Eucaristia, comunione e comunità

Documento pastorale dell’Episcopato italiano 11-15/04/1983

Anno della Redenzione

3: séguito dalla precedente

 

Parte Seconda

PER LA REVISIONE DI VITA E L’IMPEGNO DELLA COMUNITÀ CRISTIANA

 

In questa seconda parte del documento vogliamo avviare una revisione di vita che prenda le mosse non tanto da semplici rilevazioni di indole sociologica - sulle quali peraltro più volte ci siamo soffermati - quanto dalla consapevolezza del dono ricevuto. L'Eucaristia è infatti un dono esigente, che interpella e giudica le nostre comunità perché considerino sempre la reale centralità di questo mistero nella propria vita e nel proprio impegno missionario.

L'Eucaristia permane segno di contraddizione per l'uomo di ogni tempo ed è pertanto discriminante della fede in Cristo e della sua sequela. Si tratta di lasciarsi convertire dall'Eucaristia, verificando la propria fedeltà a Cristo e alle esigenze che nascono dalla accoglienza del sacra­mento del suo corpo e del suo sangue (cfr. Capitolo primo).

Dalla revisione di vita nascono alcuni obiettivi pastorali prioritari che fondano il rapporto Chiesa-Eucaristia e avviano a impegni precisi di verifica e di rinnovamento del modo di celebrare e di vivere l'Eucaristia nelle nostre comunità.

Si tratta di indicazioni che ogni Chiesa locale è chia­mata ad approfondire, a completare e a precisare, parten­do dalla sua concreta situazione pastorale (cfr. Capitolo secondo).

Offriamo infine quattro capitoli, a modo di semplici schede, su quattro ambiti della vita ecclesiale particolarmente importanti: il giorno del Signore, il rapporto tra l'Eucaristia e gli altri sacramenti, il culto eucaristico fuori della Messa e la dimensione missionaria dell'Eucaristia.

Con questa scelta non intendiamo esaurire la ricerca delle comunità cristiane in vista di una testimonianza piena e integrale che desuma dalla Eucaristia la sua carica inferiore e il suo metodo evangelico. Abbiamo scelto quegli aspetti della vita e della missione della Chiesa che ci sembrano i più bisognosi di attenzione. Il fatto di sottolineare costantemente il loro rapporto con il tema del presente documento «Eucaristia, comunione e comunità» esplicita la nostra intenzione di fondo: quella di portare la Chiesa italiana verso quel rinnovamento di vita che l'Eucaristia esige e il paese attende.

 

Capitolo I

DISCEPOLI DI CRISTO NELL'EUCARISTIA

Nell'Eucaristia l'amore di Cristo ci interpella

61. Non si può essere Chiesa senza l'Eucaristia. Non si può fare Eucaristia senza fare Chiesa. Non si può mangiare il pane eucaristico senza fare comunione nella Chiesa.

Queste affermazioni, che raccolgono l'esperienza viva e la tensione costante della comunità cristiana di ogni tempo, riconducono ad interrogarci, nell'oggi, sulla nostra fede, per verificare la reale portata di questo vincolo indissolubile tra Chiesa ed Eucaristia.

Molti cristiani vivono senza Eucaristia; altri fanno l'Eucaristia ma non fanno Chiesa; altri ancora celebrano l'Eucaristia nella Chiesa, ma non vivono la coerenza dell’Eucaristia.

Una autentica comunità ecclesiale, che voglia vivere la comunione, pone al suo centro l'Eucaristia e dall'Eucaristia assume forma, criterio e stile di vita: l'Eucaristia è la vita, ed è la scuola dei discepoli di Gesù.

 

L'Eucaristia, cammino di fedeltà

62. Nell'Eucaristia siamo ogni giorno convocati per seguire il Signore con donazione totale: per riconoscerlo nella parola e nel pane spezzato, per accoglierlo nel mistero della fede. Ogni Eucaristia è un rinnovato invito al «discepolato», cioè a stare alla sua scuola, per vivere con lui e testimoniare la sua reale presenza tra noi.

Vivere la nostra vita come discepoli, vuoi dire accettare lo «scandalo» della croce. Anche l'Eucaristia, che del­la gloria della croce è massima celebrazione, è scandalo da vivere.

