La
rivincita
(seconda parte)
"No,
non ti lascio andar via, stavolta no. Ho passato
l'inferno, ho capito cosa sia la solitudine più
disperante, e tu, solo tu, mi sei sempre stata accanto,
anche quando non ti volevo. Non si fa questo solo per
amicizia, … vero Meg…?"
Le
passò una mano dietro al collo, l'attirò a sé con
dolcezza, fissandola negli occhi, quegli occhi da cui
ora sgorgavano calde lacrime di felicità. Assaporò
quelle lacrime salate eppure dolci, le baciò con
rispetto mentre colavano sulle guance di lei, della
donna che davvero lo amava incondizionatamente, lo
vedeva e lo accettava per quel che era, senza
confonderlo con nessun altro. Non Maximus, non Hando,
non Bud, ma Russell.
Meg
si lasciò andare dopo un attimo di resistenza. Era
meraviglioso il gusto di quel bacio: non aveva mai
dimenticato la morbidezza di quelle labbra che ora le
scivolavano sul collo, sul seno, sul ventre e le
regalavano un piacere incontenibile, intenso, assoluto,
provato solo con lui.
Sdraiati,
avvinghiati l'un l'altro con frenesia, lei lo fermò per
guardarlo:
"Dimmi
che non è solo riconoscenza….".
"Ti
amo, Meg, ti amo con tutto me stesso. Ma se hai dubbi,
ti capisco e aspetterò, ti convincerò pian piano, per
il tempo che vorrai".
Conoscendo
l'irruenza del "suo" uomo, le parole appena
dette furono la conferma di cui aveva bisogno. Si arrese
definitivamente alle braccia avide di lui, desiderosa
soltanto di lasciarsi travolgere dalla passione per
quello che sentiva essere l'unico uomo importante della
sua vita.
Averla
di nuovo fra le braccia, sentire il profumo della sua
pelle, candida e liscia, perdersi dentro di lei, fu come
una rinascita, un ritorno alla vita, che salutò con un
lungo gemito di piacere beandosi del piacere di lei.
Dopo
l'amore rimasero abbracciati e silenziosi. Le parole non
erano necessarie. Si addormentarono, appagati,
pacificati, restituiti entrambi all'amore che li aveva
fatti incontrare ancora.
Un dono del destino? Un'altra chance? Se così
era, non potevano permettere a niente e nessuno di
interferire.
***
Si
svegliarono dopo qualche ora. Aprire gli occhi e vedersi
così vicini fu un'emozione per entrambi. Si guardarono
fiduciosi e si riconobbero negli sguardi, ognuno si
specchiava nell'altro, consapevoli che non si trattava
di un sogno né di una parentesi, ma di una possibilità
reale. Di nuovo insieme, potevano proseguire un cammino
interrotto a metà.
Si
salutarono con un bacio a fior di labbra.
"E'
tardi!… tardi per cosa? Stiamo insieme, ti va? Un
giorno tutto per noi, prima di riprendere il
lavoro", le disse con euforia, mentre gli occhi
blu-oceano brillavano di una luce che Meg da tanto non
gli vedeva. Anche il sorriso era luminoso; la barba
metteva in risalto i piccoli denti bianchi che poco
prima le avevano fatto gustare le altezze del paradiso,
e la mano che le accarezzava il viso la fece fremere di
piacere, ancora.
In
risposta gli si appoggiò al petto, voleva prolungare il
piacere del contatto con la sua pelle, ancora un po'
incredula di fronte a tanta felicità.
Lui
comprese e l'abbracciò più forte, a rassicurarla che sì,
era tutto vero, che non temesse, che si abbandonasse
senza riserve a quell'amore sorprendente anche per lui,
ma vero e sicuro.
E
lei si addormentò di nuovo tra quelle braccia dove si
sentiva protetta come in un rifugio, e dove trovava
finalmente riposo dopo quei mesi orrendi, pieni solo di
paura per quel suo uomo che non voleva lasciar andare
alla deriva.
Fu
un breve sonno, che Russell vegliò con tenerezza quasi
"paterna" mentre si lasciava cullare dalla
voce calma del mare.
