I Templari e la Sindone
tra fede e fantasia
presentazione del libro di
Andrea Nicolotti, I Templari e la Sindone. Storia di un falso. Salerno Editrice, Roma 2011
Andrea Nicolotti ha recentemente pubblicato per la Salerno Editrice un volume in cui esamina la teoria che collega i Templari alla Sindone, di cui si parla nel presente articolo, mettendone in luce le incongruenze e configurandola come un falso. Nel libro, l’autore prende in esame i diversi aspetti della storia della Sindone: il rapporto tra il culto della reliquia e il catarismo, le presunte somiglianze tra essa e alcune rappresentazioni artistiche medievali, i rapporti genealogici tra le famiglie nobili che parteciparono alle crociate, i resoconti di alcuni viaggiatori in terra bizantina.
La copertina del mensile di Aprile 2012
La reliquia è infatti attestata nel piccolo villaggio francese di Lirey, nella diocesi di Troyes, in una chiesa la cui costruzione fu voluta dal nobile Geoffroy de Charny. Passata tra le proprietà di Lodovico di Savoia nel 1453, la Sindone fu poi custodita quasi ininterrottamente a Chambéry dal 1502 al 1578, anno in cui Emanuele Filiberto la trasferi a Torino, nuova capitale del ducato di Savoia.
Alcuni studiosi ritengono, come già ricordato, che nel 1204 la Sindone si trovasse a Costantinopoli, ma la notizia è indimostrata. In ogni caso, anche se lo fosse, sarebbe comunque necessario colmare un secolo e mezzo di silenzio delle fonti e riuscire a spiegare in che modo da Costantinopoli la reliquia fosse arrivata nel cuore della Francia.
La teoria del possesso segreto da parte dei Templari risolverebbe gran parte del problema, qualora potesse essere dimostrata. Ma, oltre alle difficoltà già menzionate, si aggiunge un ulteriore interrogativo: come poterono i Templari salvare la Sindone dal cadere nelle mani di Filippo il Bello o dall’essere devoluta a un altro Ordine religioso? E come poterono farla giungere nei pressi di Troyes?
Dal momento che fino a ora non esiste alcuna prova che essa sia mai stata nelle mani dei cavalieri, la risposta è semplice: per ora non ha senso immaginare qualche rocambolesca fuga per evitare l’arresto e il sequestro di tutti i beni, Sindone compresa, che quella mattina del 13 ottobre colse tutti i Templari di sorpresa.
L’equivoco «de Charny»
Chi insiste con la pista templare, però, ricorre all’argomento dell’omonimia. Poiché il Precettore templare di Normandia che il 18 marzo 1314 venne bruciato sul rogo assieme al Gran Maestro Jacques de Molay si chiamava Geoffroy de Charnay (o Charney), se ne è dedotto che dovesse appartenere alla stessa famiglia del Geoffroy de Charny, colui che in seguito fece edificare la chiesa in cui la Sindone ebbe la sua prima residenza accertata.
Una circostanza, però, tutta da dimostrare: sono talmente tante le possibili varianti grafiche dei due nomi (Charnaio, Charneio, Charny, Charnay, Chargni, Chargny, Charniaco, Charni, Charnaye) e così numerosi i villaggi che recano un nome compatibile con quei cognomi, che soltanto inoppugnabili prove di parentela potrebbero chiudere la questione. Prove che, nonostante certe imprudenti affermazioni dei sindonologi, ancora non esistono.
Eppure molti non esitano a prendere per buona l’ipotesi secondo la quale Geoffroy il Templare sarebbe stato uno zio del Geoffroy di Lirey: era la teoria di un autore televisivo di nome Henry Soskin, conosciuto anche con gli pseudonimi di Norman Ashby o Henry Lincoln. Si tratta dello scrittore inglese che si è distinto nel 1982 come coautore, assieme a Michael Baigent e Richard Leigh, di un fantasioso libro sul Santo Graal. Questo libro - nel quale si espone la teoria secondo la quale Gesù non sarebbe stato crocifisso in Palestina, ma sarebbe fuggito in Francia, dove insieme alla moglie Maria Maddalena avrebbe dato origine alla dinastia merovingia - è una delle fonti ispiratrici del Codice da Vinci di Dan Brown.
Siamo ormai, palesemente, nel campo della fantasia. La stessa che ha attribuito ai Templari il possesso di chimerici tesori, conoscenze alchemiche e pratiche magiche, e che ha solleticato la fantasia degli esoteristi. La storia, però, è altro dalla fantasia, e ci invita a non permettere che anche la Sindone, suo malgrado, diventi l’oggetto di simili sfrenate speculazioni. Il Santo Graal, per questo, basta e avanza.
Copia del Mandylion di Edessa, una venerata immagine del volto di Gesù
che la tradizione fa risalire all’epoca di Cristo.
Olio su tela di Giuseppe Franchi (1565-1628). Milano, Pinacoteca Ambrosiana.
Fonte: "Medioevo un passato da riscoprire" Aprile 2012 p. 97
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