Fino agli inizi di questo secolo coloro che partirono alla ricerca delle antiche città maya lo
fecero inseguendo il miraggio di città perdute in foreste pluviali infestate di belve, oppure sedotti dal mito del tesoro sepolto, che ha il potere, in ogni tempo e sotto ogni latitudine, di farei tornare bambini. Ciò che invece trovarono furono piramidi e torri in rovina, avvolte dall'abbraccio devastante delle liane e dei rampicanti.
Chi aveva costruito le misteriose città della giungla, e perché esse erano state abbandonate al loro oblio secolare?
L’infanzia dell’archeologia dei Maya, fatta delle imprese di sognatori che cercavano Atlantide di altri che inseguivano
le tracce delle mitiche tribù perdute, di Israele o le vestigia di regni fondati da Egizi o Fenici approdati sulla sponda opposta dell' oceano, fu permeata per due secoli di un alone
leggendario. E forse proprio a causa del carattere misterioso delle antiche civiltà mesoamericane, i primi esploratori e studiosi europei cercarono di attribuirne le origini a qualche fondatore giunto, nella preistoria, dal Vecchio Continente: un modo, magari inconscio, di rendere a sé più vicina quella parte di mondo. Oggi, grazie a un secolo di ricerca archeologica scientifica, sappiamo per certo che la civiltà maya fu il frutto esclusivo delle sue terre e che non molto dovette a colonizzatori giunti da lontano. I Maya
attuali, anche se i ricordano ben poco delle antiche vicende dei loro antenati, parlano ancora lingue imparentate con quelle diffuse cinquanta generazioni addietro. Grazie a nuove scoperte, e in primo luogo alla decifrazione della scrittura geroglifica l'archeologia dei Maya è entrata in una fase di consapevole maturità.
IL PAESE DEI MAYA
Dove vissero i Maya? Dal sud est del Messico alla parte settentrionale del Centro America, l'attuale distribuzione delle lingue del ceppo maya corrisponde approssimativamente all'espansione dei territori che furono controllati dalle città stato maya all'epoca della loro
massima fioritura. Dal punto di vista dell'attuale geografia politica del Centro America, i Maya occuparono parte delle terre di El Salvador, il Guatemala, l'ovest dell'Honduras e l'intera penisola dello Yucatán con il Belize, il Chiapas e il Tabasco.
La civiltà maya si sviluppò in tre aree geografiche nettamente distinte: le cosiddette "Terre Alte del Sud", Corrispondenti al Guatemala meridionale; una zona centrale, vera culla della civiltà, spesso denominata "Terre Basse del Sud" (Honduras, Belize, Guatemala, Chiapas e Tabasco), con la regione ricca di foreste pluviali del Petén al centro le "Terre Basse del Nord", corrispondenti alla grande piattaforma peninsulare dello Yucatán, maggiormente arida.
Si tratta di zone ecologicamente varie, ciascuna dotata di specifiche caratteristiche ambientali e risorse naturali diverse. Questa diversità favorì gli scambi commerciali tra regioni lontane e stimolò l'interdipendenza tra le aree rurali e i centri cittadini. Con il passare del tempo, nelle città maggiori, insieme ai luoghi di culto, si formarono importanti luoghi di mercato, che ebbero un ruolo non secondario nel trasformare questi centri in potenti, e spesso aggressive, capitali regionali.
Nelle Terre Alte del Sud predominano possenti formazioni vulcaniche: sono esse, insieme alla presenza di piogge regolari, le principali responsabili della fertilità del terreno. In parte di
quest' area si coltiva il cacao, i cui semi rappresentavano, ai tempi dei Maya classici, una specie di moneta internazionale. I pendii dei rilievi sono coperti da boschi di pini e molti altopiani sono parzialmente occupati da laghi. In queste
zone si estraeva l'ossidiana, il prezioso vetro vulcanico
nero con il quale si fabbricavano coltelli, punte di lancia e i misteriosi "eccentrici", figure in pietra scheggiata lavorate con estrema perizia che raffiguravano esseri umani e fantastici, o addirittura composizioni che testimoniano dell'abilità senza confronti degli artigiani maya in questa tecnica preistorica.
