Il libretto consta delle
seguenti parti:
- un'ampia introduzione sulla
vicenda della "Ceda del Comitato" (pp.3-9),
che pubblichiamo integralmente;
- le lettere al Vescovo e ai suoi curiali di cristiani di
Costalta (pp.11-37) (pubblichiamo la
prima di tali lettere indirizzata all'amministratore
della Curia di Belluno);
- i documenti dell'accordo tra Curia di Belluno e Comune
di San Pietro di Cadore per lo sfratto del "Comitato"
e del Gruppo Musicale
dal piano terra della Canonica di Costalta (pp. 39-51);
- le testimonianze di solidarietà per salvare la
libertà di aggregazione giovanile e gli spazi per la cultura
a Costalta (pp. 53-74), cioè le lettere
spedite in risposta all'appello di Claudio Michelazzi,
che pubblichiamo tutte.
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Introduzione
Costalta è un paese in pendio sul versante sud-est
del Monte Zovo in Comelico. Come tanti altri villaggi della montagna
è marginale, vecchio, privo di servizi essenziali. Non
c'è un albergo, un ristorante, pochi i negozi che sopravvivono.
Negli ultimi anni l'amministrazione comunale di San Pietro di
Cadore, di cui Costalta è una frazione, vi ha chiuso l'asilo,
le scuole elementari, il centro sportivo. E non perché
mancassero i bambini o i giovani, bensì per una assurda
sfida di potere, per il gusto del sindaco di affermare tronfio
"qui comando io e si fa come ho deciso".
Quei ragazzi e quei giovani, una settantina, a cui si aggiungono
in estate altri che soggiornano in paese per le vacanze, avevano
trovato il loro centro di aggregazione nel piano terra della
canonica e lì si riunivano in libertà per giocare,
parlare, servirsi di alimenti e bibite allo spaccio-bar privato
per i soci, amoreggiare, crescere insieme nell'età giovanile.
Questo centro di aggregazione, che si chiamava "Ceda dal
Comitato", era stato aperto ed attrezzato, iniziando dai
primi anni Ottanta del secolo scorso, da volontari giovani ed
adulti del paese di Costalta, in accordo con i vari parroci che
si sono succeduti negli anni e con l'approvazione del vescovo
Maffeo Ducoli, che proprio nei piani superiori della stessa canonica
trascorreva circa un mese di ferie a cavallo degli anni Ottanta
e Novanta. In questa canonica sostò per due volte il papa
Giovanni Paolo II, alcuni cardinali, vescovi, monsignori, preti,
frati, suore, movimenti religiosi di varia ispirazione. A tutti
"La Ceda dal Comitato" appariva come un "normale"
oratorio, benché fosse e ci tenesse ad essere uno spazio
laico ed aconfessionale. Non così invece appariva ad una
parte di paesani retrivi ed invidiosi della spensieratezza giovanile,
che fin dall'inizio dell'attività della "Ceda dal
Comitato" cominciarono a protestare con parroci, vescovi,
sindaci, carabinieri, guardia di finanza, perché venisse
chiuso quel centro di confusione, di scandalo negli spazi sacrali
della canonica, di disturbo della quiete pubblica, di spaccio
di droga e somministrazione di alcolici ai minorenni, di corruzione
morale, di sessualità libera. Per oltre un decennio queste
maldicenze furono accantonate da parroci saggi, vescovi comprensivi,
carabinieri sagaci, che non solo respingevano le accuse, ma esprimevano
piena solidarietà ai volontari che dedicavano tempo e
denaro al funzionamento della "Ceda dal Comitato".
Alla fine degli anni Novanta, invece, si ebbe una inversione
di tendenza. Per iniziativa del-l'allora sindaco Varzi Pradetto
Battei si tentò lo sfratto delle attività del Comitato
dalla canonica, con la scusa che questo edificio, intestato catastalmente
al Comune di San Pietro, doveva servire soltanto per le attività
parrocchiali. Il parroco di allora, don Sergio Tessari, si oppose
alle ingerenze del potere amministrativo e rispose al sindaco
a muso duro, con una lettera nella quale affermava che gli spazi
del piano terra della canonica di Costalta erano a disposizione
della parrocchia e che lui li affidava a persone di sua fiducia,
perché vi si svolgessero le attività di consolidata
esperienza ed apprezzati risultati. Dentro a quegli spazi egli
confermava anche la presenza del Gruppo musicale di Costalta,
che lì aveva la sede dall'anno di inizio dell'attività
nel 1983, per prove, incisioni, spettacoli, scuola di musica.
Ma l'amministrazione comunale di San Pietro non si diede per
vinta. Con l'avvento del nuovo sindaco, Silvano Pontil Scala,
la battaglia contro la Ceda dal Comitato riprese vigore. Però
adesso la controparte ecclesiastica non solo non si oppose alle
pretese del sindaco, ma ne assecondò le mire.
