Due Uomini a
Confronto
seconda parte
Sei un tesoro ad aver chiamato!
Dove siete?
A Calgary, siamo appena arrivate.
Non disfare la valigia. Il mio
aereo privato sarà lì tra tre ore e mezza circa.
Come lo riconosceremo? Non credo di
dover fare il check in alla Crowe airlines…
Fa una risatina.
Non preoccuparti, ci penserà il
pilota a farsi riconoscere da voi e ad aiutarvi nell’imbarco.
Portati al terminal da dove partono i voli Air
Canada verso gli Stati Uniti.
Ok, lo aspettiamo.
E io aspetto voi. Ciao,
meraviglia.
“Ciao, meraviglia”. Vuoi vedere
che questa cosa si sviluppa in un modo diverso da come
penso io? Fortuna che ho comprato una tonnellata di
fumetti in Italia e la Rita si distrae per un po’
guardando le figure, poi cade in un sonno profondo.
Puntualmente, tre ore dopo, mentre sfoglio la
quindicesima rivista di moda e ho risolto tutti i
cruciverba senza schema di un giornalino appositamente
pubblicato, mi si para davanti un tizio in jeans e
camicia denim con un cartello col mio nome.
È lei la signora Debiasi?
Sono io…
Mi dia il bagaglio, prego. Mr.
Crowe l’aspetta a Los Angeles.
Non mi faccio pregare e seguo il
pilota mentre mi scarrozzo la Rita in braccio, ancora
profondamente addormentata.
A Los Angeles, al terminal dei voli
privati, ci trovo Jack Aubrey, più bello e ansioso
che mai.
Finalmente! Non ne potevo più di
aspettarti… - mi abbraccia e mi bacia in modo
abbastanza urbano.
Ti dirò un “finalmente” anch’io…
non ne potevo più di star per aria.
E tu, piccolina? - fa lui tutto
tenero, rivolgendosi alla Rita. Che puttana è, in
fondo sa benissimo che deve conquistarsi tutto il
favore della bimba se non vuole avere problemi per
questi due giorni. - Stai bene?
Dov’è il bimbo, mami?
Le ho detto che saremmo venute a
visitare Conor, e lei si aspettava di vederlo… -
faccio io, strizzando l’occhio a Russell.
Oh ma certo, Conor! Adesso
andiamo subito in albergo a trovarlo, sai?
Russell si prende cura del mio
ingombrante bagaglio (una roba da uomini, è chiaro) e
io cerco di rabbonire la Rita che comunque mi si è un
po’ seccata. Il viaggio in auto è lungo, ma la
meraviglia del Beverly Hill Wilshire ci ripaga di
tutta la fatica provata.
Russell si avvia a passi sicuri
verso la reception e mi passa una chiave magnetica,
sussurrandomi all’orecchio:
In questa stiamo noi. I bimbi
staranno con la tata nella stanza all’altro capo
del piano. Caso mai diventassimo rumorosi…
Arrossisco come un peperone, prendo
la chiave e mi faccio portare nella suite
lussuosissima, del tutto simile a quella vista in “Pretty
woman”. Rita è tutta una bocca aperta per lo
stupore, ma si fa svestire e docciare dalla
sottoscritta, dopodiché la porto con Russell nella
stanza dove alloggerà con Conor e la tata. La tata in
questione è una maori enorme dall’aria molto dolce
e questo mi tranquillizza parecchio. I bimbi sembrano
socializzare in modo pacifico… Russell chiarisce
alla tata che rientreremo molto tardi, e questa
risponde che non ci sono problemi. Mi avvicino alla
Rita e le parlo dolcemente.
Rita, la mamma va a mangiare
fuori con questo signore. Potrai mangiare e giocare
con Conor finché vorrai, ricorda soltanto di fare
perbene tutto quello che Nanny Kimberly ti
chiederà.
Ma io non la capisco.
Vedrai che se ti chiederà di
mettere a posto i giocattoli, lavarti i denti e
andare a nanna la capirai benissimo…
Ma quando torni?
Tardi tesoro, così tardi che ti
vedrò domattina.
E domattina dove andiamo?
Domattina? Beh, domattina…
domattina credo proprio che Russell organizzerà una
bella visita alla città dei cartoni! - mi avvicino
a Russell e sussurro - Vero che ce la fai a portarli
a vedere gli Universal Studios?
Certamente.
Allora, la lasci andare la mamma?
Bacio della buonanotte.
Le schiocco un bacio con la
trombetta come lo chiamava suo padre (di quelli con lo
schiocco appunto) e la lascio, divorata dal solito
atroce senso di colpa.
Coraggio. Tra un po’ non ti
sentirai più così.
Così come? - chiedo io
innervosita.
Colpevole.
Lo guardo irritata. Se sai come mi
sento, cosa mi trascini fuori a fare? Oh beh. Scema io
che ho accettato.
Preferirei farmi una doccia e
mettere qualcosa sotto i denti, piuttosto che
continuare a fare i conti con questo maledetto senso
di colpa.
Sarai accontentata. Hai visto il
bagno della suite?
Per forza, ho fatto la doccetta
alla Rita.
E come t’è sembrato?
Un’esperienza mistica,
effettivamente.
Ho tanto bisogno anch’io di
farmi una doccetta…
Il Gladiatore s’immaialisce e io,
mio malgrado, non posso fare a meno di andargli
dietro. Ci prendiamo a dir poco selvaggiamente nella
doccia di sei metri quadrati della suite, poi ci
fumiamo quattordici sigarette a testa nudi nel letto
prima di vestirci per andare a cena. Mentre cerco
qualcosa di comodo nella valigia, il Divino si
schiarisce le celestiali corde vocali e mi fa:
Forse… ti andrebbe di mettere
questo?
Tiene in mano una gruccia con un
tubino incantevole in shantung di seta color rosso
cardinale, sbracciato, e una giacca sette ottavi con
le mezze maniche e il colletto lungo tipo frac. Gli
manca la parola.
