Al landro de Spina
Quando avevo quindici anni, cioè nel
1934, andai per la prima volta in Spina insieme a mio padre.
Le mie due sorelle erano già andate via di casa a lavorare,
per cui, anche se ero giovane, mi sentivo responsabile dell'andamento
economico della famiglia e mi adattai con piacere a questa nuova
avventura.
Nel mese di agosto, quando il primo taglio di fieno era già
avvenuto nei prati attorno al paese, siccome era indispensabile
avere riserva per le mucche che erano la sopravvivenza della
famiglia, ci si recava in alta montagna, a circa 1800/2000 metri,
per falciare l'erba, che cresceva una sola volta l'anno per l'altitudine,
ma che era particolarmente ricca di sostanze.
L'erba raccolta veniva ammucchiata e protetta (con una specie
di incrocio di fieno sopra) e poi d'inverno veniva portata a
valle, nel fienili, dagli uomini con le grandi slitte ("liode")
sulla neve.
In quel periodo il lavoro consisteva nel cucinare e dormire nel
"landro di spina", che era una specie di caverna, cioè
un grande masso che fuoriusciva e creava un riparo dalle intemperie
e dal freddo.
Era praticamente diviso in due zone, per ospitare due famiglie
e nel mezzo c'erano dei sassi, dove, in teoria, si faceva fuoco
per scaldarsi, ma, essendo la legna del posto verde, si faceva
solo fumo. Ognuna delle due zone aveva un palo dove era attaccato
il paiolo per fare la polenta. C'era ben poco altro da mangiare...
Mio padre, tenuto conto delle difficoltà economiche della
famiglia, era salito senza tabacco, per cui era obbligato all'astinenza
dal fumo.
Ricordo ancora che mia madre, quando scesi dalla montagna, mi
regalò la lana di pecora (chiaramente filata a casa) perché
mi facessi una maglia, in premio per la mia disponibilità
e il senso di responsabilità.
Gina Casanova Palù |