Costalta... su "Il Gazzettino di Belluno"

3-4-2005

"Ricordi"
del Papa a Costalta

«Davanti a questo panorama di prati, boschi, torrenti, cime svettanti verso il cielo, noi tutti ritroviamo il desiderio di ringraziare Dio per le meraviglie delle sue opere e vogliamo ascoltare in silenzio la voce della natura al fine di trasformare in preghiera la nostra ammirazione; queste montagne infatti suscitano nel cuore il senso dell'infinito, con il desiderio di sollevare la mente verso ciò che è sublime».
Sono alcune delle parole dette da Giovanni Paolo II, durante la messa di diciotto anni fa, in Val Visdende. Parole passate alla storia delle valli cadorine, che ben testimoniano l'amore di Sua Santità per quelle montagne che lui tanto amava da paragonarle ai "suoi" monti Tatra, in Polonia.
E per quei sentieri, che portano in cima alle montagne più belle del mondo, in molti, tra emozione, stupore, incredulità e sentimenti che fecero gridare al miracolo, ebbero la grazia e la fortuna, talvolta ricercata altre volte veramente inattesa, di incontrarlo.
«Inizialmente, quando mio figlio Michele mi disse che il Papa stava scendendo da Tabiè Grande ero incredula, pensavo ad uno scherzo, mentre mio marito, Duilio, credette subito a quello che stava succedendo - racconta Dolores Casanova De Marco di Costalta -. Quando mi decisi a salire in macchina verso il sentiero l'emozione cresceva forte forte, tanto da tremare. Quando poi, assieme a mia mamma, mi avvicinai a Sua Santità lui mi chiese se fosse mia madre e io, confermando, gli dissi che eravamo felici di averlo tra noi. Non avremmo mai pensato di vedere il Papa a Costalta. Incontrarlo è stato una gran fortuna e una grazia immensa. Nel momento in cui gli ero davanti, ho sentito qualcosa di soprannaturale e quella notte non ho dormito».
Salendo da Costalta verso la Val Visdende si arriva al rifugio Monte Zovo. E lì un giorno Karol Wojtyla si fermò. Nessuno prima dell'estate 1987 avrebbe mai pensato di poter scrivere una frase del genere. Invece successe veramente, durante uno dei soggiorni papali a Lorenzago. Nelle molte uscite per i monti del Cadore, il Pontefice raggiunse anche il rifugio costaltese, appunto, di Forcella Zovo. «Stavamo pulendo dei funghi - narrano Antinesca e Antonio De Bettin, che con precisione ricordano l'ora esatta dell'incontro (le 17 e 10) -. Mai avremmo pensato di poter vedere sull'uscio del nostro rifugio il Papa. E ciò nonostante avessimo visto al mattino uno strano movimento di uomini e mezzi. Vedo ancor oggi davanti agli occhi, come fosse quel giorno, passare la jeep e poi avvicinarsi la figura bianca del Pontefice. Una cosa che mi resterà impressa fin che vivo. E' entrato nel bar, si è appoggiato al banco ed ha intravisto l'angolo con il caminetto. Si è avvicinato alla porta, ha cominciato a fissarlo e mi ha chiesto se cenassimo là, vicino al caminetto, alla sera. All'inizio quella domanda mi era sembrata strana, poi Joaquin Navarro Valls mi ha spiegato che in Polonia quasi tutte le case custodiscono un caminetto e il nostro aveva ricordato al Papa la sua terra». Sua Santità si sentiva a suo agio e senza fretta ammirò il paesaggio circostante. «Ci chiese il nome dei nostri monti, volle sapere della nostra famiglia e del nostro rifugio - continua Antinesca, con la voce rotta dalla tristezza -. Poi ha voluto bere la nostra acqua ed ha mangiato dello strudel. Un incontro che non dimenticheremo mai, perché per noi questo non è stato un Papa qualsiasi: è stato il "nostro" Papa».

Yvonne Toscani


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