Il nostro radicarci nell'Eucaristia ci libera dalla logica dell'efficienza: mettendoci in comunione personale con il corpo e il sangue di Cristo, ci fa vivere la logica della croce e ci fa maturare per la risurrezione.93

63. È qui la vera «sequela» di Cristo, liberata dai rischi dell'intimismo o del formalismo esteriore, diventata sottomissione al Padre e accoglienza del suo giudizio e del suo progetto sulla nostra vita, sulla storia, sull'ambiente, sugli uomini. Tale «sequela» è fatta di ascolto, di preghiera, di sacrificio, ed è presenza responsabile, incarnata nelle vicende del tempo ove solo si compie il cammino della santità, e di operosa attesa della venuta gloriosa del Signore.

Giorno per giorno rispondiamo all'appello di Cristo con un cammino di fedeltà che trasforma tutta l'esistenza in luogo d'incontro col Signore e con i fratelli, e in offerta a lui gradita.

Frutti di questa esistenza eucaristica quotidiana sono la fiducia, la libertà di spirito, l'impegno sereno a capire sempre più la realtà, il dialogo, la competenza nel lavoro, la gratuità, il perdono, la dedizione nei rapporti interpersonali, la verità verso se stessi. È questo modo di interpretare l'esistenza e di viverla che inserisce l'Eucaristia nella vita e trasforma la vita in permanente rendimento di grazie.

 

L'Eucaristia, momento discriminante per la comunione

64. Eppure l'Eucaristia può sempre essere, per i battezzati, una sorta di sacramento incompiuto. Se essa non entra a fondo nella loro vita, rimane un episodio datato. Come è sede di una chiamata e di una risposta d'amore per alcuni, diventa per altri il mistero di una risposta respin­ta, di un invito non accolto, come rivela la parabola del banchetto nuziale.94.

Per l'Eucaristia, infatti, passa la discriminante della nostra adesione a Cristo. A Cafarnao, all'indomani della moltiplicazione dei pani, Gesù invitava le genti sfamate a cercare un altro pane, «quello che dura per la vita eterna».95 Così egli si proponeva come pane di vita, al quale si aderisce per la fede e il sacramento, e poneva se stesso, presente in quel pane, come segno discriminante della sua sequela. La gente trovava troppo duro quel linguaggio e cercava un alibi alle proprie decisioni. È la gente di sempre alla quale Gesù rivolge la domanda decisiva: «Anche voi volete andarvene?» (Gv 6, 67).

65. L'Eucaristia diventa, così, momento determinante della fede, È discorso duro, è segno di contraddizione per ogni uomo, per questo nostro tempo, per le stesse comunità cristiane. È come il crinale della storia, su cui si ripercuotono i problemi del mondo. Nel dilemma «fede-durezza di cuore» che la vede al centro, l'Eucaristia diventa giudizio di riconciliazione dell'umanità. Per questo l'Eucaristia va continuamente riscoperta. Come Pietro, siamo sempre posti di fronte alla scelta di fondo: mettere o non mettere Cristo al centro della vita; decidere se mangiare o bere del suo corpo e del suo sangue, per fare vita di comunione con lui; se edificare la sua comunità sulla comunione con lui; se dominare o servire.

Molte altre preoccupazioni, di ordine sociale e di ordine pastorale, stanno giustamente a cuore alla Chiesa italiana, anche per la sua missione nel paese. Sono preoccupazioni che devono essere attentamente studiate, con il contributo delle scienze umane e di più vaste competenze. Ma alla fine, per vivere la comunione che viene da Dio, la comunità cristiana deve tutto misurare sull'Eucaristia, per esprimere nella sua vita l'abbandono adorante della fede: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6, 68).

 

Capitolo II

QUESTO DISCORSO È DURO

Non c'è Eucaristia senza fede

66. L'intimo nesso tra Eucaristia, comunione e comunità, deve essere di continuo sottoposto a revisione di vita personale e comunitaria.

È doveroso, innanzi tutto, porre in tutta la sua gravita il problema della disaffezione di tanti cristiani all'Eucaristia. È una costatazione evidente soprattutto se si considera il loro comportamento nel giorno del Signore. Non è solo in questione il precetto della Messa domenicale; in senso più ampio, è in questione l'autenticità e la maturità della vita cristiana. Tanto che l'immagine della domenica può essere l'immagine di tutta la vita della Chiesa e dei cristiani, come della loro presenza nel paese.

Dinanzi a questa situazione occorre seriamente interrogarsi: perché tanti battezzati interrompono il loro rapporto con l'Eucaristia o lo vivono ad intermittenza? È perdita o debolezza di fede? È perché il rito non è significativo per i problemi essenziali della vita? È perché si è allentato o smarrito il senso comunitario della preghiera o dell'appartenenza alla comunità ecclesiale? Oppure perché l'esperienza comunitaria dell'Eucaristia è puramente esteriore e non tocca in profondità la coscienza personale?

67. Le ragioni, evidentemente, sono molte e complesse. Anche l'attuale contesto socio-culturale fa sentire la sua incidenza nel fenomeno: proposte facili e alternative di celebrazione della vita sembrano svuotare il senso cristiano della domenica.

Non si possono certo contestare le aspirazioni umane del riposo personale e familiare, dell'evasioni dai tormen­ti degli impegni quotidiani delle aggregazioni culturali, sociali e politiche, che caratterizzano i giorni festivi anche nel nostro paese. Semmai, una sana coscienza sa giudicare il valore morale di tali aspirazioni e sa dire quando i comportamenti nei giorni di festa sono espressione di libertà e di vita, e quando o perché, dietro l'appa­renza, sono segno di disperazione o di deludente compensazione di una vita convulsa, costretta a battersi quotidianamente senza un senso.

Celebrare con autenticità i giorni festivi, significa salvare i giorni feriali. Anche la quotidiana vita della Chiesa e dei cristiani si può misurare dalla loro capacità di celebrare la festa del Signore. Senza questa festa, non c'è il dono della comunione che viene da Dio, e la Chiesa non può sussistere, come non può proporre la festa di Dio al mondo.

68. Ma la ragione ultima della disaffezione all'Eucaristia va ricondotta, anche a questo proposito, alla crisi che tocca la risposta di fede e il senso di appartenenza alla comunità e alla sua missione. Per questo, compito permanente della evangelizzazione è quello di riproporre la centralità dell'Eucaristia nella vita del cristiano e della comunità, mostrando come in essa confluisce e da essa parte ogni realtà e ogni impegno di autentica comunione nella Chiesa e tra gli uomini. Tutto ciò è possibile attraverso opportuni itinerari di fede che conducono alla riscoperta o alla consapevolezza progressiva e personale della propria adesione a Cristo e seguono gradualmente il cristiano dall'infanzia alla maturità.

69. È la scelta che in questi due ultimi decenni ha orientato il progetto pastorale della nostra Chiesa italiana e sta caratterizzando le varie tappe di un lungo cammino, il quale parte dalla consapevolezza suscitata in noi dal dono della fede, e passa attraverso precisi giudizi evangelici, chiare testimonianze, geniali servizi e necessario mediazioni storico-culturali, sempre attenti alla situazione del paese e alle realtà sociali in essa operanti. È la scelta della «catechesi permanente», che anche i nuovi catechismi hanno avviato, e che esige l'impegno pastorale di tutta la comunità, in modo da favorire il superamento di uno dei più gravi rischi oggi lamentato: la separazione tra fede e celebrazione, tra celebrazione e vita, tra celebrazione delle opere di Dio da una parte e delle opere dell'uomo dall'altra.

Ed è la scelta di un'azione pastorale concorde è unitaria che fa seguito alla celebrazione ed educa all'impegno nella Chiesa e nel mondo: evangelizzazione, sacramenti, promozione umana, ministeri, comunione e comunità per ogni membro responsabile della Chiesa italiana costitui­scono ormai i pilastri di un edificio spirituale nel quale si sente chiamato non solo a consumare i doni offertigli, ma anche a giocare di fronte al mondo la sua vita e a rendere ragione della sua speranza.

 

Non c'è Eucaristia senza Chiesa

70. Un'altra serie di tensioni da sottoporre a revisione di vita nasce dalla fatica di lasciarsi plasmare dalle leggi di comunione che l'Eucaristia fonda ed esige.

