Charles Willeford

 

 

Miami Blues
1984 - Marcos y Marcos, pag.250

 

Freddie Frenger, detto Junior. E’ appena uscito dal carcere di San Quentin. E’ appena atterrato all'aeroporto di Miami. Può risultare simpatico, ha spirito pratico, trasmette un certo senso di protezione. Ma è uno psicopatico, pluriomicida. Dispone di una discreta collezione di carte di credito rubate, patenti, carte d'identità.
Hoke Moseley è un detective piuttosto singolare: quarantadue anni, separato, sdentato, squattrinato. Mette su ciccia in un lampo. Effetti personali: una dentiera - a volte la usa per far colpo - una calibro 38, un distintivo della Omicidi che rischia di perdere ogni giorno. Vive in un albergaccio che brulica di cubani e vecchiette. Non scopa da cinque mesi. Può risultare antipatico, imbranato, ma sa il fatto suo. Susan è una studentessa ventenne, costretta a prostituirsi per vivere. Un po' troppo pronta, forse, a farsi "proteggere" e a metter su casa con un pazzo come Freddie, o Junior, come preferite. Non sa che Junior ha appena fatto fuori suo fratello Martin, un Hare Krishna che mendica all'aeroporto e si frega duecento dollari al giorno. Non sa che Martin è morto di infarto dopo che junior gli ha spezzato e rivoltato un dito in mezzo a un capannello di passeggeri allibiti. Non immagina che Hoke Moseley sta per venirla a cercare a scuola, dove assieme al suo nuovo fidanzatino si esercita a comporre haiku. Non ha idea di come Miami possa trasformarsi in un inferno. Specialmente quando si vive accanto a Freddie “Junior” Frenger.

 

***

l'inizio...

1.

Frederick J. Frenger jr, brillante psicopatico californiano, chiese alla hostess della prima classe un altro bicchiere di champagne e carta e penna.
Lei gli portò una bottiglietta ghiacciata, tolse il tappo e gliela lasciò, poi tornò con carta da lettera della Pan Am e una biro bianca.
Per un'ora Freddy sorseggiò champagne e si esercitò a firmare: Claude L. Bytell, Ramon Mendez e Herman T. Gotlieb.
Non era facile imitare le firme della sua collezione di carte di credito, patenti e carte d'identità; ma passata un'ora, finito lo champagne, quando fu servito il pranzo - martini, fettina, patate arrosto, insalata, torta al cioccolato, due bicchieri di vino rosso - Freddy decise che era abbastanza vicino agli originali.
Sapeva che il modo migliore di falsificare una firma era capovolgerla e disegnarla piuttosto che tentare di imitare la grafia. Funziona sempre, se hai tempo e pace e vuoi contraffare un assegno o un documento. Per usare carte di credito rubate, però, avrebbe dovuto firmare le ricevute con disinvoltura davanti a commessi e cassieri presumibilmente sul chi vive.
Comunque, "abbastanza bene" di solito bastava per Freddy. Non era un perfezionista, e raramente riusciva a dedicarsi a un'attività per più di un'ora senza che la sua mente cominciasse a vagare. Guardò i tre portafogli e si ritrovò a pensare a chi li aveva posseduti. Uno era di cervo, l'altro di finto struzzo e il terzo di semplice cuoio, pieno di foto a colori di bambini insulsi. Perché portarsi in giro le foto di bambini così brutti? E perché comprare finto struzzo, quando con due o trecento dollari in più ti prendi un portafogli di vera pelle di struzzo? Il cervo poteva capirlo; è soffice e robusto, e più lo usi più diventa morbido. Decise di tenere quello di cervo. Ci fece stare tutte le carte di credito, le carte d'identità, persino le foto dei bambini insulsi, poi infilò i due portafogli vuoti nella tasca del sedile davanti, dietro la rivista della compagnia aerea.
Bello pieno, leggermente alticcio dopo il martini e il vino, Freddy si adagiò nell'ampio sedile reclinabile stringendo in grembo il cuscinetto della compagnia aerea. Dormì di gusto finché la hostess non lo svegliò gentilmente e gli chiese di allacciare la cintura e prepararsi per la discesa verso 1'aeroporto di Miami.

