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INTRODUZIONE.
From Hell è il fumetto di Alan Moore e Eddie Campbell dedicato alle vicende di Jack lo squartatore, l’assassino di prostitute che nell’autunno del 1888 terrorizzò Londra. Protagonista dell’opera è Sir Gull, il dottore che gli autori suppongono sia Jack, un uomo inquietante, capace allo stesso tempo di essere un luminare medico della regina e un fervido appassionato di magia e occulto. Moore e Campbell gli riservano naturalmente ampio spazio all’interno del loro racconto, non limitandosi a descrivere la sua conquista della magia e della follia nel corso dei sacrifici di carne e sangue ma raccontando anche altri episodi della sua vita.
Uno di questi episodi viene narrato nelle pagine 4-7 del secondo capitolo ed ha come tema il rapporto di Gull con la morte, o meglio con i cadaveri. Non c’è infatti nessuna speculazione su ciò che potrebbe attendere chi abbandona questo mondo e nemmeno nessun pensiero o ode sul fascino della morte; gli autori ci 
 
mostrano invece l’atteggiamento di Gull davanti ai corpi ormai inanimati. Il breve racconto prende le mosse dal primo contatto di Gull con un cadavere, avvenuto in tenera età quando entra nella camera ardente del padre. Il comportamento del bambino è da subito irrispettoso dato che viene mostrato a pagina quattro mentre gioca con il corpo inerme del genitore: gli alza e abbassa la palpebra e ride per l’espressione buffa che la faccia del genitore assume. Si può pensare che dietro a questo comportamento ci sia un’infantile inconsapevolezza ma questa idea viene dapprima incrinata nelle pagine 5 e 6 che, seppur ambientate anch’esse nell’infanzia, lasciano intuire che Gull sia cinico piuttosto che ingenuo e innocente e in seguito a pagina 7 che ce lo mostra adulto e per nulla restio ad utilizzare il bisturi. 
Le quattro pagine sembrano quasi suggerire che le future efferatezze fossero da sempre incise nell’animo irrimediabilmente sadico del medico, che il suo destino fosse già scritto e irrinunciabile.
Questa sequenza di quattro pagine può dunque essere letta in modo autonomo rispetto all’opera nel suo complesso perché il tema affrontato è omogeneo e viene sviluppato in modo compiuto. 
C’è però un ulteriore legame fra le quattro tavole che va oltre la semplice trama. Il loro denominatore comune è infatti il linguaggio grafico ideato da Moore e Campbell che riesce a fonderle in maniera indissolubile e a renderle qualcosa di più della somma di immagini e balloon e della successiva somma di vignette con vignette, un’armonia che trova la forza in ciascuno di questi singoli elementi ma che è allo stesso tempo qualcosa di superiore.
Il complesso linguaggio grafico utilizzato da Moore e Campbell non solo raggiunge lo scopo di narrarci la trama che ho riassunto ma riesce a legare l’attenzione del lettore e a trasmettergli informazioni e sensazioni non immediate, per questo motivo forse più affascinanti.
LE PAGINE CINQUE E SEI.
Le pagine 5 e 6 del secondo capitolo di From hell presentano due trame che si svolgono contemporaneamente e si intrecciano sulle tavole di Campbell; la prima è incentrata sull’incontro fra la vedova Gull e il rettore Harrison mentre la seconda mostra l’esplorazione della natura da parte del giovane Gull. I due episodi si intersecano in modo regolare in entrambe le pagine dato che gli autori alternano in continuazione una vignetta riguardante la signora Gull ed una che vede protagonista suo figlio.
 Può essere osservata un’importante differenza fra le due sequenze. Il resoconto della dissezione del ratto da parte del giovanotto non è accompagnato da nessuna nuvoletta e da nessuna didascalia. Viene dato ai disegni ampio spazio e i ‘graffi’ di Campbell riempiono tutte le vignette, riducendo al minimo le campiture in cui il bianco è pieno (le uniche sembrano essere quelle delimitate dalle mani del futuro medico reale). 