Sono sempre ricorrenti, infatti, artificiose contrapposizioni e dialettiche infruttuose che minacciano la crescita organica e articolata della comunità ecclesiale. In questi casi si rischia di celebrare Eucaristie ambigue, settoriali, espresse in un rito svuotato dai suoi contenuti etici profondi. Si tratta a volte di «Eucaristia parallele», come vengono chiamate, disarticolate dall'intera comunità che crede e confessa il suo Signore, come catturate entro ideologie preconcette, e comunque non celebrate secondo la ininterrotta tradizione della Chiesa. Il che è tanto più grave quando, specie nel giorno del Signore, si perde il senso del popolo di Dio e si fanno liturgie per gratificare i propri progetti, distogliendo la propria esperienza dall'esperienza autentica dell'assemblea domenicale. Ogni celebrazione richiama la totalità della comunità dei credenti.

71. Come non è possibile una Chiesa senza l'Eucaristia, così non è possibile l'Eucaristia senza la Chiesa. Non basta mangiare il corpo di Cristo, bisogna diventare il corpo di Cristo che è la Chiesa. La vivacità delle associazioni, dei gruppi, dei movimenti in questa stagione ecclesiale arricchiscono indubbiamente la Chièsa. Non esitiamo però a ricordare a tutti la casa comune: la Chiesa locale con le sue parrocchie, verso cui ogni Eucaristia deve portare e da cui ogni altra celebrazione prende espressiva autenticità.

 

Non c'è Eucaristia senza missione

72. Una terza serie di tensioni da considerare, nasce quando il naturale rapporto esistente fra Eucaristia e mis­sione non è tradotto in adeguata testimonianza, il rito ne è come svuotato e appare come una pratica usuale di nessuna incidenza nella vita quotidiana. Questo avviene quando il respiro universalistico non attraversa l'intera celebrazione, ed essa rimane nei limiti di una convocazione che non sa di essere per il mondo e con il mondo.

È investita in questo senso la responsabilità di una comunità a volte ancora troppo passiva nei confronti di una Eucaristia, da cui non vengono fatte scaturire le conseguenze a livello di ministerialità. Il «celebrare», nel senso più ampio del termine, non è così avvertito in tutta la sua ricchezza. Una Eucaristia che non converte e non trasforma o non fa servi gli uni degli altri, rischia di essere solo scadenza di calendario e non attrae a Cristo.

Abbiamo così comunità chiuse, che scoprono la loro missionarietà verso i lontani di tanto in tanto; per altre, diseducate nell'arte del saper donare, la missionarietà è pressoché sconosciuta. Eppure le sollecitazioni non mancano, favorite oggi da una accentuata esigenza di coopera­zione fra le Chiese e da una forte riflessione culturale che indica di «partire dagli ultimi» per farli con noi tutti privilegiati soggetti di speranza.

73. Dalla consapevolezza che l'Eucaristia plasma il credente come colui che serve, nasce l'impegno verso una umanità che drammaticamente invoca la giustizia, la libertà e la pace. Il «pane spezzato» non può non aprire la vita del cristiano e la intera comunità, che ne celebra il mistero, alla condivisione, alla donazione per la vita del mondo.96

Ed è proprio l'Eucaristia che fa scoprire fino in fondo il rapporto fra comunione e missione. Esse «si richiamano a vicenda», abbiamo ricordato in «Comunione e comunità», ed abbiamo aggiunto: «Tra esse vige un intimo rapporto, perché sono dimensioni essenziali e costitutive dell'unico mistero della Chiesa»,97 La missione porta ad aprirsi, allo scambio del dare e ricevere, al dialogo, nella consapevolezza del deposito della fede che il Signore ci ha consegnato e dei semi del Verbo che sono presenti nel mondo.98

74. Le tensioni che abbiamo segnalato non possono far perdere di vista le linee di quel rinnovamento pastorale che sono il frutto di lunghe e sofferte riflessioni e pertan­to le raccomandiamo alla vigile attenzione di tutti. Ci riferiamo al rinnovamento liturgico, catechistico e carita­tivo che, fino ad oggi, ha trovato valida e promettente espressione nei documenti magisteriali, nei libri liturgici, nei catechismi e in generose risposte agli appelli dei più bisognosi.