Complici l'attuale parroco a scavalco, don Maurizio Doriguzzi
Bozzo, consigliato e diretto dal vicario foraneo, don Diego Soravia
Gnocco, che per non avere rogne e critiche dai suddetti paesani,
che non hanno mai fermato le maldicenze contro il centro di aggregazione
della gioventù, auspicavano un "ritorno all'ordine
ed alla sacralità della canonica di Costalta", la
questione della Ceda dal Comitato fu presa in mano direttamente
dal vescovo di Belluno, Giuseppe Andrich, e dalla sua Curia.
Nei carteggi tra sindaco e vicari generali, avvenuti nel corso
dell'anno 2007, ma soprattutto nei colloqui a voce, Silvano Pontil
Scala ottenne il sospirato via libera alla "soluzione finale"
per la chiusura del centro di aggregazione della gioventù
di Costalta. Con lo "sgombero di persone e cose" entro
il 12 dicembre 2007, disposto minacciosamente in una lettera
inviata al presidente del Comitato Gianluca Casanova Borea, il
sindaco di San Pietro ordinava la consegna della chiavi del piano
terra della canonica al parroco di Costalta o alla Curia di Belluno.
Per non incorrere in ulteriori denunce penali (già ne
hanno una in corso per furto di corrente elettrica da un palo
dell'illuminazione pubblica, per una vicenda assurda e grottesca,
dove due volontari che hanno tagliato un filo pericoloso, lasciato
penzolare per anni dal palo del Comune, sono stati rinviati a
giudizio per sospetto di attacco di un filo per rubare corrente!)
i dirigenti del Comitato e del Gruppo musicale di Costalta hanno
deciso di andarsene, sgomberando la maggior parte della "cose",
di cui avevano dotato la sede delle attività varie che
lì si svolgevano.
Per la stragrande maggioranza della gente di Costalta questo
provvedimento è stato un sopruso ed un'offesa nei confronti
delle persone che contribuivano con la loro inziativa a tenere
viva la cultura e la socialità. Che ad eseguirlo sia stato
il sindaco di San Pietro non è che una conferma della
sua pervicace azione di penalizzazione del paese di Costalta.
Ma alla parte più sensibile della comunità parrocchiale
di Costalta ciò che ha maggiormente deluso ed indignato
è stato il comportamento delle autorità ecclesiastiche.
Il disinteresse e la codardia del parroco, l'ipocrisia della
Curia di Belluno, che non ha mai comunicato con i responsabili
dei due sodalizi da sfrattare dal piano terra della canonica,
il silenzio del vescovo, che non ha risposto a nessuna delle
numerose lettere inviategli da parrocchiani per chiedere spiegazioni
e chiarimenti.
Perché queste lettere non rimangano nei cassetti del vescovado,
dentro la logica del "troncare e sopire, sopire e troncare"
di manzoniana memoria, riteniamo utile raccoglierle in questo
fascicolo e darne pubblica diffusione. Insieme ad esse pubblichiamo
anche le testimonianze di solidarietà al Gruppo musicale
di Costalta ed all'attività svolta nella Ceda dal Comitato
per una trentina d'anni, giunte da molte parti. A conferma dell'insensibilità
e dello spirito di casta che caratterizza la gerarchia cattolica
bellunese, annotiamo che nessun prete, nessun dirigente ecclesiastico,
nessun sinodale, ha espresso il suo disagio o la partecipazione
alla sofferenza di tante persone della comunità parrocchiale
di Costalta per il comportamento del potere clericale e politico
uniti nella repressione di uno spazio di libera aggregazione
giovanile.
31 Gennaio 2008,
memoria di don Giovanni Bosco,
ideatore di centri di aggregazione per ragazzi e giovani.
"Questa diocesi ci ha abbandonato"
La chiusura della "Ceda dal Comitato", al piano
terra della canonica di Costalta, dove si svolgeva da circa 30
anni la libera iniziativa di aggregazione dei ragazzi e dei giovani
del paese e si produceva cultura popolare con musica e teatro,
è in sé piccolo e forse insignificante episodio,
per chi lo vede da lontano e lo confronta con altre vicende più
drammatiche e tragiche,. Ma per chi l'ha vissuta e per chi la
vuole leggere come esempio, questa vicenda è paradigmatica
del modo di comportarsi della gerarchia ecclesiastica nei confronti
delle realtà periferiche; è una parabola chiara
di quanto la Chiesa sia distante dalla vita delle persone, fuori
dalla sensibilità giovanile, più attenta alle convenienze
del potere che alla difesa dei deboli. E una piccola ma significativa
dimostrazione di come la casta sacerdotale, contro la quale Gesù
Cristo si era battuto rimanendone sconfitto, lavora soprattutto
per conservare se stessa ed i propri privilegi di potere, più
che non per servire ed amare le persone, in particolare quelle
che vivono ai margini, in diocesi di Belluno, come a Roma.