Dove vuoi portarmi, che ti sei
dovuto prendere pure la briga di rendermi
presentabile?
Tu sei sempre presentabile.
Soltanto che… nel ristorante dove andiamo stasera
c’è una specie di festa e visto il carattere “sportivo”
del tuo viaggio ho pensato che forse non avevi messo
una cosa un po’ elegantina in valigia.
È un incanto, Russell, grazie.
Per le scarpe ero incerto sulla
misura…
Porto il trentotto e mezzo…
Vediamo… dovrebbe essere il sette e mezzo con le
misure americane.
Ne ho prese tre paia. Spero che
almeno uno ti vada bene.
Il vestito ha una scollatura sulla
schiena profonda come la fossa delle Marianne e le
scarpe sono in tinta. Mica potevo incontrarlo una
quindicina d’anni fa questo, no? Mi vesto, mi
trucco, mi pettino, un paio di scarpe grazie a Dio
vanno bene e io mi presento al cospetto del mio
Cavaliere del Mondo Nuovo che è tutto vestito di
nero, senza cravatta. Come se gli servisse…
Come ti senti?
Benissimo, Russell, grazie.
Allora possiamo andare.
Il ristorante in questione è un
localone mozzafiato pieno di gente dalla faccia nota,
e io mi sento un pesce fuor d’acqua. So che Russell
detesta questo genere di “happening” ma stasera mi
sembra particolarmente benevolo nei confronti della
vita sociale con quelli del suo ambiente. Gli anni che
passano e gli eventi importanti (matrimonio,
paternità, separazione) devono aver leggermente
cambiato il Capitanone, che ad onor del vero ricorda
un po’ un leone in gabbia, relativamente tranquillo
ma con un ché di selvaggio dentro. Distribuisco
sorrisi garbati alla gente che mi presenta, ma dopo un
po’ quella passerella mi annoia e mi allontano da
Russell alla ricerca di una bevanda fresca e di un
posto dove potermi fumare una sigaretta in santa pace.
Il Capitanone mi raggiunge subito.
Che succede, stai poco bene? Il
jet lag ti dà problemi?
Non è niente… Sì, il jet lag
mi dà fastidio ma… sai mi sento un po’
sballottata a destra e a sinistra, in questo
ambiente così… “esclusivo”.
Ora vediamo di andare a
rintanarci da qualche parte…
Invece viene prelevato da un
piccolo gruppo, presumibilmente di cineasti (facce
sconosciute, del genere di quelli che stanno dietro il
registratore di cassa) e io sono nuovamente sola.
Questa terrazza è meravigliosa, si gode una vista
mozzafiato di tutta Los Angeles illuminata da qui, per
non parlare delle colline di Hollywood con la famosa
scritta. Mentre mi accendo avidamente la terza
sigaretta, sento un vocìo sommesso come di due
persone che litigassero sottovoce. Piano piano il tono
si alza, certi i due contendenti, di non essere
sentiti da alcuno.
Lei è una rossa incendiaria
abbastanza gradevole di aspetto ma con un tono
piuttosto petulante, non capisco una parola di quello
che dice. Lui invece, che vedo soltanto di spalle, è
un moro coi capelli lisci corti, piuttosto alto,
snello con una voce un po’ opaca che dice di non
volerne più sapere di una storia che, iniziata come
amicizia, stava prendendo una piega che a lui non
interessava per nulla. Curioso. Anche questa voce mi
pare di conoscerla… La rossa petulante manda il suo
cavaliere (o presunto tale) a dar via le chiappe
(questo l’ho capito benissimo), volta le sue,
peraltro degne di nota, verso di lui e se ne va, senza
batter ciglio. Il moro mastica ancora qualche insulto,
poi beve un sorso della bevanda dal bicchiere che ha
in mano. Si volta verso la notte losangelena e rimane
lì, respirando a fondo, cercando, penso io, di
stemperare l’incazzatura che s’è appena preso.
Poverino. Quant’è brutto litigare. Ti lascia quel
sapore amaro in bocca e quella sensazione come se ti
mancasse qualcosa, che ti rende ancora più nervoso.
So come si sente quel bel giovane e visto che il
Capitanone è occupato a lavorarsi i cineasti, deciso
di socializzare con quest’ospite.
Questa vista è incantevole.
Si volta verso di me.
Come scusi?
La vista. Trovo sia incantevole.
Lei no?
Mi creda, mai come ora vorrei
essere altrove.
Ero qui da un pezzo, non ho
potuto fare a meno di sentire. Ma non si preoccupi,
non ho capito granché di quel che la sua amica le
ha detto. Mi dispiace, perché immagino come lei si
senta ora, indipendentemente da quello che è l’arte
del contendere.
Lei non è di qui.
Sono italiana.
Per le produzioni a Cinecittà?
Sono qui… con un amico.
Lo guardo bene. Poi lo guardo
meglio. La penombra non aiuta, ma la luce proveniente
dalla sala del ristorante è sufficiente a farmelo
vedere bene. Gli occhi di taglio vagamente orientale,
un naso spettacolarmente dritto, una bocca piena e
invitante come la gota di un bambino, che si schiude
su una fila di denti bianchissimi e perfetti. È
bellissimo. E te credo. È Keanu Reeves. Oh Signore,
svegliami che sto sognando…
Lui si guarda intorno, poi si
rivolge nuovamente a me e sorride.
Ah sì? E lui lo sa di essere con
lei?
È stato… “prelevato” da un
gruppo di persone. Credo che, tra una tartina e l’altra
volessero parlare di lavoro.
Davvero poco carino.
Lei fuma?
Una sigaretta ogni tanto, sì.
Ne vuole una? - Gli porgo il
pacchetto aperto. Lui la preleva senza tanti
complimenti.
Grazie sì.
Tira una boccata profonda. Tace.
Forse non ha molta voglia di parlare. Lo assecondo,
tacendo a mia volta. Poi invece è lui che rompe il
silenzio.
Le è mai capitato di cercare di
essere chiara e scoprire che chi le sta davanti è
così occupato a badare ai suoi interessi da non
curarsi minimamente di quello che prova?
Oh sì. Per questo la capisco.
Quando ci si scontra per questi motivi si viene
generalmente assaliti da un irritante senso di
impotenza.
È esattamente quello che provo
adesso. Se non ti voglio dare qualcosa, perché vuoi
costringermi a farlo?
L’egoismo è un gran brutto
difetto.
Già.
In quei casi è meglio lasciar
perdere e continuare ognuno per la propria strada.
Sì, infatti è così.
Allungo la mano per presentarmi.
Mi chiamo Lucia Debiasi. Sono
molto contenta di conoscerla, Mr. Reeves.
Scusi la domanda ma lei… è una
psicologa?
Non trattengo una risata argentina.
Una strizzacervelli? Io?! Oh
Signore, no! Ci sono andata per sei anni e conosco
la vita, tutto qui.
Chi è il suo accompagnatore?
È Russell Crowe.
Il Gladiatore. Un uomo piuttosto
interessante, credo.
Diciamo che ha degli argomenti
convincenti.
Lo credo bene…
Beh, che intendeva dire? Ma guarda
tu che screanzato…
Sa, a volte non basta essere
convincenti per conquistarti del tutto. Anche la sua
amica pareva interessante, eppure non ha esitato a
scaricarla.
Joan è appiccicosa ed egoista e
io detesto le persone così.
Visto che Joan mi è riuscita
totalmente incomprensibile, si può sapere di che
colpa grave si è macchiata?
Quel suo maledetto accento del
Nebraska… Voleva a tutti i costi diventare la mia
ragazza.
Oh. Ma lei non…
Io vorrei avere la libertà di
scegliere le persone con cui dividere la mia vita.
Diritto sacrosanto.
E se ancora non l’ho trovata a
quarantatrè anni, beh… sono soltanto affari miei!
Giusto.
Lei ha trovato la persona giusta?
Non esattamente, no.
Che significa?
L’ultima persona che ho
frequentato, che credevo fosse quella giusta, l’ho
sposata e mi ha dato una figlia ma… le cose non
sono continuate così come erano iniziate.
Litigavate?
No… peggio forse. C’era una
certa indifferenza da parte mia. E questo mi faceva
male, non volevo prenderlo in giro. È sempre stato
un uomo molto corretto e sensibile.
Dio! Ne esistono ancora di donne
come lei? Una persona leale anche nel peggior
momento. S’è mai pentita della decisione che ha
preso?
A volte. Quando vedo che la
bambina sente la mancanza del padre come elemento
facente parte della famiglia. Lo vede, ovviamente,
ma soltanto da sola e per qualche volta alla
settimana, abbiamo la custodia congiunta.
Quanti anni ha la bambina?
Ne fa tre a settembre.
È l’età più bella…
Beh sì. Continuo a pensare che
portarsela qui in Canada sia stata un’ottima idea.
In… Canada?
Oh sì, già. Abbiamo incontrato
Russell e suo figlio nella riserva dei Laurenziani,
nel Quebec. Avevamo organizzato un viaggio
attraverso tutto il Canada di tre settimane. Ma… l’incontro
con Russell ha prepotentemente cambiato i programmi,
almeno per questi due giorni. Dopodomani torniamo a
Calgary e continuiamo il nostro giro.
Bellissimo. Ho vissuto a Toronto
per qualche anno e l’unica cosa che mi faceva
davvero soffrire era il freddo. Ma il posto è
bellissimo.
Le dirò… Toronto non mi piace
quanto Montreal e soprattutto quanto Quebec. Ma il
freddo per me non sarebbe un problema.
Un’italiana che non soffre il
freddo? Bizzarro…
Vivo in una regione costituita
quasi completamente da montagne. Anche se sono al
livello del mare e non ci nevica mai, vivo in un
paese incassato in una valle abbastanza stretta,
dove d’inverno può fare un freddo cane.
Ha detto che parte dopodomani?
Sì.
Io sono troppo di cattivo umore
per continuare questa conversazione serenamente. Ma…
mi dispiacerebbe di “scaricarla” così, lei è
stata tanto carina da alleggerire un poco il mio
stato d’animo. Le va di mangiare una cosa insieme,
domani?
Mi… piacerebbe molto, ma il mio
gladiatoreo accompagnatore dovrebbe portare suo
figlio, mia figlia e me a visitare gli Universal
Studios… Anche se non so quanto questa cosa sia
realmente fattibile.
Uhm… - si tasta in giro come
per cercare qualcosa. Tira fuori una penna ma
seguita a cercare. - Ha un pezzetto di carta?
No, mi spiace…
Mi dia la sua mano.
Gliela porgo e lui ci scrive sopra
il suo numero di telefono. Un altro?!
Mi chiami se Massimo Decimo
Meridio le dà buca. E mi chiami anche da Vancouver.
In questo periodo non lavoro e anche se sto
riposandomi, mi annoio un poco. Piuttosto, si
ricordi di dirmi il nome dell’hotel dove
scenderà.
Grazie, lei è molto gentile. Mi
sembra… dev’essere il Crowne Plaza.
Lucia, cara! Scusa se ti ho
abbandonato così, ma quando il produttore esecutivo
della Miramax chiama, non si può non rispondere…
una cosa che odio! Vedo che hai trovato qualcuno con
cui chiacchierare. - Toh. Il Capitanone si rifaceva
vivo.
Sì, Mr. Reeves ha fumato con me
una sigaretta.
Gesù, che scontro tra titani. Uno
più bello dell’altro. Uno più alto, oggettivamente
bello e giovanile, l’altro più “grezzo” ed
erotico, entrambi apparentemente interessati alla
sottoscritta. Questa è proprio bella. I due titani si
stringono la mano e io ho la sensazione che ci passi
in mezzo la corrente elettrica. Ma dai. Vuoi vedere
che questi due non si sopportano?! Ho la netta
impressione di star per godermela appieno questa
vacanza…
Keanu! Sempre… invischiato
nella “rete”?
Ben affrancato, direi. Nessun
rischio di naufragio nella Matrice…
Urca! Che stoccata. “Master and
Commander” non aveva proprio avuto il successo
sperato, però non era stato nemmeno tutto questo flop…
In compenso, dopo la flessione di “Matrix reloaded”,
“Matrix revolution” aveva fatto successo come e
quasi più che il primo episodio della saga. Un po’
manierato il Cino-hawaiiano ma… uno a zero per lui.
Oh beh. Questione di punti di
vista. L’importante è avere margine per
migliorare, cosa che si rende davvero difficile
quando si naviga a vista. Una cosa molto comune per
chi ha fatto cassetta da quattro soldi e nient’altro.
Eccolo lì… Crowe stava accusando
Reeves di non aver fatto pellicole di grande spessore.
Tutto ‘sto torto non ce l’aveva. Uno pari.
L’importante è non restare
legati per sempre ad un personaggio… e per quanto
mi sforzi, Massimo Decimo Meridio è… l’unico
che mi venga in mente.
Oh Madonna, si scendeva nel
particolare. Però all’Esotico un paio di
pellicolette gli erano sfuggite… dai, come faceva a
non ricordarselo in “L.A. confidential”? Mi
dispiace, hai fatto pipì fuori dal vasino. Vantaggio
Crowe.
Fortuna che oltre a dover
registrare smorfie per il computer, sei riuscito a
farti almeno un’uscita sulla tavola da surf, prima
di sprofondare nell’anonimato…
Bontà divina!! Ora ve la spiego.
Mi auguro che tutte voi abbiate presente “Matrix
reloaded”. Ebbene, alcune scene sono completamente
frutto del computer graphics, nel senso che non sono
realmente state girate. Di cosa parlo? Della scena del
combattimento di Neo contro i cento Agenti Smith, ad
esempio. Sono stati condotti studi sulle movenze dei
lottatori di kung fu, in seguito elaborate al
computer, soprattutto per poterle esagerare, come
quelle dei videogames. Poi è stato chiesto agli
attori di… fare delle smorfie di dolore, rabbia,
sforzo che sono state “incollate” sopra le
elaborazioni dei lottatori e, voilà, il gioco è
fatto. Mr. Reeves non ha mosso un muscolo… che non
fosse facciale per girare quella scena. La tavola da
surf, invece, si riferisce a “Pointbreak”,
dinamico poliziesco che si svolge nel mondo dei
surfisti, Keanu faceva l’agente dell’FBI che
doveva catturare quel bel farabutto di Patrick Swayze,
guru degli sport estremi e rapinatore di banche.
Simpatico ma… innoquo. Due a uno per Crowe. Il match
però conosce un’evoluzione che proprio non pensavo…
dalle parole si passa alle mani e i due cominciano a
spintonarsi. Volendo evitare l’incontro di boxe e
rischiando seriamente la buccia, mi metto in mezzo ai
due (tutte le scuse sono buone!!) per tentare di
indurli a separarsi (con me in mezzo non si
picchieranno, penso, per paura di mollare un cartone
alla sottoscritta). I due infatti, paonazzi di
scalmana, si allontanano.
T’hanno visto soltanto
presentare all’Oscar, razza di buffone!
Te la sei fatta sfuggire quando
più te la meritavi perché sei un coglione!
Ok! - strillo - Ora basta!!
Finitela!!!
Si aggiustano le giacche, uno
(indovinate voi chi…!) si ravvia i capelli, l’altro
si massaggia la mascella. Si vede che “un buffetto”
del Divino deve averlo preso…
Lucia, - dice Keanu continuando a
guardare Russell con stizza, - è stato un vero
piacere conoscerti.
Il piacere è tutto mio.
Si allontana rapidamente. Guardo
Russell un po’ scocciata.
Sono certa di essere l’ultima
persona che può dire qualcosa in merito, ma non ti
è parsa leggermente fuori luogo, tutta questa
scena?
Quel figlio di puttana
plastificato dice cazzate e insulta!
Già, e tu ti comporti come se
avessi la stessa età di tuo figlio. Generi diversi,
risultati diversi. Tu hai vinto l’Oscar e lui no,
e con questo? Mi par d’essere all’asilo.
Tanto successo è immeritato.
Lui è più bello di te… - dico
sorridendo maliziosamente.
Non basta per avere quello che ha
avuto lui. È un ladro, non sa recitare.
Ed è pure più alto…
A questo punto mi guarda male.
Che fai, mi provochi?
Francamente sì, ti trovo
esilarante.
Perché?
Se ti conoscessi, e non è così,
direi che sei geloso.
Diventa verde.
Non dire stronzate.
Ok. Allora non le dico.
Semplicemente mi irrita tanta
presupponenza e mancanza di professionalità.
Tu però l’hai provocato. Sull’unica
cosa su cui in fondo non avresti dovuto… Il tuo
sequel del Gladiatore fortunatamente ce lo siamo
dimenticato…
Accende una sigaretta e ficca una
mano nella tasca dei pantaloni. Tira una boccata, mi
guarda impensierito. Finalmente i suoi tre neuroni
(quelli che gli rimangono quando è imbufalito)
concedono ai restanti milioni di rimettersi a
lavorare.
Tu non perdi mai un colpo, vero?
Mi piace essere obiettiva. Ti va
un bicchierino di qualcosa?
Francamente no, vorrei andare a
casa.
Ma io non ho praticamente
mangiato.
Mangeremo in albergo - fa lui,
trascinandomi via tipo “Wilma, dammi la clava”.
