Estate 1986

Caldo torrido. Non vedo l’ora di scendere dalla macchina. Prima è stata una Fiat 127, poi una Renault 11. I chilometri sotto le ruote sempre quelli. Ottocento sessanta quattro. Chiudo gli occhi e li riapro. Ancora qui. Alla fine del viaggio. Una piccola stradina sterrata circondata da campi di grano. Del grano restano le stoppie. Poco lontano un ponte. Sotto il ponte prima un’autostrada fantasma, poi un’autostrada a tutti gli effetti. Ci guardiamo negli occhi. E’ tempo di sgranchirsi le gambe. Papà alza il finestrino e abbassa il volume della radio. L’ha sempre fatto e lo farà anche stavolta. Mamma si toglie gli occhiali da sole e si controlla il viso allo specchietto. Quando ce ne andremo via da qui faranno il contrario. Papà abbasserà il finestrino e alzerà il volume della radio, mamma si metterà gli occhiali da sole.
La polvere sale da terra. Superato il ponte, prendiamo la strada sterrata. Quella con la sbarra arrugginita. La sbarra non si mette tra noi e la strada. Nella masseria qualcuno ci aspetta. La strada in discesa torna piana. Poi la curva. Gli alberi fanno ombra. A sinistra l’altalena. Davanti a noi il cancello. Qualcuno esce per venirci ad aprire. Il viaggio è finito. Al resto ci pensano i ricordi. Con quelli vai avanti e indietro quante volte vuoi. Ma quando scendi non è come scendere dall’auto dopo ottocentosessantaquattro chilometri in un estate torrida. Non vedi l’ora di niente perché davanti a te non ci sarà prima una piccola stradina sterrata circondata da campi di grano, poi un ponte, poi un cancello e nemmeno qualcuno che uscirà per venirti ad aprire il cancello.
Non so se questa è la fine oppure è un nuovo inizio.

paolo

 

 

 

Racconti - HOME