E' nel ripieno
il segreto dei casunziei
In Comelico ogni famiglia si tramanda questa tradizione:
con le patate cambiano le erbe
E' sicuramente, fra i primi piatti
tipici, quello che maggiormente è salito in auge nella
ristorazione di montagna e nel caso di quella del Comelico.
Parliamo dei casunziei o casunzii, una sorta di raviolo ripieno,
tortellone a forma di spicchio di luna condito nel burro fuso
e spolverato di ricotta affumicata.
Tradizionalmente costituisce il banco di prova dell'abilità
della padrona di casa fra i fornelli e rappresenta di conseguenza
il suo vanto. Ed ognuna ha il suo segreto nel tocco in più
che è dato dalle varianti a base di erbe.
Si tratta insomma di uno dei cibi più caratteristici della
zona e tale da contraddistinguerla dal resto del Cadore di cui
è parte, dove a farla da padrone sono invece le minestre
d'orzo e fagioli o d'erbe di stagione, oppure ancora gli gnocchi.
Peraltro i casunziei del Comelico (alcuni scrivono il termine
con la K iniziale o li chiamano anche casonziei) sono diversi
da quelli dell'Ampezzano.
A Cortina infatti di solito il ripieno viene composto essenzialmente
di rape rosse con aggiunta di noce moscata e il tutto è
impolverato con semi di papavero.
A questo proposito c'è chi, non senza un pizzico di stravaganza,
vorrebbe leggere la propensione nel passato dei cortinesi per
la bandiera austriaca bianca (la pasta) e rossa (la rapa) quasi
a far da contrappunto ai risi e bisi veneti, portata che nel
periodo risorgimentale aveva assunto connotazioni patriottiche
con l'aggiunta al bianco del riso e al verde dei piselli del
rosso delle fragole. Ma tornando al Comelico: "In pratica
- spiega l'avvocato Mario De Mario di Santo Stefano, originario
della frazione di Costalissoio e nota raffinata forchetta incontrata
allo Sport Hotel Monaco, dove si consiglia l'abbinamento con
vini leggeri e giovani sia bianchi che rossi - ogni famiglia
del Comelico ha il suo modo particolare di preparare i casunziei
che variano principalmente nel differente dosaggio dei componenti
del ripieno, trasmesso di generazione in generazione. Si possono
però distinguere due varianti fondamentali. La prima riguarda
grosso modo la zona est del Comelico, da Santo Stefano a San
Pietro passando per Campolongo verso Sappada. Qui l'elemento
dominante è l'erba cipollina o la cipolla bianca, con
l'inserimento limitato delle altre erbe".
Parlando di burro (a volte viene usato l'olio d'oliva per maggior
leggerezza nei soffritti) e ricotta, viene spontaneo pensare
alle malghe. Di qui alla Val Visdende il passo è breve.
Nella stupenda vallata davvero ci si può sbizzarrire fra
un ristorante e un agriturismo in rapida successione.
"La seconda variante - puntualizza sempre De Mario - comprende
l'ovest, in direzione di Sesto Pusteria fino a Danta, San Nicolò,
Comelico Superiore, dove nel ripieno viene inserita pure la mentuccia".
Allo Sport Hotel di Padola, in Comelico Superiore, l'ingrediente
si è dimostrato accattivante e ha stuzzicato la curiosità
di ospiti come Piero Badaloni ed Elisabetta Gardini: "Li
prepariamo solamente su ordinazione - dice la proprietaria, Paola
Ribul Alfier, che dirige anche la cucina - in quanto richiedono
un impegno di tempo considerevole per la preparazione"."La
presenza delle erbe - conclude De Mario - è legata naturalmente
alla stagione, Si va dallo spinacio, meglio se selvatico (grassola)
all'ortica, dallo "sciopeto" (silene), alla menta".
Elemento fondamentale rimane comunque "'l zigar", ovvero
la piccola ricotta affumicata di latte vaccino a forma conica.
Ovviamente, nel corso degli anni la preparazione di questo piatto
tradizionale, pur mantenendo alcuni punti fermi, ha subito un'evoluzione
sia in rapporto al gusto della ristorazione, sia all'arricchimento
degli ingredienti.
"Una volta era un piatto estremamente semplice - racconta
Maurizio Doriguzzi Zordanin, uno chef originario di Danta e fra
i principali cultori della cucina cadorina - in cui per la pasta
veniva utilizzata unicamente farina di grano tenero e acqua.
Le uova sono state inserite in tempi successivi, perché
prima la loro vendita permetteva di poter comperare la farina
necessaria. Oppure venivano messe da parte per le rare occasioni
di festa, che potevano essere il Carnevale o la Pasqua".
Prosegue il cuoco: "Inizialmente il ripieno era costituito
semplicemente da ricotta e da erbe coltivate o selvatiche. La
patata venne inserita solo nell'Ottocento, quando la gente superò
la diffidenza nei confronti della coltivazione di questa pianta
che da noi arrivò abbastanza tardi. Ora i casunziei possono
prestarsi a diverse varianti secondo l'estro del cuoco. Tuttavia,
almeno nel Comelico, siamo rimasti molto legati alla ricetta
tradizionale e all'utilizzo di ingredienti genuini e locali".
Gianfranco Giuseppini
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