A.2  Principio di funzionamento della CCD
 
 

La CCD è costituita da un mosaico di rivelatori fotosensibili, in cui ciascun pixel possiede un condensatore di integrazione. La carica accumulata durante un’esposizione viene trasferita sequenzialmente, con l’ausilio di varie tecniche, sul gate di un unico FET di uscita.
La zona fotosensibile è costituita da un cristallo di silicio drogato (ad esempio di tipo p) sul quale è evaporato uno spesso strato di ossido di silicio che è un ottimo isolante; a sua volta su quest’ultimo viene evaporato un elettrodo metallico (fig 1).

Struttura di un singolo pixel


Fig 1 – Struttura di un singolo pixel

La struttura appena descritta non è altro che un condensatore metallo-ossido-semiconduttore (MOS). Al momento dell’esposizione il fotoconduttore viene connesso a massa, mentre sull’elettrodo si applica una tensione positiva (Vg), tale da respingere le lacune dalla zona prossima all’ossido isolante con conseguente formazione di una regione di deplezione (o “serbatoio di cariche”) nella quale si accumulano gli elettroni fotoprodotti. Gli elettroni continuano ad accumularsi nel serbatoio finché il campo elettrico da essi prodotto non controbilancia quello di polarizzazione generato da Vg.  La carica accumulabile sul serbatoio è data da:

Q = C0 × (Vg-VT)
 

dove Vg è la tensione sull’elettrodo, VT è la tensione di soglia necessaria per la formazione del serbatoio e C0 è la capacità del condensatore MOS esprimibile nel seguente modo:

con A area dell’elettrodo,  x0 spessore dello strato di ossido di silicio ed e costante dielettrica. Numeri tipici sono Vg-VT » 3V, x0 » 0.5 mm, A » 25x25mm2. Si ottiene quindi una capacità del serbatoio pari a » 106 e-.
Per fare in modo che i fotoni arrivino sul cristallo drogato p si possono usare contatti trasparenti, dal momento che l’isolante è trasparente alla radiazione visibile e all’UV. Non essendo però il silicio pesantemente drogato trasparente al blu, si preferisce illuminare la CCD dal retro (backside illuminated CCD). Affinché ciò sia possibile si deve ridurre molto lo spessore del substrato di Si, in modo che i fotoni siano assorbiti vicino alla regione di deplezione.
Per permettere una corretta lettura dei pacchetti di cariche accumulate, occorre che questi ultimi non abbiano contaminazioni reciproche o perdite di cariche lungo il cammino verso l’amplificatore d’uscita.
Un metodo di lettura, ad esempio, è quello della CCD a tre fasi (fig 2).  Un tale dispositivo contiene tre insiemi di elettrodi E1, E2, E3 per ogni pixel, ciascuno connesso ad una diversa linea di alimentazione V1, V2, V3. E1 è l’elettrodo su cui avviene l’accumulo di fotoelettroni nella fase di esposizione (fase A) trovandosi ad una tensione V1 positiva, mentre gli altri elettrodi sono a massa. Al termine dell’integrazione anche V2 diviene positiva (fase B) permettendo così la distribuzione del serbatoio di cariche anche sotto E2.

Meccanismo di lettura della CCD a tre fasi

Fig 2 – Meccanismo di lettura della CCD a tre fasi. Sono mostrati 2 pixel successivi (e 1/3 del terzo pixel) di una fila di pixel della CCD.


Conclusasi la ridistribuzione, si porta a massa gradatamente V1 (fase C), con il risultato che tutti gli elettroni si sono trasferiti sotto l’elettrodo adiacente E2. Questo trasferimento di cariche può essere continuato lungo la fila di elettrodi portando a massa V3 (fase D) e così via. In questo modo tutti i pacchetti di cariche accumulate sui diversi pixel della fila arrivano sequenzialmente all’amplificatore d’uscita. Risulta della massima importanza l’efficienza di trasferimento CTE (Charge Transfer Efficiency) degli elettroni da una cella alla successiva, infatti per arrivare all’amplificatore ciascun pacchetto deve subire centinaia di trasferimenti, ed una minuscola perdita su ciascun trasferimento può completamente svuotare il pacchetto prima che arrivi all’uscita.



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