Soldatini Tascabili Smilitarizzati

Prima o poi devo cominciare a farlo. Sporcarmi col sangue degli altri. Non lo dico tanto per dire. Lo dico perché così vanno le cose da queste parti. Il minimo che posso fare è ritardare lo scontro col nemico. Tenere alla propria pelle è un conto, divertirsi a far scempio della pelle degli altri è tutt’altra roba. Nella pratica però le due cose sono automatiche, se non contemporanee.
Non esiste una debita distanza di sicurezza. Il nemico se non lo vedi è perché ci stai sopra. A occhio e croce saremo diverse migliaia. Mai vista così tanta gente su un campo di battaglia. Sapete. E’ la prima volta che mi capita di farla, la guerra. Prima di oggi ne avevo letto sui libri di storia o vista alla tv. Un punto di osservazione ben più salutare.
Non ho un incarico preciso. Devo limitarmi a farne fuori più di quanto pensi sia abbastanza. Quando ce l’avevano detto ci era pure venuto da ridere.
Ora che ci sono dentro in carne e ossa in questo casino, l’unica cosa che mi viene in mente è “fanculo gli ordini”. Io il culo non lo vendo.
Che diamine. Non puoi buttarti nella mischia e fare una carneficina così su due piedi. Una cosa è l’addestramento. Un’altra è questa cosa che non so nemmeno come chiamare. E poi sono ancora freddo. Mi ci vorrebbe una corsetta per riscaldarmi. Ecco cosa intendevano per guerra fredda. Guerreggiare senza perdere tanto tempo col riscaldamento. Un vero atleta fa le cose con calma, anche quando si trova nella merda fino al collo.
La calma è la prima cosa di cui sente di poter fare a meno un soldato. Soldati e atleti non sono la stessa cosa. Ora che lo so rinuncio all’idea della corsa.
Siamo talmente eccitati da rischiare l’infarto, se qualcuno non ci centra prima con il suo fucile. Altro che eroi. Cadiamo come pere cotte, senza colpo ferire. E’ la solita ansia da prestazione che ci frega. Mi metto il cuore in pace e faccio quello che posso. Se la metto sul ridere magari va a finire bene.
Da dove incomincio. Tagliare a fette una torta è come tagliare a fette il nemico. Non sai mai da dove iniziare. Dovrei trovarmi un peso leggero. Qualcuno alla mia portata. Ma che. Il più piccolo è il doppio di me. Cosa mangeranno mai gli altri che io non mangio, è una domanda che non avrà mai risposta. Per fortuna ho una barba minacciosa. Servirà a tenerli lontani per un po’.
Corpi mutilati, squarciati, sventrati. Ecco la strada in cui mi tocca camminare. Braccia e gambe piroettano nell’aria. I loro proprietari non se le ricordavano così atletiche. Qualcuno cerca pure di recuperarle. I più si portano via quello che non è loro. Molti si improvvisano medici. Qualcuno si crede pure capace di dare l’estrema unzione. Smetto di pensarci e tiro fuori il manuale da Guerra tascabile. Ma tu guarda. Quello che l’ha scritto ci ha messo pure la dedica. “A quelli che non faranno in tempo a tirarlo fuori”. Vediamo un po’. Guerra batteriologica. Troppo avanti.Guerra chimica. Che ne sarà dell’ambiente. Ci siamo. Ammutinamento.
C’è un baccano assordante. Pioveranno corpi mutilati ancora per molto. Mi metto i tappi per le orecchie. Per gli occhi non c’è niente da fare. Qui ci si cammina l’uno sull’altro, senza tante scuse.
La propria nascita e la propria morte sono due esperienze indimenticabili a patto che si possano ricordare. Fare della filosofia da queste parti non è prudente. Dato che sto per morire posso sempre chiedere asilo ad uno Stato di incoscienza. Per ottenerlo mi servirebbe della droga e da queste parti non manca. Chiedo a un tizio mutilato che ha l’aria di essere un tipo gentile. Se ne rammarica, ma non ha droga. In cambio mi da un cerotto alla scopolamina. Per convincermi ad accettarla mi dice che non è male se ho il mal d’auto. Non mi va di contraddirlo. Ci tiene poi a darmi delle notizie superflue, quasi fosse il mio medico di famiglia. E’ estratto dalle radici della Belladonna, dice. Ringrazio dell’informazione e me ne vado per non disturbare il suo decesso.
L’aria è sempre più pesante. La morte va avanti e la vita si ferma. Io continuo per la mia strada, senza sapere se sono vivo o morto. Inizio a chiedermi come mai nessuno cerca di farmi fuori. Qui non si fanno sconti a nessuno. Un corpo morto torna utile come riparo o come arma di difesa. Il mio corpo vale meno di un corpo morto forse?
