I giapponesi, il sabato sera, vanno in pizzeria

Mangiare mi è sempre piaciuto. Mangiare velocemente non mi piaceva, ma si trattava di gareggiare con mio fratello e arrivare secondo voleva dire essere una schiappa. Alla fine lui sembrava non accusare alcun tipo di fastidio, io invece ero la reincarnazione del fastidio. In parole povere ero una mezza sega.
Quella sera dalla tavola ci rotolammo direttamente in camera dove decidemmo di vederci un film registrato. Era estate . La sera per il caldo dovevamo tenere le finestre aperte. Abitando a pochi metri dalla ferrovia l'impressione era che i treni facessero una capatina dalla nostra camera prima di lanciarsi a piena velocità verso la Svizzera. Quindi l'istinto era alzare il volume della televisione al preavviso sonoro dell'avvicinarsi di un treno per non perderci qualche scena del film. Avremmo anche potuto fermare il videoregistratore, ma ci pensate al fastidio di doversi alzare ogni volta dal letto per schiacciare lo stop. Quella volta il film era in lingua giapponese con i sottotitoli, eppure senza accorgerci alzavamo il volume lo stesso quasi intendessimo il giapponese.
La mia sensazione in quei momenti era che lo spazio e il tempo non esistessero. Mi sentivo fuori da qualsiasi coordinata che potesse identificarmi. Mi ero annullato anche se il contatore del videoregistratore cercava di ricondurmi in quel ventinove luglio duemilaedue alle ore ventidue e cinquanta.
Quando rileggerò questo stralcio penserò che sarà difficile che una serata così trascurabile a distanza di tempo me la possa essere ricordata da poterne poi scrivere. Penserò che me la sono inventata. Se ci rifletto un modo per essermela ricordata c'è. Il modo è averla scritta la sera stessa facendo credere che fosse un ricordo di chissà quanto tempo prima.

Paolo

 

 

 


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