Profondo


"Profondo" disse lei, riferendosi al quadro che stavano ammirando.
"Profondo come il blu del lago nelle giornate di fine inverno" aggiunse lui.
Vi era raffigurata una barca in mezzo al mare: pennellate blu che sembravano muovere le onde e facevano sentire il vento sulla pelle.
Erano sul lago quando J raccontò a M di quella strana sensazione avuta qualche sera prima mentre era nel suo letto, al buio, e dalla finestra della sua camera sentì entrare una scia di vento, mista ad un qualcosa di misterioso e affascinante al tempo stesso.
"Una sensazione, ..solo una sensazione" concluse lei; M annuì, incantato dal suo racconto.


J riposava nella sua stanza, era notte fonda e all'improvviso quella scia, di nuovo.
Sua madre entrò dalla porta socchiusa, non era mai stata così bella: un abito lungo, di raso nero, i capelli scuri, con morbide ciocche che si adagiavano sulle spalle e facevano risaltare il biancore del suo viso, perfetto, come quando era giovane.
Non un rumore, fino a quando la donna si avvicinò alla caviglia della ragazza e con dolcezza vi poggiò le labbra.
Quel vento J lo sentì su tutto il suo corpo, completamente abbandonato a quel lungo bacio.
Una punta di dolore la fece tornare in sé, guardò la madre che sorridendo le disse: "ora sei come noi… è il nostro destino, tesoro".
J guardò la sua gamba: una goccia di sangue scivolò fino a macchiare le lenzuola.
"Ogni tanto me ne dovrai dare un po'…" disse la donna abbandonando la stanza.


La sera seguente J raccontò a M l'accaduto, aggiungendo: "Se avrò una figlia sarà come me: è una cosa che si tramanda di generazione in generazione, da madre a figlia…"

… sentì il richiamo, quel richiamo che avrebbe segnato il suo destino… d'improvviso prese la mano di M e gli baciò il polso, che sanguinò leggermente. Non voleva affrontare da sola il destino oscuro che la attendeva; quel gesto significava poterlo condividere con lui, per sempre, fino in fondo.


Nella mensa, seduti davanti alle vivande, si guardarono sapendo che non era più quello il luogo dove placare la propria fame, ma finsero di mangiare per non destare sospetti tra i presenti.
J disse a M: "Non ce la farei ad uccidere, non ci riuscirei mai…"; M annuì con aria turbata: neanche lui riusciva ad immaginare se stesso mentre assaliva e si nutriva di qualcuno, individui che conducevano una vita normale, come loro fino a poco tempo prima…
Così accettarono di farsi procurare del sangue animale dai loro nuovi "compagni", meno impressionabili e ormai immuni da scrupoli o rimorsi. Ma ogni volta che avvicinavano alle labbra un bicchiere, quell'umanità che ancora pulsava nel loro cuore si ribellava, contrariamente ai loro corpi che erano candidi e raggianti; come la luna che illuminava quella sera d'estate in cui M uscì col suo vecchio amico B.


Si trovarono sul lago, all'attracco delle imbarcazioni, dove B mostrò ad M la sua nuova barca: ne era felice, era il suo sogno.
"Perchè una sera, io tu e J non facciamo un giro? Sotto la luna, come piace a voi…"
… "M… mi ascolti?… Sei strano…" …
Quella scia di vento ora la sentiva anche lui: così forte e travolgente, da non permettere alla propria forza di volontà di vincere quell'impulso, così forte da fargli sbranare il suo migliore amico.


Quando raccontò a J ciò che aveva fatto si sentì scosso: provava repulsione per quello che era diventato, ma era finalmente riuscito a soddisfare quell'enorme fame che lo tormentava da tempo, ma soprattutto, era finalmente riuscito ad accettare ciò che era diventato.
La ragazza non disse niente, scappò in lacrime, spaventata da lui e dalla loro nuova natura.


Era appena finito l'inverno, e il caso lo riportò lì, tra il rumore del vento che infrange l'acqua sulle pietre e muove le barche attraccate a riva.
Lì, dove cominciò tutto, dove la sua dolce J gli parlò di quella notte e di quella scia di fascino e mistero che era diventata la sua unica compagna.
Il sole era appena tramontato e lui guardò quel blu scuro e profondo delle onde.

Scuro come il suo destino.

Rose

 

 

 


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