RAPIMENTO E RISCATTO 1° EPISODIO
sequestro italiano
La macchina sfrecciava veloce per le vie di Londra. Le strade stranamente erano libere, forse dovuto al fatto che era sabato. Il tempo quel giorno non era certo dei migliori, pioveva a dirotto e si respirava un'aria afosa e pesante, tipico del clima londinese. Era settembre e Terry Thorne di ritorno da Tecala stava rivivendo i mesi passati, il rapimento di Peter
Bowman, la negoziazione per la sua liberazione, il suo amico Dino, l'eroica incursione nel luogo del rapimento ed... Alice.
"Sei tu l'eroe", gli disse quel giorno Dino. Ma era davvero un eroe? Terry sapeva benissimo che tutto quello che faceva aveva sempre un secondo fine, non agiva mai veramente per disinteresse, ma la liberazione di Peter Bowman lo aveva spiazzato. Non avrebbe mai creduto che per amore avrebbe agito senza un torna conto. Lui, il freddo negoziatore che si abbandonava a questi sciropposi melodrammi in stile Casablanca!!
"Ciao Terry" disse Ian, porgendogli la mano e un bicchiere di whisky.
"Lo sai che sei una celebrità? I giornali non fanno altro che parlare della liberazione di Peter
Bowman... e di te ovviamente! Naturalmente questo caso ha suscitato molto scalpore per le modalità diciamo... poco ortodosse per come è stato risolto, ma a noi che importa, quello che conta è che la Luthan Risk ne ha guadagnato in immagine e credibilità."
Terry lo ascoltava, ma la sua mente era altrove.
"Lo sai che non sono mai soddisfatto del mio operato, c'è sempre qualcosa di sbagliato, qualcosa che è andato storto, qualcosa..."
"Ehi Terry, ma che ti prende!" lo interruppe Ian evidentemente sorpreso della reazione poco entuasiasta del suo amico. "Dai siediti, che ti devo parlare" e mentre diceva così si riempì un bicchiere di whisky.
Ian cominciò a dilungarsi su un caso di rapimento accaduto in Francia con esito purtroppo negativo per il rapito, e scese in particolari che mettevano in evidenza la scarsa professionalità di quella società che si era occupata del caso. Terry Thorne lo guardava con aria assorta, il suo volto bellissimo assunse un espressione prima interessata, poi man a mano che passava il tempo si accorse di non seguire neanche una parola di quello che diceva ...
"Terry, insomma si può sapere che diavolo hai?" sbottò Ian "Non ti ho mai visto così!"
"Scusami Ian, forse sono un po' stanco, ho bisogno di una pausa di riflessione per qualche giorno..."
"Pausa di riflessione? Starai scherzando! E poi su cosa diavolo devi riflettere? Stammi a sentire, c'è un caso di rapimento in Italia, un certo Carlo
Gandolfi, un ricco industriale che vive dalle parti Roma o giù di lì. La famiglia ci ha contattato per metterci d'accordo su come..." Ian non finì la frase, perchè in quel momento entrò la sua segretaria, la quale prima di aprire bocca lanciò un'occhiata fugace, ma comunque eloquente, di ammirazione verso
Terry. Il quale sperava proprio che in quel momento entrasse qualcuno ad interrompere quella discussione o meglio quel monologo del suo capo. L'idea di partire per l'Italia non gli dispiaceva affatto, era il pensiero di ricominciare una lunga e probabilmente estenuante trattativa con questi presunti rapitori di questo sfortunato industriale.
Mentre il suo capo parlava con la sua segretaria Terry pensò bene di uscire dalla stanza e di andare a prendere una boccata d'aria sulla terrazza adiacente all'ufficio di
Ian.
Da lì si godeva un panorama di Londra stupendo, anche se c'era una nebbiolina che rendeva tutto opaco e grigio.
"Allora, amico mio, ti vuoi decidere di uscire dal tuo torpore e tornare fra i vivi?" gli chiese
Ian, che cominciava a preoccuparsi seriamente del comportamento di Terry.
Terry gli si avvicinò, lo guardò serio in faccia e con evidente sorpresa del suo capo disse
"Beh, allora, quand'è che devo partire?"
L'aereo sul quale si trovava Terry sarebbe atterrato all'areoporto di Fiumicino alle 15,37.