L’armatura in maglia di ferro non ripara dai colpi delle armi da botta e così si è passati ad armature costruite in piastre d’acciaio. Qualcuno ha pensato pure di decorarle. Poi è arrivata l’arma da fuoco e addio armatura. E’ solo uno dei tanti capitoli sull’ Evoluzione nel modo di far male. L’ho imparato al corso di storia moderna. Il tempo in qualche modo bisogna pure farlo fuori.
La battaglia è sempre più feroce e tutto questo sangue mi da alla testa. Non basterebbe un esercito di imbianchini per fare un po’ d’ordine. Mi distraggo con della musica sinfonica. Niente. Alla fotofobia si sono aggiunte sanguefobia, mortefobia, guerrafobia, antropofobia. Mi copro bene per non rischiare di prendere un raffreddore. Non riconosco più il vero pericolo.
I corpi seguitano a bucherellarsi. E’ uno spappolamento schizofrenico. Pozzanghere di sangue. Se son morti galleggeranno.
La morte inebria come gas esilarante quelli che ancora rispondono colpo su colpo. E’ un seminario di anatomia. L’iscrizione è gratuita. Non mi faccio fregare e tiro dritto.
C’è una donna che mi viene incontro col suo cavallo. Una donna in mezzo a tutto questo sangue. Il mio sistema nervoso centrale deve essersi alterato. Quello che vedo non mi convince. Magari è una delle dottoresse che viene a controllare come abbiamo reagito a quel farmaco che ci hanno iniettato prima di partire. Lei mi tranquillizza. Non è qui per un controllo e nemmeno per un’intervista. Sono proprio fuori strada. Magari vuole solo fare del sesso.
Si comporta come se fossimo in un ristorante con vista sul mare. Non resta che far finta di esserci veramente. Incomincio io.
Lei dovrebbe andarsene da qui. E’ troppo pericoloso.
Ora non lo è più. Lei ne è fuori.
Come li chiama allora quei corpi mutilati?
Corpi mutilati.
Lo vede allora che ho ragione.
La devo portare in un posto.
Deve esserci una brutta notizia.
Lei è morto.
E quella buona?
Ce ne andiamo a Walhalla.
E quella buona?
Sa di cosa parlo?
No. E comunque non mi va. Vuole vedere le foto che ho nel portafogli?
Vediamole.
Sto sragionando. Se prima avevo un briciolo di intelligenza ora non ho neppure quello. Un po’ per colpa della guerra e un po’ perché di donne in giro non se ne vedono da parecchi giorni.
Quella donna è una Valchiria. Secondo la mitologia germanica è pure vergine. Non sono stato poi così sfortunato. Era incaricata di accompagnarmi a Walhalla, “il paradiso degli eroi”. Non avendo niente di meglio da fare la seguo.
Perché non ce ne andiamo nel primo motel?
Perché tu non sei un semplice soldato. Sei un eroe. E gli eroi vanno a Walhalla.
E chi lo dice?
La mitologia germanica.
Cosa vuoi che conti la mitologi germanica in mezzo a tutto questo casino.
Non mi risponde. Di tempo non ce n’è molto, eppure passiamo momenti indimenticabili. Qualche foto qua e la, un giro sugli autoscontri e una bella cena a lume di candela. Non lo facciamo. Lei è una valchiria e io sono un eroe di guerra. Solo un soldato semplice nel tempo libero va a donne.
Notizie della battaglia? Credo che siano ancora lì a darsele di santa ragione. Nient’altro da dire.
A Walhalla le nostre strade si separano. Lei non l’ho più rivista. Un taxista che la conosce mi ha dato uno strappo fino all’albergo a cinque stelle “Il paradiso degli eroi”. E’ qui che devo passare il resto della mia vita. La mia camera sta al secondo piano. Se avessi avuto una morte meno eroica, la mia camera si troverebbe al primo piano. Esagerano con tutte queste distinzioni. Non sono poi tanto diverso da quello che vive sotto di me.
Un giorno sono talmente ubriaco che sbaglio piano, entro nella stanza di quello che abita al piano sotto il mio. Il tizio del primo piano mi fa entrare, mi fa sedere. Dice che sono fortunato a stare al secondo piano, mi racconta come è finito lì e mi chiede di me. Gli dico che non lo so perché mi trovo lì, che di eroico ho avuto solo la morte e visto che la propria morte non la si può ricordare, non lo avrei mai saputo. Semplice. Così stanno le cose.
Se sono qui a Walhalla è perché sono un eroe al certo per cento. Non dico che mi basti, ma tanto non posso farci nulla, mi accontento.

 

paolo

 

 

 

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