Coda
serale in autostrada, e ancora 300 km che mi separano da casa. Una situazione fin troppo
nota della mia quotidianità. No, non faccio il camionista, ma la mia professione mi porta
spesso un po ovunque, attraverso strade sempre più affollate da una comunità di
uomini uniformi, stancamente in coda ed isolati dentro le loro moderne carrozze.
Questa sera non mi va proprio di accodarmi, e poi, ho pure fame. Così senza indugio
prendo la prima uscita dellautostrada senza particolari programmi di sorta: solo
lidea di mangiare un boccone per poi riprendere più tardi il viaggio, evitando il
traffico delle 19.00.
Dopo qualche minuto lauto sta già attraversando un fitto ed oscuro bosco. Spesso mi
capita che la direzione presa dalla macchina non sia sempre determinata dalla mia volontà
razionale. Infatti ad ogni bivio non conosciuto spesso linconscio prevale e mi
indirizza per una data strada ancor prima che la ragione elabori mentalmente una decisione
basata si carte topografiche e distanze chilometriche. So di certo che il mio inconscio è
boschivo e montano, perché tutte le volte che esso predomina quando sono al volante, mi
ritrovo su strade irte, scoscese, pericolanti e immerse in una natura selvaggia,
indipendentemente dalla meta.
Lascio quindi fare allinconscio procedendo come ipnotizzato lungo un percorso
tortuoso nel bosco, finché appare una piccola locanda illuminata. Una flebile luce
illumina il portone di ingresso, mentre più avanti posa le fondamenta una splendida Pieve
romanica con annesso un piccolo cimitero di campagna.
Una folla di commensali si accalca allingresso per salutare lostessa, che
ricambia con calorosissimi abbracci: sono sicuramente amici di vecchia data. Mi faccio
spazio tra di loro avanzando verso lostessa sorridente, bramoso solo di un pezzo di
pane, ma questa riserva un bacio di benvenuto anche per me, scambiandomi per qualche
conoscente non meglio identificato. "Scusami tanto, avverto ma
probabilmente io non centro con questo gruppo di persone". Lei pronta ribatte:
"Beh, se sei qui sicuramente per qualche motivo centri, non credi?", e
prima che possa rispondere in qualsiasi modo mi ritrovo in mano un calice pieno di vino
rosso, peraltro ottimo.
"Oggi il mio locale è chiuso, prosegue Soledad,
lostessa sto dando una festa con amici che conosco da una vita. Se vuoi
rimanere sei il benvenuto". Impossibile rifiutare. Salumi, formaggi e vino sono
sparsi ovunque, ed io ho in corpo solo il caffè di stamattina. Soledad richiama
lattenzione: "Amici, lui si chiama Giovanni e viene da Milano, e stasera è dei
nostri". Questo è il mio biglietto da visita di fronte ad un gruppo di circa
cinquanta persone di età mista tra 20 e 70 anni. Immediatamente mi sento attratto da
tutta questa gente: senza sapere ancora niente su di loro percepisco quanto siano persone
speciali nella loro semplicità e ho il desiderio impellente di assorbire e conoscere
attraverso i loro racconti tutto ciò che i loro sguardi genuini esprimono già fin
dora sul loro modo di essere.
Mi immergo tra di loro.
E scopro subito di ritrovarmi in un universo di amici e parenti artigiani, legati di
generazione in generazione da tradizioni secolari non minimamente scalfite dalla
modernità che li circonda: questa è una vera e propria piccola comunità di semplici
artisti e restauratori, falegnami e intagliatori, doratori e decoratori, ognuno con il
proprio piccolo laboratorio, ognuno con la sua storia da tramandare ai figli. |
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Quasi non mi capacito di come a circa un chilometro di distanza
ci sia il fervore del mondo moderno e che in questo bosco invece tutto sembri così
cristallizzato. Ho una voglia incredibile di parlare con tutti.
E Laura la donna che si prende cura di presentarmi a molti dei personaggi presenti.
Primi fra tutti il suo primo e il suo secondo marito, probabilmente entrambi dello stesso
paese; la sequenza dei mariti non mi è tuttora chiara, data lintimità di lei con
entrambi. Poi cè il Papa, che deve essere il più anziano, visto che è sempre
sulla bocca di tutti come punto di riferimento: il suo volto è senza età, il suo sguardo
eternamente compiaciuto; porta lorecchino. Raffaella restaura opere darte su
carta, solo ed esclusivamente su carta; il suo racconto mi affascina a tal punto che gli
altri commensali mi passano di fianco per raccomandarmi: "Stai attento a questa, che
gli uomini se li mangia". A me non sembra. Vedo però nei suoi occhi, come in quelli
degli altri, (tranne quelli del Papa, che si è addormentato su una sedia) una luce
particolare che non vedevo da tempo brillare negli occhi stanchi dei miei concittadini di
pianura.
