Le Fan Fiction di croweitalia

titolo: Una come tante (sesta parte)
autrice: Kya
e-mail: kyaweb@infinito.it
data di edizione: 28 novembre 2002
argomento della storia: Una ragazza comune e un giovane attore… dagli esordi alla fama internazionale
puntate precedenti: Come certi incontri cambiano la vita…
lettura vietata ai minori di anni: 18

Una folle realtà

Trascorsi una notte travagliata a rigirarmi nel letto e facendo strani sogni in cui elementi del mio racconto si mescolavano a quello che avevo vissuto il giorno precedente.
La mattina dopo mi alzai presto e, gironzolando con la mente persa nei miei pensieri, non so come mi ritrovai al campus. Mi sedetti su una panchina ai margini del set, osservando distrattamente le persone, perlopiù studenti, che mi circolavano attorno. Anche il set cominciava ad animarsi. Chissà se Russell era già arrivato. Forse si stava cambiando oppure stava facendo un po' di esercizio fisico all'interno dell'enorme tir attrezzato da palestra che era parcheggiato poco lontano. Mi sarebbe bastato vederlo per un attimo o, ancora meglio, guardarlo recitare. Passai in rassegna varie eventualità per poterlo avvicinare di nuovo, ma nessun sistema mi sembrò valido.
Ero frustrata: mi trovavo nello stesso posto in cui viveva l'uomo dei miei sogni, respiravo la sua stessa aria, camminavo sullo stesso marciapiede eppure non potevo averlo! E anche se fossi riuscita ad avvicinarlo che cosa avrei potuto dirgli? In che modo avrei potuto farmi notare?