Quante
volte, inconsciamente, si era rivolto al mare per
annegarvi la sua disperazione, la sua sconfitta, per
cercarvi l'oblio da una condizione esistenziale che non
accettava ma che lo teneva prigioniero impotente. E
l'oceano lo ascoltava: il suo respiro profondo e
incessante rispondeva all'affanno del suo cuore umano,
si metteva in ascolto, lui, l'infinito solo immaginato
dalla mente mortale, corrispondeva con quel piccolo
essere la cui anima si torceva dolorosamente; ne aveva
pietà, lo sentiva come un figlio sofferente.
Chissà,
forse proprio il legame con il mare gli aveva fatto
accettare con entusiasmo la parte di JacK O' Brien
nell'ultimo film.
Il
film, il set, il copione da leggere e rivedere, la
frenesia delle prove, gli spostamenti continui: come
aveva potuto farne a meno per tanto tempo?
Adesso
era completamente "guarito", sì, ora aveva
voglia, una voglia matta di tornare sul set. Sentiva la
pelle d'oca. Questo gli mancava: sentire il personaggio,
penetrarvi nel profondo, dargli corpo e voce, nel
perenne e antico gioco del travestimento.
Non
odiava più i suoi personaggi, non erano più suoi
rivali, non si erano impossessati di lui: lui aveva
vinto su di loro, li aveva dominati.
Ora
si riprendeva la sua vita, e una donna, che lo aveva
amato e lo amava al di là delle copertine dei giornali,
riempiva finalmente quella vita, dava un senso nuovo
alla sua rinata esistenza, un senso di completezza, di
affidabilità, di fiducia incondizionata.
***
C'era
un gran fermento quella sera, un via vai di giornalisti,
fotografi, addetti della sicurezza, centinaia di network
a contendersi l'esclusiva di un particolare, di un
minimo dettaglio sfuggito alla concorrenza.
La
caotica eppure "ordinata" cerimonia di
assegnazione degli Oscar.
Il
gotha dello star-system aveva ancora una volta schierato
la macchina organizzativa perché la serata fosse
memorabile nonostante l'osservanza di un cliché ormai
collaudato da decine di edizioni.
E
c'erano loro, i divi, i candidati e i loro
accompagnatori, dagli agenti ai familiari, che non
potevano, anche volendo, sottrarsi alla magia un po'
folle di una cerimonia che manteneva inalterato il suo
fascino, fascino che ogni anno, inevitabilmente,
condizionava proprio i protagonisti.
Avevano
impiegato molto tempo a prepararsi e quando furono
avvertiti che la limousine era giunta all'albergo,
Russell fu colto dal panico:
"Non
ce la faccio, Meg. Ho sopportato Hollywood, qualche
volta ho dichiarato anche il mio disprezzo per il
sistema, e ora mi sento ipocrita…".
Si
passò una mano tra i capelli che aveva tagliato come ai
tempi del film con Meg. La barba era appena accennata,
ma evidente e gli donava un non so che di irresistibile
che lei apprezzava moltissimo: era un vero
"maschio".
"Russell,
posso capire come ti senti, ma non puoi tirarti indietro
ora. La nomination ti ha sorpreso, e anche me, lo
ammetto, ma è la quarta volta che sei candidato
all'Oscar come miglior attore protagonista. Vorrà pure
dire qualcosa, no?"
"Forse
vogliono umiliarmi un'altra volta, allettarmi per poi
…".
Non
lo lasciò concludere:
"E
se anche fosse? Quando ti sei ripresentato sul set, hai
vinto la scommessa con te stesso, è questo che conta.
Sei tornato a recitare, hai riconquistato la fiducia in
quel mestiere che hai sempre avuto nel sangue. La gente
ti riconoscerà, ti ha già riconosciuto. La prima è
stata un successo, "The Cinderella Man" sbanca
i botteghini di tutto il mondo e tu in questi mesi hai
affrontato conferenze stampa più o meno velenose. Ma i
tuoi fans ti hanno dimostrato subito il loro affetto,
… per non parlare delle tue donne italiane…", finì con un sorriso complice,
ringraziando in cuor suo le
amiche di quel sito, di cui conosceva il nome di
ognuna (con qualcuna aveva anche corrisposto via e-mail
all'insaputa, per il momento, di Russell).
"Sai
sempre trovare le parole giuste, eh? Come fai?"
Gli
si avvicinò sistemandogli il papillon: "Ti amo,
Russell, e l'amore fa miracoli…".
Cercò
di abbracciarla e baciarla, ma lei si divincolò:
"Non adesso, ho già il trucco e il vestito a
posto. Voglio essere presentabile, degna di te".
