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Russell
Crowe sulle riviste italiane... e non
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(pagina 46)
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"Ciak", novembre 1997
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Russell Crowe
Movies
L.A. Confidential
Ciak - Novembre 1997
Bentornata, Dark Lady
Il "noir" classico risorge con L.A.
Confidential
dal romanzo di James Ellroy
di Paola
Malaga
Voglia di
nero, di bassifondi, di corruzione, di donne fatali. Quasi a far da contrappeso
alla dilagante New Age, tutta armonia e spiritualità ultraterrena, dopo il pulp
resuscitato da Tarantino il cinema americano riscopre gli abissi infernali del
noir. Meno sangue sullo schermo, ma solo perchè non si vede. Meno ironia, perchè
anche quella possibilità di catarsi è andata a farsi benedire. Più angoscia, più
opulenza, più brutalità 'vera'. Torna in auge, insomma, il clima anni Quaranta -
Cinquanta, che per il cinema americano segnò il mitico incontro tra il 'glamorous' Hollywood e la
'dirty' Los Angeles. L.A. Confidential è
appunto il segnale di questo ritorno, deciso e inequivocabile, al noir tour
court, duro e puro, che rinuncia a rielaborazioni d'autore e contaminazioni post
Nouvelle Vague (come Fargo dei fratelli Coen, ad esempio) per reimmergersi
completamente nella tradizione di un genere che 'tradizionale' non è stato mai,
ma che subito è diventato 'classico'.
Il Los
Angeles Times ha definito il film "il miglior ritratto della nostra
città"
Per far
questo, ci voleva innanzitutto uno scrittore del calibro di James Ellroy (qui
per la seconda volta coinvolto dal grande schermo, dopo che James Harris nel
1987 trasse dal suo Le strade
dell'Innocenza il professionale Indagine ad alto rischio), l'unico in grado, per angoscia personale e genio
letterario, di risalire controcorrente la cosiddetta "deriva dei generi" anni
Settanta e puntare dritto all'energica sorgente originaria (il che non vuol dire
rifugiarsi nel passato con nostalgia, anzi è l'esatto contrario: l'affare Rodney
King sembra solo il capitolo più recente della storia raccontata in L.A. Confidential, e il 'Los Angeles Times' ha definito il film "il
miglior ritratto della nostra città"). Ci voleva anche un regista come
Curtis Hanson (La finestra della camera da letto, Cattive compagnie, La mano
sulla culla), da sempre affezionato al noir, ma mai attratto da sperimentazioni
ardite, il cui sogno era appunto quello di realizzare un noir anni Cinquanta. E
infine ci voleva una star capace di evocare, con la sua sola presenza, il
fantasma della dark lady, la donna che irretisce con il suo fascino e conduce
alla perdizione, un vero e proprio pilastro del noir. Perchè non Kim Basinger,
bellezza classica dalla sensualità sottilmente conturbante? Difatti eccola nei
panni di Lynn Bracken, enigmatica prostituta d'alto bordo legata a doppio filo
ai poliziotti per niente ortodossi del Dipartimento losangelino, che fa perdere
la testa a due agenti, l'impulsivo - ma con lei protettivo - Bud White (Russell
Crowe) e 'l'incorruttibile' Ed Exley (Guy Pearce). Con i capelli biondi,
pettinati morbidamente e in modo tale che un'onda le copra l'occhio destro, e la
vulcanicità raffreddata in sguardi obliqui e gesti composti, la Basinger sembra
il clone di Veronica Lake, indimenticabile interprete di Il fuorilegge, Ho sposato una strega, La
dalia azzurra. Ma il parallelo con la
famosa attrice va più in profondità, dal momento che anche il suo personaggio
ricorda la particolare dark lady interpretata dalla Lake: non calcolatrice come
la Mary Astor del Mistero del
falco, non avida come la Barbara Stanwyck
della Fiamma del peccato, non perfida come la Bette Davis di Ombre malesi e
Piccole volpi, ma donna fatale quasi suo malgrado, addirittura
innamorata e comprensiva. E questa sfumatura significativa si adatta
perfettamente alla 'nuova' Kim Basinger, per la quale il ritorno del noir
classico segna anche il rientro in attività dopo tre anni di assenza dagli
schermi (la sua ultima apparizione risale a Prêt-à-porter di
Robert Altman), dovuta alla nascita di una bambina di nome Ireland.
