“VORREI ESSERE L’APOSTOLA DEL TUO AMORE, O DIO”
Biografia di sr. Caterina Zecchini fondatrice delle
Suore Ancelle missionarie del SS. Sacramento
(24 Maggio 1877 - 23 Agosto 1948)
Caterina nasce a Venezia da Rinaldo Zecchini e Maria De Petris il 24 Maggio 1877 ed è battezzata il 3 Giugno seguente nella Chiesa di S. Giacomo dell’Orio, con il nome di Caterina Rosa. In casa viene però chiamata più familiarmente “Rina”.
Si distingue ben presto per un carattere esuberante, vivace, spiritoso, ma sensibilissimo.
A otto anni riceve il Sacramento della Confermazione nella Chiesa dei Santi Geremia e Lucia; a dieci anni si accosta per la prima volta all’Eucaristia. A scuola e a catechismo mostra un grande interesse per la Storia Sacra e la vita di Gesù, tanto da ripeterli quasi a memoria.
Terminata la quinta elementare, Caterina lavora in casa, aiutando il padre, vinaio, nella contabilità. Non conosciamo molto della sua giovinezza, tranne il suo grande amore verso i poveri, specialmente verso i bambini, che spesso porta in casa per vestirli e sfamarli. Questa attitudine sarà poi messa a servizio di coloro che Caterina chiamerà i veri poveri e i veri orfani: quanti ancora non conoscono Dio e non possono ancora chiamarlo con il nome di Padre.
Nel 1905 fa un incontro fondamentale per la sua vita religiosa: P. Giocondo Pio Lorgna (1870-1928; vedi p. 110 Intra text), Domenicano, nominato parroco dei Santi Giovanni e Paolo, che ne assume la direzione spirituale, guidandola per oltre 23 anni (fino cioè alla propria morte, l'8 Luglio 1928). Il 10 Agosto di quello stesso anno Caterina si iscrive tra le Terziarie Domenicane. Il 30 Agosto 1906 le muore la mamma ed ella si trasferisce con il papà nei pressi della “Scuola” di S. Giovanni Evangelista, dalla famiglia della sorella.
Alla base della sua scelta missionaria vi è certamente una profonda radice interiore sviluppatasi soprattutto intorno al sacrificio di Cristo sulla Croce e all’Eucaristia, misteri sentiti e vissuti secondo i modi di esprimersi e le pratiche di pietà in uso al suo tempo e nella sua città: sono infatti gli anni che vedono un po’ ovunque il risveglio del culto eucaristico e la ripresa della comunione frequente.
Il notevole influsso sulla spiritualità eucaristica è dovuto all’istituzione dei congressi eucaristici (1° Nazionale a Napoli nel 1891) con le solenni processioni del Santissimo Sacramento e le Esposizioni celebrate con grande cura e sfarzo. Ma fondamentale appare soprattutto l’intervento di San Pio X che, con due importanti Decreti (vedi: “Quam singulari”) e, invita i cristiani alla comunione frequente, anzi quotidiana, e concede la prima comunione anche ai fanciulli dell’età di sette anni. La stessa città di Venezia vive questo entusiasmo eucaristico. Dal 1894 al 1903 è infatti Patriarca il Card. Giuseppe Sarto, proprio il futuro Papa Pio X, che chiede ed ottiene di ospitare nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo il 5° Congresso Eucaristico Nazionale Italiano (Venezia 1897).
Certamente anche Caterina, allora ventenne, vive con partecipazione e commozione tale evento. Ma, senza dubbio, a segnarla profondamente è l’incontro con P. Giocondo Pio Lorgna che, fin dai primi mesi dal suo arrivo ai Santi Giovanni e Paolo, si impegna a promuovere tra i suoi parrocchiani l’amore all’Eucaristia e alla comunione frequente.
Nel Diario di Caterina i richiami all’Eucaristia sono frequenti: “Gesù, anima dell’anima mia, anche questa mattina ho avuto la gioia di possederti. Ma che cosa ho fatto mai io per meritare la grazia da te di riceverti quotidianamente? ... O Gesù, vorrei vedere tutte le anime affamate di Te!” (9 Maggio 1912).
La comunione con Cristo, è un incontro con una Persona reale, con il Dio che anche lei, usando il linguaggio del suo tempo, chiama: “annichilito, nascosto”, ma l’Unico, potente e capace di trasformare la vita dell’uomo.
Dopo aver ricevuto la comunione, avverte sempre più il desiderio di perfezione, di unione con Dio e se da una parte la contemplazione eucaristica la porta ad una autentica conoscenza di sé e del proprio nulla, dall’altra le dà la forza di innalzare da questo nulla “il cantico della riconoscenza e della lode” e di lanciare lo sguardo più in là, dove tanti fratelli l’aspettano: “Io vorrei essere un serafino ed amarti anche per quelli che non ti amano” (Diario, 23 Maggio 1912).