I viaggi in aereo erano per lui una cosa terribilmente noiosa. Detestava stare ore senza fare niente, per lui era uno spreco di tempo. Certo avrebbe potuto leggere un bel libro o ascoltare della buona musica, ma farlo in un aereo per lui era una cosa, come dire quasi obbligata, e quindi perdeva quella poesia che accompagna in genere queste scelte culturali.
Arrivato a Roma, salì in un taxi che doveva portarlo a destinazione. La villa dei Gandolfi si trovava un po' fuori dalla Capitale, all'interno di un bellissimo parco costellato quà e là da laghetti. L'insieme era veramente incantevole.
Durante il viaggio in taxi Terry non potè fare a meno di guardare affascinato le vie di Roma. Era già stato in Italia, qualche tempo fa, sempre per lavoro, e lo colpirono soprattutto i vari profumi che emanava questo straordinario paese. Una miscellanea quasi orgiastica di mare, di monti, di fiori,un profumo di antico e di moderno. Passeggiando per le strade delle città italiane ad ogni angolo il tuo olfatto veniva quasi violentato dagli aromi che migliaia e migliaia di negozi ti elargivano ogni giorno. Dal pane appena sfornato, dalla rosticceria con le sue prelibatezze, da tutto quel contorno di raffinatezze e di eleganza dei numerosi negozi di abbigliamento, da dove si poteva percepire il profumo delle stoffe, delle borse...
Una frenata e un botto improvviso tolsero Terry dal torpore in cui era caduto.
"Ma guarda sto burino!!!" Urlò il taxista scendendo dal taxi.
"Alla faccia dell'eleganza" pensò Terry
Il taxista e un altro automolista cominciarono a sbraitare in romanesco, con grande disappunto di
Terry. Detestava arrivare agli appuntamenti in ritardo. Quindi decise di scendere dal taxi e si diresse verso i due litiganti.
"Senta" disse Terry in perfetto italiano al taxista" io ho un po' fretta, cosa ne dice di mettersi d'accordo con il signore e di proseguire il viaggio?"
Il taxista non lo stava neanche a sentire, continuando imperterrito a sciorinare una sequela di parolacce verso il malcapitato automobilista.
Alla fine Terry decise di piantarlo lì, gli infilò in tasca ventimila lire e fece segno a un altro taxi di fermarsi.
Il Sig. Oreste Gandolfi non era certo un tipo che a prima vista attirasse l'attenzione. Fratello di Carlo Gandolfi e socio in affari con lui, erano agli antipodi sia sul piano fisico che sul piano caratteriale. Carlo era alto, atletico, eternamente abbronzato, insomma il tipico palestrato sulla cinquantina. Mentre Oreste, l'unica cosa di palestrato che aveva era la lingua. Non stava mai zitto un secondo, a differenza del fratello che parlava pochissimo, ma che in compenso agiva molto. Era lui a dirigere l'azienda e a prendere le decisioni più importanti. Oreste dal canto suo era uno specialista nel coltivare le relazioni con l'alta società. Un giorno sì e uno no organizzava feste, cocktail-party, riunioni di lavoro, del fratello ovviamente. In quanto a simpatia non si può dire che ne fosse sprovvisto.
"Dai Oreste" disse sua sorella Priscilla" non è possibile che il negoziatore che abbiamo contattato non sia ancora arrivato!! Questi Inglesi, credono forse di comandare anche in casa degli altri?"
Sua sorella avrà avuto più o meno settant'anni, ma dall'abbigliamento, almeno lei sperava, ne dimostrava... quindici. In effetti era di un ridicolo spaventoso, ma questo a lei non importava
granchè.
"Si può sapere dove credi di andare vestita così?" tuonò Oreste. Evidentemente Priscilla questa volta aveva esagerato.
"Dove credo di andare sono affari miei" gli disse "Dobbiamo ricevere un signore che viene dall'Inghilterra, che dovrà occuparsi del caso di nostro fratello" a queste parole le si strozzò la voce in gola, ma continuò, "e voglio farlo presentandomi nel migliore dei modi!!"
"E questo sarebbe il migliore?" sogghignò Oreste, guardandola con aria di commiserazione.
"Come fai ad essere così cinico in un momento del genere, ma non hai proprio cuore?"
"Io non sono cinico, sono solo costernato di fronte a cotanto... buon gusto, e poi chi diavolo credi che arrivi, Richard
Gere? Come minimo sarà basso, grasso con la pancia e anche calvo...."
