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La Sindone di Torino e le Sindoni

Cfr. Pierluigi Baima Bollone, Sindone:  la prova, A. Mondadori, Aprile 1998 pp.189-192

 

 

Si afferma spesso che una delle ragioni per cui la Sindo­ne non è autentica è che di oggetti simili ne esistono molti. La realtà è che conosciamo numerose copie a grandezza naturale della Sindone dipinte su tela e assai diffuse nei secoli VI, VII e VIII.

Si tratta di 52 diversi esemplari. Di questi, 27 recano la data scritta sulla tela. Gli altri 25 sono egualmente databili sulla base di documenti di autenticazione o di altri scritti. Essi null'altro dimostrano se non la grandissima venera­zione di cui godeva la Sindone, ritenuta preziosa reliquia della sepoltura di Gesù.

 

L'origine delle copie è molte varia, ma il motivo princi­pale era quello di possedere, come si credeva, una reliquia tale e quale all'originale. E a questo scopo la copia era posata sopra la Sindone per un contatto perfetto di ogni singola parte in occasione delle ostensioni che nel 1600 furono numerosissime. D ricordo di tale contatto è rimasto non solo in documenti dell'epoca, ma anche scritto su alcune copie. Nelle copie di Guadalupe e di Navarrete, entrambe del 1568 e anche, per quanto risulta, della stessa mano, si legge tra le altre notizie: «Questa pictura [...] estata distesa dissopra di iunio 1568».

Nella lunga scritta della copia di Napoli (1652) il particolare è ancora di più specificato: «Ommi dimensione simillium exemplar [...] contactu Prototypi consecratum Archiepiscopi manu».

Queste copie erano destinate (o richieste) come ambiti regali a monasteri, conventi, prelati, alte personalità, congiunti dei Savoia, che le consideravano come vere reliquie appunto per il contatto avuto con l’originale. [...]

Sui documenti che si riferiscono ad alcune copie si leggono dichiarazioni come le seguenti: «Copia perfettamente uguale all'originale», «copia ottenuta miracolosamente». Tali espressioni usate per accondiscendere alla credulità popolare, sempre alla ricerca del miracoloso, non hanno nessuna corrispondenza con la realtà, che è fin troppo eloquente di per se stessa: manufatti confezionati con tanta buona volontà, ma nulla più.

Altro particolare su cui portare l’attenzione è quello delle scritte. Quella che si legge nella maggior parte delle copie è: EXTRACTUM EX ORIGINALI TAURINI ANNO... In alcune copie invece della particella EX si trova AB. «Cavato dal Originale» si legge nelle copie di Lisbona, 1620, e di Summit N.J. (USA), 1624. «Sacado dal Original» riporta la copia di Torres de Alameda, 1620. Alcune copie, quindi, sono state riprese direttamente dalla Sindone. Ma è da supporre che tante altre siano state dipinte non direttamente, ma servendosi di un modello-tipo [Fossati L., Le copie della Sacra Sindone a confronto con l'originale e il loro valore documentario, «Sindon N.S.», Quad. n. 3, dicembre 1991, pagg. 33-56].

 

Tutte queste sindoni dipinte, differiscono dall'originale perché questa non contiene tracce di pittura né esiste, nelle immagini, alcuna direzionalità, come dovrebbe essere se si trattasse di un dipinto.

Le immagini della Sindone, inoltre, compaiono su un solo lato del lenzuolo, senza affiorare dall'altro, hanno in ogni sede colore monocromo giallo paglierino, mancano di contorni e sono poco contrastate.

[...]La maggiore o minore intensità dell'immagine è dovuta all'intensità delle fibrille ingiallite. Le macchie di sangue, invece, emergono sulla faccia opposta. Sotto le macchie le fibrille non appaiono ingiallite, come se l'immagine si fosse prodotta dopo il versamento del sangue. Ben si rendeva conto di tutti questi problemi il sindonologo G. Caselli che, nella sua relazione al Congresso del 1950, rimasta inedita, scriveva:

 

A me sembra che, al lume delle moderne conoscenze scientifiche, sia possibile stabilire oggi i seguenti dati di fatto sulle impronte della Sindone di Torino:

1) L'immagine del corpo umano che essa riproduce è senza dubbio una figura ortogonale; intendendo per figura ortogonale una proiezione ad angolo retto come quella che ci dà lo specchio o che si ottiene sulla lastra fotografica. Immagine quindi a due sole dimensioni: altezza e larghezza; manca la terza dimensione, la profondità.

La figura della Sindone risponde infatti a tali requisiti; nessun segno ben rilevabile di impronte laterali o di profondità; ma solo impronte di altezza e larghezza. Immagine quindi indubbiamente ortogonale.

Ma un'immagine ortogonale si può solo ottenere su un piano liscio come sono appunto lo specchio o la lastra fotografica; e poiché la Sindone contiene un'impronta ortogonale, ne viene la naturale conseguenza che al momento di formazione di detta impronta la tela doveva trovarsi perfettamente tesa come un piano tanto al di sopra quanto al di sotto della salma e in posizione parallela ad essa, in modo da raccogliere la sola proiezione ad angolo retto con esclusione di impronte laterali; mentre è chiaro ed evidente che sulla tela avvolta attorno al corpo e per di più legata e stretta con fasce, dovevano prodursi anche impronte laterali o tridimensionali, che invece mancano completamente.

Il voler ammettere che il lenzuolo abbia avvolto quel corpo e che da tale avvolgimento ne siano derivate quelle impronte ortogonali non è possibile per la contraddizione che nol consente.

Ma se la posizione orizzontale e tesa è ammissibile per la parte che si trovava sotto la salma, non pare possibile esserlo per l'altra parte che era al di sopra di essa e che è giocoforza la avvolgesse anche ai lati; i Sacri Testi ci parlano di fasce e bende usate per legare e stringere la Sindone. Vedremo infatti, studiando le impronte sanguigne, come sia facile dimostrare che anche la parte posteriore del lenzuolo era ripiegata e stretta attorno ad essi, e anche qui manca qualsiasi segno di impronta laterale.

Credo quindi di poter portare questa prima affermazione: che la figura ortogonale che oggi ritroviamo sulla Sindone, prodottasi sulla tela quand'era avvolta intorno al Corpo di Cristo, rappresenta un fatto anormale.

2) Le due figure della Sindone che ci rilevano l’impronta anteriore e quella posteriore del Sacro Corpo di Cristo hanno gli stessi caratteri morfologici, sono cioè simili e dello stesso tipo; mentre è evidente che l’impronta anteriore avrebbe dovuto presentare una grande differenza da quella posteriore.

Basti pensare al peso del cadavere sulla tela per convincersi subito che l’impronta del dorso debba avere tutt’altri caratteri di quella del ventre, che è invece determinata dal solo peso della tela sul cadavere. A una differenza ponderale così enorme doveva seguire un'altrettanto enorme differenza fra i due tipi di impronte: lievissima, appena sensibile, quasi insignificante, quella prodotta dal peso del lino sulla salma; assai mar­cata, dura, densa e opaca quella data dal peso della salma sul lino. Invece le due impronte sono pressoché uguali: la differenza, se pure esiste, è minima e assolutamente non proporzionata alla differenza ponderale. Certamente più di 80 chili il cadavere, poco più di mezzo chilo la tela (il peso totale della Sindone è stato valutato dal Timossi in appena 1,4 kg).

 

Sono proprio questi e gli altri elementi precedentemente descritti che spingono, una ventina d'anni dopo, gli statunitensi A. Adler e J. Heller ad escludere ogni ipotesi di falsificazione.

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