della

collaborazione multiprofessionale, nell'ambito di indirizzi

operativi e programmi di attività promossi, valutati e

verificati a livello dipartimentale ed aziendale, finalizzati

all'efficace utilizzo delle risorse e all'erogazione di

prestazioni appropriate e di qualità. Il dirigente, in

relazione all'attività svolta, ai programmi concordati da

realizzare ed alle specifiche funzioni allo stesso attribuite,

è responsabile del risultato anche se richiedente un impegno

orario superiore a quello contrattualmente definito.

4. All'atto della prima assunzione, al dirigente sanitario

sono affidati compiti professionali con precisi ambiti di

autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del

dirigente responsabile della struttura e sono attribuite

funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione

delle attività. A tali fini il dirigente responsabile della

struttura predispone e assegna al dirigente un programma di

attività finalizzato al raggiungimento degli obiettivi

prefissati ed al perfezionamento delle competenze tecnico

professionali e gestionali riferite alla struttura di

appartenenza.

In relazione alla natura e alle caratteristiche dei programmi

da realizzare, alle attitudini e capacità professionali del

singolo dirigente, accertate con le procedure valutative di

verifica di cui al comma 5, al dirigente, con cinque anni di

attività con valutazione positiva sono attribuite funzioni di

natura professionale anche di alta specializzazione, di

consulenza, studio e ricerca, ispettive, di verifica e di

controllo, nonché possono essere attribuiti incarichi di

direzione di strutture semplici.

5. Il dirigente è sottoposto a verifica triennale; quello con

incarico di struttura, semplice o complessa, è sottoposto a

verifica anche al termine dell'incarico. Le verifiche

concernono le attività professionali svolte ed i risultati

raggiunti, livello di partecipazione, con esito positivo, ai

programmi di formazione continua di cui all'articolo 16-bis e

sono effettuate da un collegio tecnico, nominato dal direttore

generale e presieduto dal direttore del dipartimento. L'esito

positivo delle verifiche costituisce condizione per la

conferma nell'incarico o per il conferimento di altro

incarico, professionale o gestionale, anche di maggior

rilievo.

6. Ai dirigenti con incarico di direzione di struttura

complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle

specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e

organizzazione della struttura, da attuarsi, nell'ambito degli

indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di

appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale

operante nella stessa, e l'adozione delle relative decisioni

necessarie per il corretto espletamento del servizio e per

realizzare l'appropriatezza degli interventi con finalità

preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative,

attuati nella struttura loro affidata. Il dirigente è

responsabile dell'efficace ed efficiente gestione delle

risorse attribuite. I risultati della gestione sono sottoposti

a verifica annuale tramite il nucleo di valutazione.

7. Alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso

pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del

decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997,

n.483 ivi compresa la possibilità di accesso con una

specializzazione in disciplina affine. Gli incarichi di

direzione di struttura complessa sono attribuiti a coloro che

siano in possesso dei requisiti di cui al decreto del

Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n.484, e secondo

le modalità dallo stesso stabilite, salvo quanto previsto

dall'articolo 15-ter, comma 2. Si applica quanto previsto

dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio

1993, n. 29, e successive modificazioni, come sostituito

dall'articolo 10 del decreto legislativo 29 ottobre 1998, n.

387.

8. L'attestato di formazione manageriale di cui all'articolo

5, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della

Repubblica 10 dicembre 1997, n.484, come modificato

dall'articolo 16-quinquies, deve essere conseguito dai

dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa

entro un anno dall'inizio dell'incarico; il mancato

superamento del primo corso, attivato dalla Regione

successivamente al conferimento dell'incarico, determina la

decadenza dall'incarico stesso. I dirigenti sanitari con

incarico quinquennale alla data di entrata in vigore del

decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sono tenuti a

partecipare al primo corso di formazione manageriale

programmato dalla regione; i dirigenti confermati

nell'incarico sono esonerati dal possesso dell'attestato di

formazione manageriale.

9. I contratti collettivi nazionali di lavoro disciplinano le

modalità di salvaguardia del trattamento economico fisso dei

dirigenti in godimento alla data di entrata in vigore del

presente decreto che modifica il decreto legislativo 30

dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni.

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Articolo 15-bis Funzioni dei dirigenti responsabili di struttura

1. L'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis,

disciplina l'attribuzione al direttore amministrativo, al

direttore sanitario, nonché ai direttori di presidio, di

distretto, di dipartimento e ai dirigenti responsabili di

struttura, dei compiti, comprese, per i dirigenti di strutture

complesse, le decisioni che impegnano l'azienda verso

l'esterno, per l'attuazione degli obiettivi definiti nel piano

programmatico e finanziario aziendale.

2. La direzione delle strutture e degli uffici è affidata ai

dirigenti secondo i criteri e le modalità stabiliti nell'atto

di cui al comma 1, nel rispetto, per la dirigenza sanitaria,

delle disposizioni di cui all'articolo 15-ter. Il rapporto dei

dirigenti è esclusivo, fatto salvo quanto previsto in via

transitoria per la dirigenza sanitaria dall'articolo

15-sexies.

3. Sono soppressi i rapporti di lavoro a tempo definito per la

dirigenza sanitaria. In conseguenza della maggiore

disponibilità di ore di servizio sono resi indisponibili in

organico un numero di posti della dirigenza per il

corrispondente monte ore. I contratti collettivi nazionali di

lavoro disciplinano le modalità di regolarizzazione dei

rapporti soppressi.

 

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Articolo 15-ter

Incarichi di natura professionale e di direzione di struttura

1. Gli incarichi di cui all'articolo 15, comma 4 sono

attribuiti, a tempo determinato, dal direttore generale,

secondo le modalità definite nella contrattazione collettiva

nazionale, compatibilmente con le risorse finanziarie a tal

fine disponibili e nei limiti del numero degli incarichi e

delle strutture stabiliti nell'atto aziendale di cui

all'articolo 3, comma 1-bis , tenendo conto delle valutazioni

triennali del collegio tecnico di cui all'articolo 15, comma

5. Gli incarichi hanno durata non inferiore a tre anni e non

superiore a sette , con facoltà di rinnovo. Ai predetti

incarichi si applica l'articolo 19, comma 1, del decreto

legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni.

Sono definiti contrattualmente, nel rispetto dei parametri

indicati dal contratto collettivo nazionale per ciascun

incarico, l'oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata

dell'incarico, salvo i casi di revoca, nonché il

corrispondente trattamento economico.

