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La saga Malaussène
(Daniel Pennac)

Chissà com'è Belleville.
So di molte persone - lettori e ammiratori di Pennac - che approfittano di un viaggio a Parigi per andare a conoscere il quartiere dove il popolare scrittore ha ambientato i romanzi della saga dei Malaussène, ma io non ci sono mai stata. Anche l'ultima volta che ho visitato la città, chi mi accompagnava me ne ha dissuasa con la scusa che si tratta di un posto brutto, sporco e mal frequentato, e per educazione non ho insistito, ma poi, sul treno del ritorno, ho molto invidiato la ragazza seduta di fronte a me che, guardacaso, raccontava con molto brio a un altro passeggero di essere reduce proprio da un pellegrinaggio letterario a Belleville. E io invece me ne tornavo in Italia con molte curiosità inappagate, non ultima quella di assaggiare un cuscus nordafricano cucinato e servito a regola d'arte.
Così, Belleville per me resta solo nell'immaginario, ma forse è meglio: posso dire di conoscerla così come l'ha descritta Pennac nei suoi libri, e lo ha fatto in modo tanto colorato da collocarla fra i luoghi mitici della letteratura. Quelli che ai passanti con la puzza sotto il naso sembrano i lati peggiori, per l'Autore ne diventano i privilegi: il clima da periferia popolare e precaria e l'inquietante multietnicità dei suoi abitanti ne fanno un mondo ideale per rappresentarvi storie grottesche, complicate, imprevedibili. Gli eroi di questo ghetto felice sono persone all'apparenza poco raccomandabili, per lo più extracomunitari chiassosi o stravaganti, ma fin dall'inizio Pennac ne mette in luce le doti di umanità e realismo in confronto al sussiego vacuo e cinico dei cittadini per bene, legittimati dal giusto colore della pelle, dalla giusta militanza politica o ideologica, dalla giusta posizione sociale. In quest'isola di emarginati, che in realtà possiedono un codice morale e un contatto con la vita più solidi e limpidi dei benpensanti loro detrattori, cresce e prospera la famiglia Malaussène, formata da personaggi tra i più improbabili, estrosi e teneri.
Li conoscete tutti, vero? La mamma sempre innamorata e quindi sempre latitante, che di quando in quando ritorna a casa come un'apparizione (e ogni volta nuovamente single e allegramente incinta); il figlio maggiore, capofamiglia e io narrante, Benjamin, specializzato nel ruolo di ingenuo capro espiatorio al quale capitano di continuo tra capo e collo le avventure più impensabili; le tre sorelle, Louna l'infermiera, Clara la fotografa e la saggia di casa, Thérèse l'astrologa sensitiva; i fratellini Jérémy lo scatenato e il Piccolo sognatore; l'ultimo frutto della passione di mamma, l'incazzosissima neonata Verdun; il dolce bebè di Clara, che si è meritato il nome di E' un angelo; e il più recente arrivo, Signor Malussène, nato in modo rocambolesco dall'amore tra Benjamin e la sua compagna pasionaria Julie. Non manca un cane, Julius, invenzione spassosa e inquietante, con le sue abitudini cialtrone e le sue apocalittiche crisi epilettiche. Ma la felice, unitissima e incasinata tribù è una famiglia allargata, che comprende altri personaggi del quartiere in veste di parenti adottivi, scelti fra gli immigrati delle più varie nazionalità e dei più strampalati usi e costumi, sempre presenti e risolutori nelle emergenze che caratterizzano la vita turbolenta dei Malaussène. Tutti insieme si trovano regolarmente al centro di avvenimenti strabilianti e paradossali, innescati di volta in volta da pensionati kamikaze, vecchiette pistolere, killer psicopatici, secondo un copione imprevedibile che ad ogni pagina sorprende e cattura per le continue trovate, i colpi di scena, gli escamotage fantasiosi come in una lunga storia a fumetti, in un cartone animato ricco di movimento e sorprese.
Pennac tratta il noir con tono surreale, esilarante, originalissimo, e lo alterna a pagine gustose di cronache meno nere e più rosa, ma sempre sotto il segno di uno humour geniale, quasi a ricordare al lettore che gli sta offrendo solo un gioco di prestigio, il piacere di una storia inventata, l'invito a lasciar correre la fantasia e a seguirla, come nelle favole per bambini. A questo autore non manca alcuno degli strumenti del mestiere: la curiosità, la vivacità, una fertilissima inventiva, l'unitarietà di stile, la padronanza del linguaggio che gli permette di farne un uso innovativo, la tecnica con la quale tiene sotto controllo il registro generale e non disperde il filo delle innumerevoli e complicate vicende, il senso del ritmo, che sa rendere di volta in volta onirico oppure frenetico. Il prodotto letterario che ne esce è godibilissimo nel suo umorismo, ma soprattutto è intelligente, avvincente e nuovo. Quindi, per favore, non definiamolo uno scrittore comico, come ho letto da qualche parte. Mi sembra molto riduttivo, molto ingeneroso nei confronti della sua versatilità. Uno Scrittore, e basta.
Parte del merito va riconosciuto anche a Yasmina Melaouah, che di Pennac è la traduttrice storica e probabilmente simbiotica, la quale ha restituito in un italiano scorrevolissimo la prosa francese anche quando gergale.

A margine, voglio citare un altro notissimo scritto di Pennac, che non appartiene né alla saga Malaussène né al genere narrativa: il saggio Come un romanzo, una lunga, spiritosa, pacata e convincente conversazione sulla lettura, raccomandabilissima ai ragazzi pigri e demotivati di oggi e agli ancor più pigri e demotivati loro educatori, che non sanno più a che santo votarsi per invogliarli a leggere. Ne troverai la recensione qui.


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