Karl Jaspers
Da Cioffi…, I libri di diàlogos, cit, vol F, p.102 sgg

L’orientarsi nel mondo e il suo scacco

Karl Jaspers è considerato, insieme con Heidegger, il principale rappresentante dell’esistenzialismo tedesco. Egli è il solo, fra gli esistenzialisti, che abbia concepito un "sistema" con un carattere dichiaratamente metafisico e solidamente articolato. Esso è consegnato ai tre volumi della Filosofia (1932), rispettivamente intitolati: I. "Orientamento filosofico del mondo"; II. "Chiarificazione dell’esistenza"; III. "Metafisica". La filosofia si configura come ricerca dell’essere. Dell’essere, secondo Jaspers, si può parlare in un triplice significato.

1, Nel senso di ciò che esiste, della mera presenza fenomenica delle cose che "ci" sono (Dasein).

2. Nel senso dell’essere-per-sé, del tutto differente dall’essere oggettivo, che chiamiamo esistenza (Existenz).

3. Nel senso dell’essere-in-sé, che, kantianamente, non può essere conosciuto e corrisponde alla trascendenza.

Quando la ricerca sull’essere si rivolge al primo dei significati che abbiamo chiarito si ha l’orientazione nel mondo (Weltorientierung), che può essere scientifica o filosofica. L’essere è qui inteso in senso oggettivo, e l’organo di questo tipo di conoscenza è l’intelletto Verstand). Il mondo è totalità aperta e comprensiva (Weltall), orizzonte che ingloba ogni prospettiva parziale e che arretra e sfugge di fronte a ogni sforzo di oggettivazione. L’orientazione nel mondo non può dunque valere come conoscenza del mondo, ma solo delle cose che sono nel mondo. La scienza e la filosofia credono di spiegare il mondo, ma quello che ottengono non è un vero orizzonte, bensì una particolare prospettiva sul mondo. Nella raffigurazione scientifica il mondo si riduce a cosmo, ossia a un principio d’ordine, incentrato in un essere puntuale e in una prospettiva parziale, sempre relativizzabile. Vi è una tensione essenziale tra mondo e cosmo, e ogni tentativo di racchiudere la dimensione trascendente, inoggettivabile e conglobante del primo, in quella oggettiva e livellatrice del secondo non può che condurre a una "rottura" del mondo stesso. Jaspers dà diversi esempi di questa difficoltà costitutiva, che suona a scacco dell’impresa scientifica e filosofica, traendoli sia dal campo delle scienze della natura sia da quello delle scienze dello spirito. Celebri sono, per esempio le analisi dei diversi atteggiamenti del medico nei confronti del malato, che dimostrano l’insufficienza di un approccio meramente oggettivo alla malattia, quella psichiatrica in particolare.


La chiarificazione dell’esistenza

Lo scacco o il naufragio della conoscenza oggettiva determina il passaggio a un diverso tipo di conoscenza, quella esistentiva: alla chiarificazione dell’esistenza (essere-per-sé) che costituisce il secondo momento del percorso filosofico tracciato da Jaspers. Tale passaggio avviene quando l’uomo si rende conto dello scarto esistente tra ogni possibile orientamento nel mondo e la propria singola visione del mondo (Weltanschauung): un punto di vista che non può essere semplicemente scambiato con quello di ogni altro e perciò relativizzato, ma che va approfondito in senso esistenziale, in quanto rivelatore di una situazione inoggettivabile dell’esistente. A differenza dell’esserci o Dasein, l’esistenza è "ciò che non diviene mai oggetto". Non è possibile perciò darne una definizione, anche se non mancano in Jaspers, a tale proposito, delle formule suggestive. Per esempio: "l’esistenza è ciò che si rapporta con se stessa e perciò anche con la sua trascendenza". Ciò che viene qui sottolineato è il carattere ek-statico dell’esistenza, il suo uscir fuori dall’oggettività fattuale, per trascendersi verso un significato (un poter-essere o un dover-essere, mai un semplice essere): il che trova poi una conferma etimologica nel significato letterale dell’ ex di cui si compone la parola existentia. Dire che l’esistenza non è oggettivabile non equivale però ad affermare che sia inconoscibile: solo si richiede una conoscenza di tipo diverso da quella delle scienze o della filosofia orientata in senso obiettivistico, a cui Jaspers dà il nome di chiarificazione dell’esistenza. L’organo di questo tipo di conoscenza non è più l’intelletto, ma la ragione (Vernunft). Esistenza e ragione sono per Jaspers i due poli di un rapporto essenziale. Una ragione senza esistenza sarebbe un processo di pensiero arbitrario, che sfocia nell’universale astratto. Una esistenza senza ragione cadrebbe a sua volta nella cieca violenza e finirebbe preda degli impulsi irrazionali. Per chiarire l’esistenza, bisogna riferirsi a nozioni come "comunicazione", "storicità", "libertà", che non la definiscono come astratti predicati, ma coincidono piuttosto con l’esistenza stessa.