- Invece di perdere tempo con quell’idiota… -
anche se borbotta riesco a sentirlo abbastanza bene,
ma essendo occupata a non cadere dai tacchi delle
scarpe, preferisco soprassedere: questa discussione
è durata troppo a lungo.
6 agosto 2007, lunedì, ore 11.29,
Hollywood
Gli Universal Studios sono un
gigantesco parco giochi per adulti (molto, ma molto
più esagerato di quanto possiate immaginare, sotto
qualsiasi punto di vista, di Gardaland…). Ogni
pellicola celebre, prodotta dalla Universal ha in
questo luogo un’attrazione associata e talune sono
sicuramente più adatte alla Rita rispetto ad altre.
Per questo motivo, dopo aver fatto il giro col trenino
per i vari teatri di posa, evito l’attrazione legata
a “Ritorno al futuro” (ad alto rischio coronarico)
ma non manco quella di “E.T. l’Extraterrestre”,
scanso quella di “Terminator 2” ma mi metto
diligentemente in coda per quella di Indiana Jones. Il
Divino è incupito, presumo dallo scapuscio* di ieri
sera e si dedica molto al suo mini clone. Mentre
mangio un gelato, come sempre orribile e tento invano
di asciugare me e la Rita (Indiana Jones è una “wet
attraction”, ci si bagna insomma) vorrei tentare un
approccio ma proprio non ci riesco. Celato dietro i
suoi urfidi occhiali da sole, il Gladiatore riesce a
scansare quasi tutte le fans (ma non proprio tutte) e
perde il confronto vicino ai manifesti di “A
beautiful mind” e “Il Gladiatore”. Cerca invano
di scrollarsi di dosso un drappello di giovani
assatanate, tenta di proteggere suo figlio dall’assalto
di turisti dal pulsante della macchina fotografica
facile e poi, una volta raggiuntami su di una panchina
dove mi sto godendo l’ombra insieme a mia figlia,
prova a parlarmi.
* scapuscio: deriva dal milanese,
significa intoppo, ostacolo
Ti diverti?
Abbastanza… La Rita è
frastornata ma molto contenta. Grazie di averci
portato qui.
Era doveroso… allora? Riparti
domattina?
Sì e poi abbiamo altri 460
chilometri da percorrere da Calgary fino a Banff.
Non ha certo gli occhi umidi.
Però, pensavo gli sarebbe dispiaciuto di più. Forse,
alla luce del giorno e con un bimbo suo e una bimba
mia non sente più quella sensazione di magia che
aveva provato a Quebec.
Che fai tu, dopo? Torni in
Australia, rimani qui a lavorare… - riprendo io.
Torno in Australia. Tra una
settimana comincio la tourneé coi TOFOG.
Già, la tua band, dimenticavo.
Sono un uomo molto occupato,
Lucia, è difficile per me avere una vita privata
simile a quella di tutte le altre persone.
Nonostante sia parzialmente d’accordo
con questa tua affermazione, sono convinta che un
uomo nella tua posizione possa permettersi di
mettere dei paletti ed organizzarsi la vita privata
al meglio. Senza pretendere, naturalmente, le parole
crociate il giovedì sera e la formula uno la
domenica pomeriggio.
Non sai cosa dici. E lo capisco,
non sei di questo ambiente.
E di quale ambiente, Russell, di
quello che per anni hai evitato e pubblicamente
coperto di palate di cacca? Se era vero soltanto un
decimo di quello che si leggeva sui giornali, del
tuo spifferare ai quattro venti di come tua moglie
vomitava la mattina perché era in dolce attesa, e
in che posizione doveva dormire e che musica doveva
ascoltare… non mi pare proprio che tu sia una
persona che, se vuole, non abbia la possibilità di
cambiare la propria vita a suo piacimento. Detto tra
noi, non sembravi più nemmeno tu. Ma tant’è, in
fondo non m’interessa più di tanto di quel che
fai della tua vita. Non cerco un compagno e
tantomeno un padre surrogato. Pensavo di essere
incappata in una persona che era tornata ad essere
nuovamente l’”originale”, com’era prima di
sposarsi.
Lo ripeto, non sai cosa dici. I
giornali scrivono montagne di cazzate e tu te le sei
bevute tutte.
Già… peccato che la questione
del vomitino tu l’abbia detta in televisione.
Perfavore, Russell, queste baggianate puoi darle a
bere a qualche fan diciassettenne un po’ scema, ma
io una figlia l’ho fatta e di nausee non si muore.
Sei diventato padre, e allora? Come te lo sono
diventati altri 2,5 miliardi di uomini. E ora te lo
sciroppi da solo il tuo pupo, esattamente come
faccio io. Vuoi sapere qual è la vera differenza
tra noi, che tu non accetterai mai perché ti fa
comodo essere così come sei? Gli zeri. Il tuo
stipendio ha qualche zero, decisamente
significativo, in più del mio, nient’altro. Non
fare il burattino, non lasciare che nessuno ti
manovri. Sei bello e ricco, e soprattutto sei bravo.
Se il cinema ti vuole davvero ti verrà a cercare,
anche se ti rintani nel tuo ranch.
Tu, in fondo eri d’accordo con
Reeves, ieri sera, non è vero?
Di che stai parlando?
Dell’oscar per “A beautiful
mind”.
Francamente sì, ero d’accordo.
Non penso che quello che vuoi tu
dalla vita e quello che voglio io collimi. Non mi
sorprende e d’altra parte ci conosciamo da quanto,
quarantotto ore?
E qualche minuto…
Sappi che ti stimo molto. E che
è stato fantastico… stare con te, anche quando mi
hai dimostrato di avere una testaccia dura quanto la
mia.
Ognuno è fatto a modo suo…
Mi è sempre piaciuta l’Italia.
Da quel che mi hai detto, la tua regione non la
conosco. Mi raccomando, lasciami un numero di
telefono, un indirizzo, dove ti possa recuperare. Mi
dispiacerebbe che le cose tra noi… finissero
malamente. Anzi no, che finissero.
Mentre penso a quanto sarebbe
comico ricevere in ufficio una telefonata di questa
fatta: “Pronto? Qui è il centralino, ho in linea il
Sig. Russell Crowe, glielo passo?”, pulisco la
faccia della Rita, sulla cui superficie lei è
riuscita a spalmarsi accuratamente tutto il gelato, e
cerco di tornare con la concentrazione a quello che
ancora mi aspetta del mio splendido viaggio in Canana.
13 agosto 2007, lunedì, Campbell
River
Casso volentieri la giornata di
pesca al salmone per scucire 140 euro a cranio più le
tasse (sì, così tanto anche per la capoccetta tonda
della mia Ritina) per andare a vedere balene ed orche.
La gita si rivela particolarmente fortunata, perché
ne avvistiamo una cinquina di esemplari tra le une e
le altre. Inutile descrivervi l’eccitazione della
Rita che è alle stelle. C’è sicuramente da
ammettere che questi viaggi costano carissimi ma val
troppo la pena di sacrificarsi ed investire per farli.
Riporto la sottoscritta e il mio Acab in miniatura
(che non mi si regge nemmeno in piedi per la
stanchezza) al Painter’s Lodge ad un orario che ha
dello scandaloso.
14 agosto 2007, martedì, ore
18.33, Vancouver
Vancouver è una cittadina
deliziosa, moderna ma a misura d’uomo quanto basta
da non farti sentire schiacciato dalle infrastrutture
e dalle dimensioni, almeno per quel pochissimo che ero
riuscita a vedere.
La Rita ha riacquistato il suo
sorriso, dopo la parantesei losangelena che non l’ha
molto soddisfatta e io sono pronta a rimettermi a
girare per strade e a visitare monumenti, ultimo fuoco
d’artificio prima del ritorno a casa. È quindi con
somma sopresa che quella sera ricevo una certa
telefonata sul cellulare.
Lucia?
Chi parla?
Sono Keanu.
Oh Madonna di Campiglio. L’Esotico!
Oh. Oh! Aaahh, Keanu!! Che
piacere…
Sono contento di poterti sentire.
Giusto… giusto per curiosità…
chi ti ha dato questo numero?
Sono riuscito a scambiare due
parole con Crowe senza prenderlo a pugni…
Esagerato… Tanto lo sapevo
benissimo che in un’eventualità del genere, Reeves
le avrebbe prese di santa ragione dal Nostro…
Ti dirò… Mi sorprende
abbastanza che te l’abbia dato. Ma non ha nessuna
importanza, sono contenta anch’io di sentirti.
Dove sei?
Più o meno… sotto il tuo
balcone.
Cosa?!
Mi avevi accennato al fatto che
potesse essere un Crowne Plaza… Ho fatto qualche
ricerca.
Sei pazzo…
Senti, com’è il vostro
programma?
Domani visita orientativa della
città, pomeriggio a disposizione, cena libera e
pernottamento. L’indomani si torna a casa.
La bimba è con te?
Naturalmente.
Prenoto una stanza. E domani
andiamo a fare una passeggiata.
Non ho praticamente il tempo di
accettare o rifiutare. Quindi mi adeguo e preparo la
Rita per la notte.
15 agosto, mercoledì, Vancouver,
ore 7.53
In sette minuti netti, impacchetto
la Rita nella sua misés più comoda per un giretto in
città, io scelgo una salopette leggera con una
t-shirt sotto (guardate, una cosetta davvero carina,
di cotone leggero, color kaki, l’avevo trovata in
saldo a Mori quando ormai era la fine di luglio e
riusciva a starmi bene e comoda allo stesso tempo
senza farmi sembr-… come? Non interessa? Ah, ok,
ritorno a bomba) e ci godiamo la visita della città.
L’appuntamento con Neo è nella reception dell’albergo,
dove lo trovo bellissimo, anche se indossa una
maglietta che manco per farci la tinteggiatura della
cantina me la metterei, e quei pantaloni a pinocchio
ma larghissimi un po’ da rapper (c’hanno pure un
nome che non ricordo). Ha la barba lunga, direi che è
piuttosto trasandato, ma appena sorride riconosco il
Keanu dei miei sogni, dolce e assolutamente noncurante
dell’aspetto esteriore. Sempre sorridente abbassa lo
sguardo sulla Rita.
Così questo batuffolo di sogni
è Rita? Ciao, Rita, io sono Keanu.
“Ciao, Rita, io sono Keanu”, ci
tengo a sottolinearlo, in italiano. Non c’è niente
da fare, se uno ci sa fare, ci sa fare.
La Rita lo guarda. Poi guarda me.
Poi lo guarda di nuovo. Poi decide di affiancarlo, gli
prende la mano e guarda fuori dalla hall dell’albergo,
come se Keanu fosse una macchina da guidare col
pensiero. Della serie: “Vai, no? Muoviti!!”. Che
razza di sagoma…
Keanu, bello da mozzare il fiato
anche se sciatto, ride di gusto, mentre porta la bimba
fuori. Io li guardo, seguendoli qualche passo dietro.
Sembrano quasi ben assortiti, la mia piccola con una
figura maschile e me al fianco. Lungi da me l’idea
di sostituire suo padre. Ma io so quanto ne senta la
mancanza in casa. Un… surrogato non sarebbe male. E
a vederli così… per un momento mi perdo a pensare
che… ma no, dai meglio di no.
Giriamo come dei pazzi a piedi, sul
bus, sulla metrò, tutta la città che, come vi ho
già accennato all'inizio, è splendida. Mangiamo un
gelato (urfido, in verità), ci riposiamo nel parco
cittadino, o meglio io mi riposo, mentre il Gatto e la
Volpacchiotta giocano a rimpiattino dietro gli alberi
e a guardie e ladri, poi riprendiamo il giro. L’ora
di cena giunge abbastanza rapida e scegliamo un’etnico,
cucina libanese (e che altro?!). La Rita fa la
compilation di facce più lunga e comica che ricordi
(diciamo che la cucina libanese non è proprio il suo
genere…), io la seguo quasi a ruota e poi,
cominciamo ad avviarci verso l’albergo.
