Una
Twingo gialla
La
pioggia scrosciante scivolava rumorosa contro le finestre
appannate della locanda. All’interno, in una fredda
notte d’inverno, tre amici ammazzavano il tempo davanti
ad una bottiglia semivuota di ottimo scotch irlandese. Dopo
una prolungata e minuziosa discussione iniziarono a immaginare
e a scrivere un racconto come ce ne sono tanti:
C’era una volta, in un regno incantato
qualsiasi, una sfavillante vettura chiamata Twingo di colore
giallo. Al suo volante una ragazza non qualsiasi. Molto giovane
e graziosa, massimo vent’anni, occhi verdi e magnifici
capelli rossi. La fanciulla era talmente bella che il suo
fascino veniva contemplato e ammirato e tutti coloro che le
riuscivano a strappare uno sguardo ne rimanevano a lungo estasiati.
Quella stessa volta, sempre nello stesso posto, c’era
anche un giovane artista qualsiasi, dagli occhi azzurri, capelli
castani e splendide matite colorate in fila nel taschino della
giacca. Il giovane era talmente ingegnoso e innovativo che
tutti coloro che riuscivano a strappargli una consulenza ne
rimanevano strabiliati ….
“Questo
è l’inizio più brutto che abbia mai sentito”
disse Hans a Jakob e Wilhelm, tracannandosi una massiccia
dose di alcool.
“Merda, ogni anno, sull’albero di Natale di ogni
bambino dobbiamo far arrivare le nostre storie.” “Quest’anno
siamo già arrivati a dicembre e non abbiamo ancora
pronto niente”
Wilhem proseguì: “Innanzitutto finiamola con
la storia del qualsiasi: nome e cognome; ci vogliono nomi
e luoghi definiti e precisi per attirare l’attenzione
dei lettori.”
Ma permettimi una domanda, Wilhelm: “non è preferibile
un alone di mistero che serva a sviluppare ed aumentare le
fantasie dei piccoli?”
“Al diavolo le fantasie, i bambini ne hanno già
abbastanza”, ribatté Whilem con tono iracondo
“ora bisognerebbe educarli ed iniziarli a vivere la
vita … “
“Riprendiamo il racconto” concluse interrompendo
Jakob mentre addentava una porzione di interiora di maiale
farcita con dosi eccessive di senape e paprika, “alle
correzioni ci penseremo in seguito.”
Wilhelm obbiettò non poco prima di riprendere a scrivere:
Ogni abitante aveva un compito specifico
che si ripeteva inesorabilmente e immutabilmente da secoli.
Tutte le mattine, infatti, quasi sempre alla stessa ora (ma
qualche disguido o ritardo si ha anche nella fantasia) la
Twingo gialla passava davanti alla finestra dell’artista,
entrava nel parcheggio vicino al suo ufficio, si fermava e
spegneva il motore. Quando il pupazzo giallo ciondolante sul
vetro posteriore dell’autovettura smetteva di dondolare,
appariva come per incanto la splendida fanciulla dai capelli
rossi.
Il giovane uomo s’invaghì di lei a tal punto
da non riuscire più a disegnare e le cose peggioravano
di giorno in giorno. Era felice di vederla passare spesso,
anche se da lontano, ma non aveva il coraggio di uscire per
andarla a conoscere. Poi, una mattina di una splendida giornata
primaverile, il giovane riuscì a vincere la sua titubanza
e decise di parlarle a quattr’occhi (anzi otto perché
lui portava gli occhiali e lei le lenti a contatto!).
Quel giovedì mattina, la Bella dai capelli rossi si
era svegliata un po' prima del solito e l'aria ormai tiepida
e il sole che filtrava attraverso le persiane della sua stanza
l'avevano resa di buon umore. Si sentiva come un fremito in
tutto il corpo, un languore incolmabile.
I suoi occhi, dietro gli occhiali da sole, avevano una strana
luce. La luce di chi sapeva che da lì a poco il suo
corpo si sarebbe potuto, almeno per un attimo, raffreddare,
sedare. Camminava a passo spedito, sull'elegante viale di
gelsi non ancora in fiore, come spinta da una forza che l'incitava
a fare presto.
