Capelli lunghi, barba non fatta, camicia
azzurra su giacca marrone, ha pure provato a parlare italiano. Ha infatti
esordito rivolto ai giornalisti con un "Buongiorno. Scatenate
l'inferno". Così si è
presentato l'attore australiano Russell Crowe ai giornalisti nel corso
dell'incontro di presentazione della pellicola Rapimento e Riscatto
per la regia di Taylor Hackford che uscirà nelle sale cinematografiche
italiane il 2 marzo 2001. Rapimento e riscatto come business, è questo il
filo conduttore di un film che ha fatto parlare di sé anche per la love
story nata sul set tra Crowe e la bella Meg Ryan, nota a Hollywood come la
fidanzatina d'America. Sull'argomento il gladiatore non ha aperto bocca.
La Warner Bros ha fatto sapere in anticipo ai giornalisti che non erano
gradite domande sulla vita privata dell’attore.
Scontroso, irascibile ma anche affabile e
ironico, decisamente accattivante, senza dubbio affascinante, oseremmo
dire un gladiatore dal cuore tenero che non ama le mezze misure e che
preferisce dire quello che pensa: si lascia andare volentieri al
turpiloquio mentre fuma una sigaretta dietro l'altra. Russel Crowe non
risponde a domande sulla sua vita privata (la sua storia d'amore con Meg
Ryan sembra sia finita da poco), per il resto lo scopriamo loquace e con
un grande senso dell'umorismo, si capisce che non gli importa molto di
essere uno degli attori più amati dalla platea femminile, è un divo suo
malgrado, fiero di essere australiano e ancora più orgoglioso di aver
lavorato con registi del calibro di Michael Mann, Ridley Scott, Curtis
Hanson e Taylor Hackford che lo ha diretto in Rapimento e Riscatto.
Cosa l'ha stimolata di più di questi
registi?
Curtis Hanson è un pensatore, una persona che
cerca di arrivare al fondo di ogni cosa, ha bisogno di tempo, anche quando
gli si fanno delle domande sicuramente avrai una risposta ma nel tempo che
lui decide, siamo molto amici e abbiamo molto rispetto l'uno dell'altro,
L.A.Confidential è un film che mi ha portato in una nuova stratosfera di
lavoro, non volevamo realizzare un film di successo ma un buon film. Per
quanto riguarda Michael Mann è un pazzo, completamente folle, è
molto intelligente e ha un'ottima memoria fotografica, bisogna fare molta
attenzione al tipo di domande che gli si fanno perché risponde sempre a
tono, il mio rapporto con lui è come quello di un padre e suo figlio,
credo sia il regista che mi ha permesso di esprimermi al meglio. Lavorare
con Ridley Scott è come fare fisica quantistica con Picasso, perché
è un pittore, un artista visivo, è molto brillante ed ha un fantastico
senso dell'umorismo, forse perché è inglese. Taylor Hackford è
proprio un'altra cosa.
Recitare è semplice per lei?
Sì, è semplice, facile. Si dicono tante
cose sul mestiere dell'attore, in realtà essere attori vuol dire sapere
le battute, sapere come vanno dette e poi si gira. Quello che posso dire
è che è molto piacevole capire a fondo un personaggio, essere coinvolti
dalla vita stessa del personaggio che si interpreta; non è una cosa
indispensabile, però fare delle ricerche aiuta anche ad avere un rapporto
migliore con il regista.
Crede che comporti delle differenza
essere un attore australiano che lavora negli Stati Uniti?
Contrariamente a quello che si pensa noi
australiani abbiamo un ottimo grado di istruzione, leggiamo moltissimo,
affrontiamo tutte le forme artistiche molto seriamente; quindi prima di
essere notati dai registi facciamo una lunga gavetta, e poi gli
australiani sono prima di tutto ottimi attori di teatro, anch'io ho fatto
teatro, e prendiamo tutte le arti in maniera molto seria. Prima di
arrivare all'attenzione dei registi alle spalle abbiamo migliaia di ore di
teatro, un esempio in questo senso è proprio Mel Gibson che prima di
approdare ad Hollywood era un grande attore di teatro. Ci dipingono solo
come i belli del cinema, ma non è così. Di noi attori australiani posso
dire che siamo molto pratici, pragmatici e non arroganti; se un regista ci sceglie è per l'esperienza.
Cosa pensa dell'affermazione di Anthony
Hopkins che di recente ha detto che recitare è molto semplice?