"Sono
io ad essere onorato della tua presenza al mio fianco.
Va bene, andiamo".
Si
avviarono tenendosi per mano, pronti a tener testa ai
lampi dei flash e alla selva dei microfoni. Si tennero
per mano anche in auto, un modo per darsi forza e
sostegno; e quando scesero per la passerella, si
abbracciarono davanti a tutti, incuranti dell'effetto
che quel gesto avrebbe prodotto. E infatti, per
giornalisti e fotografi fu uno scoop in diretta,
inaspettato. Nessuno sapeva che Russell Crowe e Meg Ryan
erano di nuovo insieme e la loro apparizione scatenò
l'attenzione di tutte le TV e degli addetti stampa. Fino
all'ingresso in sala fu un diluvio di domande, e non
solo sul film.
Russell
fu cortese e disponibile, quasi mansueto, e la cosa stupì
alcuni e suscitò l'ironia di altri, come dire che il
suo atteggiamento era studiato per ingraziarsi la
giuria.
Finalmente
lo spettacolo cominciò. In quelle ore Russell si
sentiva ancora un po' a disagio, ma solo Meg se ne
accorgeva ed era sempre pronta con un sorriso. Entrambi,
tuttavia, seguirono le premiazioni e le presentazioni
con partecipazione distaccata:
erano lì, ma senza aspettarsi niente di particolare.
Giunse
il momento clou: l'Oscar alla miglior attrice e al
miglior attore protagonista.
Nicole
Kidman finalmente riuscì a conquistare la preziosa
statuetta. Felice oltre ogni dire, dal palco salutò
tutti, collaboratori, famiglia, amici. Fra questi,
rivolse un ringraziamento particolare proprio a Russell
che, stupito e colto di sorpresa, fu anch'egli
applaudito dal pubblico.
Il
bell'attore neozelandese doveva vedersela con
"giganti" del calibro di Robert De Niro e Jack
Nicholson, e l'attesa, suo malgrado, lo rendeva ansioso.
A
pronunciare il nome del vincitore fu chiamata Julia
Roberts, con cui Russell aveva "condiviso" il
premio nel 2001.
Come
in un film, di cui non conosceva però il copione: non
sentiva gli applausi, non comprese bene il suo nome,
vedeva solo Meg con le lacrime agli occhi che lo
incitava ad alzarsi, a camminare verso il palco, dove
Julia lo stava aspettando a braccia aperte, con uno dei
suoi sorrisi più smaglianti.
Sentì
nelle mani il freddo del metallo e si riscosse
improvvisamente: nelle orecchie il rimbombo di voci e
mani che battevano frenetiche, e poi il silenzio, quasi
irreale, e tutti gli occhi puntati su di lui.
Doveva parlare.
"Ho bisogno di
credere che qualcosa di straordinario possa accadere.
E' questa all'incirca la frase che pronuncia Alicia in
ABM. Scusatemi la citazione, ma è necessaria per il
seguito.
Nella
vita di ogni uomo, e donna, capitano momenti bui,
oscuri, disperati. Molti sono davvero soli. Altri
credono di esserlo e diventano egoisti, cinici, odiosi a
se stessi e a chi gli sta vicino, e non vedono se non il
proprio dolore. A me è capitato, e sono stato molto più
fortunato di tanti miei simili. L'Oscar che stringo
nelle mie mani non è mio, è di tutti coloro (e sono
tanti) che non hanno mai smesso di credere in me. Loro mi hanno fatto vincere di nuovo, e non un semplice Oscar,
ma la mia vita, che ho riconquistato per merito loro. Vi
dirò chi sono: Ron Howard, che ha sfidato il produttore
e il distributore del film; i miei colleghi, pazienti e
disponibili nonostante il mio caratteraccio; tutti
coloro che hanno lavorato in qualche modo al film.
Ma
alcune persone più di tutte si sono sacrificate per me
e grazie a loro ho capito davvero cosa significa amare
senza condizioni. Meg, è a te che devo la mia
rivincita. - dal palco gli occhi di lui vedevano solo
lei, che piangeva e rideva senza ritegno -. E tuttavia,
e concludo (non voglio che taglino un'altra volta il mio
discorso…), ci sono ancora alcune persone
straordinarie che mi hanno aiutato verso il successo e
delle quali sarò sempre debitore. Non sono qui con noi,
forse sono alla TV o davanti al loro computer e spero
che in qualche modo arrivi loro il mio sincero e
affettuoso ringraziamento. A voi, care amiche italiane,
dedico anche a voi questa statuetta".