Parole e ipocrisia
"La Chiesa, la parrocchia, i gruppi e movimenti saranno
accoglienti verso tutti, con preferenza ai piccoli ed ai deboli,
modellando la loro azione su quello che il salvatore continua
a dire: «Lasciate che i bambini vengano a me.» (Le
18,16). Questa frase conclude il paragrafo 272 del Libro Sinodale
della Diocesi di Belluno-Feltre, il grande parto di tre anni
di lavoro della conventicola di fedelissimi al servizio della
gerarchia; quello che dovrebbe indirizzare il "lavoro"
degli addetti alla conservazione della tradizione religiosa cattolica
in questa diocesi; quel libro che il vescovo Giuseppe Andrich
apre con queste parole: "La nostra Chiesa sarà profetica,
parlerà in nome di Dio e a prò delle persone, se
saprà tracciare percorsi di speranza: c'è davvero
speranza per tutti..."
A Costalta le parole di questa Chiesa, di questo vescovo risuonano
in tutta la loro ipocrisia.
Questa Chiesa e questo vescovo, sul finire dell'anno liturgico
2007, hanno ucciso la speranza dei bambini e dei ragazzi di un
paese piccolo e sperduto, ma ancora vitale grazie all'impegno
di volontari.
Questa Chiesa e questo vescovo, in accordo col sindaco di San
Pietro di Cadore, che aveva già chiuso l'asilo, le scuole
elementari ed il centro sportivo, hanno posto la parola fine
all'esperienza di libera aggregazione sociale e culturale nel
piano terra della canonica di Costalta.
Nel carteggio intercorso tra Curia di Belluno e Municipio di
San Pietro di Cadore, durante l'anno 2007, non si è mai
tenuto conto che dentro agli spazi oggetto della trattativa vi
erano persone, con affetti, gioie, speranze. Con nessuno di loro,
i volontari che avevano costruito e organizzato quegli spazi
ed i ragazzi e gli adulti che li frequentavano, il vescovo ed
i burocrati della Curia hanno mai parlato, hanno mai voluto salire
a Costalta, pur se invitati, per vedere cosa si stava svolgendo
dentro la "Ceda dal Comitato".
Tra le lettere degli Ordinari e Amministratori curiali al sindaco
di San Pietro di Cadore ve n'è anche una a firma dell'allora
vicario generale della diocesi, Luigi Canal, già missionario
in Brasile, direttore del Centro missionario. Costui, lo scorso
anno, si era eretto a "fustigatore" della Giunta del
Comune di Belluno a proposito delle panchine divise da un bracciolo
al centro, perché non vi si stendano a dormire i barboni.
Le apprezzabili parole di condanna per il comportamento degli
amministratori di Belluno sono però smentite dal suo comportamento
di gerarca, quando deve tutelare il "bene" della proprietà
parrocchiale a Costalta ed il buon rapporto con l'autorità
amministrativa di San Pietro di Cadore. Che gliene importa a
don Luigi Canal se nella "Ceda dal Comitato" si riunivano
i ragazzi ed i giovani di una comunità sperduta tra i
boschi del Comelico? Mica sono visibili come i barboni di Piazza
dei Martiri. Che gliene importa al direttore del Centro missionario
se nella "Ceda dal Comitato" si riunivano le badanti
per alcune ore di conversazione al caldo? L'importante per lui
ed il suo capo gerarchico era "ripristinare l'ordine"
nella canonica di Costalta, destinando le sue stanze alle "attività
pastorali". Mica può occuparsi un prete cattolico
di signore extracomunitarie, magari di religione ortodossa! Nella
sua "invettiva" contro l'amministrazione di Belluno
l'ex vicario generale Luigi Canal citava le parole di Gesù:
"Guai a voi ipocriti". Una delle badanti di Costalta,
che utilizzavano la stanza al piano terra della canonica ed ora
sono costrette a passeggiare al freddo, gliela rimanda quella
frase, come è possibile leggere in una delle lettere pubblicate
di seguito, anche questa senza risposta, da lei inviata al prelato
ex missionario.
Accordo tra poteri
Nella chiusura della "Ceda dal Comitato" di Costalta
la gerarchia ecclesiastica, dal parroco a scavalco, don Maurizio
Doriguzzi, ai dirigenti diocesani con a capo il vescovo Andrich,
ha avuto la principale responsabilità. Infatti, pur rivendicando
nei confronti del Comune di San Pietro il diritto di disporre
del "bene" edilizio della casa canonica dalla soffitta
al piano terra, tuttavia non ha esitato a concedere soddisfazione
al sindaco, a cui della canonica non importava nulla. Quel tale
aveva interesse solo per la cacciata del gruppo di "occupanti
abusivi", che erano e sono la coscienza viva del paese,
la forza di opposizione più dura e tenace contro la sua
inattività e malvagità amministrativa. Con questi
"occupanti" né il parroco don Maurizio, che
si è sempre chiamato fuori, né il vicario foraneo,
don Diego Soravia Gnocco, che operava come consigliere dietro
le quinte, né la Curia di Belluno, che si era presa in
carico la questione per arrivare ad una conclusione legalmente
soddisfacente, si sono mai preoccupati di interloquire, di chiedere
loro chiarimenti sulle malevoci circolanti in merito alle attività
svolte nella "Ceda dal Comitato". Anzi, sia in un incontro
in primavera del 2007 con tre membri del Comitato, sia in un
altro in autunno con tre parrocchiani, il vescovo Andrich ha
sempre ribadito che, da troppo tempo, sentiva lamentele sulla
situazione della canonica di Costalta e che era ora di "ripristinare
la legalità". Ma qual è "la legalità"
secondo il vescovo Andrich e la sua corte gerarchica? Non certo
contrastare gli abusi di potere del sindaco di San Pietro, che
voleva chiudere un "covo di sedizione"; non certo scendere
in tribunale a fianco di due volontari, che avevano tagliato
un filo penzolante e pericoloso su richiesta del parroco, ingiustamente
denunciati dal maresciallo dei carabinieri per furto di corrente
elettrica da un palo della luce del Comune. No, per il parroco
di Costalta e la Curia di Belluno "ripristinare la legalità"
significava "lasciateci vivere in pace", senza proteste
e lamentele di sindaci e cittadini malpensanti.
