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Sapete cos'è una boy-band, vero? Per chi non lo sapesse (ehi... leggete meno fumetti!), sono un gruppo di giovanotti di età, sesso, bellezza e talento variabili che una casa discografica mette insieme per turbare ancora di più i già agitati sonni degli adolescenti della MTV-Generation (e, verrebbe da aggiungere, per rovinare quelli più tranquilli dei non-più- adolescenti delle precedenti-generations...). Questi gruppi hanno (quasi) sempre un capo anziano e saggio che funge da autore-produttore-tutore e (quasi) sempre i ragazzi che li compongono interpretano al loro interno un vero e proprio ruolo. Così c'è (quasi) sempre il bello, c'è (quasi) sempre il tenero, c'è (quasi) sempre il burlone, e così via... e questo succede (quasi) sempre. Come dite? Questo succede (quasi) sempre anche nei super-gruppi dei fumetti americani, in particolar modo in quelli che compongono la multiforme galassia delle X-Testate? Beh, allora anche a voi sembrerà (quasi) naturale che un autore ci parli di uno di questi gruppi di mutanti come se fosse, appunto, una (quasi) boy-band... E' quello che fa Pete Milligan con questa X-Force. Già, proprio quel super-gruppo, creato da Rob Liefeld, che esordì nel 1991
con un clamoroso successo di vendite (si parla addirittura di sei milioni di copie per il N°1!), e che dopo dieci anni, nonostante i numerosi reimpasti di team creativi e componenti della squadra, stava andando incontro ad una inevitabile fine. Fine che, essendo inevitabile, è infatti puntualmente arrivata. Non fatevi trarre in inganno dal numero 116 con cui è catalogato l'episodio: questo è un vero N°1! E, aggiungo io, uno dei più belli e sconvolgenti degli ultimi tempi. Tanto bello e sconvolgente che alla Marvel non hanno neanche avuto bisogno di crearvi attorno un eccessivo hype, rinunciando addirittura all'idea di approntare una serie nuova di zecca
approfittando di quell'ipnotico e, per una volta, legittimo N°1 a fare da esca in copertina. Questo si spiega con l'autoreferenzialità che questo nome consente. Infatti, questo X-Force, pur differenziandosene in maniera radicale sia per tematiche che per atmosfera, affronta direttamente una caratteristica peculiare del suo omonimo predecessore: l'impatto sul pubblico. X-Force è un gruppo di successo, lo dicono i dati di vendita... e allora Milligan decide di raccontarci come quei ragazzi vivono il loro successo. Il fatto che i mutan- ti ora implicati non siano gli stessi che componevano il gruppo originale è un dato puramente accessorio, e, del resto, la maggior parte di loro non farà neanche parte del gruppo dal N°117. Questo perchè l'autore inglese non è interessato a
loro in quanto carachters, ma li usa funzionalmente alla storia che vuole raccontare.  Ed è, appunto, una storia di fama, successo e soldi... tanti soldi. Ma è anche, soprattutto, una storia che tocca tematiche quali l'invadenza dei mass-media nella nostra società, il razzismo e la paura di essere diversi. Temi, è vero, ormai abbastanza comuni, ma qui trattati in maniera assolutamente anomala. X-Force, come dicevo, è come una boy-band. Anzi, è come una boy-band di successo. E come tutte le boy-band di successo ha a che fare con i 
problemi che l'abuso di soldi, fama ed esposizione ai media comportano. I suoi componenti vivono la vita che i ragazzini sognano, vanno a letto con le top-model, cenano nei ristoranti di lusso ed hanno una catena di fast-food a loro dedicata. Ma sono esseri umani, e come tutti gli esseri umani celebri hanno dei problemi che devono però tenere nascosti, attorniati
come come sono dai giornalisti, dai paparazzi, dalle telecamere che riprendono quasi ogni momento della loro vita. Ma non pensiate che questo sia semplicemente un riflesso involontario delle loro azioni. No, sono proprio loro a volerlo. E non tramite semplici iniziative personali, ma con chiari intenti programmatici che costituiscono i veri valori del gruppo. Infatti, uno dei componenti del team (il buffo Doop) ha il solo scopo di filmare le gesta dei suoi compagni. E se all'inizio del racconto questo fatto sembra avere la finalità di aiutare l'allenamento del gruppo provvedendo a correggere eventuali errori, nel prosieguo scopriremo come sia proprio questo a determinare il loro successo. Infatti, il capo del gruppo, detto Coach (un nome... un ruolo!) è soprattutto uno stratega del marketing che lavora con uno staff che si occupa di reclutare talenti e valutare le offerte delle TV per i diritti d'immagine delle loro 'performance'. E qui scatta l'analisi spietatamente critica di Milligan. Perchè questo rapporto tra la TV ed il gruppo non è certamente univoco. Anzi, proprio le considerazioni ispirate dagli indici di ascolto e di gradimento sembrano essere gli unici criteri in base ai quali scegliere le azioni da intraprendere.