La Rita pende e sbauscia sulla mia
spalla già da una mezz’ora e Keanu continua a
chiacchierare amabilmente con me, finché, quasi
svegliandosi da un sonno incantato, mi fa:
Maledizione, devo proprio essere
rincoglionito! Dammi la bambina, ti peserà… La
porto io.
Ma no, lascia stare… - faccio
io, girandomi un po’ dall’altra parte per
evitare l’aiuto che gentilmente mi sta offrendo.
Insisto, Lucia, perfavore.
Non preoccuparti, non mi pesa…
In quel momento è vicino, molto
vicino al mio viso. Ha una mano sulla mia spalla e l’altra
già sulla spalla della Rita, pronto a prendersi
carico del dolce fardello. Ci guardiamo per qualche
lungo, intenso secondo, nel quale scorgo in quegli
occhi blandamente orientali un desiderio di pace e
stabilità, oltre che di… vago desiderio?! Ma non è
possibile… A parte la rossa incendiaria a Los
Angeles si sa che Keanu predilige… la compagnia
maschile. O forse no? Beh, chiedetevi quello che vi
pare, ma io me lo sto sbaciucchiando con lingua,
sperando che la Rita continui a pendere e sbausciare
lì dov’è e non si svegli e per la verità me la
godo parecchio perché nonostante la cucina libanese
ha un buon sapore in bocca ed è morbido come una
pesca matura. L’aria gli esce regolare e
impercettibilmente rumorosa dalle narici e la sua mano
carezza delicatamente la mia schiena. Poi si stacca,
per appoggiare la sua guancia irsuta contro la mia. Mi
sussurra:
Dalla a me, la porto io.
Gli lascio la Rita, che mentre
passa, sempre in preda a un sonno profondo, da una
spalla all’altra, fa il filo come un ragno, lui,
dopo averla presa in braccio, mi passa un braccio
intorno alla vita.
Venite, dolcezze, - fa poi con la
voce più dolce che si possa immaginare, - vi porto
a fare la nanna.
Mi ci lascio portare. Una volta
giunti in camera, Keanu appoggia la Rita sul letto, la
sveste per lasciarla in mutandine e canottiera e la
copre con la coperta. Poi si avvicina a me. Mi scosta
una ciocca di capelli indolente che si riposava
davanti ai miei occhi, mi guarda con quella dolcezza
immensa che soltanto certe Vergini possono avere. Poi
mi fa:
Tu stai bene?
Benone, soltanto un po’ stanca.
A che ora partite domattina?
Piuttosto presto, la sveglia è
alle sei e mezza.
Sei una donna molto dolce.
Credi?
E molto coraggiosa.
Su questo non ci piove. Mi sono
sorbita più bava io di te, sulla spalla…
Keanu sorride, ma non si fa
rapinare del pathos del momento.
E pazza…!
Anche questo è un dato di fatto,
sì…
Lucia, posso baciarti ancora?
Sì, comunque fa il cavalleresco
che prima chiede il permesso, ma poi mica aspetta di
vederselo accordare! Mi fa lo spatolato senza tanti
complimenti e di nuovo ho quella bella sensazione di
buono e di morbido percepita mentre ci baciavamo
fuori. Mi stringe un po’ ma sempre con molta
dolcezza ed è con non poca sorpresa che mi accorgo
che sta cercando una via di fuga verso il mio seno. Oh
porc-… ma allora, ‘sto qui, ci è o ci fa?! Metto
i cartelli: “Per le tette: di qua” e lo lascio
fare, accarezzando un fisico sicuramente meno
massiccio e rassicurante di quello del Capitanone ma
longilineo e non meno piacevole da esplorare.
Mi caccio un calzino sudato in
bocca e ne caccio uno anche in bocca a lui perché,
che ci crediate o no, ci stiamo smanacciando
ingordamente, sdraiati sul letto di fianco a quello
dove dorme la Rita (per San Giuseppe di Cairo
Montenotte… se lo sapesse suo padre mi farebbe
togliere la patria potestà), e quindi s’impone il
silenzio più assoluto. Facciamo l’amore in modo
intenso ma molto dolce, chiedendo ed ottenendo l’uno
dall’altra tutto, ma proprio tutto. È buffo,
perché mentre mi accarezza e mi bacia, eccetera
eccetera, Keanu allunga di tanto in tanto la testa per
vedere se la Rita continua a dormire. Per fortuna
continua ad essere il turno del cuscino dell’albergo
di farsi sbausciare e noi possiamo performare la
nostra vetrina di motivi di stima reciproca senza
essere disturbati.
La mattina dopo, alle cinque e un
quarto, mi sveglio con il braccio di Neo allungato sul
mio petto e incrocio gli occhioni della Rita che mi
osservano. Oh mater dei! E ora che le racconto?
Mami…
Tesoro… - bisbiglio.
Che fa Keanu?
Dorme, amore.
Oggi dobbiamo andare a vedere i
salmoni.
Sì, tesoro, è vero.
Viene anche Keanu?
Non credo, Ritina, deve tornare a
casa sua.
Ci torna dopo.
Ha tanto da fare, sai?
Non mentire, spudorata…
La voce di Keanu, roca e
bisbigliata, mi raggiunge filtrata dal cuscino.
Tu che ne sai?
Se parli piano e dici cose
semplici (e non vere), ti capisco…
Dobbiamo alzarci, Ke.
Lo so, lo so…
La piccola, che è molto più
sveglia di qualsiasi altro bimbo della sua età che io
conosca, si alza da sola e va in bagno a lavarsi i
denti. Nel frattempo cerco di scollarmi dal letto e da
quell’abbraccio così accogliente. Cerco un paio di
slip con la velocità di una monoposto.