Freddy non aveva bagaglio e si mise a girare per l'elefantiaco aeroporto prestando attenzione agli annunci che rimbombavano dagli altoparlanti, prima in spagnolo, poi, lunghi la metà, in inglese. Voleva prendere un taxi e trovare un hotel, gli mancava solo un bel bagaglio. Meglio due colli, ma un portaabiti Vuitton sarebbe andato benissimo. Si fermò un istante per accendersi una Winston e uscì in ricognizione su una lunga fila di turisti americani e di esili indios diretti nello Yucatan. I vacanzieri si tenevano stretti i loro bagagli, e gli indios trascinavano scatoloni tenuti insieme da nastro adesivo grigio. Nulla che facesse al caso suo, lì.
Un Hare Krishna, malamente agghindato con jeans, maglietta, giacchetta sportiva carta da zucchero e parrucca castana sbilenca sulla testa, raggiunse Freddy e gli attaccò sulla giacca di pelle grigia una spilla con un leccalecca a strisce rosse e bianche. Freddy sentì montare una rabbia incontrollabile quando la spilla entrò nel risvolto della giacca da duecentottantasette dollari, comprata il giorno prima a spese di Claude L. Bytell da Macy, a San Francisco. Avrebbe potuto togliere la spilla, certo, ma sapeva che il forellino sarebbe rimasto lì in eterno per colpa di quell'idiota.
«Io voglio essere tuo amico» disse l'Hare Krishna «e...»
Freddy afferrò il dito medio dell'Hare Krishna e glielo piegò indietro con forza. Il Krishna strillò. Freddy spinse di più e piegò il dito fino a romperlo. Il Krishna urlò, un suono stridulo e gorgogliante, e crollò in ginocchio. Freddy lasciò andare il dito penzolante e, mentre il Krishna si accasciava strillando, la parrucca cadde, scoprendo la testa rasata.
Due uomini, palesemente imparentati, che avevano assistito alla scena, cominciarono a ridere e applaudire. Una donna di mezza età con un poncho colombiano, come sentì un turista dire "Hare Krishna", prese dalla borsetta una cicala anti-Krishna e comincioò ad azionare il rumoroso arnese sulla sua faccia stravolta. Il compagno del Krishna ferito, vestito uguale ma con la parrucca nera, lasciò la fila dell'Aeromexico che si stava lavorando, si avvicinò e se la prese con la donna che suonava la cicala. Il più vecchio dei due uomini che ridevano gli si avvicinò da dietro, gli strappò la parrucca e la lanciò sopra le teste della gente che era accorsa.

***

2.

La sala VIP - altrimenti chiamata Golden Lounge dal colore delle tessere che le tre compagnie aeree che la gestivano davano ai passeggeri di prima classe - era percorsa da uno strano fermento. Il morto disteso sulla moquette blu non era l'unico a essere lì senza la Golden Card.
Il sergente Hoke Moseley, dipartimento di polizia di Miami, squadra Omicidi, riempì di caffè a scrocco un bicchiere di polistirolo - il terzo - prese e rimise su un vassoio di plastica grigia una ciambella glassata, poi aggiusto il caffè con dolcificante e latte.
Il sergente Bill Henderson, il corpulento compagno di Hoke, si accomodò su un regale divano blu e si immerse nella lettura della rubrica umoristica di John Keasler sul <<Miami News>>.
Due uomini della sicurezza, di mezza età, in giacchetta blu elettrico, si piazzarono sulla porta, sembravano pronti a prendere ordini dal primo venuto.
Un nero delle PR aeroportuali con camicia sportiva di seta marrone da un centinaio di dollari e braghe sportive di lino giallo, prendeva appunti su un'agendina di pelle con una penna d'oro. Infilò l'agendina nella tasca posteriore e attraversò la moquette blu per parlare con due uomini che dicevano di venire da Waycross, in Georgia, John e Irvin Peeples. Lo fulminarono con lo sguardo.