L'accordo tra potere ecclesiastico e potere amministrativo per
la "soluzione finale" della questione "canonica
di Costalta" si è realizzato con una tacita delega
del vescovo al sindaco per sfrattare "persone e cose"
dal piano terra della canonica. Il vescovo Andrich ha voluto
evitare la brutta figura di firmare questo sgombero, lasciando
al sindaco il ruolo di boia nell'uccisione della speranza dei
bambini e dei ragazzi di Costalta.
Molti credenti della parrocchia di Costalta hanno visto in questo
gesto una lettura in controluce dell'episodio decisivo del vangelo,
dove in seguito all'accordo tra potere sacerdotale e potere politico,
si decise la soppressione di un fastidioso profeta di nome Gesù.
Il capo dei sacerdoti di allora, Caifa, si mise d'accordo con
il capo politico di Gerusalemme di allora, Pilato, per liberarsi
dal molesto problema di un agitatore di folle.
Pastori e mercenari
"Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario
invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono,
vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le
rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli
importa delle pecore". (Gv. 10, 11-13)
Nella vicenda della chiusura della "Ceda dal Comitato",
molte "pecore" della comunità parrocchiale di
Costalta si sono sentite abbandonate da quelli che avrebbero
dovuto essere i loro pastori. Che l'amministrazione comunale
di San Pietro di Cadore rappresentasse per loro "il lupo"
lo avevano sperimentato in altre occasioni: la chiusura dell'asilo
e delle scuole elementari; la chiusura del centro sportivo; la
chiusura della malga di Londo; e molti altri esempi di ostilità
nei confronti del paese di Costalta. Quando, in una analoga situazione,
un altro sindaco voleva chiudere gli spazi della "Ceda dal
Comitato", i parrocchiani constatarono che il parroco di
allora si era opposto, difendendo l'operato dei suoi "collaboratori
di fiducia", e ci fu la sensazione che "il buon pastore
difende la sue pecore dal lupo". Alla fine dell'anno liturgico
2007 invece, la parte più viva della comunità parrocchiale
di Costalta si è sentita tradita ed abbandonata nelle
"fauci del lupo". Ecco allora le dimissioni di tutti
i catechisti, dei due terzi del consiglio di amministrazione,
la sospensione dell'attività della corale parrocchiale,
le dimissioni dell'organista, il ritiro dei volontari dalle attività
socio-pastorali. A fronte di queste clamorose decisioni, quello
che dovrebbe essere "pastore dell'ovile" non ha manifestato
alcun contraccolpo. Non ha indetto alcuna riunione, non è
andato a casa di qualche "pecorella fuggitiva" per
chiarimenti, non ha cercato un approccio di dialogo. L'unica
preoccupazione di don Maurizio Doriguzzi Bozzo è stata
quella di rattoppare i buchi, cioè trovare catechisti
d'accatto, sostituire i dimissionari del consiglio di amministrazione,
chiudere le porte della "Ceda dal Comitato", affermare
soddisfatto che "a Costalta è tornata la normalità,
visto che a Natale la chiesa era piena".
Non c'è da stupirsi che con questo tipo di pastori, a
parte i lupi rapaci, ci sia una scomparsa spontanea delle pecore
dall'ovile. Come raccontare ai ragazzi ed ai giovani di Costalta
che la Chiesa è un luogo di accoglienza e di fraternità?
Come raccontare che il vero ed unico "buon pastore"
era un profeta che non giudicava nessuno, che amava le prostitute
ed i pubblicani, che malediva i benpensanti e gli ipocriti, che
accoglieva soprattutto i più piccoli ed indifesi?
La gerarchia ecclesiastica di Belluno negli ultimi anni ha mandato
nell'ovile parrocchiale di Costalta tre pastori "ad experimentum"
(parole scritte dal vescovo Andrich). Nessuno di questi ha mai
degnato di uno sguardo, di un incontro, di una parola di incoraggiamento
i volontari che dedicavano tempo, entusiasmo e denaro alla funzionalità
del centro di accoglienza di ragazzi e giovani della "Ceda
dal Comitato". Ognuno per i propri motivi, questi tre funzionari
hanno trascorso il loro tempo di responsabili dell'ovile parrocchiale
di Costalta tra gli agi delle canoniche riscaldate e gli appuntamenti
liturgici nella chiesa sempre più deserta. Cosa resta
di questi "ex-perimenta" del vescovo Andrich a Costalta?
