...GARY MOORE...

Sconosciuto alle masse, Gary Moore è un esempio unico di chitarrista hard rock dotato di un formidabile songwriting.
È poco conosciuta in tutte le sue sfacettature la personalità multiforme di Gary Moore, l'axeman che negli ultimi vent'anni del Novecento ha saputo meglio coniugare tecnica solista e scrittura, vergando numerosissimi hit power rock. Il successo per il chitarrista irlandese arriva solo negli anni Novanta, allorché decide di battere il chiodo del blues con più convinzione. Il meglio di Moore sta però altrove, in quella capacità di innescare heavy rock poderosi poggiandosi sulle intelaiature di accordi delle gighe gaeliche. La frequentazione di molti vocalist e strumentisti di grandissimo grido, in primis Phil Lynott, segna in modo indelebile il suo gusto e la pazienza certosina con cui rifinisce il proprio lussureggiante songbook. Gary Moore è anche sinonimo di instabilità, secondo la famosa legge del rock'n'roll per cui è meglio bruciare che arrugginire: quando il pubblico si accorge della sua musica, lui di solito è già da un'altra parte, affascinato da differenti sonorità, intento a cesellare altro materiale incandescente.
Gary Moore nasce a Belfast il 4 aprile 1952. È poco più di un adolescente impegnato tutto il giorno a copiare sulla chitarra gli assoli di Clapton e Hendrix allorché il leggendario chitarrista dei Fleetwod Mac Peter Green lo nota. Per Gary arriva molto presto la proposta di un contratto discografico per Cbs, incentrato sull'incisione di album di rock blues. Moore incontra però in quei giorni una banda dal suono stradaiolo e di grandissimo impatto emotivo, gli Skid Row. Li guida il bassista e vocalist Phil Lynott, che schiude letteralmente un mondo al giovanissimo Gary, insegnandoli come si può contaminare il rock'n'roll con il suono della tradizione irlandese. La defezione di Lynott, intenzionato sin da allora a dar vita al progetto Thin Lizzy, è repentina: rimasti orfani del loro leader, gli Skid Row approdano comunque nel 1970 al loro omonimo debutto discografico. A seguito del buon esito commerciale dell'album nel Regno Unito, la band viene scelta come opening act da Mountain, Allman Brothers e dagli stessi Fleetwood Mac. Ma negli Stati Uniti il successo non arriva e il secondo album, "34 Hours", uscito nel 1971, ottiene scarsi consensi. È tempo per Moore di agire da battitore libero su altri fronti. Per un po' suona con la formazione tradizionalista Dr.Strangely Strange, con cui incide il disco "Grindin'Stone". Poi mette in piedi l'idea embrionale di Gary Moore Band. È allora però che Lynott lo invita a unirsi ai Thin Lizzy. I biografi più pignoli della band dicono che la tanto favoleggiata line up con Moore duri di fatto non più di quattro mesi: dopo di che i due sono ai ferri corti. Moore non prende dunque parte alle registrazioni della mitica "The Boys Are Back In Town", ma torna a più riprese a far capolino nella formazione, in particolare per l'album "Black Rose" del 1979 e per il tour statunitense in cui la band apre per i Queen.
Nel 1978 arriva quello che può essere considerato il debutto solista di Moore "Back On The Streets". A far 'rumore' è però una raffinatissima ballad cantata da Lynott, "Parisienne Walkways". Questa hit segna l'inizio di una serie di album in rapida successione, in cui Gary non rinuncia a scrivere bellissime canzoni, pur infarcendole di un solismo che diventa sempre più veloce, sotto l'influenza della NWOBHM. Così è per "Corridors Of Power" (1982), "Victims Of The Future"(1983) e il bellissimo "Dirty Fingers" (1984), in cui compare Charlie Huhn alla voce, e che resta famoso per la cover di "Please, Don't Let Me Be Misunderstood". Il meglio deve però ancora arrivare: "Run For Cover"(1985) vede ancora una volta ricongiungersi la coppia Lynott-Moore, nella travolgente e politicizzata "Out In The Fields". Ma è l'ultima volta: Phil morirà di overdose l'anno dopo. L'album che Gary crea nel 1987, imbevuto come non mai di sonorità irlandesi, è un omaggio evidente all'amico scomparso. "Wild Frontier" rappresenta anche la vetta della produzione di Gary, con il singolo "Over The Hills And Far Away"che mette d'accordo hard rocker e amanti del folk revival propugnato dai Waterboys, così come gli waver tradizionalisti che ascoltano i gruppi alla Alarm. Il trittico delle meraviglie viene chiuso dal durissimo "After The War"(1989), che si avvale di vocalist formidabili come Ozzie Osbourne e Andrew Aldritch dei Sisters Of Mercy. La traccia che entra nella leggenda è una giga irrefrenabile dal titolo "Blood Of Emeralds", in cui Gary fa rivivere i giorni divisi con Lynott negli Skid Row.
Con un progetto di cover estemporanee del 1990, "Still Got The Blues", Gary torna al primo amore. E inaspettatamente attiva il successo di massa, spesso sfiorato e mai raggiunto. Anche grazie alla partecipazione di vere e proprie leggende come Albert King, George Harrison e Albert Collins. E se "After Hours" (1992), è a tutti gli effetti un completamento del disco precedente, di cui condivide pienamente lo spirito, bisognerà poi segnalare il tributo a Peter Green di "Blues For Greeny" (1995). In mezzo c'è il supergruppo BBM, con Ginger Baker e Jack Bruce, con Moore a sostituire in un'ideale rivisitazione dei Cream lo "scoppiato" Eric Clapton. Dopo alcuni lavori interlocutori, Moore si concede infine un altro ammirevole lavoro sulle note blu, con "Back To The Blues" (2001), mentre l'anno successivo crea il progetto Scars, con il bassista degli Skunk Anansie e il batterista dei Primal Scream: un combo che dà subito la sensazione di voler rivivere la stagione inimitabile dei granitici power trio dell'hard rock.

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