Kurt Vonnegut

 

Hocus Pocus
1990 - Bompiani, pag.270


 

l'inizio...

Mi chiamo Eugene Debs Hartke e sono nato nel 1940. Questo nome mi fu imposto per volere del mio nonno materno, Benjamin Wills, il quale era socialista e ateo - e un semplice bidello presso la Butler University a Indianapolis - in onore di Eugene Debs di Terre Haute (Indiana). Debs era un socialista e un pacifista, nonché un sindacalista, che diverse volte si presentò candidato alla presidenza degli Stati Uniti d'America, e ottenne più voti di qualsiasi altro esponente di un terzo partito, nella storia di questo Paese.
Debs morì nel 1926, 14 anni prima della mia nascita. Adesso siamo nel 2001.
Se tutto fosse andato come molti pensavano che andasse, Gesù Cristo sarebbe di nuovo tornato fra noi, e la Bandiera americana sarebbe stata piantata su Venere e Marte.
Non abbiamo avuto questa fortuna!

Il Mondo perlomeno finirà. E questo è un evento che tanti attendono con grande gioia. Finirà molto presto, ma non nel 2000, dato che quest'anno è già trascorso. Dal che io arguisco che Dio Onnipotente non è molto forte in Numerologia.

Nonno Benjamin Wills morì nel 1948, quando io avevo 8 anni, ma già conoscevo a memoria - grazie a lui - le parole più famose di Debs, che sono:
"Finché ci sarà una classe inferiore, io ne farò parte. Finché ci saranno dei criminali, io sarò uno di loro. Finché ci sarà un'anima in prigione, io non sarò libero."
Io, omonimo di Debs, sono però di tutt'altra pasta. Non di tenero cuore come lui.
Dai 21 ai 35 anni di età sono stato militare di carriera, nell'esercito degli Stati Uniti. Durante quei 14 anni, avrei ucciso Gesù Cristo in Persona, o la Madonna, o lo Spirito Santo, o Chi per Loro, se me lo avesse ordinato un ufficiale superiore. All'improvvisa fine, umiliante e disonorevole, della Guerra in Vietnam, io ero Tenente Colonnello, con migliaia di uomini ai miei ordini.

Durante detta guerra - che concerneva esclusivamente il commercio delle munizioni - microscopica era, suppongo, l'eventualità che dovessi ordinare di aprire il fuoco o di lanciare bombe al napalm su un novello Gesù Cristo.

Io non volevo fare il militate di carriera, ma divenni un buon soldato - se una figura del genere esiste. L'idea ch'io andassi all’Accademia di West Point venne improvvisa, come il finale della Guerra in Vietnam, quando stavo per terminate l'ultimo anno di liceo. Contavo, allora, di iscrivermi all'Università del Michigan, frequentare corsi di Lettere e Storia e Scienze Politiche e collaborare al giornale studentesco, là, per farmi le ossa come giornalista.
Senonchè tutt'a un tratto mio padre, che era ingegnere chimico, che si occupava della fabbricazione di materie plastiche semieterne, e che era pieno di cacca come un tacchino di Natale, decise ch'io andassi invece a West Point. Lui non era mai stato sotto le armi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, era troppo prezioso come esperto di chimica per poter essere messo in divisa e trasformato, nel giro di 13 settimane, in un imbecille suicida e omicida.
Io ero stato già accettato dall'Università del Michigan, quando l'offerta di ammissione all'Accademia militare degli Stati Uniti mi arrivò come un fulmine a ciel sereno. Tale offerta giunse in un momento in cui le azioni di mio padre erano in ribasso ed egli aveva bisogno di qualcosa di cui vantarsi, per far colpo sui nostri ingenui vicini di casa. Costoro avrebbero senz'altro ritenuto un grande onore esser ammessi a West Point, più o meno come esser chiamati a far parte di una delle maggiori squadre di baseball.
Sicché disse a me, come io sarò poi solito dire alle reclute di fanteria appena sbarcate in Vietnam per rimpiazzare i caduti: "Questa è una grande opportunità."

A me veramente sarebbe piaciuto, presupponendo un mondo perfetto, essere un pianista jazz. Voglio dire proprio jazz. Non voglio dire rock-and-roll. Voglio dire quella musica mai-lastessa-due-volte che i negri americani hanno donato al mondo. Suonavo il piano, nell'orchestra di soli bianchi, al liceo per soli bianchi di Midland City, nell'Ohio. Ci chiamavano The Soul Merchants; Mercanti d'Anime.
Eravamo bravi? Ci toccava suonare musica allora in voga presso i bianchi, sennò nessuno ci avrebbe ingaggiato. Ma di tanto in tanto ci si scatenava a suonare jazz, comunque. Nessun altro sembrava accorgersi della differenza. Ma noi si, altroché. Ci innamoravamo di noi stessi. Andavamo in estasi.

Mio padre non avrebbe mai dovuto mandarmici, a West Point.
Che pezzo di escremento era mio padre! Lasciamo perdere il danno che ha arrecato all'ambiente con le sue materie plastiche non biodegradabili. Guardate il danno che ha arrecato a me. Che testa di pene che era! E la mamma si trovava d'accordo con ogni decisione da lui presa. Il che fa anche di lei un misero pezzo di sostanza escrementizia.
Restarono uccisi, entrambi, in un incidente anomalo, sul versante canadese delle Cascate del Niagara, che gli indiani di quella vallata chiamavano "Castoro Tonante": si trovavano in un negozio di souvenir, quando il tetto gli crollò sulla testa.

Non vi sono parolacce in questo libro - tranne "inferno" e "Dio" - quindi nessuno tema, casomai capitasse fra le mani di un fanciullo innocente. Le espressioni più forti che userò saranno, per esempio: "siamo in una bella casa di tolleranza" o, sempre riferendosi al Vietnam, "quando gli escrementi colpiscono il ventilatore".
Forse l'unico, fra i precetti di nonno Wills, cui ho sempre dato retta in vita mia è questo: l'oscenità e il turpiloquio danno diritto, a coloro che non vogliono ricevere sgradite o scomode informazioni, di chiudere gli occhi e gli orecchi.


 

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