Le opere di Gian Mario De Bettin che vengono presentate
sono tratte da due recenti pubblicazioni,
di cui riproduciamo il frontespizio e la presentazione critica
 
Non si tratta di un recupero, di un idilliaco ritorno al passato, al mondo agreste, ma di una esigenza profonda sentita dall'artista con lucidità e coerenza concettuale ed estetica: I'uomo è in grado di compiere il viaggio conoscitivo all'intemo di se stesso solo in stretta connessione con la natura, intesa nel senso più vasto del termine. I colori, i tempi, le modalità, gli odori, i suoni del mondo naturale vengono considerati come la necessaria, indispensabile chiave di lettura dei reali bisogni dell'essere umano. Non fuga, come si diceva, non rifugio, ma condizione imprescindibile per mezzo della quale la persona sviluppa le sue potenzialità. Questo il senso più profondo della motivazione che l'artista ha voluto sottolineare scegliendo come titolo della raccolta "Vita Naturale", lo stesso titolo di un'opera particolarmente indicativa in questo senso: il contadino, che sembra dominare la scena, in realtà poggia su un paesaggio da cui trae equilibrio ed è dipinto con i medesimi colori naturali dei luoghi roppresentati.
Emanuela Bisio
Nelle opere di de Bettin anela uno spirito fiabesco di storie fantasticamente vissute o da vivere, di sensazioni inconsce, ma presenti nell'animo dello spettatore. In tali opere convivono, in un'unica immagine, il reale ed il fantastico, che si fondono e creano una terza dimensione, quella dell'io, in cui ognuno percepisce una propria personale realtà.
Per de Bettin un paesaggio non è tale perché in esso si cammina e si vive, ma rappresenta la scena che avvolge ogni uomo ed è propria per ciascuno; il cielo che circonda l'essere umano circoscrive la sua esistenza materializzandosi e racchiudendolo come in una monacale cella di meditazione dove la vita ha i suoi ritmi, le sue immagini, i suoi odori. In questa "cella" ognuno tende a creare delle ulteriori personalizzazioni collocando sulle eteree pareti immagini che danno altre dimensioni e prospettive, altri orizzonti, all'interno dei quali i pensieri spaziano immaginando "celle" di altri uomini, essenze di altri luoghi e di altri tempi.
Il tempo si blocca come un fermo-immagine, ma ogni spettatore può pigiare il comando di movie per farlo proseguire nella sua fantastica sequenza di situazioni riconoscibili da oggetti di uso comune dalle ciclopiche dimensioni, collocati in posizioni irreali che urlano il loro intrinseco, sconosciuto valore.
La vita, nel quadro, si riconosce dalle cose del quotidiano, come una pipa gigantesca e fumante appoggiata ad una casa che, tronfia di essere guardata, fa pensare di sé come a una cosa vitale; come una foglia svolazzante caduta da chissà quale lontano albero e che proietta la sua ombra nel cielo, come lo stesso cielo che si strappa e s'avvolge su se stesso lasciando apparire altri cieli e altre "celle" più grandi, forse quelle dell'infinito, dell'irreale, dello spirituale.
Andrea Placidiano

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TRA FANTASIA E REALTA'

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