Ha perfettamente ragione. Essere attori
significa solo imparare delle battute e sapere in che modo devono essere
dette. Quello che mi piace di questo lavoro è capire il personaggio che
si va ad interpretare e lasciarmi coinvolgere completamente nella sua vita
anche se alla fine non è indispensabile farlo. Sicuramente studiare la
persona a cui presti il tuo corpo è utile.
Nel film Rapimento e Riscatto si
affronta il tema del rapimento, crede sia una dei crimini peggiori? C'è
qualcosa che la spaventa particolarmente?
Privare una persona della sua libertà è
certamente un'azione terribile. La cosa che mi spaventa di più, che credo
vivrei molto male è la possibilità di finire in prigione, nel ruolo di
Massimo [vd. Il Gladiatore] ho vissuto questa esperienza ed è
terrorizzante.
Si sente un po' un ostaggio dei media?
Crede di aver perso parte della sua libertà, si sente etichettato?
Sicuramente mi sento un po' un prodotto.
Ovviamente Hollywood ha sempre bisogno di un cattivo, sembra che sia
questa l'etichetta che mi hanno affibbiato ma io non avrei mai potuto
avere il tipo di rapporto che ho con i registi se non fossi stato la
persona che sono. Sono stato anche definito un animale selvaggio, una
persona priva di emozioni ma in realtà sono una persona molto sensibile,
se non lo fossi non avrei potuto fare i personaggi che ho fatto. Rispetto
a questo tipo di critiche cerco di mantenere il mio senso dell'umorismo e
un certo distacco.
Per il secondo anno consecutivo
candidato all'Oscar come migliore attore, lusingato?
Non so se sono più sorpreso quest'anno o
se lo sono stato lo scorso anno quando ho ricevuto la nomination per Insider.
È sicuramente un onore per me ottenere questi riconoscimenti, soprattutto
perché la nomination ti viene data dai tuoi stessi colleghi. Il Gladiatore
si presenterà ad Hollywood con 12 possibilità di vittoria, speriamo
bene, ma non dobbiamo dimenticare che "Hollywood è un castello di
carte e bisogna stare attenti da che parte tira il vento" (frase
recitata in lingua italiana dall'attore). Un merito particolare va al
regista Ridley Scott che ha svolto un lavoro quasi perfetto riuscendo a
realizzare un film commerciale ma di alto contenuto artistico. Ridley negli ultimi
venti anni ha fatto grandi cose e il
successo al botteghino gli permette di continuare a fare il suo lavoro al
meglio. Lavorare con lui é come fare la fisica quantistica con Picasso,
un vero pittore. E il successo commerciale gli permetterà di andare
avanti così. Non ho ancora visto il suo Hannibal, ma non vedo
l'ora: dicono che fa davvero spavento. Comunque è un grandissimo piacere, è un onore ricevere
l'attenzione dell'Academy, credo di meritarla questa nomination.
Si vedrebbe in futuro nella parte di
James Bond?
Potrebbe essere una grande opportunità ma
so che Pierce Brosnan ne dovrà fare un altro per contratto. È un
personaggio affascinante che a mio avviso fino adesso non è stato preso
molto seriamente. Chi svolge il lavoro da 007 è una persona da scoprire e
studiare attentamente, se mi fosse concessa l'occasione vorrei rafforzare
questo tipo di persona e renderla più contemporanea.
La musica è una delle sue grandi
passioni, da sempre.
Suono la chitarra e canto in un gruppo, si
chiama "Thirty Odd Foot of Grunts", stiamo insieme dall'84 e
abbiamo inciso il nostro quinto album Bastard Life or Clarity. La
musica è il mezzo con cui esprimo me stesso, soddisfo tutti i miei
bisogni, quando faccio l'attore sono nei panni di qualcun altro e soddisfo
il bisogno di qualcun altro, quando sono con la mia band sono me stesso.
Fino adesso non ho mai avuto problemi nel fare entrambe le cose. Siamo
stati invitati ufficialmente a Sanremo, ma ancora non abbiamo dato una
risposta perché dobbiamo valutare gli impegni di ciascuno di noi.
Comunque ci piacerebbe andare al Festival e, se andremo, sicuramente
faremo tappa anche a Milano
I suoi progetti futuri?
Sarò un matematico schizofrenico nel nuovo
film di Ron Howard A Beautiful Mind.
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