2. L'attribuzione dell'incarico di direzione di struttura

complessa è effettuata dal direttore generale, previo avviso

da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica

italiana, sulla base di una rosa di candidati idonei

selezionata da una apposita commissione. Gli incarichi hanno

durata da cinque a sette anni, con facoltà di rinnovo per lo

stesso periodo o per periodo più breve.

La commissione, nominata dal direttore generale, è composta

dal direttore sanitario, che la presiede, e da due dirigenti

dei ruoli del personale del Servizio sanitario nazionale,

preposti ad una struttura complessa della disciplina oggetto

dell'incarico, di cui uno individuato dal direttore generale

ed uno dal Collegio di direzione. Fino alla costituzione del

collegio alla individuazione provvede il Consiglio dei

sanitari.

3. Gli incarichi di cui ai commi 1 e 2 sono revocati, secondo

le procedure previste dalle disposizioni vigenti e dai

contratti collettivi nazionali di lavoro, in caso di:

inosservanza delle direttive impartite dalla direzione

generale o dalla direzione del dipartimento; mancato

raggiungimento degli obiettivi assegnati; responsabilità grave

e reiterata; in tutti gli altri casi previsti dai contratti di

lavoro. Nei casi di maggiore gravità, il direttore generale

può recedere dal rapporto di lavoro, secondo le disposizioni

del codice civile e dei contratti collettivi nazionali di

lavoro. Il dirigente non confermato alla scadenza

dell'incarico di direzione di struttura complessa è destinato

ad altra funzione con il trattamento economico relativo alla

funzione di destinazione previsto dal contratto collettivo

nazionale di lavoro; contestualmente viene reso indisponibile

un posto di organico del relativo profilo.

4. I dirigenti ai quali non sia stata affidata la direzione di

strutture svolgono funzioni di natura professionale, anche di

alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca nonché

funzioni ispettive, di verifica e di controllo.

5. Il dirigente preposto ad una struttura complessa è

sostituito, in caso di sua assenza o impedimento, da altro

dirigente della struttura o del dipartimento individuato dal

responsabile della struttura stessa; alle predette mansioni

superiori non si applica l'articolo 2103, comma primo, del

codice civile.

 

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Articolo 15-quater

Esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo

sanitario

1. I dirigenti sanitari, con rapporto di lavoro a tempo

indeterminato o a tempo determinato, con i quali sia stato

stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di

lavoro in data successiva al 31 dicembre 1998, nonché quelli

che, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19

giugno 1999, n. 229, abbiano optato per l'esercizio

dell'attività libero professionale intramuraria, sono

assoggettati al rapporto di lavoro esclusivo.

2. Salvo quanto previsto al comma 1, i dirigenti in servizio

alla data del 31 dicembre 1998, che hanno optato per

l'esercizio dell'attività libero professionale extramuraria,

passano, a domanda, al rapporto di lavoro esclusivo.

3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del

decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, tutti i dirigenti

in servizio alla data del 31 dicembre 1998 sono tenuti a

comunicare al direttore generale l'opzione in ordine al

rapporto esclusivo. In assenza di comunicazione si presume che

il dipendente abbia optato per il rapporto esclusivo.

4. Il dirigente sanitario con rapporto di lavoro esclusivo non

può chiedere il passaggio al rapporto di lavoro non esclusivo.

5. I contratti collettivi di lavoro stabiliscono il

trattamento economico aggiuntivo da attribuire ai dirigenti

sanitari con rapporto di lavoro esclusivo ai sensi

dell'articolo 1, comma 12, della legge 23 dicembre 1996,

n.662, nei limiti delle risorse destinate alla contrattazione

collettiva.

 

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Articolo 15-quinquies

Caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti

sanitari

1. Il rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari

comporta la totale disponibilità nello svolgimento delle

funzioni dirigenziali attribuite dall'azienda, nell'ambito

della posizione ricoperta e della competenza professionale

posseduta e della disciplina di appartenenza, con impegno

orario contrattualmente definito.

2. Il rapporto di lavoro esclusivo comporta l'esercizio

dell'attività professionale nelle seguenti tipologie:

a) il diritto all'esercizio di attività libero professionale

individuale, al di fuori dell'impegno di servizio, nell'ambito

delle strutture aziendali individuate dal direttore generale

d'intesa con il collegio di direzione; salvo quanto disposto

dal comma 11 dell'articolo 72 della legge 23 dicembre 1998, n.

448;

b) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività a

pagamento svolta in équipe, al di fuori dell'impegno di

servizio, all'interno delle strutture aziendali;

c) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività,

richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta

individualmente o in équipe, al di fuori dell'impegno di

servizio, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario

nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata,

previa convenzione dell'azienda con le predette aziende e

strutture;

d) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività

professionali, richieste a pagamento da terzi all'azienda,

quando le predette attività siano svolte al di fuori

dell'impegno di servizio e consentano la riduzione dei tempi

di attesa, secondo programmi predisposti dall'azienda stessa,

sentite le équipe dei servizi interessati. Le modalità di

svolgimento delle attività di cui al presente comma e i

criteri per l'attribuzione dei relativi proventi ai dirigenti

sanitari interessati nonché al personale che presta la propria

collaborazione sono stabiliti dal direttore generale in

conformità alle previsioni dei contratti collettivi nazionali

di lavoro. L'azienda disciplina i casi in cui l'assistito può

chiedere all'azienda medesima che la prestazione sanitaria sia

resa direttamente dal dirigente scelto dall'assistito ed

erogata al domicilio dell'assistito medesimo, in relazione

alle particolari prestazioni sanitarie richieste o al

carattere occasionale o straordinario delle prestazioni stesse

o al rapporto fiduciario già esistente fra il medico e

l'assistito con riferimento all'attività libero-professionale

intramuraria già svolta individualmente o in équipe

nell'ambito dell'azienda, fuori dall'orario di lavoro.

3. Per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra

attività istituzionale e corrispondente attività libero

professionale e al fine anche di concorrere alla riduzione

progressiva delle liste di attesa, l'attività libero

professionale non può comportare, per ciascun dipendente, un

volume di prestazioni superiore a quella assicurato per i

compiti istituzionali. La disciplina contrattuale nazionale

definisce il corretto equilibrio fra attività istituzionale e

attività libero professionale nel rispetto dei seguenti

principi: l'attività istituzionale è prevalente rispetto a

quella libero professionale, che viene esercitata nella

salvaguardia delle esigenze del servizio e della prevalenza

dei volumi orari di attività necessari per i compiti

istituzionali; devono essere comunque rispettati i piani di

attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e

conseguentemente assicurati i relativi volumi prestazionali ed

i tempi di attesa concordati con le équipe; l'attività libero

professionale è soggetta a verifica da parte di appositi

organismi e sono individuate penalizzazioni, consistenti anche

nella sospensione del diritto all'attività stessa, in caso di

violazione delle disposizioni di cui al presente comma o di

quelle contrattuali.