Una comunità parrocchiale derubata della fiducia e della
speranza. Per questi "pastori" resta comunque la mercenarietà
della "congrua" a fine
Una comunità di base che
non si rassegna
La parte viva della parrocchia di Costalta, quella che dava
il suo tempo, le sue doti, il suo entusiasmo per animare la comunità
e che per protesta contro la gerarchia ha sospeso le attività
avviate, è figlia delle esperienze di comunità
di base maturate negli anni del dopo Concilio. Allora il gruppo
giovanile, ma anche alcuni adulti, si trovarono uniti insieme
al parroco, don Flavio Del Longo, nella ricerca e nella scoperta
della collaborazione tra laici e sacerdote.
Essa si manifestò in una assunzione di responsabilità
reciproche, facendosi carico della testimonianza cristiana senza
distinzioni gerarchiche. Anzi quel parroco si dimostrò
alieno dall'esercizio del potere e propenso invece a condividere
la gestione della parrocchia con i giovani amici. Egli dava l'esempio,
aprendo la canonica a tutte le attività del paese. Dentro
a quelle stanze trovò sede per qualche anno la scuola
materna, in attesa del completamento dell'asilo. Iniziò
allora l'attenzione verso le persone anziane, per le quali ogni
anno (anche nell'ottobre 2007, poco prima dello sfratto) veniva
organizzata una giornata di festa con pranzo e musica. Il parroco
esercitava l'accoglienza soprattutto verso le persone sole ed
emarginate, ospitando anche a dormire chi era in difficoltà
e senza un alloggio decoroso. I giovani iniziarono a fare cultura,
scrivendo un giornale, promuovendo la ricerca e la valorizzazione
della lingua ladina, realizzando spettacoli, partecipando alle
attività ricreative e sportive. La liturgia in quegli
anni era vissuta come legame diretto con la vita della comunità:
la meditazione antecedente alla messa domenicale sulla Parola,
la rendeva incarnata nella vita delle persone. I commenti e la
preghiera dei fedeli erano frutto di elaborazione dei laici;
in alcune occasioni la stessa preghiera eucaristica era stata
modellata secondo le esigenze della comunità; sono nate
in quegli anni molte canzoni religiose originali, diventate poi
patrimonio popolare e cantate ancora adesso. La vitalità
di questa esperienza collaborativa fu interrotta con l'arrivo
di un nuovo parroco alla fine degli anni Settanta, don Gianpaolo
Visentin, che volle ripristinare i ruoli di potere del prete
e di sudditanza dei "fedeli". La sua azione, durata
un paio d'anni, fu talmente deleteria che la comunità
paesana si divise in due fazioni, che ancora oggi mantengono
il rancore. Una divisione che va imputata alla improvvida scelta
delle gerarchie diocesane di quel tempo, che non si curarono
di sostituire don Flavio Del Longo con un sacerdote di analoga
sensibilità pastorale. Ma c'è da credere che la
scelta cadde su quel sacerdote proprio perché, anche allora,
c'era da "ripristinare la legalità e l'ordine"
nella parrocchia di Costalta.
A questo proposito va osservato come l'organizzazione clericale
ragioni in termini di gestione delle risorse tanto quanto una
azienda. I preti più dotati e con più capacità
operative vengono destinati nei centri grossi e nelle realtà
parrocchiali popolose. Nelle periferie piccole e sperdute si
mandano preti con problemi e anziani in quiescenza. Tanto, anche
se fanno danni, sono i pochi abitanti di quei paesini a subirli!
Non si è mai visto e sentito, tanto meno nella elaborazione
del "pensatoio sinodale", che una comunità piccola
e marginale, ma viva e impegnata, sia servita dalla presenza
continuativa o saltuaria di un sacerdote dotato, che contribuisca
a farla crescere come seme che dà frutto, a prescindere
dai numeri e dalle realizzazioni concrete.
Nonostante l'inaridimento della partecipazione alla vita parrocchiale
causata dal parroco Visentin, la comunità di base di Costalta
continuò la sua presenza attiva e critica e la portò
avanti nella prassi e nella testimonianza dei singoli cristiani
formatisi negli anni del dopo Concilio. Tutti i sacerdoti che
hanno lavorato a Costalta negli ultimi trent'anni hanno potuto
avvalersi della collaborazione di queste persone. Una collaborazione
mai supina, mai servile, sempre intraprendente e, all'occorrenza,
critica, perché consapevole di fare un servizio non al
parroco, ma alla comunità.
A queste persone, che formano la comunità di base di Costalta,
resta l'improbo compito di resistere allo sfascio dell'individualismo
e del distacco dalla pratica religiosa, che sono la logica reazione
alla devastazione compiuta nell'ultimo episodio, con l'accordo
tra potere clericale e politico.
