Si tira a campare

Il sudore colava sulla mia pelle come acqua piovana su un finestrino. Il suo acre odore riempiva l'aria tutt'intorno a me. Misto a questo sgradevole puzzo, un aroma ben più infido si annidava,
era l'odore della paura che mi attanagliava. Loro ci misero poco ad accorgersene e sembrarono nutrirsene. Iniziarono a schiaffeggiarmi ripetutamente, biascicandomi contro parole che non conoscevo ma che dal tono minaccioso con cui venivano pronunciate intuivo chiaramente essere invettive nei miei confronti. Contai tre persone, tutti abbastanza giovani, palestrati e ben motivati.
I ripetuti schiaffoni mi avevano reso le guance livide e tumefatte ma loro non sembravano affatto impressionati dal mio aspetto e lasciavano presagire che lo stato in cui volevano trasformare la mia faccia era ben lontano dall'essere raggiunto. La stanza in cui ero prigioniero era spoglia e macchie di umidità incrostavano ovunque le pareti, mi avevano tolto i vestiti e le mie mutande non erano certo sufficienti a respingere le scariche di gelo che mi correvano su lungo la colonna vertebrale fino al cervello. Tra uno schiaffo e l'altro avevo giusto il tempo per un paio di tremiti di freddo. Avevamo raggiunto un buon ritmo. E se non altro gli schiaffi mi aiutavano a scaldarmi. A metà dell'opera i tre sembrarono stancarsi di me e si diressero verso la stanza accanto dove potevo distintamente sentirli discutere animatamente. Prima di allontanarsi però mi legarono e mi imbavagliarono amorevolmente alla sedia. Così impacchettato mi rimase solo la forza necessaria per continuare a sudare…
Le palpebre si riaprirono lentamente, la nebbia che si era adagiata come carta velina sui miei occhi indugiò a lungo prima di allontanarsi. Il passaggio dallo stato incosciente allo stato cosciente mi diede modo di soffermarmi a riflettere su ciò che mi stava accadendo e più ci pensavo più non riuscivo a trovare una sola ragione per la quale mi dovessi trovare in una tale situazione di merda. Tutto era cominciato la sera prima quando andai in quel dannato locale nella frenetica zona di Kasbah. In verità mi ci aveva portato una ragazza conosciuta lo stesso pomeriggio in spiaggia.
La ragazza non era bellissima ma era stata lei a farsi avanti per prima, motivo più che ragionevole per considerarla più bella di quello che era.
Il locale era piccolo e zeppo di gente. Il solo pensiero di muovermi mi faceva sudare. Non era certo il posto per me ma la ragazza si dimostrò provocante fin da subito ed il locale a poco a poco si fece più intimo ed accogliente. Il tempo si fece liquido e scivolò via senza che me ne accorgessi. La gente inizio a diradarsi consentendoci maggiore libertà di movimento. Le mani della ragazza mi accarezzavano, mi esploravano ed io come inebetito lasciavo fare.
Mi svegliarono bruscamente da questo stato di estasi due uomini che con fare minaccioso si avvicinarono a noi, dissero qualcosa alla ragazza e poi furono su di me. Mi spinsero, mi gridarono addosso la loro bavosa rabbia, motivata da non so cosa.
Non ebbi il tempo di pensare, vidi una mano chiusa schizzare in avanti verso di me. Una saetta… poi il buio.
Affinai l'udito in direzione della stanza accanto…nulla…nessun rumore. Forse erano andati a chiamare rinforzi per pestarmi meglio. La paura che si era ormai da tempo impadronita delle mie membra mi solleticò con maggior forza. Ormai pensavo al peggio. Per quanto ne sapevo potevano essere terroristi o chissà cos'altro.
Tutto d'un tratto mi accorsi di non avere più le braccia o almeno non le sentivo più. I tre bastardi si erano preoccupati di legarmi le braccia fin troppo strette dietro alla sedia e la circolazione era andata a puttane già da tempo. Cazzo, cazzo, cazzo…
Urlai, imprecando. Il risultato fu solo un acutizzarsi del dolore alla mascella.
Il tempo passava lento e pareva divertirsi ad allungare questo stupido gioco.
Chiusi gli occhi un attimo, concentrai le forze per provare un'ultima volta a liberarmi da quella scomoda posizione. Quando riaprii le palpebre come per magia si parò dinnanzi a me la ragazza del locale. Mi slegò, mi trasse in salvo. Mi rimisi velocemente i miei vestiti. Ci buttammo a precipizio giù per le scale. Io mi reggevo a fatica e lei mi cingeva la vita per non farmi ruzzolare giù come uno stupido. Mi immaginavo i titoli sulla pagina della cronaca: turista in fuga da un gruppo di terroristi cade da una rampa di scale e muore sul colpo. Roba da ridere.
Finalmente fummo all'aria aperta. Aprii i miei polmoni come non mi ricordavo di aver mai fatto prima. Trangugiai tutto quel niente che avevo davanti fino a tossire dallo sforzo. La ragazza mi incalzò, non c'era tempo da perdere, potevano tornare da un momento all'altro.
Ci trovavamo in una zona portuale, che probabilmente nei miei giri solitari avevo già bazzicato un'altra volta perché mi sembrava di riconoscere alcune infrastrutture. L'angelo custode che avevo al mio fianco sapeva il fatto suo, fermò al volo un taxi rischiando di finirci sotto e mi ci cacciò dentro. Mi sentivo un perfetto imbecille. Salvato da una donna in quel modo.
Di certo non avevo fatto una gran bella impressione su di lei fino a quel momento. Il taxi ci depositò poco lontano nella stanza di un bettola di second'ordine. Quando ci sentimmo entrambi al sicuro la ragazza si prodigò per spiegarmi l'accaduto. Io la zittì quasi subito. Francamente non mi interessavano più i cosa ed i perché. Era giunto il momento di dimostrare che ero un uomo. Fottemmo come cani. Io non ero mai stato un gran che a letto ma lei ancora una volta si dimostrò superiore ad ogni mia aspettativa. Lasciva e vogliosa tirò fuori il meglio di me. Nessuna smanceria, fu tutta sostanza.
Ci facemmo portare un paio di bottiglie di rum e qualcosa da stuzzicare. Bevemmo fino a notte fonda ed io quella notte, solo quell'unica notte l'amai davvero.
La mattina seguente un fottuto cerchio alla testa mi diede il buongiorno. Il corpo smembrato come scavato dall'interno. Le viscere in fiamme. Mi guardai intorno, lei non c'era più, la cosa non mi sorprese. Istintivamente controllai se mi era rimasto il portafoglio. Stranamente dopo tutto quello che era successo era una delle poche cose che era rimasta al suo posto.
Scesi, pagai il conto dell'albergo ed affacciai il pallido fantasma di me stesso alla luce del sole di mezzogiorno.
Vedete, a volte tutto sembra andare storto altre volte no. Non ho mai capito perché.Alla fine ero ancora in giro ed ero disposto a giocarmela un'altra volta. Solo questo ha importanza.


berto

 

 

 


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