Se la vita è un palcoscenico... allora voglio essere un clownfeb. 2002, §cygnuss

 

margherito magic show-copyright'96 Perché questa figura ancestrale, perché il clown suscita così tanto fascino nel nostro inconscio collettivo?

Ebbene il clown, il giullare, il buffone… è una figura transculturale antica quanto l’uomo e abbraccia ogni latitudine della terra, ogni longitudine spaziotemporale. Per gli indiani d’America ad esempio, i clown e gli stregoni furono gli esseri primordiali cui spettò il compito di istruire l’umanità.

Innanzitutto è l’ironia ma soprattutto l’auto ironia. La capacità cioè di ridere di sé e delle proprie disgrazie come di non lasciarsi sopraffare troppo seriamente dagli eventi della vita. In questo modo rappresenta quindi anche il "non coinvolgimento" nelle cose, quindi il "distacco", professato oltre che in maniera preponderante dal buddismo da tutte le religioni del mondo. Il clown topico, quello del circo, è considerato una figura a parte, una macchietta che, non facendo parte del cast artistico vero e proprio, entra e esce dalla scena rompendo gli schemi della rappresentazione con la sua tipica azione di "disturbo". E crea in questo modo distrazione, divertimento, svago. La sua presenza quasi estemporanea arriva come un miraggio o come un burrascoso, imprevisto, incontrollato e incontrollabile caos. Egli infatti non è un atleta, non è un attore, non è un prestigiatore e non è un comico… è tutte queste cose insieme: è un clown. Un trasformista, un figlio dell’arcobaleno che racchiude in sé tutti i colori, le forme e i profumi della vita, un ribollente magma dalle potenzialità infinite. E poi diciamolo, è anche un po’ ribelle… si arroga il diritto di comportarsi eccentricamente, di fare il diverso, di non avere regole. Si "prende" la libertà assoluta di dire e fare ciò che vuole. Non ha padroni, non ha nemici perché in fondo, anche se bizzarro, è il più buono di tutti.

Il clown è il jolly, l’arcano numero zero, il giullare di corte, il nano (e come tale anche gnomo, elfo o folletto). È saggio e folle perché sa bucare la patinata normalità del palcoscenico. È spigoloso dai contorni irregolari oppure liscio e rotondo come una palla ma assolutamente non è quadrato, non è cioè costipato dentro i rigidi allineamenti della realtà comune. O del buon senso.

Ed il clown è anche pierrot, l’eterna maschera carnevalesca un po’ triste e un po’ allegra, il mago, il creativo. È il messaggero che ci apre le porte di un’altra dimensione.

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Ma il clown non è un dio, è un antidio, un essere ridicolo con tante grossolanità e imperfezioni. Tutto questo, inconsciamente, ci conduce alla metamorfosi dell’uomo che finalmente "accetta" l’ironia della vita senza rifiutarne le "incongruenze". Accetta sé stesso con i pregi e i difetti che si ritrova esaltando perfino le caratteristiche "volgari" del proprio carattere. Supera così tutti i sentimenti negativi di opposizione al proprio divenire come rabbia, invidia, frustrazione e si apre quindi alla serenità e alla "comprensione". In questo modo acquisisce saggezza e perfino poteri magici. I suoi sforzi sono per allietare i bambini, le sue peripezie servono a dare gioia e allegria agli altri, anche a sacrificio della propria apparente dignità personale. I suoi trucchi nono sono mai cattivi o prepotenti ma semmai burloni.

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Ecco il clown, la capacità di ridere e di guardare tutte le cose con occhi incantati. Clown è fantasia, ispirazione, sperimentazione, avventura. Incoscienza e purezza. È l’aria fresca della vita, per questo è importante che tutti noi ci sentiamo un po’ clown dentro… e anche se siamo tristi e una lacrima ci riga le guance, il cuore rimane allegro e non perdiamo la voglia di ballare, saltare, combinare pasticci e disastri e ancora riderci sopra trovando buffo tutto ciò.

§cygnuss 10 febbraio 2002

il testo è di §cygnuss mentre le foto sono tratte dal margherito magic show.

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