Gli studenti passeggiavano tranquilli nel pressi del set. Per loro era un giorno come un altro e Russell, probabilmente, per loro era solo un uomo come tanti, uno con un lavoro un po’ bizzarro, ma comunque qualcuno a cui non dare troppa importanza. Ognuno viveva la propria vita senza curarsi degli altri, anch'io avrei dovuto farlo e godermi la vacanza.
Quel vecchio distinto, forse un professore, che arrancava a pochi passi dal luogo in cui io mi trovavo avrebbe riso di me se avesse intuito i miei pensieri: pensai che a quell'età si fosse già lasciato alle spalle i sogni e gli amori impossibili. O forse no. I vecchi, che non possono più contare sul futuro, vivono di ricordi e si rifugiano nel passato per non pensare a ciò che li aspetta. Forse anche quel vecchio, in quel momento, si stava crogiolando del ricordo di un amore distante ed inafferrabile.
Doveva essere così poiché incespicò proprio davanti a me e solo un miracolo riuscì a tenerlo in piedi. La borsa di pelle nera che teneva in mano volò sul marciapiede sparpagliando in giro il suo contenuto. Di scatto, senza pensaci due volte, mi alzai dalla panchina e corsi ad aiutarlo.
- Si sente bene? – dissi porgendogli i fogli che avevo raccolto. Si trattava di fotocopie di libri di testo e di appunti di qualche materia scientifica che non ero in grado di identificare.
- Sì. Grazie signorina, ma sarà meglio che mi sieda un attimo. Disturbo se mi siedo qui? – biascicò. Notai che aveva una leggera paresi alla bocca. Non sembrava molto vecchio ma era decisamente malandato.
- Ho avuto un ictus qualche anno fa. Mi hanno rimesso in piedi ma non sono più quello di una volta. Muovermi è sempre più difficile. –
Sospirai. Ero già abbastanza depressa per conto mio senza dover ascoltare il resoconto dei suoi malanni. Stavo pensando a cosa dire per defilami in maniera elegante, quando l’uomo mi chiese:
- E’ una studentessa? –
- No, una turista. E lei è un professore? –
- Una cosa del genere. Cosa ci fa una turista a quest’ora del mattino in un campus universitario? Nostalgia delle lezioni, forse? –
- Oh, no! – dissi ridendo – La laurea è stata una vera liberazione! –
- Ah, è laureata! In cosa, se non sono indiscreto? –
- Architettura. –
- Questo spiega tutto! –
- Cosa? –
- Il motivo per cui è qui invece che a fare shopping. L’architettura degli edifici universitari, oppure… no… non mi verrà a dire che una persona intelligente come lei è qui per l’Australiano! –
A quelle parole sentii il sangue imporporarmi il viso.
- Oh, mi dispiace, non intendevo metterla in imbarazzo. Sa, la cosa non mi stupisce affatto. E’ da quando sono iniziate le riprese che qui è un viavai di donne. Eh, non avete torto, il vostro istinto non vi tradisce, è veramente un ottimo attore oltre che un bell’uomo. Lo vedo spesso circolare qua attorno. Però avrebbe dovuto vedere me alla sua età, ero decisamente meglio, decisamente meglio! Anche un bel po’ più intelligente. -
- Non ne dubito. –
- Lo so a cosa sta pensando. Stia tranquilla, non sono matto come quel Nash!… Signorina, posso sapere il suo nome? –
- Claire. –
- Claire. Le si addice. Eterea… come la musica di Debussy, il suo connazionale. Il Clair de Lune -
Cominciò a canticchiare le note del notturno. L’ictus gli doveva aver vaporizzato parte del cervello, a meno che…
- Lei è il professor Nash? –
- No, mi dispiace deluderla. Però il professore lo conosco, è venuto qui poco tempo fa con sua moglie. E’ un uomo smilzo, mica come quell’Australiano! Sarà anche un bravo attore ma non gli assomiglia per niente. –
Parlando mi piantava addosso uno sguardo sinistro in netto contrasto con il suo aspetto bonario, uno sguardo che mi metteva i brividi.
- Professore, mi scusi ma adesso devo proprio andare. – dissi alzandomi.
- No, la prego, rimanga ancora! -
Il vecchio mi afferrò un braccio con una forza sorprendente per un uomo della sua età. Allarmata mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno a cui chiedere aiuto. Ero quasi certa di essere capitata tra le grinfie di un pazzo o di un maniaco.
- Claire… Molti anni fa ho conosciuto una ragazza francese che si chiamava proprio come lei. Graziosa ma molto timida. Veniva da un paese sulla costa bretone. Tutto ciò che ricordo di lei è che le piaceva fare ritratti… -
Sgranai gli occhi per la sorpresa: prima di ragionare sulle sue parole mi colpì la sua voce che aveva perso, come per miracolo, il balbettio flebile dell'uomo anziano ed era diventata fluida e decisa, una voce profonda e calda che avevo già sentito. L'uomo proseguì:
- La ragazza ha consegnato ad un mio assistente i ritratti che mi aveva fatto, ma poi è scomparsa nel nulla senza darmi il tempo di ringraziarla di persona. -
Mi sentii sbiancare. Quella storia era troppo simile al mio primo incontro con Russell per essere solo una coincidenza! Sorridendo l'uomo si tolse gli occhiali che gli coprivano buona parte del viso e io mi trovai a guardare nelle profondità di un paio di grandi occhi verde-azzurri in cui brillava un'espressione ridente ben diversa da quella folle di poco prima. Il mio sguardo allibito scese sulle sue mani appoggiate alle ginocchia. Aveva le unghie un po’ lunghe ma le mani non erano quelle rinsecchite e piene di macchie di un vecchio ma apparivano vigorose e con la pelle tesa, le mani di un uomo giovane e forte. Come avevo fatto a non accorgermene prima? Le lunghe dita un po’ tozze si assottigliavano alle estremità in una maniera inconfondibile. Cominciai a tremare, sopraffatta dall'emozione: ormai non c'era più alcun dubbio che il vecchio con cui stavo conversando da qualche minuto fosse Russell travestito.