Non più, quindi, la solita trama dei fumetti di Eroi che all'arrivo dei cattivi fa seguire l'intervento dei buoni, i quali, dopo una sonora scazzottata, riportano le cose allo status-quo. Qui la differenza tra buoni e cattivi non è così netta. Ma c'è di più. Questa differenza non viene cercata nella contrapposizione dei personaggi, ma all'interno degli stessi protagonisti. Come si fa, infatti, a descrivere come buoni gente che odia i normali o che considera un affare comprare un terreno da lottizzare su cui "non ci sono che alberi" o, ancora, che dopo aver distrutto
per futili motivi il tetto di una suite del Beverly Hills Hotel si rivolge alla polizia con un emblematico: "In arresto?! State scherzando?! Sono un membro di X-Force! Posso fare quel cavolo che mi pare!". E potrei continuare parlando dei problemi di alcolismo, delle perversioni sessuali, della carenza di scrupoli morali, delle lotte intestine e del dichiarato attaccamento all'interesse personale. Personaggi cinici ed assolutamente politically uncorrect. Insomma... dei veri bastardi. Questo aspetto trova una sua consacrazione nei pensieri del front-man del gruppo, Zeitgeist (eh, sì... lo Spirito del Tempo!), così come ci vengono descritti durante l'azione di salvataggio dei simil-N*Sync (la boy-band per antonomasia in U.S.A., non a caso mostrata qui priva dell'unico componente adulto del gruppo): "Denaro. Fama. Sesso. Auto. Case. Champagne. Talk show. Ristoranti. Limousine. IMMORTALITA'. Fortuna.". Proprio così... queste sono le cose che questi eroi mutanti vogliono. Non più un affrancamento (pacifico o bellige-
rante, poco importa) dalla condizione di diversi... essi vogliono sentirsi 'migliori', e per farlo hanno dalla loro solo il talento che madre natura gli ha donato. Quello stesso talento (leggi: super-potere) che li condannerebbe ad una vita di disagi e di emarginazione se non lo sfruttassero a loro vantaggio. Ma se negli anni '60 del ventesimo secolo da grandi poteri derivavano grandi responsabilità, ora, in questi primi anni del ventunesimo secolo dominato dalle TV e dalle multinazionali, da grandi poteri derivano tanto successo e tanti soldi... e tanti problemi. E', appunto, su questi problemi che Milligan si concentra, ribaltando quindi in maniera assolutamente imprevedibile ed originale l'angolo abituale da cui questo
genere di storie vengono inquadrate. Ed in questo è aiutato, e molto, da un disegnatore che ha fatto della originalità e della imprevedibilità la sua bandiera, quel Mike Allred che, a livello indipendente prima e negli ambienti mainstream dopo, si è creato un affezionato (e nutrito) seguito di appassionati, sicuramente affascinati dal suo stile di disegno unico (che miscela elementi pop-art e citazioni dai classici del fumetto U.S.A con una vena di lucida follia assolutamente personale) ma, soprattutto, coinvolti da quella spontanea ingenuità (a suo modo naïve) che, almeno apparentemente, trasuda dai suoi fumetti (Madman su tutti). Un disegnatore, quindi, adattissimo al taglio di questa serie che vuole essere
rivoluzionaria fino al midollo pur indossando con sfrontatezza una delle maschere del classico teatro dei Mutanti Marvel... e questa maschera è proprio il nome X-Force. E rivoluzionario è l'aggettivo che ritengo più adatto a descrivere questo primo numero di questa nuova X-Force, la quale va a fare il paio con il taglio che Grant Morrison ha dato ai suoi New X-Men nel processo di svecchiamento e di svincolamento dalle ferree regole della continuity (soprattutto in ambito mutante) voluto dal boss della Marvel Joe Quesada. Serie nuove con nomi vecchi per mantenere gli appassionati storici ed attirarne di nuovi. Se questa cosa può provocare malcontento tra alcuni X-Fans più intransigenti, cosa puntualmente successa sia in U.S.A. che da noi, d'altro canto è indiscutibile che, vista la qualità delle storie presentate, la cosa sia cominciata sotto i migliori auspici... speriamo solo che le promesse vangano mantenute. Insomma, un primo numero davvero bello, interessante ed adulto, ma soprattutto spiazzante dalla prima all'ultima tavola, davvero sconvolgente e di cui non parlo per rispetto a chi ancora non avesse letto il fumetto. Un inizio che è anche una fine che fa da preludio ad un nuovo inizio... e lascia ancora aperte infinite possibilità. Sono veramente curiosissimo di vedere come sarà il prossimo episodio, ma ho la netta impressione che sarà un altro N°1... o quasi!
leggi anche la nuova rece di Andre.a e Nat...
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aprile'02