La sua falcata e il suo incedere erano un’ostentata
esibizione delle sue forme. Non c'era uomo che non si voltasse
a guardarla. Alta, snella, rossa, il suo seno somigliava a
due piccole colline ardenti. Il suo sguardo era ammaliante,
i suoi occhi magnetici. Occhi verdi streganti, labbra generose
in un viso di un ovale perfetto. Vestiva in maniera sobria,
ma il suo corpo trasmetteva lussuria. Il colore blu oceano
dell’abito attillato che indossava le donava molto e
i tacchi completavano l'opera dando al corpo quell'incedere
sinuoso.
“Ma scusate un attimo”
obbiettò Hans, “questo non è un racconto
per bambini?”
“E chi se ne fotte” tuonò Wilhem, “Al
massimo verrà censurato e venduto al mercato nero o
sottobanco, forse procurandoci un maggior guadagno! Non dobbiamo
fermarci. “anzi facciamo una pausa, devo andare a pisciare!”
Fece per alzarsi ma la quantità di scotch ingerito
gli annebbiò la vista e lo fece barcollare a tal punto
che andò a sbattere contro la piccola lanterna ad olio
che pendeva dietro la sua testa. Il fioco lumicino che animava
il grande tavolo di abete si spense oscurando la locanda.
La pioggia incessante non permetteva ai numerosi avventori
di rimettersi in marcia sicché la taverna andava sempre
più affollandosi. Nel locale un pungente profumo di
tabacco si alzava e si spargeva nell’aria inzuppata
di acre odore di senape ed altri aromi speziati. Jakob non
si fece attendere, si preparò anch’egli del tabacco
misto a sostanze strabilianti e aspirando a profonde boccate
si passarono il cilum come un vero e proprio rito indiano.
Il fumo ristagnatosi come una nuvola densa e grigiastra sopra
le loro teste a causa dell’inesistente aerazione fece
lacrimare ed arrossare gli occhi di Hans che cercò
di aprire l’imponente imposta vetrata alle sue spalle.
Imprecò abbondantemente quando si accorse che per il
mal tempo la finestra era stata inchiodata. Appena Whilem
tornò al tavolo, nella semi oscurità, Jakob
riprese il racconto farfugliando:
C’era una volta un’isola
di sogno, con le porte e le finestre delle case sempre spalancate,
i mari limpidi e pescosi, la barriera corallina lì
davanti e una vita dolce e quieta nelle città, nelle
campagne, in riva al mare. Dappertutto. Poi un giorno arrivò
…
“Ma
cosa cazzo state dicendo voialtri” sbraitò Wilhem
che, con quel poco di mente sobria che si ritrovava ancora,
riportò gli amici a riprendere le corrette redini del
discorso:
La fanciulla, dopo aver posteggiato la
sua Twingo gialla si incamminò, come al solito, nella
direzione dell’ufficio dell’ artista che questa
volta la aspettava sul ciglio della strada. Quando lei attraversò
con passo lento le strisce pedonali ormai sbiadite dal tempo,
lui la salutò. Lei aggrottò la fronte “Ma
chi sarà mai costui?” pensò tra sé,
ma rispose al saluto con un educato “Salve, ci conosciamo?”.
Il suo comportamento distaccato e senza emozioni resero triste
il giovane che farfugliò due o tre parole senza senso
ed attese la risposta, ma la giovane mantenne il suo atteggiamento
congedandosi da lui.
Amore amaro si stava prospettando per il giovane artista,
ma ahimè, il peggio venne in seguito: la Twingo sembrava
scomparsa nel nulla, non si vedeva più la sua lucente
carrozzeria passare intorno all’isolato, non si assisteva
più al suo posteggio lungo la stradina male asfaltata,
non si sentiva più il suono rapido e stridulo dei freni
che entravano in azione un attimo prima del crocevia …
era diventata un ricordo … la graziosa fanciulla dai
capelli rossi si era volatilizzata.
Allora il giovane artista dovette ricorrere, suo malgrado,
a pesanti e drastici mezzi. Data la sua influenza ed il suo
potere nel regno, pensò di far radere al suolo tutto
il paese in modo che non ci fossero più posti in cui
nascondersi, se la Twingo gialla si fosse trovata ancora nel
regno sarebbe stata sicuramente scoperta. Ma il popolo andò
su tutte le furie e per mantenere la calma il Re fu costretto
a farlo allontanare per sempre dal regno delle meraviglie.
