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Riferimenti storici e geografici La Contea d'Istria nel '600 Nell'introduzione a: Memorie sacre e profane dell'Istria del dott. Prospero Petronio, datate 1681.
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Le condizioni della Contea di Pisino, erano nel '600 tristi come nei secoli passati.
Da quando venne in possesso degli Arciduchi d'Austria, aveva cambiato continuamente e per decine di volte di padrone, perché essi non si interessarono che di ricavarne il maggior utile possibile col darla in pegno o affittarla; finché nel 1644 la vendettero ai ricchi mercanti veneziani Flangini.
I momentanei padroni non pensavano ovviamente che a far fruttare meglio possibile il danaro investito e pertanto le condizioni economiche ne risentirono assai negativamente per tutti i secoli, senza alcuna eccezione.
Il sistema feudale era colà più rigido che altrove e non consentiva che limitatissime autonomie alle piccole comunità amministrate dai Zuppani.
La sua popolazione era compostanelle campagne da un miscuglio di stirpi slave giunte alla spicciolata dall'VIII secolo e da morlacchi, da cicci, pastori nomadi di stirpe romena venuti nel XV e XVI secolo dalla Balcania, col tempo pur essi slavizzati. Nei piccoli centri prevalevano invece gli immigrati da regioni italiane, specialmente dal Friuli e dalla Carnia: i primi contadini, questi ultimi per lo più artigiani e mercanti. Nonostante queste immigrazioni la Contea era poco abitata essendo rimasta quasi spopolata per le pestilenze e per le guerre continue colla finitima regione veneta; e scarsi erano i resti dell'antico popolo originario istriano.
Comunque la lingua nei centri maggiori, rimase sempre italiana.
Non ultima fra le cause di continui dissidi e di frequenti scontri armati, era il confine che in moltissimi tratti divideva non solo i campi e i villaggi, ma alle volte un campanile dalla chiesa o una casa dalla sua stalla.
Inoltre per eser tracciato in modo non preciso vierano zone definite «terreno contenzioso»: che, nonostante i lavori e gli studi delle commissioni deputate da ambo le parti, non si riuscì a regolare stabilmente, finché durò la Repubblica.
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