Russell Crowe (Bud White) e Kim Basinger (Lynn Bracken) |
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Russell Crowe
Movies
L.A. Confidential
Ciak - Novembre 1997
Intervista a Kim Basinger
Bentornata, Dark Lady
A Hollywood potresti anche essere un attore shakespeariano, ma se la tua
etichetta è quella di sex symbol, nessuno ti offre ruoli
alternativi
di Paola
Malaga
Le è mancato
il cinema in questi anni?
"Sì, ma mi sono
divertita molto di più a fare la mamma. Quindi ci voleva un progetto davvero
speciale per riportarmi sullo schermo. In realtà non ho mai pensato di
abbandonare il mio lavoro: sono solo andata via per un pò, mi sono occupata
della mia vita privata, ne avevo bisogno. Adesso la parola chiave della mia vita
è 'chiarezza'. Ho una figlia, non ho tempo di occuparmi della mia immagine, e
non mi interessa più. Sul lavoro, sono diventata più selettiva per forza e per
scelta.
E cosa l'ha
spinta ad accettare L.A. Confidential?
"Innanzitutto il
fatto che fosse un film molto centrato sugli attori, cosa rara a Hollywood, e
che fosse tratto dal romanzo di Ellroy, cosa ancora più sorprendente per
Hollywood. Io ammiro moltissimo Ellroy, soprattutto per American tabloid,
che trovo un libro di estremo coraggio e stupefacente per la scrittura. Così,
quando Curtis Hanson mi ha chiamata, anche se non avevo ancora letto L.A.
Confidential, ero entusiasta che dietro ci fosse un suo romanzo. Ma c'è
un'altro motivo, più personale: questo film era l'unico che mi riportasse ai
tempi in cui ero bambina e vedevo con mio padre, spesso alla televisione, quel
genere di film anni Quaranta e Cinquanta a cui L.A. Confidential si
ispira. Naturalmente mi identificavo con il glamour delle dive, giocavo a
imitarle, sognavo di potere, un giorno o l'altro, indossare abiti così eleganti,
recitare dialoghi brillanti e tenere in scacco tutti. Quei personaggi femminili
per me erano l'equivalente delle regine delle favole"
Ha rivisto
molti noir per prepararsi al suo ruolo?
"Sì, soprattutto
quelli interpretati da Veronica Lake. Avrò visto Ho sposato una strega
una ventina di volte da piccola, ma quel che ricordavo di lei erano solo i
capelli color oro che le coprivano l'occhio. Rivedendola adesso in vari film ho
scoperto che è stata una delle attrici più brave, affascinanti e sofisticate di
Hollywood. Ha avuto una carriera tragicamente breve, anche perchè odiava
Hollywood, e mi piacerebbe che fosse riscoperta oggi".
Considera
questo film una svolta nella sua carriera?
"Più che una
svolta, il passaggio ad una nuova fase. A Hollywood potresti anche essere un
attore shakespeariano, ma se la tua etichetta è quella di sex symbol, nessuno ti
offre ruoli alternativi. L'unica speranza sono i registi, quelli che hanno il
coraggio di rischiare, s'intende. Bisogna cercare i registi, non i produttori,
ed è quello che sto facendo".
Com'è andata
con Curtis Hanson?
"Lui mi voleva a
ogni costo, e aveva molta più fiducia in me di quanta ne avessi io. Ho passato
qualche ora con lui in una stanza tapezzata di foto di attrici e attori degli
anni Trenta e Quaranta, e Curtis, prima ancora che accettassi, ha spiegato
esattamente come pensava dovesse essere il mio personaggio. La sua risolutezza,
le sue idee chiare e la bellezza della storia mi hanno convinto senza riserve.
Sono uscita dal suo ufficio senza poter dire no".
Veronica
Lake
Dama nera, chioma bionda
Unghie
laccate, lussuosi abiti da sera più o meno fascianti, guanti lunghi, trucco
impeccabile, sigaretta aspirata con voluttà, occhiali scuri. Ma una vera dark
lady si riconosce dai capelli, come sa bene il regista di L.A.
Confidential. Tra i colori del noir, il più gettonato è il biondo anche se
non mancano vistose eccezioni come la rigogliosa chioma fulva di Rita Hayworth
in Gilda, poi ripresa
da Jessica Rabbit.
Tra i tagli,
il lungo è preferibile, ma non è detto: sempre la Hayworth passò al corto
drastico grazie al marito Orson Welles, che nella Signora di Shanghai si
sbarazzò per sempre di Gilda con le forbici e la tinta (il rosso passione
diventò un glaciale biondo platino), scioccando milioni di spettatori. Ma oltre
ai tagli ci sono i dettagli, come l'onda lunga e sinuosa di Veronica Lake o il
capriccioso boccolo di Barbara Stanwyck. In L.A. Confidential, la
Basinger cavalca l'onda della Lake, e Hanson le procura un mantello con
cappuccio simile a quello della diva in Mia moglie è una strega. Poi,
imitando Welles, taglia i capelli anche lei. Questione di
fatalità.