Mentre esortiamo a prendere iniziative anche coraggiose nel vasto e sempre nuovo ambito della carità: «I poveri infatti li avete sempre con voi»99 ci ha assicurato Gesù; mentre esortiamo a far tesoro dei nuovi catechismi per la vita cristiana che nell'arco di un decennio abbiamo affidato alla solerte cura di tanti operatori pastorali;

mentre rimandiamo ai nostri precedenti documenti con la speranza che da essi si possa attingere ispirazione e incoraggiamento all'impegno di comunione intraecclesiale e alla testimonianza nel mondo, vogliamo, nello stesso tempo, ricordare che solo nell'Eucaristia ogni nostra parola, ogni nostro rito, ogni nostro gesto trovano il loro più profondo significato e realizzano la loro più vera intenzionalità.

Tutta l'azione pastorale deve essere, in certo modo, azione eucaristica. Pertanto ogni iniziativa pastorale, così come ogni partecipazione alla vita ecclesiale, deve essere ricondotta all’Eucaristia come al suo centro nevralgico e al suo alveo naturale.

 

Capitolo III

NEL GIORNO DEL SIGNORE

Primo, settimo e ottavo giorno

75. «Il primo giorno della settimana, ci eravamo riuniti a spezzare il pane» (At 20, 7). Così gli Atti degli Apostoli introducono nel clima fraterno della celebrazione eucaristica svolta a Troade, presieduta dall'apostolo Paolo.100

È una delle «icone» più antiche che rivelano lo stretto legame tra la celebrazione eucaristica e il «primo giorno della settimana», cioè «il giorno dopo il Sabato», indica­to dai Vangeli come quello della risurrezione del Signore e di numerose sue apparizioni.101

Quel rinnovarsi della presenza del Signore in mezzo ai suoi, in questo giorno, sembra indicare la precisa volontà di Cristo di invitare i discepoli a riunirsi per fare memoria della sua Pasqua e attenderlo nella sua seconda venuta.

Il richiamo alle fonti bibliche e a quelle patristiche permette di cogliere in profondità la ricchezza di memoria, presenza e profezia che il giorno del Signore contiene.

È la festa primordiale dell'Anno liturgico, memoria viva della Pasqua di Cristo, in cui la comunità rivive tutti i misteri del suo Signore e li celebra in un clima festoso. «Primo» giorno, dunque, in cui si compie in Cristo la nuova creazione e l'autentica liberazione dal peccato e dalla morte.

«È il primo giorno — ricorda San Giustino — in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo il medesimo giorno in cui Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti».102

In questo «primo» giorno, la comunità cristiana raccolse fin dagli inizi il senso religioso del «Sabato» ebraico. La domenica divenne così anche «settimo» giorno, benedetto e consacrato da Dio. Giorno del riposo, in cui l'uomo è chiamato a riscoprire la ricchezza liberante dell'incontro con il suo Signore e a dargli culto.

Ma la domenica è anche anticipo della grande festa del Regno nel compimento futuro. Sotto questo aspetto viene giustamente chiamata dai Padri della Chiesa «ottavo» giorno, cioè fuori della settimana; nella mensa eucaristica consumata nel giorno del Signore si anticipa il banchetto escatologico del mondo futuro.

 

Giorno del Signore e della comunità

76. «Questo, è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo», canta la liturgia. La domenica, prima di essere il giorno che i cristiani dedicano al Signore, è il giorno che Dio ha deciso di dedicare al suo popolo, per arricchirlo di doni e di grazia. L'iniziativa è sua; suo è il dono e la convocazione, e la Chiesa ne è coinvolta e partecipe.

Per questo, la domenica è anche il giorno della Chiesa, dedicato alla Chiesa e alla sua missione nel mondo. Al centro della domenica è la celebrazione eucaristica, che esprime nell'assemblea riunita e festosa il mistero di comunione della Chiesa convocata e inviata. Nell'Eucaristia appare la Chiesa, luogo di salvezza, comunità che intercede per il mondo, segno visibile dell'invisibile mistero che si rinnova per la salvezza di tutti gli uomini.

Nasce da qui il vero significato della festa cristiana: in essa l'uomo può ritrovare se stesso ed è restituito ai suoi valori più profondi di fede e di umanità.

