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Home Page PrincipaLe Turchi di Dobrugia Tracce Turche in Europa 4.4. Dall’abolizione della schiavitù al periodo comunista: il ruolo politico degli Zingari rumeni Prima
dell’instaurazione del regime comunista le comunità zingare sedentarizzate
erano veramente esigue, ed una di queste, molto numerosa, abitava a Pazarcik
e vi sono descrizioni abbastanza colorite del modo di vita in questo
quartiere.[1]
Nella Romania
pre-comunista gli Zingari
si qualificavano, come nella Istanbul del XVI secolo,[2]
in base ai mestieri svolti. Si sono così avuti Aurari
(lavoratori
di metalli), Lingurari
(fabbricanti di cucchiai), Ursari
(ammaestratori d’orsi e di altri animali
feroci), Lautari (musicanti), ecc.[3].
La loro schiavitù era feroce e il padrone (monaci compresi) aveva diritto di
vita e di morte sugli Zingari.[4] Una dura
battaglia abrogazionista fu condotta durante la prima metà del XIX secolo dal
grande statista rumeno Mihai Kogalniceanu, il quale stimava che vi erano circa
200.000 Zingari
in Valacchia
e Moldavia
ridotti in schiavitù. Alexandru Ghica
, principe di Valacchia, liberò ben 4.000 famiglie di Zingari curtensi
(domne@ti) nel 1837, aprendo la strada a successive liberazioni. Sarà però solo
soltanto dopo la Guerra di Crimea
(1864) che gli Zingari potranno usufruire dei diritti derivanti
dall’appartenenza alla cittadinanza rumena. Durante il
periodo comunista, che migliorò molto le condizioni di vita degli Zingari
i Caldarari
(forgiatori di pentole e artigiani del
metallo) vennero sedentarizzati dal regime (desideroso di avere a disposizione
una massa enorme di lumpenproletariat dato lo scarso numero dei “proletari”
rumeni) nel 1965, e secondo uno studio di Mihai Merfea,[5]
si sarebbero perfettamente integrati nella società rumena lavorando
principalmente nelle industrie metalmeccaniche. Oggi vi sono
quartieri prevalentemente zingari in quasi tutte le città rumene (gli Ëigani
stabili vengono comunemente denominati Tzigani de vatra
[6],
cioè “Zingari
del focolare”, termine questo da intendere con l’accezione di famiglia),
costoro sono sul punto di perdere del tutto il proprio idioma ed il turco per
assimilarsi totalmente agli altri Rumeni
(ad esempio i Rudari
).[7]
A Bucarest
era famoso il quartiere zingaro-musulmano di Colcioc
, costituito da innumerevoli baracche e bonificato nel 1980.[8] Gli Ëigani
rumeni sono da tempo tra i rappresentanti più autorevoli degli Zingari
di tutto il mondo. Nell’ottobre 1933, ad esempio, l’Associazione
Generale degli Zingari di Romania
organizzò una conferenza internazionale dal titolo “Zingari Uniti
d’Europa
”. Questo avvenimento ebbe come promotore Gheorghe Niculescu[9].
Durante questo avvenimento venne decisa la costruzione di una università, di un
ospedale e l’allestimento di una biblioteca. Venne adottata una bandiera
zingara composta da due bande orizzontali: quella in basso blu, quella in alto
verde[10].
L’attività politica degli Zingari di Romania non si interruppe neanche
durante il periodo comunista. Nel 1959 Ionel Rotaru
divenne leader degli Zingari del mondo, ribattezzandosi Vaida
Voivoda[11]
ed ideando il
concetto di Romanistan,
ovverossia la “Patria degli Zingari”. Nell’estate del 1987, Ioan Cioba
, allora buliba@a (rappresentante) dell’Unione Nazionale Rom Rumeni
, fu invitato negli Stati Uniti
per tenere conferenze sulla situazione degli Zingari di Romania[12].
De Jong[13]
nota che gli Zingari
, nonostante la comunanza di lingua e religione, non sono ben visti
dagli altri musulmani di Romania
. Costoro, infatti, come le altre popolazioni di Romania, considerano
gli Zingari degli indesiderabili. Del resto può essere esemplificativo il fatto
che, nei primi anni cinquanta, dei numerosi musulmani di Bulgaria
(ca. 250.000) che cercavano scampo in Turchia dalle persecuzioni solo
gli Zingari venissero “rispediti al mittente” dalle autorità di frontiera
della Repubblica Turca con la motivazione che costoro erano “del tutto
estranei alla minoranza turca”, mentre venivano invece fatti entrare i Pomak
, linguisticamente slavi.[14]
I Bulgari
, dal canto loro, rifiutavano di prendere indietro gli Zingari musulmani
nati sul territorio da loro amministrato col pretesto che, avendo lasciato il
paese, dovessero essere considerati emigranti a tutti gli effetti.[15]
Viene da chiedersi che fine hanno fatto questi Zingari (o presunti tali) visto
che oramai apolidi vagavano nei dintorni del Mar Nero
. Recentissime
ricerche nel campo del folklore e dell’etnografia hanno dimostrato che tra gli
Zingari
turcofoni di Dobrugia
una parte consistente è di origine Yürük
[16]
ma che ha
perduto il ricordo e il senso di appartenenza al mondo turco. Di nuovo sembra
ripetersi quanto accaduto dopo l’invasione mongola e accennato nel secondo
paragrafo di questo capitolo: famiglie turche, di gloriosa tradizione nomade,
perdono la propria coesione e la propria identità, venendo assimilate in poche
generazioni dalla massa dei diseredati conosciuti con il nome collettivo di Tzigani
. A questi esempi bisogna aggiungere la politica ottomana di
dislocazione forzata dei nomadi turcomanni e yürük, quella che Xavier de
Planhol definisce una vera e propria “caccia al nomade”.[17]
Il dato di fatto che in Bulgaria
la gran parte degli Zingari venga chiamata per motivi politici noti Tatar
e Juruk
[18]
(Yürük)
sembra
confermare la tesi di M. Naci Önal.[19]
Del resto numerosi gruppi yürük veniva designata nella penisola anatolica in
base al mestiere praticato e ad esempio anche i nomadi turcomanni Abdal
(che tra l’altro sono eterodossi) in
Anatolia
vengono considerati Zingari dalle popolazioni turche sedentarie
circostanti e hanno un sistema economico che li avvicina a coloro che noi chiamiamo
“Zingari”. L’etnogenesi degli Zingari è ancora tutta da tracciare e,
probabilmente, va ricercata più nei documenti storici e nelle politiche degli
stati che nelle sole interpretazioni linguistiche. Alcuni segni diacritici particolari sono stati semplificati. Sono state inoltre elise le note, che si possono trovare integralmente nella versione cartacea. |