Con il termine "verificazione" (ingl. verification, franc. verìjìcation, ted. Bewàhrung) si intende, in generale, qualsiasi procedimento che consente di stabilire la verità (o la falsità) di un enunciato. Gli innumerevoli strumenti attraverso i quali la verificazione può essere effettuata sono in linea generale collegati a procedure di prova odi con-trollo.
Verificazione di enunciati fattuali e di espressioni matematiche
In un senso più ristretto, la verificazio-ne concerne gli enunciati fattuali e si fonda sui dati dell'esperienza e sul confronto con la realtà così come essa è o appare. In tale accezione, il termine viene usato nella filosofia della scien-za: constatati i fatti mediante l'osser-vazione e l'esperimento, supposti dei principi per spiegarli (ipotesi), la ricer-ca scientifica verifica se i principi sup-posti siano veri o no. Non si parla solo di verificazione di un enunciato fattua-le o di un'ipotesi, ma anche di verificazione di un enunciato analitico della logica o di un'espressione matematica. In questo caso, il principio supposto. che è di ordine razionale (per esempio, un teorema di geometria), diviene cer-to quando lo si colleghi logicamente con verità precedentemente stabilite. Non sempre è possibile la verificazio-ne completa dell'ipotesi: una verifica-zione incompleta può avere dei gradi che vanno dalla pura possibilità, fino quasi alla certezza. La nozione dì verificazione viene da alcuni - per esem-pio da Reichenbach - estesa in modo da includere anche la procedura che consente di stabilire, oltre che la verità o la falsità, anche l'indeterminazione dell'enunciato in questione.
Il principio di verificazione
Con l'espressione "principio di verifi-cazione" si intende il criterio di signi-ficanza empirica proposto dal Circolo di Vienna, secondo il quale un enun-ciato, che non sia analitico, ha signifi-cato se, e solo se, è verificabile, ossia se la sua verità o falsità risulta accertabile attraverso determinate osservazio-ni o prove empiriche. Sia Schlick, sia Reichenbach sono consapevoli che la condizione di significanza di una pro-posizione non è la verificazione attua-le, ma la verificazione possibile in li-nea di principio (su questo punto ri-mandiamo a quanto detto nel presente capitolo). Il principio di verificazione ha dato luogo, dagli anni trenta in poi, a innumerevoli controversie, che han-no condotto a diverse e a volte contra-stanti revisioni dei suoi caratteri origi-nari. Ci limitiamo qui ad accennare a uno dei problemi più gravi che i suoi sostenitori hanno dovuto affrontare: e possibile una verificazione conclusiva, assoluta, oppure essa consta solo di con férme successive (vedi DIZIONARIO Conferma) mai definitive? Il processo di veri ficazione conduce a verità certe o a verità solo probabili? La posizione iniziale del Circolo di Vienna (sostenuta con coerenza da Schlick e da Waismann) si basa su una nozione di verificabilità conclusiva: possono essere accettati come empiricamente significativi solo quegli enunciati traducibili o riducibili a un insieme non contraddittorio di asserti osservativi di base. Le difficoltà di concezione sono tuttavia insolubili: basti pensare che tutte le proposizioni universali del tipo <
La verificabilità "debole"
Tutte le proposte di "liberalizzazione del criterio di significanza empirica avanzate tra gli anni trenta e cinquanta da Carnap, da Neurath e da molti altri, hanno tentato di ovviare a questi limiti del principio di verificazione, formulando soluzioni che non escludessero, come non significanti, nozioni e teorie fondamentali della scienza. L'inglese Ayer, per esempio, ha proposto un criterio di verificabilità debole. Secondo il quale non solo non esistono verificazioni conclusive, ma gli stessi asserti osservativi hanno un valore solo pro-babile ("Nessuna autentica proposizio-ne sintetica può essere ostensiva, né dunque assolutamente certa").
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