GABRIELE D’ANNUNZIO

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Gabriele D'Annunzio

Il Superuomo

D'Annunzio, avendo rifiutato di porsi una problematica del vivere, si proiettò in una vita attiva e combattiva. Il suo vitalismo si rivelò in due sensi: come insofferenza di una vita comune e normale e come vagheggiamento della "bella morte eroica". Egli perciò insiste sui temi della grandezza, dell'orgoglio, dell'eroismo estetizzante.

Costretto a reprimere gli impeti adolescenziali , seppe fondere vita e arte in una sintesi di eroismo e decadentismo. Egli determinò la svolta più importante del decadentismo, quella superomistica, a cui aderì dopo la lettura nietzschiana. Il superomismo si adeguò alla carriera tribunizia, ma prima ancora la via era stata imboccata con i romanzi "Il Trionfo della morte" (1894) e " Le Vergini delle rocce" (1895) per proseguire con "Il fuoco" e "Forse che si forse che no" (1910) i cui protagonisti incarnavano la figura del superuomo tribuno proponendolo come il modello del nuovo capo politico, il cui compito era ricondurre "il gregge all'obbedienza". In D'Annunzio il superuomo trovava la sua perfetta identificazione, con l'artista, la vita inimitabile diveniva l'arte stessa, banco di prova delle sperimentazione delle passioni e della volubilità dell'uomo. In lui non fu tanto la vita a tenere dietro l'arte, ma fu l'arte a seguire le eccentricità della vita e ciò costò al poeta un'accusa di divismo e superficialità.

Posizione antidemocratica, aristocratica; culto per l’uomo d’eccezione; Stato forte, nazionalismo, culto esasperato della nazione.

SUPEROMISMO

 

Esaltazione dell’attivismo, del bel gesto, del rischio. Fuga dalla realtà, solitudine, emarginazione dell’artista.

                                      

Le doti del superuomo sono: l’energia, la forza, la volontà di dominio, lo sprezzo del pericolo, la volontà di affermazione, il velleitarismo (=la sproporzione fra gli obiettivi e le forze per raggiungerli, fra la volontà e l’esito finale).

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