Altre montagne del Sud fornivano ai Maya minerali come la giada, il serpentino, la pirite, l'ematite, il cinabro e le rocce porose con cui venivano fabbricate le macine da cucina. Una risorsa non secondaria era costituita dalle splendide penne caudali del quetzal, un uccello d'altura: di colore blu - verde iridescente, servivano a confezionare pregiati ornamenti personali, indispensabili per le cerimonie di nobili e sacerdoti.
Le Terre Alte del Sud, malgrado il clima favorevole e la
ricchezza in risorse naturali, rimasero alla periferia
della civiltà, maya. Le città più importanti si svilupparono invece nelle Terre Basse del Sud e
nell'area del Petén, percorsa da fiumi tortuosi come l'Usumacinta e il Motagua e costellata da
laghi e paludi. L'area è ricca di piante di mogano cedro spagnolo e vaniglia, di palme, degli alberi del pane, di resine e gomma; vi vivono la scimmia, il cervo, il coniglio, l'aquila, il tacchino, il giaguaro, il porco selvatico (pecari) e il tapiro. Nei fiumi, i Maya potevano raccogliere grossi ciottoli della loro preziosa giada.
Il nord yucateco è più arido, coperto da una foresta povera e bassa e abitato da cervi e maiali
selvatici. Nello Yucatán, le acque naturali si raccolgono in canali e cisterne sotterranee scavate naturalmente nel calcare: tipiche della zona sono grandi cavità dette cenotes, originate dallo sfondamento della volta di grandi grotte nel substrato calcareo. Alcuni di questi pozzi naturali divennero luoghi di culto, di solito destinato alle entità soprannaturali chiamate col nome di chaac, divinità della pioggia e dei fiumi. Sulle coste, i Maya potevano raccogliere conchiglie marine, utilizzate per produrre gioielli e raffinati intarsi, ma anche estrarre e raffinare il prezioso sale marino, un bene molto richiesto dalle popolazioni dell’entroterra.
LA CIVILTA' DEL MAIS
La vita civile in Centro America è essenzialmente frutto del mais, coltivato, come indicano i dati archeologici, almeno dal 2500 a.C.
La civiltà maya affonda le sue radici in un periodo di maturazione detto formativo (circa 1500
a.C. 200 d.C.), durante il quale gli agricoltori vissero in villaggi permanenti. Fu allora che venne inventata la ceramica e che si sperimentarono nuove forme di stratificazione sociale, evidenti soprattutto nelle sepolture, dalle quali risalta il ruolo eminente dei sacerdoti. Si iniziarono inoltre a costruire le prime piramidi nel Petén e nello Yucatán.
Nel periodo successivo, detto "classico" (circa 200 925 d.C.), fiorirono non meno di cinquecento centri maya. La data più antica di cui disponiamo compare su una stele scolpita di Tikal: è il 292 della nostra era. Gli archeologi distinguono tra un primo periodo classico (circa 200-925 d.C.), caratterizzato dalla costruzione di imponenti impianti architettonici e grandi stele m pietra riccamente scolpite, spesso con importanti iscrizioni geroglifiche; un periodo detto "della fioritura" (625~800 d.C.), durante il quale architettura, astronomia, scultura, pittura, scrittura assunsero gli aspetti più monumentali; e un "periodo della rovina" (800 925 d.C.), quando l'uno dopo l'altro, per motivi ancora in parte misteriosi, i centri cerimoniali del Petén e dello Yucatán subirono gli effetti del grande collasso della civiltà maya. Il fulcro della civiltà si restrinse allora alle Terre Basse del Nord. Nello Yucatán si fece forte l'influenza dei popoli del nord ovest, al punto che, per l'arco di tempo compreso tra il 925 e il 1200 d.C., si è parlato di un "periodo messicano", ben esemplificato dalla conquista da parte di genti messicane della città di Chichén Itzá.