4. Nello svolgimento dell'attività di cui al comma 2 non è

consentito l'uso del ricettario del Servizio sanitario

nazionale.

5. Gli incarichi di direzione di struttura, semplice o

complessa, implicano il rapporto di lavoro esclusivo. Per

struttura ai fini del presente decreto, si intende

l'articolazione organizzativa alla quale è prevista, dall'atto

aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, responsabilità

di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie.

6. Ai fini del presente decreto, si considerano strutture

complesse i dipartimenti e le unità operative individuate

secondo i criteri di cui all'atto di indirizzo e coordinamento

previsto dall'articolo 8-quater, comma 3. Fino all'emanazione

del predetto atto si considerano strutture complesse tutte le

strutture già riservate dalla pregressa normativa ai dirigenti

di secondo livello dirigenziale.

7. I dirigenti sanitari appartenenti a posizioni funzionali

apicali alla data del 31 dicembre 1998, che non abbiano optato

per il rapporto quinquennale ai sensi della pregressa

normativa, conservano l'incarico di direzione di struttura

complessa alla quale sono preposti. Essi sono sottoposti a

verifica entro il 31 dicembre 1999, conservando fino a tale

data il trattamento tabellare già previsto per il secondo

livello dirigenziale. In caso di verifica positiva, il

dirigente è confermato nell'incarico, con rapporto esclusivo,

per ulteriori sette anni. In caso di verifica non positiva o

di non accettazione dell'incarico con rapporto esclusivo, al

dirigente è conferito un incarico professionale non

comportante direzione di struttura in conformità con le

previsioni del contratto collettivo nazionale di lavoro;

contestualmente viene reso indisponibile un posto di organico

di dirigente.

8. Il rapporto di lavoro esclusivo costituisce titolo di

preferenza per gli incarichi didattici e di ricerca e per i

comandi e i corsi di aggiornamento tecnico-scientifico e

professionale.

9. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche al

personale di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente

della Repubblica 17 luglio 1980, n.382, con le specificazioni

e gli adattamenti che saranno previsti in relazione ai modelli

gestionali e funzionali di cui all'articolo 6 della legge 30

novembre 1998, n.419, dalle disposizioni di attuazione della

delega stessa.

10. Fermo restando, per l'attività libero-professionale in

regime di ricovero, quanto disposto dall'art. 72, comma 11,

della L.23 dicembre 1998, n. 448, è consentita, in caso di

carenza di strutture e spazi idonei alle necessità connesse

allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime

ambulatoriale, limitatamente alle medesime attività e fino al

31 luglio 2003, l'utilizzazione del proprio studio

professionale con le modalità previste dall'atto di indirizzo

e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio

dei ministri 27 marzo 2000, pubblicato in Gazzetta Ufficiale,

serie generale n. 121, del 26 maggio 2000, fermo restando per

l'azienda sanitaria la possibilità di vietare l'uso dello

studio nel caso di possibile conflitto di interessi. Le

Regioni possono disciplinare in modo più restrittivo la

materia in relazione alle esigenze locali.

 

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Articolo 15-sexies

Caratteristiche del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari

che svolgono attività libero-professionale extramuraria

1. Il rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari in servizio al

31 dicembre 1998 i quali, ai sensi dell'articolo 1, comma 10,

della legge 23 dicembre 1996, n. 662, abbiano comunicato al

direttore generale l'opzione per l'esercizio della libera

professione extramuraria e che non intendano revocare detta

opzione, comporta la totale disponibilità nell'ambito

dell'impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati

programmati e lo svolgimento delle attività professionali di

competenza. Le aziende stabiliscono i volumi e le tipologie

delle attività e delle prestazioni che i singoli dirigenti

sono tenuti ad assicurare, nonché le sedi operative in cui le

stesse devono essere effettuate.

 

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Articolo 15-septies

Contratti a tempo determinato

1. I direttori generali possono conferire incarichi per

l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di

interesse strategico mediante la stipula di contratti a tempo

determinato e con rapporto di lavoro esclusivo, entro il

limite del due per cento della dotazione organica della

dirigenza, a laureati di particolare e comprovata

qualificazione professionale che abbiano svolto attività in

organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o

private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in

funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una

particolare specializzazione professionale, culturale e

scientifica desumibile dalla formazione universitaria e

post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche o da

concrete esperienze di lavoro e che non godano del trattamento

di quiescenza. I contratti hanno durata non inferiore a due

anni e non superiore a cinque anni, con facoltà di rinnovo.

2. Le aziende unità sanitarie e le aziende ospedaliere possono

stipulare, oltre a quelli previsti dal comma precedente,

contratti a tempo determinato, in numero non superiore al

cinque per cento della dotazione organica della dirigenza

sanitaria, ad esclusione della dirigenza medica, nonché della

dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa, per

l'attribuzione di incarichi di natura dirigenziale, relativi a

profili diversi da quello medico, ad esperti di provata

competenza che non godano del trattamento di quiescenza e che

siano in possesso del diploma di laurea e di specifici

requisiti coerenti con le esigenze che determinano il

conferimento dell'incarico.

3. Il trattamento economico è determinato sulla base dei

criteri stabiliti nei contratti collettivi della dirigenza del

Servizio sanitario nazionale.

4. Per il periodo di durata del contratto di cui al comma 1 i

dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in

aspettativa senza assegni con riconoscimento dell'anzianità di

servizio.

5. Gli incarichi di cui al presente articolo, conferiti sulla

base di direttive regionali, comportano l'obbligo per

l'azienda di rendere contestualmente indisponibili posti di

organico della dirigenza per i corrispondenti oneri

finanziari.

5-bis. Per soddisfare le esigenze connesse all'espletamento

dell'attività libero-professionale deve essere utilizzato il

personale dipendente del Servizio sanitario nazionale. Solo in

caso di oggettiva e accertata impossibilità di far fronte con

il personale dipendente alle esigenze connesse all'attivazione

delle strutture e degli spazi per l'attività

libero-professionale, le aziende sanitarie possono acquisire

personale, non dirigente, del ruolo sanitario e personale

amministrativo di collaborazione, tramite contratti di diritto

privato a tempo determinato anche con società cooperative di

servizi. Per specifici progetti finalizzati ad assicurare

l'attività libero-professionale, le aziende sanitarie possono,

altresì, assumere il personale medico necessario, con

contratto di diritto privato a tempo determinato o a rapporto

professionale. Gli oneri relativi al personale di cui al

presente comma sono a totale carico della gestione di cui

all'art. 3, comma 6, della L.23 dicembre 1994, n. 724. La

validità dei contratti è subordinata, a pena di nullità,

all'effettiva sussistenza delle risorse al momento della loro

stipulazione. Il direttore generale provvede a effettuare

riscontri trimestrali al fine di evitare che la contabilità

separata presenti disavanzi. Il personale assunto con rapporto

a tempo determinato o a rapporto professionale è assoggettato

al rapporto esclusivo, salvo espressa deroga da parte

dell'azienda, sempre che il rapporto di lavoro non abbia

durata superiore a sei mesi e cessi comunque a tale scadenza.

La deroga può essere concessa una sola volta anche in caso di

nuovo rapporto i lavoro con altra azienda.

 

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Articolo 15-octies Contratti per l'attuazione di progetti finalizzati

1. Per l'attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi

dell'attività ordinaria, le aziende unità sanitarie locali e

le aziende ospedaliere possono, nei limiti delle risorse di

cui all'articolo 1, comma 34-bis della legge 23 dicembre 1996,

n. 662, a tal fine disponibili, assumere con contratti di

diritto privato a tempo determinato soggetti in possesso di

diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma

di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di

abilitazione professionale nonché di abilitazione

all'esercizio della professione, ove prevista.

 

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Articolo 15-nonies Limite massimo di età per il personale della dirigenza medica e per la cessazione dei rapporti convenzionali

1. Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei

dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale, ivi

compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al

compimento del sessantacinquesimo anno di età, fatta salva

l'applicazione dell'articolo 16 del decreto legislativo 30

dicembre 1992, n. 503. E' abrogata la legge 19 febbraio 1991,

n. 50, fatto salvo il diritto a rimanere in servizio per

coloro i quali hanno già ottenuto il beneficio.

2. Il personale medico universitario di cui all'articolo 102

del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n.

382, cessa dallo svolgimento delle ordinarie attività

assistenziali di cui all'articolo 6, comma 1, nonché dalla

direzione delle strutture assistenziali,. al raggiungimento

del limite massimo di età di sessantasette anni. Il personale

già in servizio cessa dalle predette attività e direzione al

compimento dell'età di settanta anni se alla data del 31

dicembre 1999 avrà compiuto sessantasei anni e all'età di

sessantotto anni se alla predetta data avrà compiuto sessanta

anni. I protocolli d'intesa tra le regioni e le università e

gli accordi attuativi dei medesimi, stipulati tra le

università e le aziende sanitarie ai sensi dell'articolo 6,

comma 1, disciplinano le modalità e i limiti per

l'utilizzazione del suddetto personale universitario per

specifiche attività assistenziali strettamente correlate

all'attività didattica e di ricerca.

3. Le disposizioni di cui al precedente comma 1 si applicano

anche nei confronti del personale a rapporto convenzionale di

cui all'articolo 8. In sede di rinnovo delle relative

convenzioni nazionali sono stabiliti tempi e modalità di

attuazione.

4. Restano confermati gli obblighi contributivi dovuti per

l'attività svolta, in qualsiasi forma, dai medici e dagli

altri professionisti di cui all'articolo 8.

 

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Articolo 15-decies Obbligo di appropriatezza

1. I medici ospedalieri e delle altre strutture di ricovero e

cura del Servizio sanitario nazionale, pubbliche o

accreditate, quando prescrivono o consigliano medicinali o

accertamenti diagnostici a pazienti all'atto della dimissione

o in occasione di visite ambulatoriali, sono tenuti a

specificare i farmaci e le prestazioni erogabili con onere a

carico del Servizio sanitario nazionale. Il predetto obbligo

si estende anche ai medici specialisti che abbiano comunque

titolo per prescrivere medicinali e accertamenti diagnostici a

carico del Servizio sanitario nazionale.

2. In ogni caso, si applicano anche ai sanitari di cui al

comma 1 il divieto di impiego del ricettario del Servizio

sanitario nazionale per la prescrizione di medicinali non

rimborsabili dal Servizio, nonché le disposizioni che vietano

al medico di prescrivere, a carico del Servizio medesimo,

medicinali senza osservare le condizioni e le limitazioni

previste dai provvedimenti della Commissione unica del farmaco

e prevedono conseguenze in caso di infrazione.

3. Le attività delle aziende unità sanitarie locali previste

dall'articolo 32, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n.

449, sono svolte anche nei confronti dei sanitari di cui al

comma 1.

 

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Articolo 15-undecies Applicabilità al personale di altri enti

1. Gli enti e istituti di cui all'articolo 4, comma 12, nonché

gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di

diritto privato adeguano i propri ordinamenti del personale

alle disposizioni del presente decreto. A seguito di tale

adeguamento, al personale dei predetti enti e istituti si

applicano le disposizioni di cui all'articolo 25 del Decreto

del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761,

anche per quanto attiene ai trasferimenti da e verso le

strutture pubbliche.

 

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Articolo 15-duodecies Strutture per l'attività libero-professionale

1. Le Regioni provvedono, entro il 31 dicembre 2000, alla

definizione di un programma di realizzazione di strutture

sanitarie per l'attività libero-professione intramuraria.

2. Il ministro della Sanità, d'intesa con la Conferenza

Stato-Regioni, determina, nel limite complessivo di lire 1.800

miliardi, l'ammontare dei fondi di cui all'art. 20 della

richiamata L.67 del 1988, utilizzabili in ciascuna Regione per

gli interventi di cui al comma 1.

3. fermo restando l'art. 72, comma 11 della L.23 dicembre

1998, n. 448, in caso di ritardo ingiustificato rispetto agli

adempimenti fissati dalle Regioni per la realizzazione delle

nuove strutture e l'acquisizione delle nuove attrezzature e di

quanto necessario al loro funzionamento, la Regione vi

provvede tramite commissari ad acta.

 

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Articolo 15-terdecies Denominazioni

1. I dirigenti del ruolo sanitario assumono, ferme le

disposizioni di cui all'art. 15 e seguenti del Dlgs n. 502 del

1992 e successive modificazioni, nonché le disposizioni dei

contratti collettivi nazionali di lavoro, le seguenti

denominazioni, in relazione alla categoria professionale di

appartenenza, all'attività svolta e alla struttura di

appartenenza:

a) Responsabile di struttura complessa: Direttore

b) Dirigente responsabile di struttura semplice: Responsabile

 

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Articolo 15-quatuordecies Osservatorio per l'attività libero-professionale

1. Con decreto del ministro della Sanità, da adottarsi entro

il 10 ottobre 2000, d'intesa con la Conferenza permanente per

i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome,

nel rispetto di quanto disposto dall'art. 19-quater, è

organizzato presso il ministero della Sanità l'osservatorio

per l'attività libero-professionale con il compito di

acquisire per il tramite delle Regioni gli elementi di

valutazione ed elaborare, in collaborazione con le Regioni,

proposte per la predisposizione della relazione da

trasmettersi con cadenza annuale al Parlamento su:

a) la riduzione delle liste di attesa in relazione

all'attivazione dell'attività libero-professionale;

b) le disposizioni regionali, contrattuali e aziendali di

attuazione degli istituti normativi concernenti l'attività

libero-professionale intramuraria;

c) lo stato di attivazione e realizzazione delle strutture e

degli spazi destinati all'attività libero-professionale

intramuraria;

d) il rapporto fra attività istituzionale e attività

libero-professionale;

e) l'ammontare dei proventi per attività libero professionale,

della partecipazione regionale, delle quote a favore

dell'azienda;

f) le iniziative e i correttivi necessari per eliminare le

disfunzioni e assicurare il corretto equilibrio fra attività

istituzionale e libero-professionale.

 

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Articolo 16 Formazione

1. La formazione medica di cui all'articolo 6, comma 2,

implica la partecipazione guidata o diretta alla totalità

delle attività mediche, ivi comprese la medicina preventiva,

le guardie, l'attività di pronto soccorso, l'attività

ambulatoriale e l'attività operatoria per le discipline

chirurgiche, nonché la graduale assunzione di compiti

assistenziali e l'esecuzione di interventi con autonomia

vincolata alle direttive ricevute dal medico responsabile

della formazione. La formazione comporta l'assunzione delle

responsabilità connesse all'attività svolta. Durante il

periodo di formazione è obbligatoria la partecipazione attiva

a riunioni periodiche, seminari e corsi teorico-pratici nella

disciplina.

 

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Articolo 16-bis Formazione continua

1. Ai sensi del presente decreto, la formazione continua

comprende l'aggiornamento professionale e la formazione

permanente. L'aggiornamento professionale è l'attività

successiva al corso di diploma, laurea, specializzazione,

formazione complementare, formazione specifica in medicina

generale, diretta ad adeguare per tutto l'arco della vita

professionale le conoscenze professionali.

La formazione permanente comprende le attività finalizzate a

migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche e

manageriali ed i comportamenti degli operatori sanitari al

progresso scientifico e tecnologico con l'obiettivo di

garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza

alla assistenza prestata dal Servizio sanitario nazionale.

2. La formazione continua consiste in attività di

qualificazione specifica per i diversi profili professionali,

attraverso la partecipazione a corsi, convegni, seminari,

organizzati da istituzioni pubbliche o private accreditate ai

sensi del presente decreto, nonché soggiorni di studio e la

partecipazione a studi clinici controllati e ad attività di

ricerca, di sperimentazione e di sviluppo.

La formazione continua di cui al comma 1 è sviluppata sia

secondo percorsi formativi autogestiti sia, in misura

prevalente, in programmi finalizzati agli obiettivi prioritari

del Piano sanitario nazionale e del Piano sanitario regionale

nelle forme e secondo le modalità indicate dalla Commissione

di cui all'art. 16-ter.

 

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Articolo 16-ter Commissione nazionale per la formazione continua

1. Con decreto del Ministro della sanità, da emanarsi entro

novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto

legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è nominata una Commissione

nazionale per la formazione continua, da rinnovarsi ogni

cinque anni. La commissione è presieduta dal Ministro della

sanità ed è composta da due vicepresidenti, di cui uno

nominato dal Ministro della sanità e l'altro rappresentato dal

Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici

chirurghi e degli odontoiatri, nonché da dieci membri, di cui

due designati dal Ministro della sanità, due dal Ministro

dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, uno

dal Ministro per la funzione pubblica, uno dal Ministro per le

pari opportunità, due dalla Conferenza permanente per i

rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di

Trento e di Bolzano e due dalla Federazione nazionale degli

Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di

consultazione delle categorie professionali interessate in

ordine alle materie di competenza della Commissione.

2. La Commissione di cui al comma 1 definisce, con

programmazione pluriennale, sentita la Conferenza per i

rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di

Trento e Bolzano nonché gli Ordini ed i Collegi professionali

interessati, gli obiettivi formativi di interesse nazionale,

con particolare riferimento alla elaborazione, diffusione e

adozione delle linee guida e dei relativi percorsi

diagnostico-terapeutici. La Commissione definisce i crediti

formativi che devono essere complessivamente maturati dagli

operatori in un determinato arco di tempo, gli indirizzi per

la organizzazione dei programmi di formazione predisposti a

livello regionale nonché i criteri e gli strumenti per il

riconoscimento e la valutazione delle esperienze formative. La

Commissione definisce altresì i requisiti per l'accreditamento

delle società scientifiche nonché dei soggetti pubblici e

privati che svolgono attività formative e procede alla

verifica della sussistenza dei requisiti stessi.

3. Le regioni, prevedendo appropriate forme di partecipazione

degli ordini e dei collegi professionali, provvedono alla

programmazione e alla organizzazione dei programmi regionali

per la formazione continua, concorrono alla individuazione

degli obiettivi formativi di interesse nazionale di cui al

comma 2, elaborano gli obiettivi formativi di specifico

interesse regionale, accreditano i progetti di formazione di

rilievo regionale secondo i criteri di cui al comma 2. Le

regioni predispongono una relazione annuale sulle attività

formative svolte, trasmessa alla Commissione nazionale, anche

al fine di garantire il monitoraggio dello stato di attuazione

dei programmi regionali di formazione continua.

 

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Articolo 16-quater Incentivazione della formazione continua

1. La partecipazione alle attività di formazione continua

costituisce requisito indispensabile per svolgere attività

professionale, in qualità di dipendente o libero

professionista, per conto delle aziende ospedaliere, delle

università, delle unità sanitarie locali e delle strutture

sanitarie private.

2. I contratti collettivi nazionali di lavoro del personale

dipendente e convenzionato individuano specifici elementi di

penalizzazione, anche di natura economica, per il personale

che nel triennio non ha conseguito il minimo di crediti

formativi stabilito dalla Commissione nazionale.

3. Per le strutture sanitarie private l'adempimento, da parte

del personale sanitario dipendente o convenzionato che opera

nella struttura, dell'obbligo di partecipazione alla

formazione continua e il conseguimento dei crediti nel

triennio costituiscono requisito essenziale per ottenere e

mantenere l'accreditamento da parte del Servizio sanitario

nazionale.

 

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Articolo 16-quinquies Formazione manageriale

1. La formazione di cui al presente articolo è requisito

necessario per lo svolgimento degli incarichi relativi alle

funzioni di direzione sanitaria aziendale e per la direzione

di strutture complesse per le categorie dei medici,

odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici

e psicologi. Tale formazione si consegue, dopo l'assunzione

dell'incarico, con la frequenza e il superamento dei corsi di

cui al comma 2.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,

previo accordo con il Ministero della sanità ai sensi

dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.

281, organizzano ed attivano, a livello regionale o

interregionale, avvalendosi anche, ove necessario, di soggetti

pubblici e privati accreditati dalla Commissione di cui

all'articolo 16-ter, i corsi per la formazione di cui al comma

1, tenendo anche conto delle discipline di appartenenza. Lo

stesso accordo definisce i criteri in base ai quali l'Istituto

superiore di sanità attiva e organizza i corsi per i direttori

sanitari e i dirigenti responsabili di struttura complessa

dell'area di sanità pubblica che vengono attivati a livello

nazionale.

3. Con decreto del Ministro della sanità, su proposta della

commissione di cui all'articolo 16-ter, sono definiti i

criteri per l'attivazione dei corsi di cui al comma 2, con

particolare riferimento all'organizzazione e gestione dei

servizi sanitari, ai criteri di finanziamento e ai bilanci,

alla gestione delle risorse umane e all'organizzazione del

lavoro, agli indicatori di qualità dei servizi e delle

prestazioni, alla metodologia delle attività didattiche, alla

durata dei corsi stessi, nonché alle modalità con cui valutare

i risultati ottenuti dai partecipanti.

4. Gli oneri connessi ai corsi sono a carico del personale

interessato.

5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano al

personale dirigente del ruolo sanitario delle unità sanitarie

locali, delle aziende ospedaliere, degli istituti di ricovero

e cura a carattere scientifico, degli istituti ed enti di cui

all'articolo 4, degli istituti zooprofilattici sperimentali.

Le disposizioni si applicano, altresì, al personale degli enti

e strutture pubbliche indicate all'articolo 11 del decreto del

Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, al quale

sia stata estesa la disciplina sugli incarichi dirigenziali di

struttura complessa di cui al presente decreto.

 

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Articolo 16-sexies Strutture del Servizio sanitario nazionale per la formazione

1. Il Ministro della sanità, su proposta della regione o

provincia autonoma interessata, individua i presidi

ospedalieri, le strutture distrettuali e i dipartimenti in

possesso dei requisiti di idoneità stabiliti dalla Commissione

di cui all'articolo 16-ter, ai quali riconoscere funzioni di

insegnamento ai fini della formazione e dell'aggiornamento del

personale sanitario.

2. La regione assegna, in via prevalente o esclusiva, a detti

ospedali, distretti e dipartimenti le attività formative di

competenza regionale ed attribuisce agli stessi la funzione di

coordinamento delle attività delle strutture del Servizio

sanitario nazionale che collaborano con l'università al fine

della formazione degli specializzandi e del personale

sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione.

 

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Articolo 17 Collegio di direzione

1. In ogni azienda è costituito il Collegio di direzione, di

cui il direttore generale si avvale per il governo delle

attività cliniche, la programmazione e valutazione delle

attività tecnico-sanitarie e di quelle ad alta integrazione

sanitaria. Il Collegio di direzione concorre alla formulazione

dei programmi di formazione, delle soluzioni organizzative per

l'attuazione della attività libero-professionale intramuraria

e alla valutazione dei risultati conseguiti rispetto agli

obiettivi clinici.

Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione per

la elaborazione del programma di attività dell'azienda, nonché

per l'organizzazione e lo sviluppo dei servizi, anche in

attuazione del modello dipartimentale e dell'utilizzo delle

risorse umane e lo sviluppo dei servizi.

2. La regione disciplina l'attività e la composizione del

Collegio di direzione, prevedendo la partecipazione del

direttore sanitario ed amministrativo, di direttori di

distretto, di dipartimento e di presidio.

2-bis. Fino all'entrata in vigore della disciplina regionale

sull'attività e la composizione del collegio di direzione e

del comitato di dipartimento, i predetti organi operano nella

composizione e secondo le modalità stabilite da ciascuna

azienda sanitaria, fermo restando per il collegio di direzione

la presenza dei membri di diritto.

 

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Articolo 17-bis Dipartimenti

1. L'organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di

gestione operativa di tutte le attività delle Aziende

sanitarie.

2. Il direttore di dipartimento è nominato dal direttore

generale fra i dirigenti con incarico di direzione delle

strutture complesse aggregate nel dipartimento; il direttore

di dipartimento rimane titolare della struttura complessa cui

è preposto. La preposizione ai dipartimenti strutturali, sia

ospedalieri che territoriali e di prevenzione, comporta

l'attribuzione sia di responsabilità professionali in materia

clinico-organizzativa e della prevenzione sia di

responsabilità di tipo gestionale in ordine alla razionale e

corretta programmazione e gestione della risorse assegnate per

la realizzazione degli obiettivi attribuiti. A tal fine il

direttore di dipartimento predispone annualmente il piano

delle attività e dell'utilizzazione delle risorse disponibili,

negoziato con la direzione generale nell'ambito della

programmazione aziendale. La programmazione delle attività

dipartimentali, la loro realizzazione e le funzioni di

monitoraggio e di verifica sono assicurate con la

partecipazione attiva degli altri dirigenti e degli operatori

assegnati al dipartimento.

3. La regione disciplina la composizione e le funzioni del

Comitato di dipartimento nonché le modalità di partecipazione

dello stesso alla individuazione dei direttori di

dipartimento.

 

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Titolo VI Norme finali e transitorie

 

Articolo 18 Norme finali e transitorie

1. Il Governo, con atto regolamentare, sentita la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le

Province autonome, adegua la vigente disciplina concorsuale

del personale del Servizio sanitario nazionale alle norme

contenute nel presente decreto ed alle norme del decreto

legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni

ed integrazioni, in quanto applicabili, prevedendo:

a) i requisiti specifici, compresi i limiti di età, per

l'ammissione;

b) i titoli valutabili ed i criteri di loro valutazione;

c) le prove di esame;

d) la composizione delle commissioni esaminatrici;

e) le procedure concorsuali;

f) le modalità di nomina dei vincitori;

le modalità ed i tempi di utilizzazione delle graduatorie

degli idonei.

2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al

comma 1 e salvo quanto previsto dal decreto legislativo 3

febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed

integrazioni, i concorsi continuano ad essere espletati

secondo la normativa del decreto del Presidente della

Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, e successive

modificazioni ed integrazioni ivi compreso l'articolo 9 della

legge 20 maggio 1985, n. 207.

2-bis. In sede di prima applicazione del presente decreto il

primo livello dirigenziale è articolato in due fasce

economiche nelle quali è inquadrato rispettivamente:

a) il personale della posizione funzionale corrispondente al

decimo livello del ruolo sanitario;

b) il personale già ricompreso nella posizione funzionale

corrispondente al nono livello del ruolo

medesimo il quale mantiene il trattamento economico in

godimento.

Il personale di cui alla lettera b) in possesso dell'anzianità

di cinque anni nella posizione medesima è inquadrato, a

domanda, previo giudizio di idoneità, nella fascia economica

superiore in relazione alla disponibilità di posti vacanti in

tale fascia. Con regolamento da adottarsi entro novanta giorni

dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7

dicembre 1993, n. 517, ai sensi dell'articolo 17 della legge

23 agosto 1988, n. 400, dal Presidente del Consiglio dei

Ministri, su proposta del Ministro della sanità di concerto

con i Ministri del tesoro e per la funzione pubblica, sono

determinati i tempi, le procedure e le modalità per lo

svolgimento dei giudizi di idoneità. Il personale inquadrato

nella posizione funzionale corrispondente all'undicesimo

livello del ruolo sanitario è collocato nel secondo livello

dirigenziale.

3. A decorrere dal 1° gennaio 1994, i concorsi per la

posizione funzionale iniziale di ciascun profilo professionale

del personale laureato del ruolo sanitario di cui al decreto

del Presidente della Repubblica. 20 dicembre 1979, n. 761, e

successive modificazioni e integrazioni, per i quali non siano

iniziate le prove di esame, sono revocati; a decorrere dalla

stessa data non possono essere utilizzate le graduatorie

esistenti per la copertura dei posti vacanti, salvo che per il

conferimento di incarichi temporanei non rinnovabili della

durata di otto mesi per esigenze di carattere straordinario.

In mancanza di graduatorie valide, si applica l'articolo 9,

comma 17 e seguenti della legge 20 maggio 1985, n. 207.

4. Nelle pubbliche selezioni per titoli, di cui all'articolo 4

della legge 5 giugno 1990, n. 135, fermo restando il punteggio

massimo previsto per il curriculum formativo e professionale

dalle vigenti disposizioni in materia, è attribuito un

punteggio ulteriore, di uguale entità massima, per i titoli

riguardanti le attività svolte nel settore delle infezioni da

HIV. I vincitori delle pubbliche selezioni sono assegnati

obbligatoriamente nelle Unità di diagnosi e cura delle

infezioni da HIV e sono tenuti a permanere nella stessa sede

di assegnazione per un periodo non inferiore a cinque anni,

con l'esclusione in tale periodo della possibilità di comando

o distacco presso altre sedi. Nell'ambito degli interventi

previsti dall'articolo 1, comma 1, lettera c), della legge 5

giugno 1990, n. 135, le Università provvedono all'assunzione

del personale medico ed infermieristico ivi contemplato delle

corrispondenti qualifiche dell'area tecnico-scientifica e

socio-sanitaria, anche sulla base di convenzioni stipulate con

le Regioni per l'istituzione dei relativi posti.

5. Per quanto non previsto dal presente decreto alle Unità

sanitarie locali e alle aziende ospedaliere si applicano le

disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.

29, e successive modificazioni ed integrazioni.

6. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, disciplina

l'impiego nel Servizio sanitario nazionale di sistemi

personalizzati di attestazione del diritto all'esenzione dalla

partecipazione alla spesa, prevedendo a tal fine anche

l'adozione di strumenti automatici atti alla individuazione

del soggetto ed alla gestione dell'accesso alle prestazioni.

6-bis. I concorsi indetti per la copertura di posti nelle

posizioni funzionali corrispondenti al decimo livello

retributivo ai sensi dell'articolo 18, comma 2, secondo

periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,

abolito dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, sono

revocati di diritto, salvo che non siano iniziate le prove di

esame alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7

dicembre 1993, n. 517.

7. Restano salve le norme previste dai decreti del Presidente

della Repubblica 31luglio 1980, n. 616, n. 618 e n. 620, con

gli adattamenti derivanti dalle disposizioni del presente

decreto da effettuarsi con decreto del Ministro della sanità

di concerto con il Ministro del tesoro, sentita la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le

Province autonome. I rapporti con il personale sanitario per

l'assistenza al personale navigante sono disciplinati con

regolamento ministeriale in conformità, per la parte

compatibile, alle disposizioni di cui all'articolo 8.

A decorrere dal 1° gennaio 1995 le entrate e le spese per

l'assistenza sanitaria all'estero in base ai regolamenti della

Comunità europea e alle convenzioni bilaterali di sicurezza

sociale sono imputate, tramite le Regioni, ai bilanci delle

Unità sanitarie locali di residenza degli assistiti. I

relativi rapporti finanziari siano definiti in sede di

ripartizione del fondo sanitario nazionale.

8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su

proposta del Ministro della sanità, vengono estese,

nell'ambito della contrattazione, al personale dipendente dal

Ministero della sanità attualmente inquadrato nei profili

professionali di medico chirurgo, medico veterinario, chimico,

farmacista, biologo e psicologo le norme del decreto

legislativo 30 dicembre1992, n. 502, in quanto applicabili.

9. L'Ufficio dei cui all'articolo 4, comma 9, della legge 30

dicembre 1991, n. 412, come modificato dall'articolo 74 del

decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è trasferito al

Ministero della sanità.

10. Il Governo emana, entro centottanta giorni dalla

pubblicazione del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517,

un testo unico delle norme sul Servizio sanitario nazionale,

coordinando le disposizioni preesistenti con quelle del

presente decreto.

 

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Articolo 19 Competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome

1. Le disposizioni del presente decreto costituiscono principi

fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.