A bordo della sua Fiat Uno priva di servosterzo, con le gomme
sgonfie, tergicristalli rotti e l’autoradio fuori uso,
venne scortato sino alle porte del regno e da lì esiliato
a vita.
Questo improvviso cambiamento turbò molto il nostro
artista perché ora si trovava in mezzo ad una strada,
senza un lavoro, senza cibo, senza soldi in tasca e per di
più lontano dalla Bella dai capelli rossi. Costretto
a girovagare come un vagabondo, in cerca di un impiego, il
giovane artista bussò a migliaia di porte ma, da tutti,
ricevette sempre e soltanto le solite frasi di rito “cerchiamo
giovani” (fin qui ci siamo!), “dinamici”
(più o meno), “militesenti” (signorsì
signore!), “automuniti” (con revisione scaduta!),
“disposti a trasferimenti” (mi sta bene!), “con
esperienza” (…oh oh).
Ma un giorno di pioggia, la sua Fiat lo lasciò a piedi.
“Quelle stupide candele” disse, glorificando il
signore prima di chiamare un taxi per far ritorno in albergo.
Il racconto venne interrotto
a causa dell’improvviso malore di Wilhem che si accasciò
sulla tavola privo di sensi. I due amici cercarono di rianimarlo
inizialmente con dei colpetti innocenti al viso che si fecero
successivamente delle vere e proprie raffiche di dolore su
tutto il corpo. Wilhem non era comunque ben visto sia dal
fratello che dall’amico così i due approfittarono
di questa situazione per suonargliene di santa ragione.
Si riprese boccheggiando, aveva la fronte madida di sudore
e i capelli sottili sulle tempie erano tutti appiccicati.
Whilem gettò la testa all’indietro, guardò
l’angolo del soffitto a cassettoni e continuò:
Taxista! Ecco cosa avrebbe potuto fare
in futuro.
L’idea balenatagli improvvisa prese velocemente piede,
poche ore dopo era già all’ufficio reclutamento,
giusto il tempo per le doverose pratiche burocratiche ed il
giorno seguente era già alla guida del suo Taxi giallo!
Al giovane artista il nuovo lavoro piaceva, almeno era una
novità, non gli pesava, al contrario lo rendeva sempre
di buon umore. Un bel giorno però, qualcosa lo scioccò
e gli stravolse l’animo.
Venne a sapere, durante una conversazione con un passeggero,
che la sua Bella si era concessa in sposa al Re. Il sorriso
che lo contraddistingueva e caratterizzava si tramutò
in una curiosa smorfia, pareva aver ingoiato un boccone amaro.
Chiese informazioni più dettagliate poi, scaricato
il cliente, decise di riprendere il viaggio il giorno stesso
e tornare al regno delle meraviglie, per sottrarre la sua
amata dalle mani del Sovrano.
Hans si interruppe improvvisamente
per farsi rifornire di scotch e vodka dalla bella locandiera
dalle forme stuzzicanti. Era eccitato dal suo corpo a tal
punto da palpeggiarla ogni qual volta l’ingenua e sfortunata
ancella si avvicinava al loro tavolo.
Ma fu Wilhem a portarsi la ragazza al piano di sopra, nella
zona riservata alle camere della servitù. Intendeva
in questo modo vendicarsi della strapazzata infertagli dagli
altri due poc’anzi. La fece spogliare e stendere sul
letto. Quando Wilhem si avvicinò, lei si girò
dall’altro lato presentandogli le reni. La prese in
quella posizione finché non fu esausto, poi senza dirle
una parola si rivestì e scese di sotto.
Intanto all’esterno il tremendo temporale non accennava
a diminuire.
Poco importava ai tre che si erano imposti la stesura completa
del racconto entro la mattina seguente.
Arrivato al castello, nel pieno della
notte, aiutato solamente dalla sua forza riuscì a scavalcare
le mura e ad addentrarsi nella rocca. Un lampo improvviso
attraversò la notte, le scure braccia del giovane frustarono
la debole finestra dell’appartamento della sposa, riuscendo
a far sganciare il chiavistello di metallo che serrava l’infisso.
