Il teatro è da sempre una
forma artistica tra le più alte, ma nello stesso tempo
tra le più vicine ad ognuno di noi, perchè crea
coinvolgimento, interazione, emozione.
Questo abbiamo pensato una sera di fine settembre, quando abbiamo
deciso di mettere in scena il "Canto di Natale" di
Charles Dickens, insieme ai ragazzi.
Essi hanno risposto con entusiasmo, perchè avevano voglia
di fare qualcosa di diverso dalla solita routine, dal solito
tiro a pallone, dalle solite confidenze scambiate con gli amici,
dallo scambio di SMS.
In fondo quelle cose si possono fare tutto il resto dell'anno.
E sono stati bravi, partecipi, impegnati: bravi nell'imparare
la loro parte nello spettacolo, nel cercare di capire il linguaggio
non certo moderno del testo di Dickens, nella puntualità
alle prove, che sono durate tre mesi, con cadenza settimanale,
nella collaborazione per ciò che ha riguardato scenografia
e costumi. Questo ci ha gratificato, perchè crediamo che
gli obiettivi che ci eravamo prefissati siano già stati
raggiunti, ovvero quelli di stare insieme, di rendere i ragazzi
protagonisti e di fare qualcosa per rendere vivo il paese.
C'è un altro obiettivo che ci ha mosso e che abbiamo lasciato
per ultimo, non certo per ordine di importanza: il ricavato di
questa serata andrà a finanziare la costruzione di una
sala operatoria nel Sud Sudan, a Mapuordit. Non c'è bisogno
di dire nulla sull'importanza di questo obiettivo, anche perchè
tutte le parole suonerebbero retoriche e forse prive di mordente.
Molto meglio che ognuno di noi decida per conto suo se e in che
modo contribuire a questo progetto comune a tutti i gruppi "Insieme
si può" dei Comelico.
"Canto di Natale" è
un testo celeberrimo.
E' la storia di un ricco, avaro, gretto, egoista, meschino uomo
d'affari, Scrooge, che non fa nulla per gli altri e che certo
non intende farsi coinvolgere dalle imminenti feste natalizie
e dai gesti di gentilezza, di bontà, di generosità,
di amore verso gli altri che esse portano con sè. Ma il
destino ha deciso diversamente. La vigilia di Natale, dopo aver
cacciato in malo modo il nipote, che lo invitava a trascorrere
le feste con lui, ed aver maltrattato il suo impiegato, che gli
chiedeva la giornata libera, mentre se ne sta solo in casa riceve
la visita dello spettro del suo socio, Jacob Marley, che lo ammonisce
sulla sua grettezza e sulla sua cattiveria e lo invita a ravvedersi.
Lo spettro è incatenato, chiara metafora della condizione
di prigionia che l'avidità e l'egoismo portano con sè.
"Queste sono le catene che ho forgiato in vita!" dice
Marley a Scrooge, invitandolo a riflettere sulle catene che anche
a lui toccheranno dopo morto.
Per evitargli tale tormento, riceverà la visita di tre
spiriti, che sono il simbolo dello scorrere della vita terribile
del protagonista e che gli rammenteranno quanto effimera sia
la sua rincorsa al denaro:
lo spirito del passato povero ed infelice di Scrooge, bambino
solitario e giovane che rinuncia all'amore per il denaro;
lo spirito del presente, avido, odioso e solitario, con il rifiuto
di partecipare a qualsiasi momento di gioia;
lo spirito del futuro, con la morte di Scrooge, per cui nessuno
verserà una lacrima, ma di cui, anzi, tutti si rallegreranno,
spartendosi addirittura le sue vesti.
E' troppo anche per l'animo gretto e malvagio del protagonista,
che crolla e, nell'assolo finale, chiede perdono a tutti e promette
di rendere la sua vita nuova e ricca di generosità.
Il testo si conclude, dunque, con il ravvedimento del protagonista,
che augura a tutti "Buon Natale". |