2. Per le Regioni a statuto speciale e per le Province

autonome di Trento e di Bolzano le disposizioni di cui

all'articolo 1, commi 1 e 4, all'articolo 6, commi 1 e 2, agli

articoli 10, 11, 12 e 13, all'articolo 14, comma 1, e agli

articoli 15, 16, 17 e 18, sono altresì norme fondamentali di

riforma economico-sociale della Repubblica.

 

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Articolo 19-bis Commissione nazionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari

1. E' istituita, presso l'Agenzia per i servizi sanitari

regionali, la Commissione nazionale per l'accreditamento e la

qualità dei servizi sanitari. Con regolamento adottato su

proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell'articolo 17,

comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate

le modalità di organizzazione e funzionamento della

Commissione, composta da dieci esperti di riconosciuta

competenza a livello nazionale in materia di organizzazione e

programmazione dei servizi, economia, edilizia e sicurezza nel

settore della sanità.

2. La Commissione, in coerenza con gli obiettivi indicati dal

Piano sanitario nazionale e avvalendosi del supporto tecnico

dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, svolge i

seguenti compiti:

a) definisce i requisiti in base ai quali le regioni

individuano i soggetti abilitati alla verifica del possesso

dei requisiti per l'accreditamento delle strutture pubbliche e

private di cui all'art. 8-quater, comma 5;

b) valuta l'attuazione del modello di accreditamento per le

strutture pubbliche e per le strutture private;

c) esamina i risultati delle attività di monitoraggio di cui

al comma 3 e trasmette annualmente al Ministro della sanità e

alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le

regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano una

relazione sull'attività svolta.

3. Le regioni individuano le modalità e gli strumenti per la

verifica della attuazione del modello di accreditamento,

trasmettendo annualmente alla Commissione nazionale i

risultati della attività di monitoraggio condotta sullo stato

di attuazione delle procedure di accreditamento.

 

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Articolo 19-ter Federalismo sanitario, patto di stabilità e interventi a garanzia della coesione e dell'efficienza del Servizio sanitario nazionale

1. Anche sulla base degli indicatori e dei dati definiti ai

sensi dell'articolo 28, comma 10, della legge 23 dicembre

1998, n. 448, il Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per

i servizi sanitari regionali, determina i valori di

riferimento relativi alla utilizzazione dei servizi, ai costi

e alla qualità dell'assistenza anche in relazione alle

indicazioni della programmazione nazionale e con comparazioni

a livello comunitario relativamente ai livelli di assistenza

sanitaria, alle articolazioni per aree di offerta e ai

parametri per la valutazione dell'efficienza, dell'economicità

e della funzionalità della gestione dei servizi sanitari,

segnalando alle regioni gli eventuali scostamenti osservati.

2. Le regioni, anche avvalendosi del supporto tecnico

dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, procedono ad

una ricognizione delle cause di tali scostamenti ed elaborano

programmi operativi di riorganizzazione, di riqualificazione o

di potenziamento dei Servizi sanitari regionali, di durata non

superiore al triennio.

3. Il Ministro della sanità e la regione interessata stipulano

una convenzione redatta sulla base di uno schema tipo

approvato dal Ministro della sanità d'intesa con la Conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano, avente ad oggetto le

misure di sostegno al programma operativo di cui al comma 2, i

cui eventuali oneri sono posti a carico della quota parte del

Fondo sanitario nazionale destinata al perseguimento degli

obiettivi del Piano sanitario nazionale, ai sensi

dell'articolo 1, comma 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n.

662. La convenzione:

a) stabilisce le modalità per l'erogazione dei finanziamenti

per l'attuazione dei programmi operativi secondo stati di

avanzamento;

b) definisce adeguate forme di monitoraggio degli obiettivi

intermedi per ogni stato di avanzamento e le modalità della

loro verifica da parte dell'Agenzia per i servizi sanitari

regionali;

c) individua forme di penalizzazione e di graduale e

progressiva riduzione o dilazione dei finanziamenti per le

regioni che non rispettino gli impegni convenzionalmente

assunti per il raggiungimento degli obiettivi previsti nei

programmi concordati;

d) disciplina, nei casi di inerzia regionale nell'adozione

nell'attuazione dei programmi concordati, le ipotesi e le

forme di intervento del Consiglio dei ministri secondo le

procedure e le garanzie di cui all'articolo 2-octies.

 

Articolo 19-quater Organismi e commissioni

1. Gli organismi e le commissioni previsti nel presente

decreto si avvalgono, per il loro funzionamento, delle

strutture e del personale delle amministrazioni presso cui

operano, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.

 

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Articolo 19-quinquies Relazione sugli effetti finanziari

1. Il Ministro della sanità riferisce annualmente alle Camere

sull'andamento della spesa sanitaria, con particolare

riferimento agli effetti finanziari, in termini di maggiori

spese e di maggiori economie, delle misure disciplinate dal

presente decreto.

 

Articolo 19-sexies Norme transitorie

1. I collegi sindacali di cui all'articolo 3-ter de decreto

legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 introdotto dall'articolo

3, comma 3 del presente decreto, sono costituiti entro

sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente

decreto.che modifica il decreto legislativo 30 dicembre 1992

n. 502, e successive modificazioni. Sino alla loro

costituzione, le funzioni di cui all'articolo 3-ter sono

svolte dai collegi dei revisori in carica alla data di entrata

in vigore del presente decreto che modifica il decreto

legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive

modificazioni.

2. Le procedure per il conferimento egli incarichi di secondo

livello della dirigenza sanitaria con avvisi pubblici già

pubblicati nella Gazzetta Ufficiale alla data di entrata in

vigore del presente decreto sono portate a termine secondo le

norme vigenti.

3. Sono fatti salvi i concorsi per l'accesso al primo livello

della dirigenza sanitaria già banditi, nonché le graduatorie

esistenti ed ancora valide.

[3/3. Fine]

 

Testo aggiornato con i seguenti provvedimenti:

Decreto Legislativo 7 dicembre 1993 n. 517

Decreto Legge 30 maggio 1994 n. 325

Decreto Legge 27 agosto 1994 n. 512

Legge Finanziaria 23 dicembre 1994 n. 724

Legge Finanziaria 28 dicembre 1995 n. 549

Decreto Legge 18 novembre 1996 n. 583

Decreto Legislativo 15 dicembre 1997 n. 446

Legge Finanziaria 23 dicembre 1998 n. 449

Legge Delega 30 novembre 1998 n. 419

Decreto Legislativo 19 giugno 1999 n. 229

Decreto Legislativo 28 luglio 2000 n. 254

 

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Aggiornato il: 24 gennaio 2004