Entrato di nascosto nella grande camera da letto si avvicinò
all’immenso camino di maiolica bianca che stava al centro
della parete dove scorse, in penombra, il sottile profilo
della giovane amata.
Con un rapido e travolgente gesto la agguantò di peso,
si diresse di corsa verso la Fiat Uno, gettò la ragazza
senza troppa gentilezza sul sedile posteriore e lei, impaurita,
svenne. Infilò la chiave nel quadro, ma quell’ammasso
di ferraglia e circuiti elettrici si paralizzò istantaneamente.
Nessun tentativo di rianimare quella cariatide metallica ebbe
successo. Infuriato ma ancora lucido di mente, cercò
disperatamente una nuova via di fuga mentre le guardie stavano
sopraggiungendo in gran quantità. Grida feroci, sentinelle
di corsa su e giù per le lunghe scalinate, cecchini
in posizione lungo i merletti delle mura, sorveglianti pronti
a sbarrare gli accessi secondari stavano chiudendo ogni possibilità
di scampo al nostro giovane. Fiancheggiò fortificazioni
altissime, in pietra levigata, con profili sporgenti e in
cima, numerose nicchie con forma di archi.
Ma come ogni favola che si rispetti ecco spuntare la luce,
o meglio ecco balenare l’idea della salvezza.
Fece irruzione nell’autorimessa del castello, trascinando
con violenza la bella dai capelli rossi, riuscì ad
impossessarsi della Twingo gialla, la mise in moto pigiando
sull’acceleratore e si allontanò velocemente.
Raggiunse il fondo della strada in una nube di foglie e rami:
il famoso giardino del palazzo reale si stava riducendo a
un campo di sterpaglie e radici divelte.
Percorse poche centinaia di metri la Bella si riebbe. Ora
non poteva fare a meno di riconoscere il coraggio e la risolutezza
del suo Salvatore, certo lei non gli aveva chiesto niente,
e probabilmente ci rimetteva, ma questi sono dettagli che
le fiabe spesso tralasciano: doveva contraccambiare con un
premio adeguato, che lui avrebbe senz’altro apprezzato,
si chinò allora verso di lui teneramente… Fu
quel suo gesto avventato a fermare la folle corsa contro il
destino.
La mattina seguente tra le lamiere accartocciate
furono trovate diverse matite colorate ed un ciuffo di capelli
rossi: era tutto quel che restava del giovane artista e della
sua Bella dai capelli rossi.
Uno strano incidente, dicono …
Proprio uno strano incidente …
H.C. Andersen, e i fratelli Grimm
Si era
ormai fatto giorno e aveva quasi smesso di piovere. Una nebbiolina
si alzava dal terreno. La servetta intanto stava riassettando
la tavolata alle loro spalle mostrando ai tre, le sue formosità.
Strapieni di alcool, nessuno di loro a questo punto era comunque
in grado di servirsene.
“Questo racconto è proprio una cagata”
sbuffò Hans stropicciandosi le enormi borse sotto gli
occhi “chissà se troviamo qualche stupido editore
interessato alla pubblicazione”.
“Ma siete sicuri che è adatto ad un pubblico
adolescente e soprattutto intelligente?” replicò
Jakob tra uno sbadiglio e l’altro.
“Va bè”, rispose Hans “al massimo
lo leggerà qualche stronzo perditempo e dopo poche
settimane il libro sarà già entrato nel regno
di Morfeo!”.
“La gente vuole la merda e noi li accontentiamo”
“ e poi i librai hanno continue svendite ed occasioni.
Questo libro farà proprio al caso loro!” disse
Whilem.
“Quando sei sbronzo spari un sacco di cazzate”
concluse Hans.
“Vieni
Jakob andiamocene a casa” pronunciò Wilhem, si
alzò barcollando, tenendosi aggrappato al bordo del
tavolo … “ho in mente una storiella di sicuro
successo e tu mi darai una mano a scriverla. Sarà un
vero e proprio best seller, parlerà di una giovane
e bella fanciulla illibata che verrà seviziata da sette
piccoli nanetti. La chiameremo Biancaneve!”.
Jakob Grimm 1785-1863 ted.
Wilhelm Grimm 1786-1859 ted.
Hans Christian Andersen 1805-1875 dan.
roberto