In modo ben diverso è strutturata la sequenza parallela nella quale 
i disegni riempiono a malapena mezza vignetta e vengono tratteggiati pochi dettagli indispensabili. Le uniche figure nitide sono quelle della vedova Gull e del rettore e ciò che è visibile immediatamente dietro di loro: l’ingresso di casa nella prima vignetta e il tavolino apparecchiato con il servizio da tè in quelle successive. La libreria che sta sullo sfondo invece è quasi irriconoscibile; a differenza dei personaggi e del tavolino è ridotta a poche linee indispensabili, uno schizzo appena accennato che tende a dissolversi per dare spazio a nuvolette enormi, ingombranti, che finiscono quasi per schiacciare i personaggi e prendere il sopravvento.
E’ probabile che l’intenzione degli autori sia proprio quella di dare un rilievo maggiore alle parole nelle nuvolette rispetto ai disegni. Il testo infatti è importante perché può essere visto non solo come un dialogo fra la vedova e il rettore ma anche come una didascalia che descrive le imprese del giovane Gull a caccia di cadaveri nel
giardino; all’apparenza si tratterebbe di un semplice e banale dialogo mentre in realtà avrebbe la velata funzione di accompagnare e descrivere le gesta del ragazzino. Ad esempio nella settima vignetta il rettore parla di ‘ossessione per le forme naturali’ e nell’ottava il giovane Gull stringe con bramosia un topo morto; ancora: ‘spiccato interesse per la nostra natura e la nostra fauna’ è seguito dall’immagine di Gull che fruga tra i fiori; l’accostamento maggiormente significativo: ‘poi vedremo in quali discipline eccellerà di più’ trova una risposta immediata nel coltello che affonda nella carne del topo. (1)
Ci sono altri elementi che contribuiscono a dare forza a questa interpretazione. Il rettore e la vedova compiono gesti insignificanti, comuni, quotidiani: l’uomo accoglie in casa la visitatrice e assieme sorseggiano il tè. Moore assegna ai suoi ‘attori’ un ruolo destinato a non suscitare l’interesse dei lettori; la banalità delle azioni dei due finisce per relegarli in un angolo e così l’attenzione dei lettori si focalizza su altri elementi, cioè il ben più attraente squarcio nella pancia del topo accompagnato dalle didascalie mascherate da dialoghi. Questo modo di ‘annullare’ le immagini del rettore e della vedova è maggiormente comprensibile se si immagina quale diverso equilibrio avrebbe dato alle tavole un’azione diversa e più intensa da parte dei due adulti, per esempio se avessero fatto sesso oppure se all’inizio della sequenza uno dei due fosse svenuto e l’altro avesse cercato di soccorrerlo (ci sarebbe stata apprensione nel lettore per la sorte del malato). C’è infine un ultimo particolare che va notato. La vicenda dello squartamento del topo è disegnata in soggettiva, cioè il punto di vista è quello dell’occhio di Gull; 
il lettore vede le stesse cose che sono nel campo visivo dello stesso squartatore in erba. L’altra sequenza invece viene mostrata dall’esterno; in questo modo il lettore viene estraniato dalla coppia, la sua attenzione viene distolta dai due e indirizzata verso la strada della didascalia. La vedova e il rettore inoltre non sono in primo piano ma relegati sullo sfondo, quindi lontani il più possibile dai lettori.(2)
LE PAGINE QUATTRO E SETTE
La pagina quattro ha degli aspetti molto importanti che la accomunano alle due pagine successive. Innanzitutto ci sono gli stessi tre personaggi: la vedova Gull, suo figlio e il rettore. Come se non bastasse la loro collocazione all’interno delle vignette è identica rispetto a quanto avvenuto nelle pagine cinque e sei. Gull è disegnato in soggettiva e si vedono solo le sue mani grandi in primo piano; sua madre e il rettore invece rimangono anche qui sullo sfondo, anche qui sono ‘lontani’, anche qui sono statici. 
Ci sono però due differenze molto importanti. Innanzitutto pagina quattro è dominata, a livello visivo, dal corpo del padre defunto. Attorno a questo cadavere ruotano tutti gli altri particolari che vengono disegnati da Campebell. Anche le mani di Gull gli sono subordinate, contrariamente a quanto avviene in seguito a pagina 5 e 6 dove costituiscono il tema portante (seppure intervallate dal dialogo fra la madre e il rettore) e a pagina 7, dove il dominio della scena da parte delle mani di Gull è totale e incontrastato.
