Ottimismo/Pessimismo
Da Cioffi…, Corso di filosofia…., cit., p.367


 

La coppia concettuale ottimismo/pessimismo ha un duplice significato:

I) psicologico: si tratta della tendenza o disposizione d’animo a cogliere soltanto gli aspetti, rispettivamente, migliori o peggiori della realtà;
2) metafisico: si tratta della dottrina che identifica l’essere, in tutte le sue manifestazioni, biologiche, psicologiche, cosmiche o storiche, con il bene o. all’opposto, con il male.


Il significato psicologico di ottimismo e pessimismo

Nell’accezione psicologica, in cui è implicita una notevole oscillazione di significato e d’uso, tali termini sono generalmente ripudiati dai filosofi; Croce per esempio li respinge, in quanto pseudoconcetti psicologici, dall’ambito della filosofia teoretica. Solo nella loro più radicale significazione metafisica l’ottimismo e il pessimismo sono stati accettati e discussi. Il loro impiego nel lessico filosofico è recente: ottimismo è un termine coniato in Francia nel Settecento, per caratterizzare la tesi di (lr2ne leibniziana secondo cui quello esistente è ((il migliore dei mondi possibili". Pessimismo si trova usato in Inghilterra nel primo Ottocento (da Coleridge, per esempio). La sua definizione, speculare a quella dell’ottimismo, si trova in Schopenhauer: quello esistente è "il peggiore dei mondi possibili", esso infatti "è costruito, così come doveva essere costruito, per poter a mala pena sussistere: se fosse appena un poco peggiore, non potrebbe già più esistere" (cap. 46 dei Supplementi al Mondo).


Ottimismo e pessimismo metafisico

Nell’antichità — al di là della constatazione, generalmente diffusa tra i sapienti e i poeti, della onnipresenza del male e del dolore nella vita umana — il pessimismo metafisico sembra legarsi essenzialmente a una visione dualistica, che assegna al male un’esistenza e un principio indipendenti dal bene e a esso opposti: così è intesa per esempio la materia nel platonismo. Ispirata all’ottimismo è invece la visione che sottolinea la perfezione finalistica interna al cosmo: così è intesa per esempio la provvidenza nello stoicismo. Il cristianesimo, con il principio creazionista, tende a risolvere la questione metafisica nel senso dell’ottimismo, salvo riproporre sul piano etico e storico il pessimismo, con l’idea del peccato originale. L’oscillazione tra ottimismo e pessimismo, particolarmente viva nelle correnti ereticali del cristianesimo (gnosi e manicheismo), tende a riproporsi in età moderna. La ritroviamo, infatti, nell’antitesi tra umanesimo cristiano, tendenzialmente ottimista che privilegia il tema della dignitas hominis su quello della miseria hominis - e riforma protestante, tendenzialmente pessimista - che sottolinea le tesi del peccato originale, della predestinazione ecc.
La più celebre confutazione dell’ottimismo metafisico è quella che Voltaire dedica, in Candide, alla tesi della Teodicea di Leibniz, di cui si evidenzia l’ingenuo presupposto finalistico: "E dimostrato che le cose non possono essere altrimenti: giacché essendo tutto fatto per un fine, tutto è necessariamente volto al fine migliore". Ispirata al pessimismo è anche la visione etico-religiosa di Kant, con il suo concetto di un male radicale insito nelle tendenze sensibili dell’uomo.

L’ottimismo ottocentesco

L’ottimismo è la visione prevalente nei grandi sistemi costruttivi dell’Ottocento. Anche se per motivi diversi, convergono in un rigetto del pessimismo sia l’idealismo oggettivo hegeliano, con la tesi della necessaria identificazione di reale e razionale; sia il positivismo, specie nella versione evoluzionista per la quale il pessimismo è di per sé sintomo, nell’uomo, di una disposizione patologica o morbosa; sia il marxismo, nel suo aspetto di filosofia della storia: il male è giudicato come il prodotto di determinate condizioni sociali e di rapporti classisti, destinati a essere rimossi nel comunismo.
Per questo assume particolare significato la posizione, pressoché isolata. di Schopenhauer, nel cui pessimismo si trovano per la prima volta congiunte le tesi:
1) del carattere finalistico del reale (identificato con il Wille);
2) del carattere negativo e autocontraddittorio della vita, in tutte le sue forme. Il pessimismo schopenhaueriano si trova attenuato in Eduard von Hartmann, che identifica l’assoluto con l’inconscio e torna a dissociare l’aspetto finalistico da quello irrazionale, nel recuperato dualismo di intelletto e volontà.




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