Prendendo in mano la Bibbia, di fronte alla devastazione fisica
della chiusura di spazi di aggregazione sociale e culturale ed
alla devastazioni morale di sofferenze inflitte immotivata-
mente a tante persone, verrebbe spontaneo pregare con il salmo
136: "Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà
quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli
e li sbatterà contro la pietra". (Sai. 136, 8-9)
Potrebbe essere consolatorio leggere il passo del vangelo dove
Gesù dice: "Beati voi quando vi insulteranno, vi
perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro
di voi. Rallegratevi ed esultate, perché grande è
la vostra ricompensa nei cieli. (Mt. 5, 11). 0 ancora: "Vi
cacceranno dalle sinagoghe, e faranno ciò perché
non hanno conosciuto né il Padre né me. (Gv. 16,
2-3]
Senza perdere fiducia e speranza, tuttavia, nella piccola comunità
di base di Costalta possono risuonare le parole dell'Apocalisse,
scritte dall'Angelo alla Chiesa di Efeso: "Così parla
colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in
mezzo ai sette candelabri d'oro: Conosco le tue opere, la tua
fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi.
Li hai messi alla prova, quelli che si dicono apostoli e non
lo sono, e li hai trovati bugiardi. Sei costante ed hai molto
sopportato per il mio nome senza stancarti. Ho però da
rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima. Ricorda
dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima".
(Ap. 1-5)
Lucio Eicher Clere
INIZIO PAGINA
Lettere al Vescovo e ai
suoi curiali di cristiani di Costalta
"Accusati di furto di corrente pubblica"
(Lettera all'amministratore della Curia di Belluno
don Mario Cecchin)
Scrivo alla S.V. in qualità di presidente del Gruppo
musicale di Costalta, che da 24 anni ha la sua sede al piano
terra della Canonica di Costalta, per chiedere la Sua attenzione
ed un possibile incontro quassù a Costalta, per mettere
a fuoco e analizzare alcuni problemi sorti tra la Parrocchia
di Costalta ed il Comune di San Pietro, ma in realtà aventi
per oggetto il Gruppo che presiedo ed il Comitato turistico,
presieduto da Gianluca Casanova Borea, che negli stessi locali
del piano terra esercita attività varie di azione sociale
in favore della gente del paese.
Frequento la canonica in maniera attiva dagli anni Settanta del
secolo scorso, quando, essendo parroco don Flavio Del Longo,
demmo vita ad un gruppo giovanile parrocchiale, che fu attivo
fino al 1979 con una serie innumerevole di iniziative religiose,
sociali, culturali, sportive, che fecero da quadro di riferimento
per il proseguimento delle successive iniziative, svoltesi a
partire dai primi anni Ottanta sempre nell'edificio della canonica.
Esso fu costruito nei primi anni Quaranta su terreno di proprietà
della Regola, con opera di volontariato da parte dei giovani
e degli uomini del paese, che vollero dare una confortevole abitazione
al primo parroco, don Modesto Sorio, che vi si stabilì
nel 1943, con la fondazione della parrocchia di Costalta. Catastalmente
l'edificio risulta intestato al Comune di San Pietro, ma giuridicamente
è dato in uso alla Parrocchia per svolgervi le attività
inerenti alla vita pastorale della comunità cristiana
da oltre un millennio radicata sulle pendici del Monte Zovo.
Io, assieme ad altri amici, dentro agli spazi della canonica
ci sentiamo parrocchiani e persone di volontariato, indifferentemente
dalla caratterizzazione delle iniziative che vi svolgiamo, perché
ci sentiamo protagonisti della vitalità e conservazione
di questo bene, che non è solo fisico, ma soprattutto
spirituale.
L'episodio clamoroso della intrusione senza preavviso dentro
l'area di proprietà della parrocchia, cioè le adiacenze
della chiesa parrocchiale di Costalta, del sindaco di San Pietro,
due elettricisti dell'Enel, un elettricista del Comune, il tecnico
comunale, la vigilessa urbana, e due carabinieri, il maresciallo
ed un appuntato della caserma di Santo Stefano, per verificare
se ci fosse in atto un furto di corrente elettrica da parte della
parrocchia nei confronti del Comune di San Pietro, è l'ultimo
di una serie di tentativi di criminalizzazione delle attività
che vengono portate avanti negli spazi al piano terra della canonica
da parte del Gruppo musicale e del Comitato turistico di Costalta.
Queste due associazioni hanno iniziato la loro attività
nei primi anni Ottanta, trovando sede al piano terra della canonica,
con il consenso dell'allora parroco don Sergio Tessari.
Il Gruppo musicale di Costalta svolge in una stanza il suo programma
di formazione dei coristi e dei musicisti con due giorni di prove
settimanali per tutto l'anno ed usa gli spazi per iniziative
varie che coinvolgono giovani, bambini e molta gente del paese.
Nella sede del Gruppo sono conservate le pubblicazioni uscite
in oltre vent'anni di attività ed il consistente patrimonio
di strumentazione che si è via via ingrandito e specializzato
nel corso degli anni.