***


<<Il signor Gotlieb?>> disse con un sorriso. <<Pablo dice che voleva vedermi>>.
<<Già>> disse Freddy. <<Ma quanti anni hai?>> <<Diciannove, mi chiamo Pepper>>.
<<Si, come no. Ce l'hai la carta d'identita?>>
<<Ho la patente. Sembro più giovane perché non mi trucco, ecco perché>>.
<<Vediamo la patente>>.
<<Non sono tenuta a mostrargliela>>.
<<E vero, non sei tenuta. Puoi andare».
<<Ma se gliela faccio vedere lei scoprirà il mio nome vero».
<<Ti chiamerò Pepper lo stesso>>.
Prese il portafogli dalla borsa e mostrò a Freddy la sua patente della Florida. La patente era intestata a Susan Waggoner, di vent'anni, non diciannove.
<<Qui dice che hai vent'anni>>.
Lei si strinse nelle spalle. <<Mi piace fare la teen-ager>>. <<Qual è la tariffa?>>
<<Quella pomeridiana, fino alle cinque, cinquanta dollari per mezz'ora. Oltre, sono settantacinque dollari. io stacco alle cinque quindi per lei fa cinquanta dollari, senza exttra>>.
<<Va bene. Andiamo in camera da letto>>.
Pepper abbassò il copriletto dal lettone gigante, poi piegò le lenzuola con cura. Si sfilò le scarpe, la maglietta, i jeans. Non portava reggiseno, non ne aveva bisogno. Tolse le mutandine, si sdraiò sul letto, mise le mani dietro la nuca e aprì le gambe ossute.
Quando incrociò le dita dietro la testa, i suoi piccoli seni quasi sparirono, fatta eccezione per i capezzoli duri, due fragoline. I lunghi capelli neri, raccolti in una coda fermata da un elastico, disegnavano un punto di domanda sul lato destro del cuscino. II pelo lucido del suo sesso era di uno strano biondo scuro.
Freddy si tolse l'asciugamano e lo lasciò cadere a terra. Infilò tre dita della mano destra nella sua vagina già incremata. Scosse la testa e si rabbuiò.
<<Non è abbastanza stretta per me>> disse. <<Sono abituato ai ragazzi, capisci. Lo prendi nel culo?>>
<<No, signore. Dovrei, lo so, ma ho provato una volta e mi ha fatto troppo male. Non ce la faccio proprio. Posso farle un pompino, se vuole>> .
<<Certo, ma non è che ne abbia una gran voglia. Dovresti imparare a prenderlo nel culo, sul serio. Faresti più soldi, e se impari a rilassarti come si deve...>>
<<E’ quello che dice anche Pablo, ma non ce la faccio>>.
<<Che taglia porti?>>
<<Dipende. Posso mettere anche la trentotto, ma di solito porto la quaranta o la quarantadue. Dipende dalla marca. Ci sono differenze>>.
<<Provati questo>>. Freddy prese il vestito da cocktail di seta nera dal salotto. <<Prima mettiti le scarpe, poi guardati allo specchio. C'è uno specchio a figura intera dietro la porta del bagno>>.
Pepper si infilò il vestito, guardò come le cadeva sui fianchi e si sorrise allo specchio. <<Mi sta bene, no? Dovrei stringerlo un po' sui fianchi, però>>.
<<Te lo lascio per cinquanta sacchi>>.
<<Ne ho solo venti con me. Posso farle un pompino gratis>>.
<<Bella proposta. Un pompino gratis me lo faccio fare dovunque. Fanculo. Non sono mica un piazzista. Tieniti il vestito. E già che ci sei, portati via anche quella valigia piena di roba. Ci sono gonne e altre cose, e un bel maglione di cashmere. Puoi tenere anche la valigia>>.

[...]

 

 

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