Soledad mi interrompe ficcandomi in mano un piatto di zuppa di farro e fagioli, ordinando
di servirmi abbondantemente e di provare "lolio buono del frantoio" che è
a dir poco di unindescrivibile bontà. E un bene che butti giù qualcosa da
mangiare: il vino a stomaco vuoto forse sta iniziando a farmi percepire luci strane negli
occhi dei commensali.
Una donna vestita in mimetica militare tiene banco parlando dei suoi viaggi in giro per il
mondo e affascinando gli amici, mentre laroma denso della zuppa si diffonde
nellambiente. A dire il vero sono almeno tre le donne che vestono con pantaloni
mimetici. Il particolare mi porta a fare una panoramica dellabbigliamento di tutti:
un tripudio di stivali da pescatore, gonne di velluto, e camice a quadri. Pochissime le
persone che vestono con stile più cittadino: un paio di donne (una delle due mi sorride
mostrando un buco al posto di un incisivo), e un solo uomo, Johnny, che è in giacca e
cravatta. Ma Johnny non conta perché è un conclamato professionista: unico non artigiano
che ha fatto carriera da commercialista. E elegante, ha unaria molto seria, ed
è amato da tutti. Di lì a poco si sarebbe messo a parlare alla macchinetta del caffè
espresso, abbracciandola.
Il clima si ravviva, quando arriva il Pizza, vero artigiano del legno, ben piazzato, 45
anni portati con fierezza, sguardo di chi sa vivere e non sopravvivere. Mi accoglie con
una potente pacca sulla spalla, ritenendomi la persona più fortunata del mondo ad essere
tra loro questa sera. A ragion veduta. Mi trovo poi rapito da una giovane signora
corpulenta, che mi prende in disparte e mi narra della sua disperazione personale. Non
capisco a cosa si riferisca, ma i suoi occhi azzurrissimi fanno trasparire tuttaltro
che disperazione. Il vino continua a scendere copioso.
Gigi fa il doratore: gli angioletti delle chiese della provincia si beano di essere stati
scolpiti dalle ruvide mani del Pizza e ornati da qualche altra mano più delicata. Ed è
proprio questo argomento che mi fa ritrovare dopo qualche minuto sul terrazzo del locale,
con Pizza e Johnny, rapito dai discorsi sullarte di lavorare il legno. Le mani
nodose del Pizza che volteggiano in aria disegnando le figure lavorate e scolpite parlano
da sole: mani abili e creative, mani rovinate e temprate dal contatto con la materia, mani
che imprimono forme e ricevono energie dalla terra. Mani ferite e tagliate, come quelle di
tutti gli artigiani che lavorano con i propri attrezzi del mestiere: "Chi non ci ha
lasciato almeno un pezzo di dito sentenzia il Pizza non è dei nostri".
Quando scendo dalla terrazza il clima del locale si è scaldato ancora di più, merito
delle grappe che stanno circolando. Laura ora parla con il suo primo marito, dato che il
secondo è temporaneamente fuori uso, intento a sproloquiare. Ha appena sottratto la
cravatta a Johnny, annodandosela sopra il maglione, ma sotto la camicia. Il Papa dorme
sempre, ma ora ha cambiato sedia. Sua moglie racconta storie daltri tempi, di quando
una sola corriera alla settimana "che lla pareva na supposta"
attraversava il suo paese, che ora è diventato una metropoli. Ovviamente
chiede sempre conferma al marito dormiente. Soledad mi sorride, sorpresa di vedermi
attardare ancora qui, tra gli ultimi rimasti. Non ho parole per ringraziare degnamente.
Luomo dai capelli di stoppa attacca a cantare ed il locale si avvia alla chiusura.
Sono passate più di 6 ore dal mio ingresso ed è notte fonda. Sotto il
cielo limpido e stellato e di fronte ai lumini del piccolo cimitero scorrono le immagini
impalpabili della serata e il vero segno distintivo delle persone conosciute
stasera: lo sguardo vivido, la volitiva gestualità, il fermo timbro della voce, la solida
fisionomia di queste persone, che pur nella loro apertamente manifestata "noia della
routine di paese" hanno parecchio da insegnare al frenetico uomo di città.
Torno sulla mia strada verso casa, sgombra ora da code, solcata da auto moderne, finemente
accessoriate, collegate al mondo esterno da tutti i più tecnologici mezzi di
comunicazione, satellitari e non. Sfrecciano rapidissime a questora della notte, ben
oltre i limiti di velocità consentiti, perché il tempo è sempre poco e pochi sono
coloro che possono concedersi il lusso di rubare un solo minuto a loro stessi.
Domani questa serata mi sembrerà solo un sogno.
Itaka
15.12.02
da http://www.thuler.net/memorie_view.php?id=100 |