Riflessi ed Emozioni


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Pensieri e parole

Parole - Palabras





Quando ti porto i balocchi variopinti, bambina mia,

comprendo perché ci sono tanti colori nelle nubi e nell’acqua,

e perché i fiori sono colorati tanto vagamente…

quando ti regalo balocchi variopinti.


Quando canto per farti danzare, bambina mia,

comprendo perché nelle foglie c’è musica, e le onde mandano il coro delle voci

fino al cuore della terra che ascolta…

quando canto per farti danzare.


Quando verso dolci nelle tue avide mani, bambina mia,

comprendo perché c’è il miele nei calici dei fiori,

perché i frutti si riempiono in segreto di tanti gradevoli succhi…

quando verso dolci nelle tue mani.


Quando bacio il tuo viso per farti sorridere, amore mio,

comprendo il perché della gioia che si spande dal cielo nella luce del primo mattino,

del piacere che portano al mio corpo le soavi brezze dell'estate…

quando bacio il tuo viso per farti sorridere.


R.Tagore in "Gitanjali", LXII






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" Il mondo è invecchiato, non ha più l'antico vigore:
l'inverno non ha più sufficienti piogge per nutrire le sementi,
né l'estate abbastanza sole per maturare le messi;
le montagne sventrate danno meno marmo,
le miniere spossate meno oro ed argento;
i campi mancano di coltivatori, il mare di marinai,
gli accampamenti di soldati; non c'è più giustizia nei giudizi,
non c'è più competenza nei mestieri, né disciplina nei costumi;
l'epidemia decima il genere umano,
il giorno del Giudizio si avvicina "

San Cipriano, IV° secolo d.C.



sarà...




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Tu, Talete, che non riesci a vedere ciò che hai davanti ai piedi,

pretendi di conoscere ciò che sta nel cielo.

Diogene






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La quiete di coloro che ci hanno preceduto non può alleviare l’inquietudine di coloro che seguono.





Dal film "Aspettando Forrester"








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Self-Pity


I never saw a wild thing
sorry for itself.
A small bird will drop frozen dead from a bough
without ever having felt sorry for itself.



NON HO MAI VISTO UN ESSERE SELVAGGIO

COMMISERARE SE STESSO.

UN PICCOLO UCCELLO CADRA’ MORTO CONGELATO DA UN RAMO

SENZA AVER MAI PROVATO PIETA’ PER SE STESSO.





D. H. Lawrence








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"Gli occhi che cercano in fretta solo la destinazione del viaggio non possono gustare

la dolcezza del vagabondaggio.

Foreste, torrenti e tutti gli spettacoli meravigliosi che ci attendono

in ogni punto della via restano preclusi."



Hermann Hesse


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Lentamente muore


Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.

(P. Neruda)





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Il cuore a pezzi.

Ho vissuto a L'Aquila i giorni più intensi della mia vita. Giorni di trionfi, sconfitte, amicizie, amori, delusioni. I giorni della mia giovinezza, gli anni dell'università. Non posso tornare indietro nel tempo con la memoria senza associare quasi tutti i miei ricordi a quella città. Ho imparato ad amarla da bambino, dai racconti di mia madre, aquilana fierissima. Ho pregato nelle sue chiese, ci ho persino studiato quando il caldo degli appelli d'esame estivi mi cacciava dalla casa del Torrione e mi spingeva in quella quiete fresca e antica, dove mi sembrava di sentire il silenzio delle anime che da secoli vi abitano: Santa Maria di Collemaggio, San Bernardino, le Anime Sante, la Madonna del Popolo Aquilano. Ho percorso le sue strade, le sue piazze, i suoi vicoli, e li ho percorsi ridendo, piangendo, di fretta, persino ubriaco. Quante porte delle sue case ho aperto ed attraversato: Borges parla di porte chiuse per sempre, nel tempo e nei ricordi, ma che comunque esistono, basta riaprirle, volendo. Io parlo di porte di case che non esistono più.
Ho il cuore a pezzi, pensando a quella città com'era, e com'è, agli amici non più sentiti ma i cui nomi grazie a Dio non ho visto nell'elenco dei morti, sperando almeno che tra questi non ci siano i loro figli o le loro mogli o i loro mariti, che non ho conosciuto.
Ho una pena nell'anima, e vorrei che tutto tornasse come prima, a com'era quando avevo vent'anni. Rinuncerei alla mia giovinezza, se fosse possibile tornare a vivere, ai miei ricordi, se sapessi che così neanche una pietra o una lacrima o una goccia di sangue aquilani cadrebbero nella polvere.
L’Aquila immota manet in cordibus nostris.



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Il cacciatore

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