La comunicazione esistenziale

Jaspers distingue due tipi di comunicazione: quella inautentica, in cui l’uomo esiste come semplice Dasein, e non entra in un effettivo rapporto con gli altri, dall’autentica comunicazione esistenziale. Questa è un processo di rivelazione e insieme di realizzazione dell’io come sé. In essa i due sé si offrono l’uno all’altro in una reciproca creazione. La comunicazione è definibile allora come un "combattimento amoroso", in cui l’esistenza vuol realizzare una sincerità senza riserve. E una "lotta" di un tipo particolare, che non ha per fine la supremazia o la vittoria sull’altro (come nella hegeliana dialettica del riconoscimento), bensì la ricerca in comune di una "verità" che non si traduce mai in un "sapere",ma rimane inesauribile. L’amore di per sé non è ancora comunicazione, ma ne è la sorgente; senza comunicazione esistenziale, d’altra parte, l’amore rimarrebbe a sua volta problematico (erotismo). Accanto alle forme personali della comunicazione, Jaspers considera anche quelle sociali. La comunicazione esistenziale, infatti, si può manifestare nel contratto sociale - una delle condizioni, anzi, della comunicazione -, nella discussione, quando è comprensione reciproca, e, infine, anche nella vita politica, se questa non venga a essere assolutizzata.


II tempo, l’eternità e la libertà

La storicità dell’esistenza è intesa, in termini kierkegaardiani, come l’incontro di "tempo ed eternità". Tuttavia, mentre Kierkegaard affermava un primato dell’eterno sul temporale, Jaspers ha una concezione più differenziata e realistica della temporalità. Esistono diversi tipi di tempo, tutti reali: tempo fisico, psicologico, gnoseologico, storico. Quella che qui interessa è la temporalità storico-esistenziale, in cui il tempo si dà come luogo e mezzo dello svolgimento della vita spirituale.
L’anima esiste sempre nel tempo. La sua esperienza della temporalità è contraddittoria: da un lato sembra limitarsi alla frammentarietà isolata dei singoli momenti temporali (futuri, presenti, o passati), dall’altro tende a fuoriuscirne, per incontrarsi con l’eternità nell’ intensità dell’attimo vissuto. L’eternità non va concepita in opposizione al tempo, ma è incontrata all’interno della stessa temporalità vissuta, nella dimensione dell’ora. Va qui tenuta presente la distinzione tra momento (Moment) - l’atomo temporale quantitativamente uguale e indistinguibile da ogni altro, nello scorrere anonimo del tempo - e attimo (Augenblick): l’istante presente, qualitativamente sempre diverso e irripetibile, già gravido di futuro e perenne. Vi sono cioè momenti nella vita in cui il tempo pare sospendersi e la luce "meridiana" (Nietzsche) dell’eternità avvolge di sé il benedicente e dà, così, compimento alle nostre attese. E, dunque, tra questi rari attimi che si svolge la vita dello spirito. Ciò presuppone una dialettica tra Dasein ed Existenz, tra "situazione" e libertà.
L’esistenza è sempre in situazione. Per situazione Jaspers intende una realtà per un soggetto che le si pone di fronte in quanto Dasein, e a cui essa offre un limite o uno spazio di movimento. La situazione è l’identificazione di me stesso con il luogo della realtà in cui mi trovo. Ma in quanto Existenz - in quanto, cioè, consapevole autoriferimento a me stesso - io tendo a trascendere la situazione data, a viverla come un’occasione per la realizzazione delle mie possibilità. Ciò che entra qui in gioco e la libertà e la dialettica esistenziale delle situa7iOfli-lirnite. La libertà non va concepita come libero arbitrio - come scelta, cioè, tra alternative indifferenti - ma come riconoscimento di una neeessità. Sono libero in quanto valuto le mie "possibilità", ma posso farlo solo assumendo in via preliminare la situazione in cui mi trovo posto. L’Existenz è, secondo Jaspers, una mera virtualità, che per darsi realtà deve ancorarsi al proprio Dasein limitato e contingente. Io scelgo di essere quello che sono: più che una decisione la mia si configura come un’accettazione (amor fati).


Le situazioni-limite e la scelta

Questa dialettica paradossale, in cui il Dasein si rovescia in Existenz, la realtà in possibilità, la necessità in libertà, si rivela in quelle che Jaspers chiama situazioni-limite: morte, dolore, lotta e colpa. Si tratta di situazioni che, proprio in quanto ci interpellano nel profondo, ponendoci di fronte a una realtà che ci minaccia e non può essere elusa, ci obbligano a una scelta. Questa scelta non può che essere radicale: 1’essei~e o il nulla, l’accettazione della realtà, per quanto dura e paradossale, o l’evasione da essa, la fuga e quindi l’autoannientamento. Insomma: o essere qualche cosa, o non essere mai stati. La scelta si rivela allora come un "poter" essere che coincide con un "non poter non" essere, il Sollen (il dovere morale) kantiano sì rovescia in Mussen (necessità imprescindibile): l dovere cioè come riconoscimento della necessità. Proprio in quanto siamo condannati a decidere, ma non siamo liberi di scegliere ciò su cui si tratta di decidere, l’esistenza è essa stessa "peccato originale" e la libertà si manifesta psicologicamente, secondo Jaspers, nel senso di colpa.