"Buon giorno Sig.Gandolfi" disse Terry.
"Ohhh, il Sig. Terry Thorne!!!!!!" squitti' Priscilla, "che piacere, io sono Priscilla
Gandolfi, sorella di Carlo e... ehm, di quel signore lì basso, grasso, calvo"
Oreste le lanciò un'occhiata di odio, se non fosse che c'era Terry come minino l'avrebbe strozzata.
"Lieto di conoscerla, Sig. Thorne" disse Oreste" si accomodi pure. Spero che abbia fatto un buon viaggio?" Mentre gli chiedeva questo gli indicò una poltrona per sedersi dove stava dormendo un gatto.
"Il viaggio è andato benissimo" disse Terry, guardando la poltrona con gatto incorporato, chiedendosi se gli si doveva sedere sopra, se doveva stare in piedi facendo finta di niente,o se doveva prendere il gatto e toglierlo di lì.
"A parte un piccolo contrattempo che mi ha causato, e mi scuso per questo, un po' di ritardo. Buon giorno Sig.ra
Gandolfi"
"Ma Sig. Thorne!" sibilò Priscilla, squadrandolo dalla testa ai piede senza il minimo ritegno "non si preoccupi, avevamo immaginato che senz'altro le era accaduto qualcosa" e finì la frase abbassando il tono di voce in modo da apparire il più sexy possibile.
Oreste la osservava con evidente disgusto, chiedendosi cosa avesse fatto di male nella vita per avere una sorella così.
"Zio Oreste, ma non vedi che nella poltrona c'è Tiffany?" disse Clarissa, con tono di rimprovero, entrando in quel momento nel grande salone (in realtà erano già da due o tre minuti che Clarissa seguiva la conversazione senza essere vista, colpita dal fascino di Terry stava cercando il modo migliore per apparire seducente).
"Mi scusi Sig. Thorne, mio zio è sempre distratto. Vieni qui amore mio"... rivolgendosi alla sua gatta, una bellisima persiana tricolore. La gatta saltò giù dalla poltrona e cominciò a strusciarsi sulla sua giovane padrona.
"L'ho visto benissimo che c'era la tua gatta" gracchiò Oreste
Gandolfi" speravo che il Sig. Thorne le sparasse, non è così che fate voi Inglesi pragmatici e dal grilletto facile?"
"Non sono Inglese, sono Australiano, e comunque non sparo ai gatti, e neanche gli Inglesi" disse Terry seccamente e dicendo così si sedette nella famigerata poltrona finalmente libera.
Clarissa lo guardava con evidente ammirazione "Che bel tipo" pensò, "Mi scusi Sig. Thorne io sono Clarissa
Gandolfi, figlia di Carlo Gandolfi"
"Piacere di conoscerla Signorina Gandolfi" disse Terry sorridendole con simpatia.
"Non faccia caso a mio zio" disse Clarissa ricambiando il sorriso" non è così scorbutico come sembra, anzi è..."
"Molto peggio"interloqui Priscilla" se non fosse che è mio fratello, avrei già assoldato un killer per farlo eliminare!!"
"Ah, certo, questa tua uscita ora risolve tutta la faccenda. Adesso capisco che fine a fatto Carlo!" sentenziò ridacchiando Oreste
"Oh, mio Dio, cosa devo sentire!!" a queste parole Priscilla ebbe un moto di rabbia.
Mentre i due zii di Clarissa si accapigliavano, Terry ne approffitò per guardarsi in giro e constatò con grande ammirazione quanto fosse ben arredata quella bellissima villa.
Certamente la persona che scelse quel tipo di mobili, quadri, tappeti, suppellettili e altro ancora doveva avere un grande buon gusto.
"Sig. Thorne, forse è meglio che parliamo della faccenda di mio padre in separata sede" dicendo così Clarissa lo invitò ad alzarsi e a seguirlo in una stanza attigua che fungeva da ufficio. Terry la seguì, non sfuggendogli la linea perfetta del suo corpo e l'andatura aristocratica. Sì, era proprio bella, capelli neri e lisci, occhi azzurri, alta e snella. Notò anche la ricercatezza dell'abbigliamento, al contrario di Alice della quale non si poteva certo dire che avesse gusto nel vestirsi.
FINE I° EPISODIO
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