Lui si accorse che l'avevo riconosciuto e il mio sgomento gli sembrò molto divertente, a giudicare dalla risatina di cui mi deliziò e che gli causò qualche problema.
- Oh… Questa maschera fottuta non mi consente di ridere. Mi si sta scollando tutto! - disse portandosi una mano al viso. Io lo guardavo trasognata, troppo sconvolta per avere qualsiasi tipo di reazione. Non sapevo se ridere o scoppiare a piangere. Russell mi diede un buffetto su una guancia.
- Ehi, non fare quella faccia, non sono una tua allucinazione, è solo un travestimento di scena! –
- Sì… certo… - mormorai senza fiato cercando di riprendermi dalla sorpresa.
- Mi fa piacere rivederti, Claire. Quanto tempo è passato? –
- Un… un giorno. –
Lui rise.
- Non mi riferivo a ieri! Non avrei mai pensato di incontrarti di nuovo. Ieri è stata una vera sorpresa. Ti ringrazio per la fedeltà. –
- Lei… lei si ricorda di me… Mr. Crowe? –
- Certo! A casa ho due dei tuoi ritratti appesi nella mia camera e altri in altre parti della casa. I miei li adorano, e anch’io. Però anni fa mi chiamavi Russell. Non ti mangio se lo fai ancora! –
Arrossii confusa, lo guardai e una irrefrenabile risata nervosa mi salì dal petto alle labbra. Lui parve sorpreso.
- Cosa c’è? –
- E’ tutto così assurdo! Non mi aspettavo nemmeno di vederti, e invece adesso ti sto parlando e tu sembri un vecchio… Nemmeno nelle mie fantasie più folli avrei immaginato una cosa del genere! – mi asciugai gli occhi con le dita.
- Il giorno dopo il nostro incontro sei sparita. Avrei voluto ringraziarti per i disegni. –
- Io… io… ti ho aspettato tutto il giorno per consegnarti i ritratti ma alla fine me ne sono andata perché dovevo prendere l’aereo per tornare a casa. La vacanza era finita. –
- Mi dispiace. –
- Mai quanto è dispiaciuto a me! –
Russell rimase un attimo a guardarmi senza dire nulla. Era bello anche così, con i capelli grigi e le rughe. Era una delle poche persone che avevano il privilegio o la sventura di vedere come sarebbero state da vecchie: uno splendido vecchio con gli occhi ed il sorriso di un ragazzino.
Un pensiero mi sfuggì dalle labbra:
- Qualsiasi cosa accada non lasciare che qualcuno o qualcosa spenga la luce che hai negli occhi. –
Gratitudine, ecco quello che lessi nel tenero sorriso che mi rivolse. Non avrei mai pensato che un uomo abituato a ricevere complimenti si lasciasse emozionare da un paio di semplici parole pronunciate da una fan qualsiasi, una come tante.
- Ti va un caffè? C’è un bar dietro l’angolo. – sussurrò.
- Sì, grazie. –
Ci avviammo in silenzio lungo la strada. Avrei dato chissà cosa per conoscere i suoi pensieri. Quanto ai miei, beh, c’era un tale confusione di emozioni nella mia testa che temevo non ne sarei uscita viva.
Entrammo nel locale e Russell mi fece cenno di sedermi ad un tavolino un po’ in disparte. Rimasi ad osservarlo mentre, con movimenti goffi, si avvicinava al bancone ed ordinava i due caffè. Era veramente un attore meraviglioso, talmente bravo che nessuno si lasciò sfiorare dal dubbio che quel vecchio fosse in realtà un attore giovane, prestante e famosissimo.
Quando tornò al nostro tavolo io stavo ridendo.
- Che c’è? – mi chiese
- Sembrava una candid camera! –
- Ti prego, non farmi ridere o uscirò di qui con la pelle a brandelli come un lebbroso! –
- D’accordo, sarò serissima. –
- Come ti vanno le cose, Claire? –
- Non mi lamento. Lavoro in uno studio di progettazione architettonica e restauro a Saint Malo e a volte mi capita di curare la scenografia di qualche spettacolo teatrale. Niente di importante ma mi diverto un po’. –
- Sono passato da Fréhel più o meno un anno e mezzo fa e mi sono fermato un attimo alla scogliera. Credevo che ti avrei trovata lì a disegnare. -
- Mi sono trasferita a Saint Malo tre anni fa. I miei vivono ancora a Fréhel, ma non vado spesso a trovarli, il lavoro mi impegna molto. -
- Ti capisco. Il lavoro, la nostra ragione di vita e la nostra condanna… Per il resto come vivi? Ti sei sposata, hai figli? –
- No, sono sola. L’ultima storia è finita poco meno di un anno fa. –
Mi stupii di me stessa e di come mi venisse spontaneo parlargli delle mie vicende.
- Maurice? – mi chiese con un sorrisetto.
A quelle parole alzai di scatto gli occhi dal caffè che stavo mescolando.
- Eh? –
- Una come tante. – disse in italiano – La fanfiction! Sono mesi che aspetto di leggerne la fine. –
Improvvisamente mi mancò l’aria come se qualcuno mi avesse tirato un pugno nello stomaco. Un sussulto ribaltò la mia tazza ed il caffè inzuppò la tovaglia. Russell, allarmato per la mia reazione e ancora di più per la mia faccia atterrita, allungò una mano a sfiorarmi il viso e mi sorrise per rassicurarmi.
- Per favore, non morire qui! –
- Io… io… non volevo offenderti… era solo un gioco… -
- Lo so, non ce l’ho con te. Il racconto mi è piaciuto, mi sono divertito. I miei assistenti scandagliano la rete e ogni tanto mi portano qualche racconto da leggere. Normalmente mi faccio quattro risate, ma nel tuo racconto c’erano troppi riferimenti al nostro incontro per essere una storia casuale, l’unica cosa che mi lasciava perplesso era la lingua in cui l’hai scritto. –
- Ho un’amica italiana che mi sta dando lezioni e che mi ha tradotto il racconto. –
Il vecchio Russell sorrise dolcemente.
- Carla. Curiosa la tua decisione di mantenere i vostri veri nomi. –
- E tu come fai a sapere che Carla è il vero nome della mia amica? -
Un sorriso enigmatico gli si disegnò sulle labbra.
- Se mi prometti di non morire ti svelo un segreto. –
- Non ne sono sicura. –
- Qualche mese fa ti sei chiesta come facesse il tuo amico Fire a conoscere tante cose di me. –