Esistenza e trascendenza

Tocchiamo qui i temi più scopertamente metafisici della filosofia jaspersiana. La metafisica si occupa dell’essere nel terzo dei significati in precedenza distinti, ossia come trascendenza. L’esistenza non ha fondamento ed è internamente lacerata. E’ esistenza è, secondo Jaspers, una insufficienza senza fine: o è in rapporto con la trascendenza, o non è nulla. Ogni essere in quanto sussistente e in quanto libero è un essere, ma non è l’essere. L’essere autentico è trascendenza: ma questa è una realtà per principio inoggettivabile e nascosta. La metafisica, che se ne occupa, non può quindi che impiegare dei simboli e non dei concetti logici. L’unico metodo per comprendere la trascendenza è quello che Jaspers definisce come "lettura delle cifre". La cifra è l’essere che ci pone in presenza della trascendenza, senza che questa debba perciò diventare un essere oggettivo o un essere soggettivo (un’esistenza). Tutto può essere cifra: ogni esistente, la natura e la storia, la coscienza in generale, l’uomo stesso, la sua libertà. L’arte e il linguaggio servono alla lettura delle cifre, ma la filosofia ne è la decifrazione più adeguata. Nella cifra, è impossibile separare il simbolo dal simbolizzato. Essa rende presente la trascendenza, ma senza spogliarla della sua enigmaticità ed equivocità. E perciò necessaria una interpretazione, e questa si dà non in astratto, ma nella stessa esistenza che, in quanto decifrazione del mistero dell’essere, assume un risalto metafisico. L’esperienza metafisica che ci rivela la trascendenza è quella dello "scacco", rappresentato dalla morte. Jaspers lo ripete sovente: "filosofare è imparare a morire" cioè "sperimentare l’essere nello scacco". Vi è tuttavia un modo inautentico e uno autentico di sperimentare lo scacco cui ogni esistenza (con la morte) è votata. Lo scacco inautentico o fattizio si ha quando l’uomo vuole lo scacco, e specialmente quando vuole la fine di tutte le cose (pessimismo). Lo scacco autentico si ha viceversa quando l’uomo vuole costruire il proprio mondo, con la volontà di affermarvi una norma e una durata, ma conserva in sé la consapevolezza del rischio del fallimento (ottimismo). Lo scacco autentico è una forma di eternizzazione, in cui si realizza, cioè, l’essenziale storicità dell’uomo, e può diventare una cifra significativa del trascendente.



I punti chiave

~ Qual'è, per Jaspers, il rapporto fra conoscenza scientifica della natura e riflessione filosofica sull’esistenza?

~ Come concepisce Jaspers la libertà umana?

~ Come è possibile, per Jaspers, la conoscenza della trascendenza?







Vita e opere

Karl Jaspers nasce a Oldenburg nel 1883. Si laurea in medicina a Heidelberg nel 1908, dove si specializza in psichiatria e psicologia. Nel 1910 sposa Gertrud Mayer. Nel 1913 pubblica Psicopatologia generale e ottiene la libera docenza. Nel 1916 ènominato professore di psicologia all’Università di Heidelberg. Dopo la pubblicazione, nel 1919, della Psicologia delle visioni del mondo ottiene, nel 1921, la cattedra di filosofia all’Università di Heidelberg, dove insegna ininterrottamente fino al 1937. In quell’anno viene destituito dalle autorità naziste perché sposato con un’ebrea. Successivamente riceve il divieto di ogni pubblicazione e scampa al rischio della deportazione per l’arrivo a Heidelberg delle truppe alleate. Subito dopo la guerra, oltre a riprendere l’insegnamento universitario, pubblica una serie discritti politici, nei quali invita il popolo tedesco a riconoscere la propria colpa. Fervente liberale, prende le distanze non solo dal nazismo, ma dalla stessa politica della rinata Repubblica federale. Deluso nelle sue speranze di un rinnovamento spirituale della Germania, lascia definitivamente il paese nel 1948, accettando la chiamata all’Università di Basilea, in Svizzera, dove insegna fino al 1961. Muore a Basilea nel 1969.

I principali scritti filosofici di Jaspers sono: La situazione spirituale del tempo (1931); Filosofia (1932), in tre volumi, la sua opera fondamentale; Ragione ed esistenza (1935), Nietzsche (1930); Della verità (1947); Origine e fine della storia (1949); Introduzione alla filosofia (1950); Ragione e antiragione nel nostro tempo (1950); La bomba atomica e il futuro dell’uomo (1958). Postuma appare invece Cifre della trascendenza (1970).




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