Fece
il saluto alzandola al cielo e stava per congedarsi,
quando Julia gli si buttò al collo e il pubblico
applaudì come in delirio, alzandosi in piedi per
omaggiarlo. Un omaggio di cui non si sentiva troppo
degno, ma lo accolse con gioia regalando sorrisi e
strette di mano a chiunque gli andava incontro. Riuscì
a scendere dal palco: non vedeva l'ora di stringere fra
le braccia la donna aveva reso possibile tutto questo.
Fu un momento intenso di intimità tra di loro, pur in
mezzo ad una folla urlante che voleva condividere con i
loro beniamini anche quel momento di felicità privata.
La
limousine si fermò davanti al loro albergo, erano le
cinque del mattino.
Non
sapevano se essere più stanchi o felici. Volevano solo
silenzio e pace.
Il
party dopo la cerimonia, sfarzoso come sempre, li aveva
storditi completamente. Gli occhi e la curiosità di
tutti erano per loro, e non facevano in tempo a salutare
alcuni che altri sopraggiungevano per congratularsi e
verificare se erano davvero tornati insieme. C'era anche
dell'affetto, certo, soprattutto da parte degli amici
veri, ma non mancarono commenti sarcastici di cui
entrambi non si curavano affatto, ormai
"superiori" alle meschinerie di quel mondo che
ben conoscevano.
"Finalmente
soli…". Lo dissero contemporaneamente e si
guardarono divertiti.
Si
lasciarono cadere sul letto, esausti come dopo una corsa
affannosa. Si cercarono di nuovo le mani. Con gli occhi
chiusi, ognuno perso nei propri pensieri, riandarono
agli eventi dell'ultimo anno e capirono di dover essere
molto grati al destino, o a Dio, a chiunque li avesse
aiutati a ritrovare se stessi e l'un l'altro.
Fu
un flash-back, fulmineo ma tangibile: un'alba serena
aveva salutato la fine di un amore e ora, ancora l'alba
era testimone di un amore che cresceva forte e sicuro,
giorno dopo giorno. Erano mesi ormai che non pensava più
a Danielle. Scoprì di non provare quasi niente per quel
ricordo, nemmeno rancore. Anzi, forse la sua
"seconda" vita aveva avuto inizio proprio da
quell'esperienza negativa.
Non
sapeva se parlarne con Meg, non voleva turbarla né
tantomeno ferirla con ricordi lontani. Meglio lasciar
perdere e guardare avanti, ad un futuro che gli si
prospettava sereno accanto alla donna giusta. Tuttavia
non voleva fare programmi a lungo termine, aveva bisogno
di essere cauto, per sé e per lei.
Parlò
per primo:
"Ho
letto da qualche parte che quando siamo in difficoltà
Dio ci prende fra le sue braccia e cammina per noi. Non
so se credere in Dio, ma se esiste credo di dovergli
molto,… specialmente per avermi ridato a te…".
"Se
esiste Qualcuno lassù, anch'io gli devo molto. Ora te
lo posso dire: tante volte ero tentata di lasciarti
perdere. Tante volte mi sono detta che era tutto
inutile, che non ero io la persona adatta per starti
vicino. Eppure sono rimasta, aggrappata ai lievi
mutamenti che vedevo in te. … Comunque, è acqua
passata, non pensiamoci più, non ne vale la pena.
Viviamo questo presente, godiamoci il più piccolo
momento insieme, senza fare programmi, giorno per
giorno".
"Carpe
diem?"
"Com'è
che conosci il latino?"
"Dalle
storie di Massimo
l'immortale, ricordi? A proposito, abbiamo
qualcosa da fare ancora, prima di riposarci! Hai con te
il PC portatile, vero?"
"Sì,
ma… perché?"
"Le
ho ringraziate dal palco, ma ora voglio scrivere ad
ognuna di loro. Sto parlando di quel sito
italiano…!"
Non
credeva a quel che aveva sentito e lo guardava stupita,
ma alla fine comprese e si mise all'opera.
Il
giorno dopo, alcune signore e signorine italiane ebbero
una gradita - gradita? - una stupenda sorpresa, portata
sulle ali della posta elettronica…
FINE
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