Infine, l'epoca che va dal 1200 al 1540 è detta comunemente "periodo dell'assorbimento dei Messicani": i conquistatori si mutarono gradualmente in èlites di cultura e lingua maya. Nel 1525 il Guatemala fu sottomesso dagli eserciti spagnoli, mentre lo Yucatán cadde in mano europea solamente nel 1541.
L'ENIGMA DELLA SCRITTURA
Nello sforzo di sradicare antiche credenze,i religiosi spagnoli disttrussero sistematicamente tutti i "diabolici" codici precolombiani, al punto che oggi ne sopravvivono soltanto tre. Tuttavia, gli stessi religiosi prepararono alcune rudimentali grammatiche e dizionari, senza i quali sarebbe stato impossibile decifrare la scrittura geroglifica. A partire dai primi decenni del secolo scorso, sui codici superstiti sono stati letti correttamente i segni usati per i numeri da 1 a 20; è stato inoltre riconosciuto il significato calendariale di parte dei testi, intrisi di sottigliezze matematiche, giungendo così a pensare che la scrittura contenesse esclusivamente notazioni cronologiche, astronomiche e astrologiche.
Altri cercarono invece di attribuire ai glifi un valore sillabico, e quindi di leggere foneticamente e interpretare le iscrizioni come era stato fatto anche per le altre grandi scritture dell'antichità. Ma quasi nessuno, agli inizi, guardò con favore a questi sforzi innovativi.
Intorno al 1950 entrò in campo un matematico russo, l'ex militare Yuri Knozorov, che aveva usato il computer per studiare statisticamente le ricorrenze dei segni. Nell'incredulitá generale, Knozorov propose che la scrittura maya fosse basata su un sistema di segni sillabici e parlò di una grammatica e una sintassi della scrittura geroglifica.
Nei decenni successivi, aiutato da un gruppo di matematici sovietici che utilizzavano il computer, Knozorov continuò con successo la decifrazione, identificando ipoteticamente soggetti, verbi e oggetti delle iscrizioni. In Occidente, questo lavoro venne spesso criticato e osteggiato. Ben presto, tuttavia, fu chiaro che i segni erano scritti in una delle lingue chol e oggi quasi tutti ammettono che Knozorov era nel giusto. Così, la scrittura maya è l'unica, almeno finora, a essere stata effettivamente decifrata con l'ausilio degli elaboratori elettronici.
Buona parte della decifrazione venne eseguita sulle iscrizioni di Palenque. Si capì che alcuni segni pote vano riferirsi a eventi fondamentali nella vita dei governanti maya, come la nascita, la designazione al trono, la morte di un dignitario; altri indicavano la cat
tura di un nemico e l'esecuzione di un sacrificio. Oggi, è possibile leggere i nomi antichi delle città, delle regioni, dei laghi. Alcune epigrafi lasciano capire che i governanti delle città si identificavano con gli dèi eche inoltre amavano vantare i propri trionfi.
Gran parte dell'ossessione dei governanti maya per il calendario aveva un significato molto pratico: essi cercavano infatti di far coincidere le date degli eventi importanti del loro regno con ricorrenze cicliche di significato cosmologico, nel tentativo di assimilare il proprio operato a quello degli dèi. Siamo così giunti ben lontano dall'idea del sacerdote erudito, interessato solo alle sue speculazioni cosmologiche!
CATTEDRALI NELLA GIUNGLA
Per i primi viaggiatori europei, non c'era alcun dubbio che i ruderi emergenti dalla foresta appartenessero a vere e proprie città, abitate in origine da migliaia di persone. Nella prima metà del Novecento, al contrario, molti archeologi cominciarono a pensare che le città maya fossero soltanto grandi centri religiosi e cerimoniali, quasi degli enormi complessi chiusi, abitati esclusivamente da nobili e sacerdoti.