In quest’ultima tavola, come nella prima, non c’è nessun intervallo (cioè nessuna divagazione: il tavolo operatorio con le mani che gesticolano compare sempre) e l’unico interlocutore dello squartatore è una presenza insignificante che in nessuna delle nove vignette riesce a distrarre il lettore dalle mani in azione. Nel corso delle quattro pagine la raffigurazione delle mani costituisce il referente visivo dello sviluppo della personalità di Gull: quando Gull è bambino e sottoposto al controllo dei genitori le sue mani rimangono in secondo piano, quando cresce inizia ad affrancarsi (senza ancora spezzare tutti i vincoli), infine quando è adulto la sua personalità diventa forte, monolitica, come le sue mani che cuciono. C’è una seconda differenza fra pagina quattro e le pagine cinque e sei. A pagina quattro i tre personaggi compaiono nella stessa vignetta: la tavola è divisa in nove vignette e per nove volte si vedono sia le mani di Gull in primo piano sia la coppia sullo sfondo. Nelle due pagine successive invece la coppia viene 
‘separata’ da Gull e così si alterna una vignetta con la sola coppia ad una vignetta con il solo Gull. Forse gli autori raffigurano in modo diverso le due sequenze perché vogliono imprimere alla narrazione un cambio di ritmo. La sequenza cardine delle quattro pagine è quella raffigurante la caccia al topo, dove il ritmo è altissimo grazie all’assenza dei dialoghi e all’utilizzo di immagini molto suggestive, forti e soprattutto immediate. Interrompendo ogni volta questa sequenza per mezzo dell’inserimento del dialogo fra madre e rettore si vuole costringere il lettore ad attendere, si vuole giocare con la sua voglia di scoprire immediatamente cosa combinerà Gull; la caccia al topo è così dirompente e attraente che ha bisogno di un freno che impedisca al lettore di scivolare con l’occhio in fondo alla pagina (il lettore che lo fa a pagina cinque non trova alcuna informazione: per scoprire la conclusione della storia del topo dovrà voltare pagina…). 
 
Pagina quattro ha invece una funzione introduttiva: presenta i personaggi e il tema e si limita a far assaggiare l’atmosfera che si respirerà in seguito; il tema principale di questa pagina, cioè il corpo del padre, è statico e ripetitivo, ideale per un inizio calmo che è solo il preludio di una tempesta. Contribuiscono a rendere lenta la narrazione anche tutti i particolari che affollano ogni vignetta: le mani, i due interlocutori, lo sfondo dettagliato.
Anche pagina sette, come la quattro, ha un ritmo basso rispetto alle due pagine centrali; la tavola conclusiva mostra la situazione di quiete (? forse è meglio parlare di stabilità…) a cui si è giunti dopo i precedenti travagli. Qui non c’è più l’azione delle due pagine precedenti perché le mani di Gull compiono solo gesti piccoli e posati. La staticità nasce anche dalla presenza costante di un nuovo corpo, collocato nella stessa posizione del cadavere del padre a pagina quattro. C’è però una grande differenza: a pagina quattro viene raffigurata la testa mentre a pagina sette la testa è tagliata fuori dalla vignetta e si può vedere solo il tronco del corpo. 
Questa differenza serve a raffigurare la totale freddezza che nel corso degli anni ha avuto il sopravvento su Gull. Se quando era bambino c’erano i segni di quello che sarebbe diventato ma c’era anche qualche incertezza (la testa del padre indica un legame soggettivo: il bambino vede la testa quindi riconosce il padre; il padre è ancora unico e diverso da chiunque altro) da adulto i dubbi scompaiono e i corpi diventano oggetti anonimi da incidere. 
Quel corpo a pagina sette è il termine di una strada, iniziata deturpando, continuata squarciando e conclusa squartando, che ha condotto Gull a 
predire il suo destino nelle linee del bisturi e allo stesso tempo è quella componente del linguaggio grafico elaborato da Moore e Cambell che ha la funzione di chiudere gli spunti visivi portati avanti nelle pagine precedenti.
LUIGI SIVIERO
        NOTE
(1) La traduzione è di Alessandra Di Luzio, pubblicata su From Hell vol. I edito da Magic Press
(2) Un diverso articolo sul secondo capitolo di From hell è scritto da Raffaele Ventura e si intitola From Hell, la maschera e il volto. Può essere letto su http://www.prospettivaglobale.com/Articolo.asp?Id=24&sez=2

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ottobre 2003