Rita
Hayworth |
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Russell Crowe
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L.A. Confidential
Ciak - Novembre 1997
Le ossessioni di James Ellroy
Nessuno sa raccontare il lato oscuro di Los Angeles come
lui,
A Ciak lo scrittore rivela il suo passato di dolore ed eccessi alle
spalle.
E le sue predilezioni.
Gialle
di Paola
Jacobbi
James Ellroy,
l'uomo ha una tale storia di deriva sociale e sofferenza alle spalle che
potrebbe essere uscito direttamente dalle pagine di un romanzo di James Ellroy.
Lo scrittore, invece, così come ci appare durante l'intervista, potrebbe uscire
solo dalla club-house di un esclusivo campo da golf, il suo sport preferito da
quando è diventato ricco e famoso. Un contrappasso a rovescio se si pensa che
Ellroy, negli anni della miseria, aveva, tra mille mestieri, esercitato anche
quello di 'caddie', lo sherpa di lusso dei
golfisti.
Il film di
Curtis Hanson tratto da uno dei suoi romanzi piace a James
Ellroy.
"Molti
sostengono che L.A. Confidential è troppo tirato a lucido per essere la
trasposizione cinematografica di una delle mie storie" racconta.
"Ovviamente non sono d'accordo. Pur tagliando, Curtis ha reso l'essenza del
romanzo, la sua violenza e soprattutto il grande tema dello scontro tra
realtà e illusione. Quanto alla città, la trovo perfettamente descritta, nelle
ricostruzioni e negli indispensabili piani ravvicinati. Oggi non si possino
certo ambientare delle grandi scene con ampie inquadrature in Wilshire
Boulevard: è troppo trasformato".
Lo scrittore
è nato a Los Angeles nel 1948, ma la data-clou della sua vita è quella della
morte della madre, barbaramente uccisa il 2 giugno 1958 da uno sconosciuto
rimorchiato in un bar. Il delitto, rimasto tuttora insoluto, ha segnato la
storia personale e tracciato il suo destino letterario.Dopo una giovinezza spesa
tra piccola delinquenza, alcol e droga, negli anni Ottanta, Ellroy si mette a
scrivere dei polizieschi che hanno subito successo. Ma il libro che lo impone
all'attenzione della critica è Dalia nera, proprio la storia di sua
madre. Con i due romanzi successivi (Il grande nulla e Los Angeles
strettamente confidenziale, da cui è tratto il film di Curtis Hanson)
diventa un autore di culto. Tra i suoi libri è notevole American tabloid,
feroce esposizione dei panni sporchi della Cia, dell'Fbi, della mafia e della
famiglia Kennedy. Ma il più sconvolgente è l'ultimo uscito (in Italia da
Bompiani, mentre tutti gli altri titoli sono editi da Mondadori): I miei
luoghi oscuri, l'inchiesta poliziesca, ripercorsa crudamente da Ellroy,
sulla morte della madre.
Tutti i suoi
romanzi sono stati opzionati da qualche produttore, compreso
quest'ultimo.
"Ci terrei
molto che I miei luoghi oscuri diventasse un
film. Me lo
immagino come un documentario, con me come
narratore".
Appassionato
di noir d'epoca, Ellroy confessa di andare poco al cinema, non più di sei volte
l'anno.
"Il
problema è che a me piacciono solo i polizieschi", spiega. "Mi interessa
in genere, dalla metà degli anni 40, fino al '61. Detesto i musical e i film di
fantascienza, quelli con gli effetti speciali o con le arti marziali, e non
sopporto i drammi familiari".
Attaccato a
passato, attento alla ricostruzione storica in tutti i dettagli d'epoca, James
Ellroy non sembra interessato ad applicare il suo talendo alle storie 'nere' di
oggi.
"I delitti
sono diventati più meccanici e meno perversi. Non solo: la criminalità di Los
Angeles è prevalentemente nera e latina: io non saprei raccontare le loro
vicende, non parlo la loro lingua. Quindi resto attaccato all'epoca e al mondo
che conosco. Mi ispiro a fatti realmente accaduti, ma poi invento, rielaboro,
proietto".
(Ciak Novembre
1997)
CIAK ARRETRATI - Ufficio
Collezionisti
Tel 02 92735353 - Fax 02
92109002
e-mail: collez@mondadori.it
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