In un mondo dove prevale la funzionalità e si è quotidianamente condizionati da mille affanni della vita, la festa cristiana afferma con forza il diritto e il dovere al riposo, lo spazio del gratuito, della creatività, del rapporto con gli altri e con Dio.

Da queste considerazioni, appena accennate, nasce la sollecitazione per alcuni impegni pastorali delle comunità cristiane.

 

Obiettivi pastorali prioritari

77. Il carattere pasquale della celebrazione eucaristica domenicale richiama l'esigenza di orientare la domenica, nel rispetto dei tempi liturgici, verso la Pasqua annuale.

Analogamente le Messe dei giorni feriali e l'intera vita della comunità, siano orientale verso la domenica, come verso il loro naturale approdo.

In questa visione, anche la celebrazione della Messa festiva anticipata la sera del giorno precedente deve essere compresa nel suo vero significato «domenicale» e «festivo», in modo che i fedeli superino il rischio di farne una abitudine dettata da ragioni di comodo e di evasio-ne, vanificando il contenuto stesso del giorno del Signore.

78. La Messa domenicale sia adeguatamente preparata, coinvolgendo sempre meglio gruppi di fedeli durante la settimana per la riflessione sui testi liturgici, particolarmente sulle letture della Scrittura.

Nella scelta dei canti, si curi la qualità dei testi e delle melodie, «tenuto conto della diversità culturale delle popolazioni e della capacità di ciascun gruppo»;103 nello stesso tempo si curi la massima partecipazione dei fedeli, escludendo nella celebrazione l'uso di musica riprodotta.

Nella preparazione della «preghiera dei fedeli» si cerchi di entrare in sintonia con i tempi liturgici, con la preghiera universale della Chiesa e con le concrete esigenze della comunità.

Anche l'immediata preparazione alla celebrazione nei diversi suoi momenti rituali sia più sicuramente curata con un necessario tempo di raccoglimento.

79. La celebrazione della Messa non deve esaurire l'azione liturgica e la preghiera comunitaria propria del giorno del Signore. Secondo le tradizioni locali, è doveroso offrire ai fedeli altre possibilità di ritrovarsi insieme: per celebrare i Vespri (almeno nei tempi forti dell'Avvento e della Quaresima) o per specifiche celebrazioni della Parola, collegate con i tempi liturgici, o per la preghiera di adorazione eucaristica. Questi incontri di preghiera sono tanto più importanti per i fedeli che partecipano alla celebrazione eucaristica nei giorni prefestivi. Occorre inoltre promuovere coraggiosamente l'educazione delle famiglie a pregare insieme, soprattutto nel giorno del Signore.

80. La tonalità festiva e gioiosa che deve caratterizzare il giorno del Signore risorto e presente in mezzo ai suoi discepoli,104 non può ridursi alla celebrazione liturgica, ma deve trovare modi e forme espressive nei rapporti interpersonali, familiari, comunitari.

È perciò importante curare iniziative pastorali verso i malati, le persone anziane, gli handicappati e le loro fami­glie, in modo che nessuno resti escluso dalla comunione della carità e dalla gioia della festa. In tale contesto assume un significato ancor più profondo portare l'Eucaristia nel giorno del Signore ai fratelli malati, affidandone il compito, qualora le circostanze lo richiedano, agli accoliti e ad altri ministri straordinari dell'Eucaristia seriamente preparati e maturi.

81. Come giorno dedicato alla Chiesa, la domenica deve esprimere con evidenza le sue note caratteristiche: l'unità, la santità, la cattolicità e l'apostolicità. L'unità della Chiesa esige, tra l'altro, molta attenzione per non dividere o disperdere la comunità che celebra l'Eucaristia. Si eviti pertanto la moltiplicazione immotivata o inopportuna delle Messe, che spesso comporta l'uso non giustificato della «binazione» o della «trinazione», e finisce per convocare assemblee frazionate e frettolose in orari troppo ravvicinati. Non si consente così ai fedeli di condividere consapevolmente gli impegni apostolici di tutta la comunità cristiana.

Si educhi dunque al senso della comunità e della mis­sione ecclesiale, si abbia grande attenzione per le celebrazioni del Vescovo nella chiesa cattedrale, e si privilegi la celebrazione dell'assemblea parrocchiale, il cui pastore fa le veci del Vescovo. Allo scopo inoltre di far fiorire l'unità della comunità parrocchiale, le Messe per gruppi particolari si celebrino non di domenica, ma, per quanto è possibile, nei giorni feriali.105

82. Anche la santità della Chiesa può e deve trovare nel giorno del Signore una sempre più adeguata espressione.

È perciò importante che i cristiani siano educati a celebrare il giorno del Signore pienamente riconciliati con Dio e con i fratelli. A tal fine, raccomandiamo ai presbiteri che siano generosamente disponibili per la celebrazione del sacramento della Penitenza nei giorni precedenti le domeniche e le feste di precetto, così da consentire ai fedeli una sincera comunione eucaristica, nella quale trovi fondamento e alimento l'incessante crescita di una vita santa.

83. Infine la nota della cattolicità della Chiesa potrà avere particolare espressione nel giorno, del Signore, se si avrà cura di aprire la comunità orante ed offerente sugli orizzonti sconfinati della divina provvidenza e sulle dimensioni cosmiche della redenzione. Tale apertura deve caratterizzare innanzi tutto le preghiere dei fedeli, ma deve arrivare a gesti di accoglienza fraterna, soprattutto verso coloro che sono in condizioni di particolare necessità, verso coloro che più soffrono e, che per vari motivi, non appartengono alla comunità celebrante e non ne con­dividono la vita e gli impegni pastorali.

Quanto alla apostolicità della Chiesa è ovvio che tale nota si manifesta in modo pieno ogni volta che, in comunione di fede e di azione pastorale, tutto il popolo santo di Dio, nella varietà dei carismi e nella complementarietà dei ministeri, si raccoglie per fare la memoria viva del suo Signore morto e risorto, per accogliere i doni della Parola e del pane e per lasciarsi inviare nel mondo quale testimone del suo amore.

84. A questo punto è anche doveroso riflettere sul precetto della Chiesa. L'insistenza con cui la Chiesa ha sempre proposto ai cristiani l'impegno di partecipare all'Eucaristia domenicale non ha infatti perso la sua attualità. Si manifesta qui un tratto della pedagogia materna della Chiesa, che si preoccupa di sostenere i cristiani deboli nella fede, ricordando loro che la partecipazione all'Eucaristia ogni settimana è dovere elementare per la vita cristiana: per la propria identità, per il proprio amore a Cristo e alla Chiesa, per la propria missione.

Perché l'animo si liberi da ogni genere di formalismo e non risolva la Messa come una parentesi d'obbligo, è necessario rimotivare il precetto domenicale, affinché esprima da una parte l'amore di Dio che convoca e dall’altra il nostro bisogno vitale dell'Eucaristia. Il precetto può essere meglio compreso, se si mette in evidenza l'esigenza della comunione e della comunità, il senso della domenica e del celebrare insieme per comando del Signore, come segno di fedeltà alla nuova alleanza. Una opportuna catechesi deve pertanto aiutare i fedeli a superare il livello della pura osservanza esteriore della legge ed educarli alla libera e gioiosa convocazione dell’assemblea in Cristo.

 

A Messa per vivere il mistero della Chiesa

85. Il valore inestimabile e la dimensione sacramentale dell'assemblea liturgica è largamente testimoniata dalla tradizione della Chiesa fin dai primissimi tempi. Facendo nostra l'esortazione della «Didascalia degli Apostoli», desideriamo dare forte risalto al rapporto Eucaristia-Chiesa, in modo che anche le indicazioni pastorali, per altro solo avviate, siano accolte come impulso a «vivere» il mistero della Chiesa: «Insegna al popolo, con precetti ed esortazioni, a frequentare l'assemblea e a non mancarvi mai; che essi siano sempre presenti, che essi non diminui­scano la Chiesa con la loro assenza, e che essi non privino la Chiesa di uno dei suoi mèmbri... Poiché il nostro capo. Cristo, secondo la sua promessa, si rende presente ed entra in comunione con voi, non disprezzate voi stessi e non private il Salvatore dei suoi mèmbri; non lacerate, non disperdete il suo Corpo».106

segue testo IV Capitolo

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