Chi aveva ragione? Forse, dopotutto, i primi esploratori non si sbagliavano. Grazie alle moderne tecniche di studio, in diversi casi gli archeologi hanno rinvenuto i resti di estesi quartieri abitativi e artigianali che circondavano i centri cerimoniali. Nel caso di Tikal, per esempio, si è stimato che intorno al 600 d.C. la popolazione fosse numericamente assai ragguardevole: quarantamila abitanti distribuiti su un'area di oltre 60 chilometri quadrati.
La gente affluiva in città dai distretti rurali, attratta dalle attività religiose, commerciali, artigianali,
amministrative e militari promosse dai centri urbani, senza tuttavia rinunciare del tutto, almeno in gran parte dei casi, alle attività agricole che formavano la base economica della gran massa della popolazione.
Sembra che in origine, agli inizi del periodo classico, molti centri delle Terre Basse del Sud fossero piccole capitali autonome. Tuttavia, con il passare del tempo, grazie ad accorte attività politiche di governanti intraprendenti, ad astute alleanze e matrimoni convenienti, alla sapiente manipolazìone delle genealogie delle case nobiliari, e spesso a diretti interventi militari, sarebbe gradualmente emerso un numero più limitato di potenti stati regionali. Così, Palenque divenne la prestigiosa capitale della regione nord occidentale, mentre Tikal e Calakrnul si disputarono il predominio sul Petén centrale. Gli storici ci insegnano che alla fine fu
Tikal ad avere la meglio; Yaxchilán dominò la valle del fiume Usumacinta e Copán si affermò nella regione sud orientale. Gelose della propria autonomia, queste capitali vissero sempre in equilibrio politico molto instabile: i centri maggiori cercavano di istituire confederazioni di centri minori, che tentavano ripetutataffiente di ribellarsi alle città egemoni.
Ora che possiamo leggere con esattezza le iscrizioni, anche la geografia e la storia politica delle città maya emergono
finalmente dall'oscurità. Gli studiosi sono in grado di dare i loro antichi nomi a montagne, fiumi, centri abitati ricostruiscono vere e protprie mappe dei matrimoni tra i membri dei ceti nobiliari, oppure tra i governanti delle città e le figlie dei governatori dei centri minori; e anche delle guerre, di interesse locale o regionale, che scoppiavano nel paese.
LE CLASSI SOCIALI
La società Maya era divisa in due grandi classi endogame che non ammettevano, cioè, il matrimonio al loro esterno.
La classe inferiore era formata da gente comune, contadini, artigiani poveri, schiavi; la classe superiore da nobili. All'interno di queste classi, il prestigio e la ricchezza potevano essere molto variabili; erano decisi dai rapporti di parentela, dai ruoli assunti da gli individui e dai conflitti che si sviluppavano tra le famiglie. Così, allo strato sociale più elevato appartenevano anche i sacerdoti, gli amministratori dei complessi cerimoniali, gli architetti, gli scribi, i commercianti più ricchi e i guerrieri appartenenti ai ranghi della nobiltà, e forse alcune categorie di artigiani particolarmente legati agli interessi dei governanti e delle loro famiglie.
Al vertice della gerarchia sociale stavano l'halachunuic - il "vero capo", governante supremo della città con diritto ereditario e la sua famiglia. La figura dell'halachunuic era considerata una personificazione del sole e la sua vita e morte ne rappresentavano simbolicamente il ciclo astrale.
A capo dei centri minori vi erano invece i batab, appartenenti a rami secondari delle famiglie nobili. Responsabili della periferia dei grandi stati regionali, i batab erano spesso coinvolti in conflitti e scontri armati di varia entità e dovevano frequentemente assumere in prima persona ruoli militari. I guerrieri, gli holcan, non usavano armi di metallo: portavano corazze in spessa pelle di tapiro imbottita di cotone e piccoli scudi rotondi. Erano armati soprattutto di coltelli, lance e fionde.