Collegamento alla pagina "Cadore-Comelico" de "Il Gazzettino"

9-03-2008

Presentato in sala De Luca il dossier contro la decisione
di sfrattare dalla sede il Gruppo musicale di Costalta
«La Chiesa non sa parlare alla gente»
Spazi culturali, con Eicher Clere
interventi critici anche di Padovani e Irsara

"Una, dieci, cento Costalte". E' l'auspicio emerso dal convegno di presentazione del libro "Questa diocesi ci ha abbandonato" tenutasi l'altra sera in Sala De Luca.
La vicenda del paese comelicese è approdata a Borgo Pra dopo il "gran rifiuto" di Sergio Reolon a ospitare la presentazione a palazzo Piloni, pur se prima concessa, obbedendo così, secondo gli organizzatori, alle pressioni del vicino Vescovado.
Nell'incontro, condotto da Claudio Michelazzi, strali per tutti in nome di una laicità «latitante» nella vita sociale provinciale. Il curatore del libro Lucio Eicher Clere ha fatto in breve la cronistoria dello "sfratto" dalla canonica di varie attività sociali di Costalta.
Dopo aver detto che non avrebbe mai voluto scrivere il volume, egli ha lamentato il silenzio del Vescovo, le «banalità» del libro sinodale, la mancanza d'amore della «casta» curiale, l'assenza di voci di dissenso di sacerdoti, laici e informazione cattolica locale. «Le nove canoniche 'chiuse' del Comelico - egli ha ricordato - con Costalta sono dieci, ora occupate da residui di agonia di una Chiesa che non sa più parlare alla gente».
L'abbandono, di cui al titolo del libro, per l'autore ricorda le ultime parole di Cristo sulla croce. Una sindrome che per Eicher Clere attanaglia tanti piccoli paesi della montagna bellunese ove, come a Costalta , alla fuga dei giovani si risponde in negativo chiudendo spazi di cultura e aggregazione.
Il tiro degli interventi è stato poi ad alzo zero. Giovanni Vecellio Salto: «C'è ben di peggio del sindaco di S. Pietro, ad Auronzo e in tutta la provincia. A Costalta ricordatevi: in Cadore non vi perdoneranno mai di averli fatti pensare». Paolo Bampo: «La Chiesa riceve dalla gente e ad essa deve restituire, non togliere». Luciano Padovani: «Celebriamo i 60 anni della Costituzione, ma i suoi valori di laicità sono inapplicati». Samuele De De Bettin: «Forse questo libro ci ha isolati, conta di più il consenso, sono pessimista ma penso che dobbiamo ritessere la tela di nuovi rapporti e regole per far crescere la comunità locale. Noi ci proviamo». Sandra De Bettin: «A Reolon ho detto che è pazzo a far così, a me cittadina la cosa pubblica non la possono negare, è anche mia, io non mollo, continuo a lottare».
Dopo il ladino fodom Raffaele Irsara («Minoranza vera è quella che si dà da fare per valorizzare se stessa»), è stato Mario Svaluto Moreolo a focalizzare lo spirito della serata: «No a polemiche connotate solo a sinistra o in disaccordo con la Curia. Costalta sia simbolo per riflessioni più ampie. Si cominci a discutere nei piccoli centri e a far salire dal basso le vere ragioni del disagio-dissenso di questa montagna che si sente abbandonata. I cristiani testimonino di più, i cittadini tornino a una politica più nobile ove prevalgano i valori e non i veti a difesa di privilegi e potere».

Morale: no all'indifferenza, sì all'indignazione non solo dei credenti, ma di tutta la società civile. Ma è grande la paura, a Costalta come altrove, che dopo il "botto" di quel caso e i referendum secessionisti, tutto finisca nella "marmellata" dell'apatia.
Dino Bridda


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"ACCADE A COSTALTA..."

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