Le Fan Fiction di croweitalia

titolo: Una come tante (sesta parte)
autrice: Kya
e-mail: kyaweb@infinito.it
data di edizione: 28 novembre 2002
argomento della storia: Una ragazza comune e un giovane attore… dagli esordi alla fama internazionale
puntate precedenti: Come certi incontri cambiano la vita…
lettura vietata ai minori di anni: 18

Epilogo

Princeton - Giugno 2001

Il sole caldo batteva implacabile sulle facciate dei vecchi edifici dell’università e io gironzolavo ai margini del set aspettando di veder comparire Russell al termine delle riprese in interni.
Ero arrivata la sera precedente, esausta per il viaggio e per aver lavorato giorno e notte per due settimane di seguito con la speranza di ottenere qualche giorno di vacanza senza incorrere nelle ire di Paul.
Gente sudata, in abbigliamento estivo, entrava ed usciva dall’edificio dell’università con attrezzature di ogni tipo, macchine da presa e marchingegni vari il cui utilizzo sfuggiva alla mia comprensione. Si respirava aria di efficienza e l’entusiasmo dei fans in attesa, sparsi in piccoli gruppi tutt’intorno rendeva l’atmosfera elettrica.

Mi aggregai ad uno dei gruppi ascoltando i commenti delle ammiratrici che da giorni passavano ore ai margini del set nella speranza di riuscire a strappare un autografo e, con un po' di fortuna, un sorriso e qualche parola.
Adoravo stare in mezzo a persone che condividevano la mia passione. Probabilmente parecchie di loro frequentavano abitualmente i siti web e le messaggerie a cui a volte partecipavo, e forse con qualcuna di loro avevo anche chiacchierato. Anche Carla si sarebbe divertita se fosse stata con me.
Pensai di telefonarle ma nel momento in cui componevo il numero delle grida di entusiasmo annunciarono che Russ era uscito dall’edificio. Immediatamente fui travolta dalla folla dei fans che si avvicinavano al punto dove Russell stava firmando i primi autografi. Fu così che, tra urti e spinte, mi trovai proprio alle sue spalle. Non so come facesse a sopportare le decine di mani protese verso di lui per porgergli qualcosa da firmare o per toccarlo, e ad infischiarsene degli obiettivi delle macchine fotografiche a pochi centimetri dal suo viso.
Improvvisamente una spinta mi catapultò proprio addosso a lui rovinando l’autografo che stava scrivendo.
- Ehi!!! – gridai agli scalmanati che mi avevano spinta
Russ si voltò verso di me imprecando, gli occhi che mandavano lampi. La ragazza a cui stava scrivendo la dedica mi rivolse una serie di parolacce da far impallidire uno scaricatore di porto.
- Non è colpa mia, sono stata spinta! – balbettai.
Russell afferrò bruscamente la copertina di Bastard Life or Clarity che tenevo in mano.
- Come ti chiami? –
- Claire. –
Lui alzò gli occhi di scatto piantandomi in viso uno sguardo penetrante molto difficile da sostenere.
- Di dove sei? –
- Cap Fréhel, Francia. –
- Bel posto! – disse, poi finalmente mi tolse gli occhi di dosso e firmò l’autografo.

Avevo ottenuto ciò che volevo ma era successo tutto così in fretta! Quanto avrei voluto poter rivivere la scena all’infinito, come un film in cassetta da vedere e rivedere per scoprirne ogni dettaglio. La confusione era stata tale da impedirmi di registrare le sensazioni che avrebbero dovuto arrivarmi dallo scontro con Russell: la solidità del suo corpo e l’odore della sua pelle. Invece tutto ciò che ricordavo era il luccichio severo dei suoi occhi e le lunghe ciglia che si abbassavano mentre tracciava sulla carta un ghirigoro quasi illeggibile.
Mi sedetti sul bordo di un marciapiede stringendo tra le mani il mio trofeo. Invece di essere felice provai la frustrazione di sapere che la mia occasione era arrivata e in un attimo si era consumata. Probabilmente non ne avrei avute altre.

