Ottimismo/Pessimismo La coppia concettuale ottimismo/pessimismo ha un duplice significato: I) psicologico: si tratta della tendenza o disposizione d’animo a cogliere soltanto gli aspetti, rispettivamente, migliori o peggiori della realtà; Il significato psicologico di ottimismo e pessimismo Nell’accezione psicologica, in cui è implicita una notevole oscillazione di significato e d’uso, tali termini sono generalmente ripudiati dai filosofi; Croce per esempio li respinge, in quanto pseudoconcetti psicologici, dall’ambito della filosofia teoretica. Solo nella loro più radicale significazione metafisica l’ottimismo e il pessimismo sono stati accettati e discussi. Il loro impiego nel lessico filosofico è recente: ottimismo è un termine coniato in Francia nel Settecento, per caratterizzare la tesi di (lr2ne leibniziana secondo cui quello esistente è ((il migliore dei mondi possibili". Pessimismo si trova usato in Inghilterra nel primo Ottocento (da Coleridge, per esempio). La sua definizione, speculare a quella dell’ottimismo, si trova in Schopenhauer: quello esistente è "il peggiore dei mondi possibili", esso infatti "è costruito, così come doveva essere costruito, per poter a mala pena sussistere: se fosse appena un poco peggiore, non potrebbe già più esistere" (cap. 46 dei Supplementi al Mondo). Ottimismo e pessimismo metafisico Nell’antichità — al di là della constatazione, generalmente diffusa tra i sapienti e i poeti, della onnipresenza del male e del dolore nella vita umana — il pessimismo metafisico sembra legarsi essenzialmente a una visione dualistica, che assegna al male un’esistenza e un principio indipendenti dal bene e a esso opposti: così è intesa per esempio la materia nel platonismo. Ispirata all’ottimismo è invece la visione che sottolinea la perfezione finalistica interna al cosmo: così è intesa per esempio la provvidenza nello stoicismo. Il cristianesimo, con il principio creazionista, tende a risolvere la questione metafisica nel senso dell’ottimismo, salvo riproporre sul piano etico e storico il pessimismo, con l’idea del peccato originale. L’oscillazione tra ottimismo e pessimismo, particolarmente viva nelle correnti ereticali del cristianesimo (gnosi e manicheismo), tende a riproporsi in età moderna. La ritroviamo, infatti, nell’antitesi tra umanesimo cristiano, tendenzialmente ottimista che privilegia il tema della dignitas hominis su quello della miseria hominis - e riforma protestante, tendenzialmente pessimista - che sottolinea le tesi del peccato originale, della predestinazione ecc. L’ottimismo ottocentesco L’ottimismo è la visione prevalente nei grandi sistemi costruttivi dell’Ottocento. Anche se per motivi diversi, convergono in un rigetto del pessimismo sia l’idealismo oggettivo hegeliano, con la tesi della necessaria identificazione di reale e razionale; sia il positivismo, specie nella versione evoluzionista per la quale il pessimismo è di per sé sintomo, nell’uomo, di una disposizione patologica o morbosa; sia il marxismo, nel suo aspetto di filosofia della storia: il male è giudicato come il prodotto di determinate condizioni sociali e di rapporti classisti, destinati a essere rimossi nel comunismo.
Da Cioffi…, Corso di filosofia…., cit., p.367
2) metafisico: si tratta della dottrina che identifica l’essere, in tutte le sue manifestazioni, biologiche, psicologiche, cosmiche o storiche, con il bene o. all’opposto, con il male.
La più celebre confutazione dell’ottimismo metafisico è quella che Voltaire dedica, in Candide, alla tesi della Teodicea di Leibniz, di cui si evidenzia l’ingenuo presupposto finalistico: "E dimostrato che le cose non possono essere altrimenti: giacché essendo tutto fatto per un fine, tutto è necessariamente volto al fine migliore". Ispirata al pessimismo è anche la visione etico-religiosa di Kant, con il suo concetto di un male radicale insito nelle tendenze sensibili dell’uomo.
Per questo assume particolare significato la posizione, pressoché isolata. di Schopenhauer, nel cui pessimismo si trovano per la prima volta congiunte le tesi:
1) del carattere finalistico del reale (identificato con il Wille);
2) del carattere negativo e autocontraddittorio della vita, in tutte le sue forme. Il pessimismo schopenhaueriano si trova attenuato in Eduard von Hartmann, che identifica l’assoluto con l’inconscio e torna a dissociare l’aspetto finalistico da quello irrazionale, nel recuperato dualismo di intelletto e volontà.