Fire era un fan di Russell che mi aveva scritto complimentandosi per il racconto. Sulle prime mi era parso strano che un ragazzo che parlava solo inglese si fosse fatto tradurre un racconto romantico scritto in italiano, con tutti quelli nella sua lingua che circolavano nella rete, ma dopo pochi giorni smisi di pensarci perché quella corrispondenza, sempre più interessante, era diventata una miniera d’oro di informazioni sul nostro attore preferito. Chi si nascondeva dietro quel nickname era una persona divertente ma anche intelligente e profonda perciò fu naturale per me affezionarmi a lui e considerarlo quasi un amico nonostante di lui non sapessi nulla tranne la sua passione per il cinema e per la musica. Tre mesi prima mi aveva detto di dover partire per lavoro e dal quel momento non mi aveva più scritto.
- E' uno del tuo staff, vero? - più di una volta ne avevo avuto il sospetto, ma Fire era sempre stato molto evasivo. Russell sorrise e non disse nulla, ma c’era un’espressione eloquente nei suoi occhi che mi lasciò esterrefatta.
- Non è possibile... – mormorai.
- Invece sì! – rispose gentilmente.
- Mi stai prendendo in giro! - esclamai alzandomi. Me ne sarei andata perché trovavo insopportabile sentirmi il bersaglio dei suoi scherzi. Era evidente che stava giocando con la mia ingenuità.
- No, tutt'altro! Non è mia abitudine contattare i miei fans che scrivono qualcosa, però ero curioso di sapere se eri veramente tu quella che aveva scritto il racconto. Ammetto di averci preso gusto, dopo un po'. -
Mi lasciai cadere sulla sedia, svuotata da tutte le energie e totalmente in balia delle mie emozioni.
- Vado a prenderti un altro caffè. - disse Russell nel vedermi sconvolta.
La situazione era più che grottesca, più che irreale ed incredibile, era così fantascientifica che non sapevo se ridere o piangere. In quel momento fui certa che per il resto della mia vita non mi sarei stupita più di nulla.
Mentre io bevevo il mio caffè, Russell si accese una sigaretta e prese a scrutarmi in silenzio. Per me fu una vera fortuna che avesse le sembianze di un vecchio perché non sarei riuscita a sopportarlo se fosse stato virile e sexy come al solito. Lui guardò l'orologio.
- Adesso devo andare, fra mezz'ora cominciamo a girare. -
- Russell… grazie! - dissi mentre ci avviavamo sulla strada che conduceva al set.
- Per il caffè? Non importa. -
- No, non solo per quello. Per le e-mail, per i film, per la musica. Era un sacco di tempo che sognavo di dirtelo. –
- Me l’hai detto tantissime volte, anche se non potevi saperlo. -
Svoltammo l'angolo della strada e immediatamente Russ si impietrì nel vedere la folla che stazionava davanti all'entrata del set.
- Signorina, può essere così gentile da accompagnare questo povero vecchio? - All'istante aveva ripreso a parlare e a camminare come l'uomo anziano e malandato che avevo conosciuto poco prima.
- Certo, professore! -
- Posso appoggiarmi? Sa, l'artrosi rende sempre più difficile muoversi. -
Sforzandomi di non ridere gli offrii il braccio e lui ci si appoggiò lievemente.
- Signorina, si goda la sua gioventù perché dura così poco! Solo ieri ero un giovanotto vigoroso e guardi adesso come sono diventato! -
Fu così che, ridacchiando e chiacchierando come un vecchio professore e una sua allieva, superammo senza problemi lo stuolo di fans che aspettavano al varco uno splendido trentasettenne e che mai si sarebbero aspettati di vedere un uomo anziano in compagnia di una ragazza qualsiasi.

Come cinque anni prima, per un colpo di fortuna mi trovavo aldilà della barricata. Questa volta la vacanza era appena iniziata…

FINE

Kya - 25/11/2002


Vorrei ringraziare tutte voi per la pazienza ma soprattutto per l'affetto ed il sostegno che mi avete dimostrato, che per me sono stati fondamentali per portare a termine questa avventura che non avrei mai pensato di intraprendere.
Un ringraziamento particolare ad Ely, per gli splendidi disegni che hanno rallegrato queste pagine, e, ovviamente, al nostro Russell, perchè senza di lui e le emozioni che mi ha regalato, probabilmente non avrei mai immaginato di avere, non dico le capacità, ma la pazienza e la volontà di tradurre i miei pensieri in un racconto.

 

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