Rientrai nella mia camera d'albergo subito dopo cena. Era troppo presto per andare a dormire perciò accesi il notebook e attesi che il file fosse caricato. "Una come tante", il racconto che da alcuni mesi stavo scrivendo e che ormai era giunto alla fine. Dopo un attimo di riflessione le mie dita presero a percorrere forsennatamente la tastiera, come dotate di vita propria.

 

 

Epilogo
Princeton - Giugno 2001


Il sole caldo batteva implacabile sulle facciate dei vecchi edifici dell’università e io gironzolavo ai margini del set aspettando di veder comparire Russell al termine delle riprese in interni […]
Fu così che, tra urti e spinte, mi trovai proprio dietro di lui.
Non so come facesse a sopportare le decine di mani protese verso di lui per porgergli qualcosa da firmare o per toccarlo e ad infischiarsene degli obiettivi delle macchine fotografiche a pochi centimetri dal suo viso.
Improvvisamente una spinta mi catapultò addosso a lui rovinando l’autografo che stava scrivendo.
- Ehi!!! – gridai agli scalmanati che mi avevano spinta
Russ si voltò verso di me imprecando, gli occhi che mandavano lampi, ma fu solo un attimo perché, dopo il primo istante di sorpresa, il viso gli si rischiarò in un impercettibile sorriso, qualcosa che solo io fui in grado di notare.
La ragazza a cui stava scrivendo la dedica mi rivolse una serie di parolacce da far impallidire uno scaricatore di porto.
Russ, con un tono che non ammetteva repliche, le intimò di tacere poi si volse di nuovo verso di me e prese gentilmente la copertina di BLOC che gli stavo porgendo.
- Come ti chiami? –
- Claire. –
- Di dove sei? –
- Cap Fréhel, Francia. –
- Bel posto. Ci sono stato poco tempo fa a trovare un’amica. –
- Ragazza fortunata! –
Ci scambiammo un sorriso d’intesa senza badare che qualcuno potesse accorgersene, poi mi allontanai con l’immagine del viso radioso di Russell ancora davanti agli occhi.

Gli avevo fatto una bella sorpresa, di questo ne ero certa. Erano giorni che insisteva perché lo raggiungessi ma i miei impegni di lavoro erano stati tali da non consentirmi di muovermi. Un susseguirsi interminabile di riunioni, seguite da nuovi progetti da elaborare. Avevo lavorato quasi 24 ore su 24 per finire il lavoro qualche giorno prima e riuscire a ritagliarmi un po' di ferie.
Senza dire niente a Russell avevo prenotato una camera nello stesso hotel in cui lui alloggiava, in questo modo sarei riuscita a muovermi senza dare nell'occhio, quindi mi ero infilata sul primo aereo per New York.
Ora non mi restava altro che tornare in hotel, farmi un bell'idromassaggio per eliminare le tracce di stanchezza ed aspettare. Avevo mandato a Russ un sms per comunicargli il numero della mia camera e qualche ora dopo sentii bussare alla porta. Russell, nascosto dalla visiera del berretto da baseball, si guardava intorno con aria furtiva. Senza dire nulla sgattaiolò all’interno e in un attimo io mi trovai stretta tra le sue braccia.

Non ci vedevamo dalla metà di marzo, cioè da quando era tornato da me al termine del suo tour in Europa ed aveva cercato in tutti i modi di convincermi ad accompagnarlo alla Notte degli Oscar, ma a causa dei soliti problemi legati a Maurice ed al processo, non avevo potuto lasciare Parigi.
In un certo senso questo era stato un bene perché non ero ancora pronta a sentire su di me la curiosità di mezzo mondo, ma così facendo avevo dovuto sopportare il tormento di vivere da lontano la sua stessa emozione, mentre la cosa che desideravo di più era stargli vicino in quel momento così importante, stringergli la mano e fargli sentire quanto ero fiera di lui.
Al suo fianco, seduta in platea, c’era Danielle e per quanto io mi sforzassi di essere razionale, non riuscivo ad evitare quel morso di gelosia che mi stringeva lo stomaco ogni volta che le telecamere li inquadravano insieme.