Il Comitato turistico di Costalta ha sempre svolto iniziative
negli spazi più ampi del piano terra della canonica, cioè
il salone e la veranda attigua, diventando punto di riferimento,
soprattutto nei mesi estivi, di tutti i ragazzi ed i giovani
di Costalta. Dal 1982, data di inizio dell'attività di
questo sodalizio, sono state realizzate le seguenti strutture
a servizio della comunità di Costalta.
Un Campetto di pallavolo nell'area dell'orto ormai abbandonato
da anni, tra la canonica e la chiesa. Attorno ad esso sono state
costruite delle tribune in cemento per gli spettatori. È
stato dotato di illuminazione per il gioco in notturna. Sono
state eseguite opere di consolidamento ed allargamento degli
spazi di accesso alla canonica, per consentire una maggiore sicurezza
agli utilizzatori di questo mini-spazio sportivo.
Un Campetto di bocce al coperto nell'area della veranda attigua
alla sala del piano terra della canonica, che è stato
usato per decenni da persone anziane ed anche più giovani,
per partite amichevoli e tornei. Questa veranda ha subito negli
anni modifiche migliorative, con la costruzione di muri di contenimento
e di serramenti, che l'hanno resa agibile anche d'inverno.
Adeguamento degli spazi interni al piano terra della canonica
con il ricavo di strutture agibili, al posto delle precedenti
cantine con muri a secco, marci e cadenti, quali un ripostiglio,
una cucina, uno spazio lavaggio.
Costruzione di un servizio igienico a servizio di tutte le manifestazioni
che si svolgono all'esterno ed all'interno della canonica.
Tutti questi lavori, in accordo con il parroco e con il consenso
dell'amministrazione comunale di quegli anni, sono stati eseguiti
e pagati dal Comitato turistico di Costalta e dal Gruppo musicale.
Credo di non andare lontano dal vero se affermo che in oltre
vent'anni di attività questi due sodalizi abbiano speso
oltre cento milioni delle vecchie lire per mantenere ed accrescere
il patrimonio edilizio della parrocchia di Costalta.
Voglio aggiungere, a questo propostito, che nei dieci anni di
presenza estiva del vescovo Maffeo Ducoli nei due piani superiori
dello stabile, Comitato e Gruppo musicale hanno ricevuto il suo
pieno consenso alle attività promosse ed all'impegno nella
realizzazione di opere di ristrutturazione ed abbellimento. Anzi,
su richiesta del vescovo, in quegli anni è stato realizzato,
con opera e spese a carico dei due Gruppi citati, un secondo
bagno nel piano delle camere, dove hanno alloggiato il papa Giovanni
Paolo II per due pomeriggi ed alcuni cardinali in soggiorno per
alcune settimane. Sempre in quegli anni la canonica è
stata tinteggiata all'esterno, con lavoro volontario, e sono
stati eseguiti interventi di riparazione sul tetto, che perdeva
acqua in alcuni punti.
La questione scoppiata nei giorni scorsi, e che dà spunto
a questa lettera di informazione e chiarimento, cioè il
sospetto che le attività svolte negli spazi del piano
terra della canonica rubassero corrente elettrica, sottraendola
da un palo dell'illuminazione pubblica, trae origine da un lavoro
eseguito alla fine degli anni Ottanta dall'elettricista del Comune
di San Pietro, su ordine dell'amministrazione comunale allora
guidata da Tito Cesco Gaspere. Per sostenere l'attività
del gioco della pallavolo, ritenuta socialmente utile, il sindaco
aveva fatto installare una presa di corrente, collegata all'illuminazione
pubblica, dove potessero essere alimentati i fari che illuminavano
il Campetto di gioco. Questo sostegno, anche se minimo, alla
gestione delle spese di attività del Comitato era indicativo
di un apprezzamento dell'amministrazione comunale nei confronti
delle associazioni del paese di Costalta. Alla stessa presa si
collegavano le luci applicate alle finestre del campanile nel
periodo natalizio.
Le cose cambiarono a metà degli anni Novanta, quando ai
vertici del Comune di San Pietro fu eletto il sindaco Varzi Pradetto
ed una compagine avversaria al gruppo di Tito Cesco Gaspere,
a cui appartenevano molti membri del Comitato e Gruppo musicale
di Costalta. Una delle prime azioni condotte da questa amministrazione
fu l'avvio di una indagine, che portò l'allora presidente
del Comitato turistico, Samuele De Bettin, sotto inchiesta, con
l'ipotesi di furto di corrente elettrica, proprio a causa della
presa collegata all'illuminazione pubblica nei pressi del Campetto
di pallavolo. Ovviamente nessuno del Comitato aveva più
utilizzato quell'attacco, collegando invece i fari al contatore
della sagrestia.