Saremo in ritardo anche oggi…
Lucia, che farai, allora,
tornerai a casa una volta terminato il viaggio?
Che vuoi che faccia. Mica posso
restare.
Saperti qui, mi conforterebbe
molto.
Beh. Sarai un po’ meno
confortato, ma saprai che sono dall’altra parte
dell’oceano, che differenza vuoi che faccia?
Potrei venire a trovarti più
spesso.
Vuoi farmi credere che sentirai
la mia mancanza? - chiedo, a dire il vero un po’
divertita.
Lui mi guarda serio. Capisco di
aver fatto una battuta nel momento esatto in cui di
tutto c’era bisogno tranne che di quello.
Non sono uno che va a scopare in
giro. Perché, tu sì?
No! No, no… non intendevo dire
questo… Semplicemente, la soluzione che tu
suggerisci non è forse di realizzazione immediata.
Me ne rendo conto. Se ti trovassi
un lavoro qui, ci verresti?
È un discorso complicato…
dovrei parlare col padre di Rita, prima. E
nonostante sia una persona delicata e ragionevole
non credo che accetterebbe. E vuoi sapere un’altra
cosa? In fondo non lo biasimerei.
Uhm. Hai ragione.
Mi mancherai molto. Davvero.
Anche tu.
Ci guardiamo, io in piedi in mezzo
alla stanza che m’infilo il primo paio di pantaloni
che mi capita sottomano, lui sdraiato ancora a letto,
con un braccio piegato sotto la testa a sostenerla, al
posto del cuscino. Vengo svegliata dalla Rita, che
oltre ai denti in bagno da sola, non sa andare.
Mami…
Vengo, tesoro.
Faccio rapidamente la doccetta alla
Rita, poi chiudo i bagagli. Keanu è vestito e pronto
ad andarsene. Mi consegna un foglietto con ottanta
recapiti telefonici minimo.
Ho due cellulari. Questo è il
numero del mio agente, questo di mia madre e questo
di mia sorella. Chiama se hai bisogno.
Grazie. Ma lo farei per farti un
saluto, al massimo, come potresti aiutarmi da qui?
Dammi i tuoi di recapiti. Ti
chiamerò anch’io.
Scribacchio rapidamente i
riferimenti che mi chiede e glieli consegno. Forse
chiamerà. O forse no. Ma la tenerezza con cui ha
trattato me e mia figlia la porterò sempre come un
ricordo indelebile nel cuore.
19 dicembre 2007, mercoledì, ore
18.26, Nogaredo
Per Cortina d’Ampezzo, che freddo
fa ‘st’inverno! Ha già nevicato tre volte e sono
stata costretta a portare la Rita a San Valentino a
fare a palle di neve coi bimbi dei miei vicini. Fuori
dalla finestra del soggiorno, godo del panorama di
tutta la Vallagarina, a sinistra l’ossario sulla
collina sopra Rovereto, a destra la meno avvenente
area industriale. Ma tutt’intorno le montagne
innevate sono uno spettacolo imperdibile. A Nogaredo,
alle sei di sera è già buio da un pezzo e io ho
fatto una cosa che oltre a rendere mia figlia
incredibilmente euforica, gradisco a mia volta
moltissimo: ho acceso il fuoco. Scoppietta, lento e
caldo, tenendoci una gran compagnia, davanti ad esso,
acciambellato sul divano, Tatanka se la dorme beato
(nome un po’ altisonante per un gatto, ma che ci
volete fare, sono fatta così). Scrollo la cenere
della sigaretta nel portacenere, prima che mi cada in
terra e in quel momento squilla il telefono. Il rumore
di “mare” e un click metallico tipici mi
suggeriscono che la telefonata arriva dall’altra
parte dell’oceano.
Non sei già a tavola, vero?
Keanu!!!! Che sorpresa!!! Su che
costa stai?!
Col sedere al caldo, a Los
Angeles… e voi come state? Dimmi, nevica già
lassù?
Sta cominciando a darci del filo
da torcere, sì… ma è splendido come sempre! Stai
lavorando?
Ho appena finito. La mia bambina
preferita è a casa per le vacanze?
Da due giorni… non ti dico che
inferno tenerla a bada. Ma tant’è… siamo
contente così. Stai bene?
Sì… stavo giusto decidendo in
che angolo di mondo passare le vacanze di natale…
tu che fai, rimani a casa o te ne vai ai tropici?
Beeeppp!! Risposta sbagliata,
grazie per aver concorso signore! Ma stai scherzando…
Niente dinero, amigo… Si sta a casa, quest’anno,
il Canada naturalistico ci ha sbucciati ben bene.
Hai un posto letto in più, Lucia…?
L’Esotico si fa languido.
Istantaneamente mi tornano in mente i due giorni
incantevoli di Vancouver e quello curioso di Los
Angeles. Che uomo fantastico…
Cosa avevi in mente, Ke?
Pensavo di prendere qualche
lezione di sci…
Per la barba di Papà Natale…!!
Vuoi venire qui?!
Mi piacerebbe, ho quindici giorni
di tempo tra feste di Natale e Capodanno, prima di
ricominciare a lavorare alla prossima pellicola.
Questo è un anno così, un po’ da catena di
montaggio.
Vallo a raccontare al mio ex marito
che lavora sulle macchine di rettifica a controllo
numerico…
Non farti alcun tipo di problema.
Il posto c’è, noi saremo un po’ prese tra
parenti e amici, ma non ci muoveremo e sarà
bellissimo trascorrere del tempo insieme! Hai già
un programma, un volo prenotato?
Beh, non esattamente. Avevo così
tanta voglia di vederti che… non ho avuto la
pazienza di aspettare che mi dicessi sì.
Ma mi hai telefonato ora… Keanu,
non capisco.
Sono al Valerio Catullo a Verona.
Mi vieni a prendere?
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