Non avevo voluto nessuno accanto a me in quella interminabile notte, nemmeno Carla. Niente e nessuno doveva distrarmi, quello era l’unico modo per sentirmi veramente vicina a Russ. Così era stato fino alla fine, quando le lacrime di gioia avevano dissolto lentamente la mia tensione.
Stavo ancora piangendo quando mi telefonò. Nelle poche parole che riuscì a pronunciare prima di essere trascinato via la voce gli vibrava di felicità ed entusiasmo.
- Claire, vieni a Princeton, ho un assoluto bisogno di vederti! – mi disse il giorno dopo, poco prima di salire sull’aereo che lo avrebbe portato sul set.
Povero Russ, senza un attimo di respiro… e povera Claire! Da quel momento infatti iniziò uno dei periodi più intensi della mia vita, ma ne valeva la pena. Presto sarei stata pronta a seguirlo anche in capo al mondo: ero riuscita ad organizzarmi in modo da poter lavorare lontano dallo studio, chiusa in una suite d’albergo e circondata dai miei disegni, dalle matite e dall’inseparabile notebook, nell’attesa di veder tornare il mio uomo dopo una giornata di lavoro come una qualsiasi, trepidante, giovane moglie. L’amore era ciò che mi rendeva sopportabile qualunque sacrificio, ed ora ero lì, tra le sue braccia, la giusta ricompensa per i miei sforzi.

Il berretto volò sul pavimento rivelando i capelli corti che lasciavo scoperto il viso morbido di cui l’assenza della barba esaltava i tratti fanciulleschi.
Mi ci volle un po’ prima di riconoscere, nel suo aspetto così insolito, l’uomo che amavo. Avevo visto centinaia di sue foto in cui aveva i capelli corti ed era senza barba, eppure il "mio" Russ aveva sempre avuto l’aspetto incolto e un po’ trasandato.
- Quando sei arrivata? –
- Ieri sera. –
- Si può sapere perché non mi hai chiamato? Avremmo potuto passare la notte insieme! –
- Non ti arrabbiare. Ci avevo pensato ma ero troppo stanca e preferivo che tu mi vedessi un po’ più in forma. –
Le sue mani corsero lungo la mia schiena e mi si strinsero sulle natiche.
- Sì, non c’è male… - disse ridendo.
Lo abbracciai senza parlare, troppo felice perché i miei sentimenti potessero essere espressi a parole.

Mentre gli occhi del mondo erano puntati sulla sua vita sentimentale e illazioni e fantasie sui giornali si sprecavano, la realtà era nella penombra di una stanza d’albergo, in cui una sconosciuta amava il proprio uomo, al centro di tutto ma al riparo da occhi indiscreti.
Non sarebbe stato sempre così, ne ero certa, ma questo non aveva alcuna importanza…

FINE



Quando spensi il notebook dopo aver riletto quanto avevo scritto, avevo un nodo alla gola e le lacrime agli occhi. Da quel momento tornavo ad essere il solito piccolo architetto di una città di provincia, senza soldi e senza un amore a riscaldare il suo cuore ed il suo corpo. In questi casi è lecito sognare una vita diversa piena di successo ed emozioni e l’amore di un uomo perfetto nella sua imperfezione.
Era finito anche questo capitolo dei miei sogni ad occhi aperti che mi avevano fatto compagnia per mesi e mesi nell’attesa di essere messi sulla carta.
Mi addormentai con il desiderio di un’altra storia da inventare, un’altra storia in cui evocare gli stessi occhi, le stesse labbra, lo stesso corpo, la stessa anima.

The End... (maybe)

 

Questo sito e' creato, mantenuto e gestito da lampedusa. Se hai bisogno di contattarmi, scrivimi all'indirizzo lampedusa@tin.it. Se hai delle informazioni da segnalarmi, contattami via email. Il sito e' online dal 21 febbraio 2001. Pagina creata il 28/11/2002 - aggiornata 01/04/2003