Questi spazi di attività, ben visti dalla maggioranza
della gente di Costalta, hanno da sempre subito le critiche di
un'altra parte del paese, che vorrebbe chiudere il piano terra
della canonica, perché vi si svolgono iniziative non specificamente
religiose. In particolare per alcuni, soprattutto i propietari
di un bar, è vista come fumo negli occhi la presenza nella
sala al piano terra della canonica di un baretto, aperto un paio
di mesi all'anno, a servizio delle iniziative e strumento pratico
per consentire la presenza quotidiana di una persona a tenere
aperti e sorvegliare gli spazi frequentati dai giovani e bambini
del paese. Nei vent'anni di apertura di questo baretto sono state
almeno cinque le visite di vigili comunali, carabinieri, polizia
di Cortina, Guardia di Finanza, per accertare la regolarità
delle concessioni e dello svolgimento di questa attività
di circolo privato. Tutte visite conclusesi con scuse e parole
di apprezzamento da parte dei controllori per le attività
ivi organizzate.
Il Comitato turistico di Costalta è in possesso di regolare
licenza rilasciata dal Comune di San Pietro nel 1986 e rinnovata
nel 1999, per la somministrazione di bevande, gelati, panini.
Le accuse rivolte dai maligni e dai fautori della chiusura di
questo spazio di aggregazione, l'unico presente in questo paese
piccolo e marginale, sono di essere manutengoli della droga,
dell'alcol, del libero amore tra i giovani che lo frequentano.
Poter chiudere la "Ceda del Comitato" sarebbe l'auspicio
più desiderato di una parte della gente di Costalta, in
particolare di quelli che non frequentano la chiesa e non hanno
alcun interesse per le attività parrocchiali e sociali.
So che pressioni in questo senso sono state fatte nei confronti
del parroco don Sergio Tessali, del precedente don Clorindo De
Silvestro e dell'attuale don Maurizio Doriguzzi. Sono a conoscenza
delle lamentele e dei chiarimenti inviati dal sindaco Silvano
Pontil Scala al vescovo Giuseppe Andrich ed alla stessa S.V.
a cui scrivo questa lettera informativa.
Ribadisco che da parte mia e degli amici, una ventina, che contribuiscono
a tenere viva la comunità di Costalta, gli spazi della
canonica sono una garanzia di impegno e di libertà di
movimento. Ma non siamo certo legati ad alcun interesse di tipo
materiale. Se, per paura o per fastidio delle continue pressioni,
da parte del parroco o della Curia ci fosse la volontà
di eliminare i due Gruppi dalla gestione del piano terra della
canonica di Costalta, chiedo solo di averne informazione preventiva,
per poter decidere, noi subito, di togliere il disturbo.
Ma so con certezza che una scelta di questo genere vorrebbe dire
chiudere l'ultima porta di aggregazione sociale di un paese in
arretramento numerico e qualitativo. Vorrebbe dire togliere a
giovani e ragazzi l'unico spazio di ritrovo e di occupazione
del tempo libero in serenità e sicurezza. Vorrebbe dire,
anche dal punto di vista religioso, cancellare un elemento di
prossimità alla pratica religiosa, ormai quasi del tutto
abbandonata dopo la cresima da parte dei ragazzi.
Vorrebbe dire anche umiliare la parrocchia di fronte all'arroganza
del potere comunale, che non ha esitato a chiamare i carabinieri
dentro alla sagrestia, creando apprensione e scoramento in molta
parte della popolazione di Costalta.
Vorrebbe dire, ultimo ma non secondario, lasciare lo stabile
della canonica al degrado e alla fatiscenza, che avrebbe subito
senza la nostra annuale cura e manutenzione.
Nel ringraziarla per l'attenzione, la invito a salire a Costalta
per rendersi conto di persona di quanto ho messo per iscritto
e per concordare, ove lo ritenesse, una comune linea di azione
per far vivere la canonica di Costalta a servizio del paese.
Allego alla presente una scheda informativa sui lavori svolti
nell'anno 2006, e le relative spese, negli spazi al piano terra
della canonica di Costalta, ed un elenco delle attività
svoltesi nell'anno trascorso, ma esemplificative di quanto si
è svolto nei trent'anni precedenti, negli stessi spazi
gestiti dal Comitato turistico e dal Gruppo musicale di Costalta.
Cordiali saluti ed auguri di buon anno.
Costalta 1 gennaio 2007
Lucio Eicher Clere,
presidente del Gruppo musicale di Costalta
N.B. Il curiale don Cecchin non è mai salito a Costalta,
né, con normale buona educazione, ha risposto alla lettera
in tutto l'anno 2007.
...seguono le lettere inviate al Vescovo di Belluno,
dopo la chiusura della Ceda del Comitato, da parte
- dei catechisti e del Consiglio di Amministrazione della parrocchia
di Costalta
- di Stefano Casanova Panzon e di ragazzi e giovani che frequentavano
la Ceda
- di Monica De Monte Pangon, impiegata, mamma di due bambini
- di Patrizia Eicher Clere, insegnante, mamma, ex catechista
- di Mattia Casanova De Marco, studente universitario
- di Alessandra De Bettin, sindacalista
- di Samuele De Bettin, insegnante, direttore della corale
parrocchiale
- di Rachele Eicher Clere, studente universitaria
- di Carmen Brigida Albu, badante rumena a Costalta
- di Elena Pomarè, artigiana, mamma di tre bambine
- di Massimiliano De Villa, ricercatore universitario (la lettera
e' stata pubblicata nel sito tra le e-mail
inviate a costaltalibera)
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