Nei suoi scritti si può leggere il passaggio da una devozione personalistica e ancora troppo sentimentale, a un desiderio di condividere quelli che lei chiama gli “interessi di Cristo” e la sua stessa sete di anime: “Ho sentito una grande sete d’anime, dammene tante Gesù di queste anime, voglio ricondurle ai tuoi piedi belle e purificate” (Diario, 16 Settembre 1912).
Contemplando Cristo nella sua passione, sotto il volto del Crocifisso e nella presenza eucaristica, condividendone l’ansia d’amore, Caterina non può fare a meno di desiderare, come mezzo principale per appagare tale sete, che quello scelto da Cristo stesso: la Croce.
Amore alla Croce che non rimane però in lei come una semplice devozione, ma diviene una necessità, un progetto di solidarietà nel confronto di Dio e degli uomini: “Tra tutte le croci che hai messo sulle mie spalle, la più grande è quella di non amarti quanto dovrei e vorrei e non poterti far amare da tutti gli uomini” (Diario, 14 Settembre 1913).
E due giorni dopo: “O Gesù voglio essere crocifissa con Te, perché con Te voglio salvare le anime”. Ed effettivamente il suo cammino spirituale impara a conoscere la via della Croce. Nei suoi scritti appaiono evidenti i momenti di aridità e di tentazioni.
E’ una tappa di purificazione progressiva del cuore e della volontà: “Io prego Gesù, perché mi dia la forza, che sia il mio tutto in tutte le cose, eppure provo una grande impotenza a praticare la virtù; e l’idea del sacrificio mi spaventa”. Ed è in questo contesto spirituale che nasce in lei il desiderio di offrirsi in Cristo e con Cristo vittima per i fratelli.
Non sappiamo con esattezza quando, ma forse nel 1915, accade nella vita di Caterina un fatto che lascia una traccia indelebile nella sua esistenza: davanti a Gesù Eucaristia riceve nel suo intimo un nome “nuovo”.
Ecco come descrive quanto prova in una lettera a P. Lorgna. “Desiderando da alcuni anni prendere un nome speciale, una mattina dopo la comunione, mentre domandavo a Gesù lo spirito di sacrificio e di immolazione, mi sono sentita concentrare, scorrere i brividi e scuotere fino alle più intime fibre. In quel momento Gesù mi svelò il nome che voleva darmi e che dovevo prendere col permesso del mio confessore e l’ho sentito forte forte: Hostia pro Hostia. Dopo di questo l’Ostia divina occupò per un’ora la mia mente e il mio cuore”.
Che cosa significhi, forse neanche Caterina in quel momento lo capisce appieno. La conduce però a darsi a Colui che si era dato per primo e totalmente per amore dell’umanità: Hostia pro Hostia, vittima per Vittima, amore per amore. Ciò diviene possibile soltanto vivendo una vita di unione con Gesù ed è in Gesù Eucaristia che Caterina vuole essere trasformata: “Ostia purissima, Ostia raggiante, deh mi trasforma in tuo sembiante. Sì che in me viva il Cristo mio e non più io”. Un nome, dunque, che è un programma di vita e unisce i due grandi amori di Caterina: Eucaristia e anime, nel pegno di una immolazione quotidiana, silenziosa e continua.
L’Atto di offerta all’Amore misericordioso dell’otto Dicembre 1920 è una sintesi di questo cammino, di queste intuizioni che si fondono in un unico, grande ideale: “Sento in me dei desideri immensi. Vorrei essere l’Apostola del Tuo Amore, o gran Dio”.
Un amore che non vorrebbe conoscere ostacoli o separazioni, ma amare Dio anche per quelli che non lo amano, un cuore “incontentabile”, che aspira ad essere la somma dei cuori di S. Pietro Claver, di S. Francesco Saverio e dei tanti missionari che hanno lavorato e anche incontrato il martirio per annunciare il Vangelo: “e con un cuore così grande, così vasto, correre da un capo all’altro del mondo e guadagnare al tuo amore tutti quei milioni di anime...”. E’ perciò disposta ad accettare ogni pena, ogni sofferenza che verrà, perché innestata sulla sofferenza di Gesù durante la Passione e sull’immolazione che Egli misticamente continua ogni giorno sugli altari.
Il significato più profondo dell’atto di offerta di Caterina è proprio questo: il voler essere “martire della carità”, spendere ogni attimo della vita perché l’Amore sia conosciuto, per la gloria di Dio e per il bene delle anime.
Fonte: Giusy Sozza, Una vita per le Missioni, cap. 2°, AMS Monte Compatri, Giugno 1995
Vedi: Archivi storici della Chiesa di Venezia
e Dall'Osservatore Romano 24-09-2010
Non confondere questo Istituto con le Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento di Madre Costanza Zauli
e le Adoratrici perpetue del SS. Sacramento o Sacramentine della Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione