Kurt Vonnegut

 

La colazione dei campioni
1973 - Eleuthera, pag.283


 

«Questo libro è un regalo che mi faccio per il mio cinquantesimo compleanno. Mi sento come se stessi superando il culmine d'un tetto... dopo essermi arrampicato su una delle falde. A cinquant'anni sono programmato a comportarmi in modo infantile: vilipendere il "Vessillo a Stelle e Strisce", scarabocchiare una bandiera nazista, un buco di culo e tante altre rose. Per dare un'idea della maturità delle illustrazioni da me eseguite per questo libro, ecco un mio disegno di un buco di culo:
Credo che proverò a sgombrarmi il cervello da tutte le cianfrusaglie che vi tengo: buchi di culo, bandiere, mutande. Si, questo libro contiene anche il disegno d'un paio di mutande. E mi libero pure dei personaggi d'altri miei libri. E così questo libro è un marciapiede cosparso di rifiuti e immondizie che mi butto alle spalle man mano che vado indietro nel tempo» .

Kurt Vonnegut

***

- Ho quasi settant'anni. Quando scrissi questo libro favoloso, vent'anni fa, ero ancora scosso dall'impatto della televisione sul vecchio mestiere di raccontare storie con carta e inchiostro. Mi sembrò una buona idea, per salvare il salvabile, cioè per trattenere quel pubblico che ancora restava a noi, poveri disgraziati dalle mani macchiate d'inchiostro, quella di rendere i nostri scritti più «visivi». Così creai quest'opera che è una delizia sia per gli occhi che per l'intelletto. C'è così, in questo libro, qualcosa anche per gli analfabeti, che si dice siano negli Stati Uniti qualcosa come quaranta milioni. Quand'essi guarderanno il mio disegno d'un paio di mutande, ad esempio, non avranno problemi nel riconoscerle come mutande e nel pensare tra sé e sé «mutande».

Febbraio 1992


1

- Questo è il racconto dell'incontro di due uomini bianchi, solitari, macilenti e abbastanza anziani, su un pianeta che andava rapidamente morendo.
Uno dei due era uno scrittore di fantascienza di nome Kilgore Trout. A quel tempo non era nessuno e immaginava che la propria vita fosse finita. Si sbagliava: in seguito a quell'incontro, divenne uno degli esseri umani più amati e rispettati della storia.
Colui col quale s'incontrò era un rivenditore d'auto, un concessionario della Pontiac di nome Dwayne Hoover. Dwayne Hoover era sul punto d'impazzire.

- State a sentire:
Trout e Hoover erano cittadini degli Stati Uniti d'America, Paese per brevità chiamato direttamente America. Questo che segue era il suo inno nazionale, un'autentica cretinata, come tante altre cose che quel Paese era portato a prendere sul serio:

Oh, dimmi, distingui alla prima luce dell'alba
quella che salutammo con tanta fierezza all'ultimo
bagliore
del crepuscolo?
Le cui larghe strisce e lucenti stelle,
per tutto il periglioso scontro
di sugli spalti vedemmo fileggiare
eroicamente?
E la rossa vampa dei razzi, le bombe
deflagranti nell'aria,
per tutta la notte prova ci diedero
che la nostra bandiera era ancora lì.
Oh, dimmi, ondeggia ancora quel vessillo
a stelle e strisce
sulla terra del libero e sulla patria
del prode?


- C'erano un milione di miliardi di nazioni nell'Universo, ma la nazione alla quale appartenevano Dwayne Hoover e Kilgore Trout era l'unica ad avere, chissà perché, un inno nazionale costellato di punti interrogativi.
Ecco come si presentava la bandiera di quella nazione:


A proposito di questa bandiera, quella nazione aveva una legge che nessun'altra nazione aveva a proposito della propria. E quella legge diceva: “La bandiera non deve essere abbassata davanti a nessuna persona o cosa”.
Abbassare la bandiera era una forma di saluto amichevole e rispettoso che consisteva nel portare la bandiera con tutta l'asta quasi fino a terra, per poi sollevarla di nuovo.

- Il motto della nazione di Dwayne Hoover e Kilgore Trout, che - in una lingua che nessuno più parlava - significava Dalla molteplicità l'unità, era il seguente: E pluribus unum.
L'inabbassabile bandiera era una bellezza e l'inno e il motto insignificante magari non avrebbero avuto molta importanza, non fosse stato che per questo: un bel po' di cittadini erano a tal punto ignorati, ingannati e insultati, da ritenere di aver forse sbagliato Paese, o addirittura pianeta, e da pensare che chissà quale orrendo errore fosse stato commesso. Se quel loro inno e quel loro motto avessero menzionato l'equità o la fratellanza, la speranza o la felicità, se in qualche modo le avessero auspicate per quella società e per i suoi beni reali, essi ne avrebbero tratto un po' di conforto.
Se poi studiavano le loro banconote in cerca di qualche indicazione sulla natura del loro Paese, trovavano, tra tante altre fessate barocche, la riproduzione di una piramide tronca con sopra un occhio raggiante, così:

Neppure il presidente degli Stati Uniti sapeva cosa significasse esattamente. Era come se il Paese dicesse ai propri cittadini: «Nell'insensatezza è la forza».

- E un bel po' di sciocchezze furono l'innocuo risultato della giocherelloneria dei padri fondatori della patria di Dwayne Hoover e Kilgore Trout. Quei fondatori erano degli aristocratici desiderosi di far sfoggio della loro inutile istruzione, che consisteva nello studio degli abracadabra dei tempi antichi. Ed erano anche poeti da strapazzo.
Ma parte di quell'insensatezza era dannosa, perché celava grossi crimini. Per esempio, gli insegnanti dei bambini degli Stati Uniti d'America scrivevano e riscrivevano sulle lavagne questa data e imponevano ai bambini d'impararla, con fierezza e allegria, a memoria:

1492

Gli insegnanti dicevano ai bambini ch'era stato allora che il loro continente era stato scoperto dagli esseri umani. In realtà, nel 1492 milioni di esseri umani già vivevano vite complete e creative su quel continente. Quello fu solo l'anno in cui i pirati venuti dal mare cominciarono a ingannarli, derubarli e ucciderli.
Ecco un altro esempio di dannosa sciocchezza insegnata ai bambini: e cioè che alla fine i pirati venuti dal mare crearono un governo che divenne un faro di libertà per tutti gli altri esseri umani nel resto del pianeta. E i bambini potevano ammirare quadri e statue di questo immaginario faro di liberta. Era una specie di cono gelato in fiamme. Più o meno così:

In realtà, i pirati venuti dal mare maggiormente implicati nella formazione del nuovo governo erano padroni di schiavi umani. Usavano gli esseri umani come macchine e, anche quando la schiavitù venne abolita, perché molto imbarazzante, loro e i loro discendenti continuarono a considerare macchine gli esseri umani.

- I pirati venuti dal mare erano bianchi. La gente che già si trovava sul continente quando i pirati arrivarono era color rame. E quando la schiavitù venne introdotta nel continente, gli schiavi furono neri.
Il colore era tutto.

- Ecco come i pirati potevano sottrarre agli altri tutto ciò che volevano: avevano le imbarcazioni migliori del mondo, erano più cattivi e avevano la polvere da sparo, che era un miscuglio di nitrato di potassio, polvere di carbone e zolfo. Avvicinavano a questa polvere apparentemente innocua il fuoco e quella si trasformava violentemente in gas. Questo gas faceva schizzare via, a velocità straordinaria, dei proiettili da certi tubi di metallo. I proiettili penetravano con grande facilità la carne e le ossa, e così i pirati potevano danneggiare e distruggere l'impianto di fili e tubi e i mantici di un essere umano, anche quando era lontano, lontanissimo.
L'arma principale dei pirati del mare, tuttavia, fu la loro capacità di cogliere di sorpresa. Nessuno infatti riuscì ad immaginare, se non troppo tardi, quanto spietati e avidi fossero.

- Quando Dwayne Hoover e Kilgore Trout s'incontrarono e si conobbero, il loro Paese era di gran lunga il più ricco e potente del pianeta. Aveva la maggior quantità di cibo, minerali e macchinari e controllava gli altri Paesi minacciando di sparargli contro grossi razzi e di buttargli sopra cose dagli aeroplani.
Gli altri Paesi, in gran parte, non avevano quattrini. Molti di essi erano ormai addirittura inabitabili: avevano troppi abitanti e spazio insufficiente. Avevano venduto tutto quello che valeva qualcosa e ormai non avevano più niente da mangiare: e tuttavia la gente continuava a scopare.
Scopare era la maniera in cui si facevano i bambini.

- Una quantità di gente di questo disastrato pianeta era comunista. Aveva cioè una teoria secondo la quale quel poco ch'era rimasto sul pianeta doveva essere diviso in parti più o meno uguali fra tutti gli abitanti, i quali, tanto per cominciare, non avevano chiesto affatto di nascere su un pianeta disastrato. Intanto continuavano ad arrivare sempre più bambini, che scalciavano e piangevano e strillavano per avere il latte.
In certi posti la gente cercava addirittura di mangiarsi il fango o succhiarsi le pietruzze, mentre a pochi passi di distanza continuavano a nascere bambini.
E così via.

- Il Paese di Dwayne Hoover e Kilgore Trout, che aveva ancora tutto in abbondanza, s'opponeva al comunismo. Non riteneva che i terrestri che avevano a sufficienza dovessero dividerlo con gli altri, a meno che proprio non lo volessero - e la gran parte di loro non lo voleva affatto.
Perciò non v’erano tenuti.

- In America, ci si aspettava che ognuno arraffasse tutto quello che poteva e se lo tenesse. C'erano americani bravissimi ad arraffare e a tenere, ed erano favolosamente ricchi. Altri invece non riuscivano mai a mettere le mani sui quattrini.
Dwayne Hoover era favolosamente ricco quando conobbe Kilgore Trout. Una mattina, mentre Dwayne passava, un tale bisbiglio a un amico queste esatte parole:
« Favolosamente ricco ».
Ed ecco che cosa di questo pianeta possedeva a quel tempo Kilgore Trout: spiccioli.
E Kilgore Trout e Dwayne Hoover s'incontrarono a Midland City, che era la città natale di Dwayne, durante il Festival delle Arti che vi si tenne nell'autunno del 1972.
Come s'è già detto, Dwayne era un concessionario della Pontiac che stava impazzendo.
L'incipiente follia di Dwayne era soprattutto una questione di sostanze chimiche. Va da sé. Il corpo di Dwayne Hoover produceva certe sostanze chimiche che gli squilibravano il cervello. Ma, come tutti i neopazzi, Dwayne aveva anche bisogno di qualche pessima idea per dare in tal modo forma e direzione alla sua pazzia.
Le cattive sostanze chimiche e le cattive idee erano lo yin e lo yang della pazzia. Lo yin e lo yang erano i simboli cinesi dell'armonia. Si presentavano così:

Le cattive idee vennero ispirate a Dwayne da Kilgore Trout. Il quale si considerava non solo innocuo ma anche invisibile. Il mondo gli prestato tanto poca attenzione che lui si credeva morto. Sperava di essere morto.

***

 

- Se voglio, io posso avere fascino da vendere.
- Un sacco di gente ha fascino da vendere.

- Il principale e i colleghi di Trout ignoravano completamente che fosse uno scrittore. Anzi, se è per questo, nessun editore degno di questo nome aveva mai sentito parlare di lui, benché avesse già scritto centodiciassette romanzi e duemila racconti all'epoca in cui incontrò Dwayne.
Non faceva mai copia di quello che scriveva. Spediva i dattiloscritti senza neppure includervi, per la loro sicura restituzione, buste già affrancate e indirizzate al mittente. A volte non aggiungeva neppure il proprio indirizzo. Prendeva i nomi e gli indirizzi degli editori da riviste dedicate all'editoria, che lui leggeva avidamente nelle sale dei periodici delle biblioteche pubbliche. Fu così che si mise in contatto con una casa editrice di Los Angeles, in California, che si chiamava Classici di Tutto il Mondo, pubblicava pornografia bell'e buona e adoperava i suoi racconti per dar corpo a libri e riviste di foto piccanti.
Non veniva mai informato di quando e dove sarebbe stato pubblicato. Ed ecco cosa riceveva in compenso: quattrini.

- Non riceveva neppure copie omaggio dei libri e riviste nei quali veniva pubblicato, cosicché doveva andare a cercarseli nelle librerie specializzate in pornografia. E spesso gli cambiavano i titoli. L'uomo di paglia pangalattico, per esempio, divenne Lingua matta.
Ma quel che soprattutto sconvolgeva Trout erano le illustrazioni che l'editore sceglieva per i suoi racconti e che non avevano niente a che vedere con questi. Aveva scritto, per esempio, un romanzo su un terrestre, un certo Delmore Skag, uno scapolo che viveva in un quartiere dove tutti avevano una famiglia numerosa. Bene, questo Skag era uno scienziato e aveva scoperto la maniera per riprodursi col brodo di pollo. Si grattava cellule vive dal palmo della mano destra, le mescolava al
brodo ed esponeva il tutto a raggi cosmici. Le cellule si trasformavano in bambinetti somiglianti come gocce d'acqua a Delmore Skag.
Delmore si trovò ad avere parecchi bambini al giorno e prese a invitare i vicini a condividere la sua orgogliosa felicità. Arrivava a far battezzare contemporaneamente sino a cento neonati per volta. Divenne un padre di famiglia famoso.
E così via.

- Skag sperava in tal modo di costringere il Paese a emanare leggi contro le famiglie eccessivamente numerose, ma la legislatura e la magistratura si rifiutavano di affrontare direttamente il problema. Emanarono e applicarono, invece, ferree leggi contro il possesso, da parte di gente non sposata, del brodo di pollo.
E così via.
Bene, le illustrazioni di quel libro erano scadenti fotografie di diverse donne bianche che spompinavano, tutte, lo stesso negro. Il quale, per non si sa quale motivo, portava un sombrero messicano.
All'epoca in cui Trout incontrò Dwayne Hoover il suo libro più diffuso era Peste a rotelle. L'editore non aveva cambiato il titolo, ma lo aveva coperto in buona parte, insieme col nome di Trout al completo, con una fascetta volgare che faceva la seguente promessa:

La topa spalancata era la foto d'una donna senza mutande e con le gambe divaricate in modo da mostrare le labbra della vagina. L'espressione era stata usata la prima volta dai fotografi d'agenzia, che spesso si trovavano a guardare sotto le gonne delle donne negli incidenti e negli avvenimenti sportivi o da sotto qualche scala di sicurezza e così via. Avevano bisogno d'una parola in codice da gridare agli altri cronisti, ai poliziotti, ai pompieri amici e così via, per avvertirli che la cosa si poteva vedere, nel caso volessero vederla. E la parola era: “ Topa!”.
La topa, in realtà, era la femmina del topo, un roditore che si presentava così:

La topa che eccitava tanto i fotografi, si presentava invece così:

Era da lì che uscivano i bambini.

***

Quando, nel 1979, Kilgore Trout accettò il Premio Nobel per la medicina ebbe a dichiarare: - C'è gente che dice che il progresso non esiste affatto. La circostanza che ormai gli esseri umani siano gli unici animali rimasti sulla Terra ha tutta l'aria, confesso, d'essere una vittoria un tantino sconcertante. Quelli tra voi ai quali la natura delle mie prime opere pubblicate è nota capiranno perché piansi sinceramente quando l'ultimo topo morìi.
- Quando ero ragazzo, tuttavia, due mostri spartivano questo pianeta con noi e io oggi inneggio alla loro scomparsa. Loro decisa intenzione era di ucciderci o almeno svuotare d'ogni significato le nostre vite. Mancò poco che non ci riuscissero. Erano avversari crudeli, ciò che non erano invece i miei piccoli amici, i topi. Leoni, forse? No. Tigri? No. Leoni e tigri sonnecchiavano quasi sempre. I mostri di cui parlo io non sonnecchiavano mai. Abitavano nelle nostre teste. Erano le frenetiche voglie dell'oro e, che dio ci aiuti, d'una sbirciatina alle mutande d'una ragazzina.
- Ringrazio il cielo che quelle voglie fossero così ridicole, perché ci hanno in tal modo insegnato che per un essere umano è possibile credere a qualunque cosa e ad agire con passione per tener fede a quella credenza: qualunque sia.
- Così, ora possiamo costruire una società altruista dedicando all'altruismo quella frenesia che un tempo dedicavamo all'oro e alle mutande -.
Fece un'altra pausa, dopodiché attaccò a recitare con finta mestizia l'inizio d'una poesiola che aveva imparato a recitare a squarciagola alle Bermude, quand'era ragazzino. E tanto più ironica era la poesiola in quanto vi si menzionavano due nazioni che non esistevano più come tali. “Vedo la Francia” recitò, “vedo la Cina...”.

***

- Ecco la scena svoltasi tra Dwayne e Harry che aveva tanto sconvolto quest'ultimo:
Harry entrò nell'ufficio di Dwayne appena Vernon ne fu uscito. Non s'aspettava grane perché non aveva mai avuto grane serie con Dwayne.
- Come sta oggi il mio vecchio commilitone?- chiese a Dwayne.
- Bene come al solito - rispose questi. - Qualcosa di particolare che ti preoccupa?-.
- Niente - disse Harry.
- La moglie di Vern è convinta che il marito voglia trasformarle il cervello in plutonio - disse Dwayne.
- Cos'è il plutonio? - chiese Harry, e così via. Chiacchierarono del più e del meno e Harry si fece un dovere di tenere viva la conversazione. Disse che a volte il fatto di non avere figli gli metteva tristezza. - Ma in un certo senso sono anche contento - proseguì. - Del resto, perché dovrei contribuire anch'io al sovraffollamento?-.
Dwayne non disse niente.
- Forse avremmo dovuto adottarne uno - continuò Harry, - ma ormai è troppo tardi. Quanto alla mia signora e a me... be', ce la spassiamo anche da soli. A cosa ci servirebbe un bambino?-.
Fu dopo quell'accenno all'adozione che Dwayne sbottò. Lui infatti era stato adottato: da una coppia che s'era trasferita a Midland City dal West Virginia durante la prima guerra mondiale per far soldi lavorando nell'industria bellica. La vera madre di Dwayne era un'insegnante zitella che scriveva versi sentimentali e sosteneva di discendere da Riccardo Cuor di Leone, che era stato un re. Il suo vero padre era un compositore tipografo ambulante che sedusse la madre componendole le poesie. Non fu nemmeno necessario che lui si desse da fare per rifilarle a qualche giornale: a lei bastava che fossero composte.
La madre era una macchina gestatrice difettosa. Si ruppe automaticamente nel dare alla luce Dwayne. Il tipografo scomparve. Era una macchina disapparitrice.

- Può darsi che l'argomento adozione provocasse una infelice reazione chimica in testa a Dwayne. Sta di fatto che, improvvisamente, sbottò contro Harry:
- Harry, perché non ti fai dare da Vern Garr un po' di stracci, li inzuppi di Blue Sunoco e fai un bel falò del tuo stronzo guardaroba? Mi dai l'impressione di trovarmi alla Watson Brothers -. Watson Brothers era il nome di un'agenzia di pompe funebri per bianchi per lo meno moderatamente ricchi. Blue Sunoco era una marca di benzina.
Harry rimase sorpreso, dopodiché sopravvenne il dolore. In tanti anni da che lo conosceva, Dwayne non aveva mai detto niente del suo abbigliamento. Era un abbigliamento, agli occhi di Harry, serio e ammodo. Portava camicie bianche, cravatte nere o blu marina, abiti grigi o blu scuro, scarpe e calzini neri.
- Sta' a sentire, Harry - disse Dwayne, in tono odioso, la Settimana Hawaiana è prossima e te lo dico molto seriamente: brucia tutti i tuoi vestiti e compratene di nuovi o fa domanda d'assunzione alla Watson Brothers. E visto che ci sei, fatti anche imbalsamare -.

***

- Quanto al racconto s'intitolava L'idiota ballerino. Come tanti altri racconti di Trout, trattava d'un tragico fallimento in fatto di comunicazione.
Ecco la trama: una creatura di nome Zog arriva sulla Terra su un disco volante per spiegare come evitare le guerre e curare il cancro. Porta queste sue informazioni da Margo, un pianeta i cui abitanti conversano tra Toro emettendo scoregge e ballando il tip-tap.
Zog sbarca di notte nel Connecticut. Ha appena messo piede a terra che vede una casa in fiamme. Vi si precipita dentro, scoreggiando e ballando il tip-tap, per avvertire gli abitanti del terribile pericolo che corrono. Il padrone di casa gli spacca il cranio con una mazza da golf.

- Il cinema nel quale Trout se ne stava seduto con tutti i suoi pacchi in grembo proiettava solo film osceni. La colonna sonora era piacevole. Sullo schermo le ombre di un uomo e di una donna giovani si leccavano con grazia i rispettivi morbidi orifizi.
Lì seduto, Trout ideò la trama d'un nuovo romanzo. Trattava di un astronauta terrestre che arriva su un pianeta nel quale ogni forma di vita animale e vegetale è stata eliminata dall'inquinamento, tranne quella degli umanoidi. Gli umanoidi si cibano di prodotti derivati dal petrolio e dal carbone.
Viene data una festa in onore dell'astronauta, che si chiama Don. Il cibo è schifoso. L'argomento principale della conversazione è la censura. Le città sono infestate da cinema che proiettano unicamente film osceni. Gli umanoidi vorrebbero farli chiudere, ma non sanno come farlo senza violare la libertà di parola.
Chiedono a Don se anche sulla Terra i film osceni sono un problema e Don dice: - Si -. Gli chiedono se i film sono veramente osceni e Don risponde: - I più osceni che si possano fare - .
Il che suona come una sfida per gli umanoidi, i quali sono convinti che i loro film osceni battano tutti quelli della Terra. E così salgono tutti a bordo di hovercraft e filano a un cinema del centro.
V'arrivano durante l'intervallo e così Don ha il tempo di chiedersi che cosa mai può essere più osceno di quanto ha visto sulla Terra. Ma ancor prima che le luci si spengano è già tutto eccitato sessualmente. Le donne della compagnia che è con lui si agitano e dimenano tutte.
Poi la sala piomba nel buffo e il sipario s'apre. Sulle prime non si vede niente. Dagli altoparlanti escono gemiti e grugniti. Poi compare un'inquadratura. Si tratta d'un film di alta qualità su un umanoide maschio che mangia quel che sembra una pera. C'è un primo piano delle labbra, lingua e denti dell'umanoide, lucidi di saliva. L'umanoide mangia la pera con calma. Quando l'ultimo pezzetto è scomparso nella bocca grugnente l'obiettivo si fissa sul pomo d'Adamo. Il pomo d'Adamo s'agita oscenamente. Poi l'umanoide rutta soddisfatto e sullo schermo compare, nella lingua del pianeta, questa parola:

FINE

- Naturalmente è tutto un trucco: le pere non esistono più. E, del resto, quella scorpacciata di pera non è l'avvenimento principale della serata, è un cortometraggio per mettere a suo agio il pubblico. Poi comincia il film vero e proprio. E’ su un maschio, una femmina, i loro due figli, più il gatto e il cane. Mangiano continuamente per un'ora e mezzo: minestra, carne, fette tostate, burro, verdure, purè di patate al sugo, frutta, dolci e torta. Poche volte l'obiettivo si allontana di più d'un due palmi da quelle labbra lucide e da quei pomi d'Adamo sobbalzanti. Poi il padre mette il cane e il gatto sul tavolo perché anche loro partecipino all'orgia.
Dopo un po' gli attori non ce la fanno più a mangiare. Sono così sazi che hanno gli occhi di fuori, quasi non riescono a muoversi. Dicono che non potranno mangiare altro per almeno una settimana e così via. Sgombrano la tavola lentamente. Si trascinano in cucina e buttano nella spazzatura qualcosa come un dieci chili di avanzi.
Il pubblico a questo punto impazzisce.
Quando Don e i suoi amici escono dal cinema, vengono avvicinati da prostitute umanoidi che offrono loro uova, arance, latte, burro di arachide e così via. In realtà le prostitute non sono in grado di offrire queste leccornie, naturalmente.
Gli umanoidi spiegano a Don che se si portasse a casa una prostituta, questa gli cucinerebbe un pasto a base di petrolio e carbone a prezzi pazzeschi. E poi, mentre lui mangia, gli direbbe paroline sconce su quel cibo fresco e succulento, che in realtà è cibo sintetico.

***

Trout uscì e si ritrovò sul marciapiede della Quarantaduesima Strada. Era un posto pericoloso quello. Tutta la città era pericolosa: a causa delle sostanze chimiche, della non equa distribuzione della ricchezza e così via. Una quantità di gente era come Dwayne: nei loro corpi fabbricavano sostanze chimiche dannose per la testa. Ma c'erano migliaia e migliaia di altre persone, li in città, che compravano sostanze chimiche cattive e le inghiottivano o le aspiravano col naso... o se le iniettavano nelle vene con aggeggi che si presentavano così:

A volte se le cacciavano addirittura nel buco del culo quelle sostanze chimiche cattive. il loro buco di culo si presentava così:

- La gente era disposta a correre rischi davvero orrendi con le sostanze chimiche perché desiderava migliorare la qualità della propria vita. Viveva in brutti posti dove si potevano fare solo brutte cose. Non possedendo denaro non poteva migliorare l'ambiente che la circondava, e così faceva di tutto per abbellire il proprio interno.
Fino allora i risultati erano stati catastrofici: suicidi, furti, assassinii, follia, e così via. Ma sul mercato venivano lanciate continuamente nuove sostanze chimiche. A una decina di passi da Trout, lì nella Quarantaduesima Strada, sull'ingresso di una libreria pornografica un quattordicenne bianco era steso a terra privo di conoscenza. Si era bevuto un quarto di litro d'un nuovo tipo di solvente per vernici ch'era stato messo in vendita appena il giorno prima. S'era anche inghiottito due pillole che servivano a prevenire l'aborto infettivo dei bovini, detto anche Mal della monta.

- Trout rimase pietrificato lì sulla Quarantaduesima Strada. Gli avevo dato una vita che non valeva la pena di vivere, ma gli avevo anche dato una ferrea volontà di vivere. Era questa una combinazione abbastanza diffusa sul pianeta Terra.
II gestore del cinema venne fuori e si chiuse la porta d'ingresso alle spalle.
E due giovani prostitute nere saltarono fuori dal nulla. Chiesero a Trout e al gestore se gli andava di sfiziarsi un po'. Erano su di giri e spavalde grazie ad un rimedio norvegese contro le emorroidi di cui appena mezz'ora prima s'erano ingerite un intero tubetto. Il fabbricante del rimedio non aveva mai pensato di farlo ingerire: la gente doveva cacciarselo su per il culo.
Erano ragazze di campagna. Erano cresciute nel mezzogiorno rurale del Paese dove i loro antenati erano stati usati come macchinario agricolo. Gli agricoltori bianchi di laggiù ormai non adoperavano più macchine fatte di carne perché quelle fatte di metallo costavano meno, erano più efficienti e richiedevano meno manutenzione.
Così le macchine nere avevano dovuto andarsene per non morire di fame. S'erano trasferite nelle grandi città perché altrove, dappertutto, sugli steccati e sugli alberi, c'erano cartelli come questo:

***

- L'autista, che era bianco, disse a Trout di starsene steso sul pavimento della cabina di guida finché non fossero giunti in aperta campagna, perché era contro la legge prendere a bordo autostoppisti.
Era ancora buio quando poi disse a Trout che poteva alzarsi e sedersi. Stavano attraversando le paludi e i prati avvelenati del New Jersey. Il TIR era una motrice diesel Astro-95 della General Motors che si tirava dietro un rimorchio lungo tredici metri. Era tanto enorme che Trout aveva l'impressione che la propria testa fosse grande all'incirca quanto una capocchia di spillo.
L'autista disse che molto tempo prima lui andava a caccia e a pesca. Gli si spezzava il cuore quando pensava a come erano le paludi e i prati appena un centinaio d'anni prima. - E quando pensi a tutta la merda che queste fabbriche producono: polveri detersive, cibi per gatti, bibite gassate...-.

- Aveva ragione. Stavano distruggendo il pianeta con i processi di fabbricazione e quello che fabbricavano era una gran schifezza.
Poi anche Trout disse la sua cosa giusta: - Bene - disse, - una volta io ero un protezionista. Piangevo e mi lamentavo per le aquile calve che la gente ammazzava con i fucili automatici dagli elicotteri e tutte quelle cose lì, ma alla fine mi sono arreso. A Cleveland c'è un fiume così inquinato che una volta l'anno prende fuoco. Prima la cosa mi disgustava, adesso invece ci rido. Quando per un incidente una petroliera perde il suo carico nell'oceano, uccidendo milioni di uccelli e miliardi di pesci, io dico: “Lunga vita alla Standard Oil, o chiunque sia a perdere quel carico”. Poi alzo le braccia a mo' d'invocazione: “Con la benzina Esso ci vai anche al cesso” aggiunse.
L'autista ne rimase sconvolto. - Stai scherzando - disse.
- Mi sono reso conto - riprese Trout, - che Dio non è protezionista, così chiunque lo è commette sacrilegio e perde tempo. Hai mai visto uno di quei Suoi vulcani o uragani o trombe marine? Hai mai sentito parlare delle ere glaciali che Lui organizza ogni mezzo milione di anni? E che ne dici del cancro del castagno? Eccoti un bel provvedimento protezionistico. Di Dio, non dell'uomo. Magari, proprio quando avremo ripulito i nostri fiumi, Lui farà invece prender fuoco a tutta la galassia come un colletto di celluloide. La stella di Betlemme era questo, sai?-
- Che cosa era la stella di Betlemme?- fece l'autista.
- Un'intera galassia che bruciava come un colletto di celluloide - rispose Trout.

- L'autista rimase impressionato. - Ora che ci penso - disse, - non credo che nella Bibbia si parli di protezione della natura -.
- A meno che tu non voglia considerare la storia del Diluvio - rispose Trout.

- Viaggiarono in silenzio per un po', infine l'autista disse un'altra cosa giusta. Disse che sapeva che il suo TIR stava trasformando l'atmosfera in gas velenoso e che il pianeta stava trasformandosi in strada asfaltata, in modo da permettere ai TIR di andare dappertutto. - Così mi sto suicidando - disse.
- Non dartene pensiero - osservò Trout.
- Mio fratello fa anche di peggio - prosegui l'autista. - Lavora in una fabbrica che produce sostanze chimiche per uccidere piante e alberi nel Vietnam - . II Vietnam era un Paese nel quale l'America stava cercando di far smettere alla gente di essere comunista buttandole sopra certe cose dagli aeroplani. Le sostanze chimiche di cui parlava l'autista avevano lo scopo di uccidere il fogliame in modo che per i comunisti sarebbe stato più difficile nascondersi agli aeroplani.
- Non dartene pensiero - ripeté Trout. A lungo andare, anche lui si suicida - disse l'autista. - Pare che l'unico lavoro che un americano riesca a trovare di questi tempi sia quello di suicidarsi in qualche modo -.
- Dici bene - fece Trout.

- Non capisco se dici sul serio o no - fece l'autista.
- Neppure io lo saprò finché non avrò scoperto se la vita è una cosa seria o no - rispose Trout. – E’ pericolosa, lo so, e può fare molto male, ma questo non significa necessariamente che sia anche seria -.

- Dopo che Trout divenne famoso, naturalmente uno dei maggiori interrogativi era appunto se lui scherzava o no. Ad uno che si ostinava a chiederglielo, una volta lui disse che sempre, quando scherzava, incrociava le dita dietro la schiena.
- E la prego di tenere presente - prosegui, - che quando le ho fornito questa preziosissima informazione le mie dita erano incrociate -.
E così via.
Era un rompiballe sotto diversi aspetti. L'autista dopo un paio d'ore ne ebbe le scatole piene. Trout, dal canto suo, s'avvalse del silenzio per inventare rapidamente un racconto antiprotezionista che intitolò Gilgongo!
Gilgongo! trattava di un pianeta che era sgradevole perché vi avveniva troppa procreazione.
Cominciava con una gran festa in onore di un uomo che aveva spazzato via l'intera specie di certi deliziosi piccoli panda. Aveva dedicato la vita a questo scopo. Per la festa erano stati fabbricati dei piatti speciali perché gli ospiti li portassero poi a casa come ricordo. Ognuno recava la riproduzione di un orsacchiotto, con la data della festa. Sotto la riproduzione c'era questa parola:

GILGONGO!

Nella lingua di quel pianeta significava «Estinto!».

- La gente era contenta che quegli orsacchiotti fossero gilgongo, perché ce n'erano già troppe di specie sul pianeta e altre ancora ne venivano fuori ogni ora. Nessuno poteva in nessun modo essere preparato alla strabiliante varietà di creature e piante nelle quali poteva imbattersi.

***

- A questo punto Wayne Hoobler sorrise, non perché fosse felice ma perché, con tanto poco da fare, pensò che tanto valeva sfoggiare i propri denti. Erano ottimi denti. L'Istituto Correzionale per Adulti di Shepherdstown andava fiero della sua assistenza odontoiatrica.
E infatti era un'assistenza talmente famosa che se n'era scritto nelle riviste mediche e nel “Reader's Digest”, ch'era la rivista più famosa del pianeta morente. L'assistenza era ispirata alla teoria secondo la quale molti ex detenuti avrebbero avuto minori difficoltà a trovare un lavoro se curavano il loro aspetto, e una bella faccia comincia da bei denti.
L'assistenza era così famosa che persino negli Stati vicini la polizia quando arrestava un poveretto con denti costosamente curati, belle otturazioni, belle protesi e così via, subito gli chiedeva: - E va bene, amico, quanti anni hai passato a Shepherdstown?- .

- Wayne Hoobler udì alcune delle ordinazioni che la cameriera passava al barista nel bar della Holiday Inn. La sentì ordinare:
- Un cocktail di Gilbey's e chinino -. Non aveva idea di cosa fosse, e neppure di cosa fossero un Manhattan o un Alexander o uno Sloe Gin Fizz.
- Un Johnny Walker Rob Roy - gridò la ragazza, - un Southern Comfort con ghiaccio e un Bloody Mary con Wolfschmidt's -.
L'unica esperienza di Wayne in fatto di alcool era quella fatta bevendo detergenti liquidi o mangiando lucido da scarpe e così via. Non aveva nessun debole per l'alcool, lui.

- Un Black and White con acqua - sentì dire la cameriera, e questo avrebbe dovuto fargli drizzare le orecchie. Quella particolare bevanda non era per una persona qualsiasi bensì per colui che fino a quel momento aveva creato l'infelicità di Wayne, che poteva ucciderlo o farlo diventare milionario o rimandarlo in prigione o fare di lui quello che maledettamente voleva. Quella bevanda era per me.

- Ero arrivato al Festival delle Arti in incognito. V'ero andato per assistere al confronto tra due esseri umani da me creati: Dwayne Hoover e Kilgore Trout. Non ci tenevo a essere riconosciuto. La cameriera accese la candela sul mio tavolo. Io la spensi. In una Holiday Inn alla periferia di Ashtabula, nell'Ohio, dove avevo passato la notte precedente, mi ero comprato un paio di occhiali da sole. Li portavo adesso nella penombra del bar. Si presentavano così:

Le lenti erano argentate, erano specchi per chiunque mi guardasse negli occhi. Chiunque voleva sapere com'erano fatti i miei occhi si trovava di fronte alla propria doppia immagine riflessa. Mentre l'altra gente lì nel bar aveva occhi, io avevo due buchi verso un altro universo. Avevo due falle.

***

Come tutti gli altri presenti nel bar della Inn, stava stordendosi con l'alcool, che era una sostanza prodotta da una creaturina chiamata lievito. I lieviti mangiavano zucchero e cacavano alcool, e si uccidevano distruggendo il proprio ambiente con merda di lievito.

- Kilgore Trout una volta aveva scritto un racconto che era costituito da un dialogo tra due cellule di lievito. Le due discutevano dei possibili scopi della vita intanto che mangiavano zucchero e soffocavano nei propri escrementi. A causa della loro limitata intelligenza non sospettavano neppure che stavano fabbricando champagne.

- Così imposi a Beatrice Keedsler di dire a Rabo Karabekian, lì al piano-bar: - E’ orribile confessarlo, ma io non so neppure chi fosse Sant'Antonio. Chi era e perché qualcuno avrebbe dovuto tentarlo?-.
- Non lo so e non mi va di scoprirlo - rispose Karabekian.
- La verità non t'interessa? - chiese Beatrice.
- Sai cos'è la verita?- fece Karabekian. – E’ quella follia nella quale crede il mio vicino. Se voglio diventargli amico devo chiedergli in cosa crede. Lui me lo dice e io gli dico “Si, si... è proprio vero!” -.

- Non avevo il minimo rispetto per le opere creative sia del pittore che della romanziera. Ritenevo che, con i suoi quadri insensati, Karabekian si fosse messo in combutta con i milionari per far sentir stupida la povera gente. Ritenevo che Beatrice Keedsler avesse stretto lega con altri scrittori antiquati per far credere alla gente che la vita ha personaggi importanti e personaggi minori, particolari significativi e particolari insignificanti, lezioni da imparare ed esami da superare, nonché un inizio, una parte centrale e una fine.
Man mano che mi avvicinavo al cinquantesimo anno di età ero sempre più stizzito e perplesso per le stupide decisioni prese dai miei compatrioti. Poi, all'improvviso, cominciai a compatirli, perché mi resi conto di quanto fosse innocente e naturale per loro comportarsi in maniera così balorda e con risultati così balordi: facevano del loro meglio per vivere come la gente inventata nei romanzi. Per questo gli americani si sparavano a vicenda così di frequente: era un comodo espediente letterario per por termine a racconti e libri.
Perché tanti americani erano trattati dal loro governo come se delle loro vite si potesse disporre come di fazzoletti di carta? Perché di solito gli autori trattavano così i personaggi secondari dei loro racconti inventati.
E così via.
Una volta capito che cosa rendeva così pericolosa l'America, che cosa la rendeva una nazione infelice di gente che non aveva niente a che vedere con la vita reale, decisi di evitare di scrivere romanzi. Avrei scritto della vita. Ogni personaggio sarebbe stato importante quanto gli altri; a tutti i fatti sarebbe stato dato lo stessissimo peso. Niente sarebbe stato tagliato fuori.
Che mettessero gli altri ordine nel caos, io avrei messo caos nell'ordine, invece, come credo di aver fatto.
Se tutti gli scrittori facessero così, allora forse i cittadini estranei al mestiere di scrivere capirebbero che non c'è ordine nel mondo che ci circonda, che dobbiamo invece adattarci alle esigenze del caos.
E’ difficile adattarsi al caos, ma è possibile. Io ne sono la prova vivente: è possibile.

- Adattandomi al caos lì nel bar della Inn, feci ora portare da Bonnie MacMahon, che era importante nella stessa misura di chiunque altro nell'universo, altri escrementi di lievito a Beatrice Keedsler e Karabekian. La bevanda di questi era un dry Martini con Beefeater e uno schizzo di buccia di limone, e così Bonnie gli disse: - La Colazione dei Campioni -.
- E’ quello che mi ha detto quando mi ha portato il primo Martini - osservò Karabekian.
- Lo dico ogni volta che servo un Martini a qualcuno - disse Bonnie.
- E non si stufa?- chiese Karabekian. - O forse per questo la gente fonda città in posti abbandonati da Dio come questo: per poter ripetere all'infinito sempre le stesse battute, finché il Risplendente Angelo della Morte non gli tappa la bocca con la cenere -.
- Cerco solo di tener su il morale della gente - rispose Bonnie. -Se è un reato, questo, non ne ho mai sentito parlare prima. D'ora in poi smetterò di dirlo. Non volevo offendere nessuno -.
Bonnie trovava detestabile Karabekian, ma non smise di essere tutta zucchero e miele nei suoi confronti. Si faceva un dovere di non mostrare mai la propria stizza per nessun motivo lì nel bar della Inn. La parte di gran lunga maggiore dei suoi introiti le veniva dalle mance e la maniera per ottenerne di grosse era di sorridere, sorridere e sorridere, qualunque cosa succedesse. Ormai aveva solo due scopi nella vita: rimettere insieme tutti i soldi che suo marito aveva perso nell'autolavaggio a Shepherdstown e soddisfare il frenetico desiderio di cinturati con fascia d'acciaio per le ruote anteriori della sua auto.
Suo marito, intanto, se ne stava a casa a guardare alla televisione i giocatori di golf professionisti e a rammollirsi con escrementi di lievito.

***

Quanto a me: ero giunto alla conclusione che in me, come in qualsiasi altro essere umano, non c'era niente di sacro, che eravamo tutti delle macchine destinate a scontrarci, scontrarci e ancora scontrarci. Per mancanza di qualcosa di meglio da fare diventavamo patiti degli scontri. A volte scrivevo bene di questi scontri, il che significava che ero una macchina dattiloscrittrice in buono stato. A volte scrivevo male, il che significava che ero una macchina dattiloscrittrice in cattivo stato. Non albergava in me più sacralità di quanta ne albergasse in una Pontiac, in una trappola per topi o in un tornio.
Non m'aspettavo che Rabo Karabekian corresse in mio aiuto: lo avevo creato io e, ai miei occhi, era un vanesio, un debole, una mezzatacca, non certo un artista. Ma a proprio Rabo Karabekian che fece di me il sereno terrestre che tuttora sono.
State a sentire:
- Che razza d’uomo è quello che trasforma la figlia in un motore fuoribordo?- disse a Bonnie MacMahon.

***

- Trout si era reso conto con una punta di imbarazzo, che Dwayne stava fissando con uno sguardo da pazzo il suo sparato. Gli occhi di Dwayne erano umidi e Trout immaginoò che fossero umidi di alcool. Non poteva sapere che Dwayne stava invece vedendo una chiazza d'olio nel Sugar Creek che quaranta lunghi anni prima aveva formato una chiazza cangiante.
Era consapevole anche della mia presenza, per quel poco che mi poteva vedere. Lo facevo sentire ancora più a disagio di Dwayne. Il fatto e che Trout era l'unico personaggio da me mai creato che avesse abbastanza immaginazione da sospettare d'essere la creazione di un altro essere umano. Aveva parlato parecchie volte di questa possibilità al suo parrocchetto. Gli aveva detto per esempio: - Quant'è vero dio, Bill, per come vanno le cose posso solo pensare d'essere il personaggio di un libro scritto da qualcuno che vuole raccontare di qualcun altro che soffre in continuazione -.
Ora Trout cominciava a rendersi conto d'essere seduto molto vicino alla persona che lo aveva creato. Ne era imbarazzato. Era difficile per lui sapere come reagire, soprattutto perché le sue reazioni sarebbero state esattamente quelle che io avrei deciso che sarebbero state.
Ci andai piano con lui, non gli feci cenno, non lo fissai. Mi tenni gli occhiali sul naso. Scrissi di nuovo sul piano del tavolo, scarabocchiai i simboli della correlazione tra materia ed energia com'era intesa ai miei tempi:

Si trattava di un'equazione sbagliata, per quanto mi riguardava. Avrebbe dovuto contenere una “C ” , per Consapevolezza, senza la quale la “ E ” e la “ M ” e la “c”, che era una costante matematica, non potevano esistere.

- Fra l'altro, tutti noi eravamo attaccati alla superficie di una palla. Il pianeta era a forma di palla. Nessuno sapeva perché non ne cascassimo, anche se tutti fingevano di capirlo, più o meno.
La gente veramente furba aveva capito che la maniera migliore per arricchirsi era di possedere una parte della superficie alla quale la gente doveva stare attaccata.

***

- Caro signore, povero signore, coraggioso signore- lesse, - sei un esperimento del Creatore dell'Universo. Sei l'unica creatura dell'intero Universo dotata di libero arbitrio. Sei l'unico che debba pensare a cosa fare dopo - e perché farlo. Tutti gli altri sono robot, macchine.
- Alcuni sembrano averti in simpatia, altri in odio, e tu devi chiedertene il perché. Non sono altro che macchine simpatizzatrici e macchine odiatrici -.
- Sei abbattuto, demoralizzato - lesse Dwayne. - Perché non dovresti esserlo? Naturalmente è stancante dover ragionare sempre in un Universo che non è stato fatto per essere ragionevole -.

***


- Dwayne Hoover andò avanti a leggere: - Sei circondato da macchine amanti, odianti, aride, disinteressate, coraggiose, sincere, mentitrici, divertenti e solenni - lesse. – Il loro unico scopo è di sconvolgerti in ogni modo possibile affinché il Creatore dell'Universo possa studiare le tue reazioni. Esse non sono in grado di sentire e ragionare, non più dell'orologio a pendolo del nonno.
- Il Creatore dell'Universo vorrebbe ora scusarsi non solo per la compagnia capricciosa e fastidiosa fornitati durante l'esperimento, ma anche per la condizione meschina e fetente del pianeta stesso. Il Creatore ha programmato i robot per appestarlo per milioni di anni di modo che quando tu vi fossi arrivato si presentasse come un formaggio velenoso e puzzolente. Inoltre, ha fatto si che fosse disperatamente affollato programmando i robot, indipendentemente dalle loro condizioni di vita, a sviluppare un'irresistibile attrazione per i rapporti sessuali e un amore sviscerato per i bambini -.

- Mary Alice Miller, sia detto per inciso, campionessa mondiale della farfalla femminile e Reginetta del Festival delle Arti, attraversò in quel momento il bar della Inn. Abbreviò in tal modo il tragitto fra l'atrio dell'albergo dov'era diretta e il parcheggio laterale, dove suo padre stava aspettandola in una Plymouth Barracuda 1970 spider, color avocado, da lui acquistata di seconda mano da Dwayne. Garantita come nuova.
Il padre di Mary Alice, Don Miller, era tra le altre cose presidente della commissione che concedeva la libertà condizionata di Shepherdstown. Era stato lui a decidere che Wayne Hoobler, che se ne stava di nuovo appostato tra le auto usate di Dwayne Hoover, era ormai in condizioni di riprendere il suo posto nella società.
Mary Alice andò nell'atrio della Inn a prendere la corona e lo scettro per la sua esibizione come Reginetta del Festival delle Arti al banchetto di quella sera. Milo Maritimo, l'impiegato dell'albergo, il nipote del gangster, li aveva fatti con le sue mani. Gli occhi di Mary Alice erano perennemente infiammati. Sembravano due ciliege al maraschino.
Solo una persona la notò tanto da esprimere un commento a voce alta, e cioè Abe Cohen, il gioielliere. Ecco quanto disse sul conto della Reginetta, disprezzandone l'asessualita, l'innocenza e il poco o niente cervello: - Un pesce morto!- .

- Kilgore Trout udì quel commento sul pesce morto. Mentalmente cercò di trarne un senso. La sua mente era ingolfata di perplessità. Sarebbe potuto benissimo essere Wayne Hoobler, alla deriva tra le auto usate di Dwayne Hoover durante la Settimana Hawaiana.
I piedi ricoperti di plastica continuavano intanto a bollirgli sempre più. Ormai il calore era insopportabile. Quegli arti gli si torcevano e arricciavano, implorando d'essere immersi in acqua fredda o agitati all'aria.
E Dwayne continuò a leggere di sé e del Creatore dell'Universo, vale a dire:
- E li programmò inoltre per scrivere libri e riviste per te e testi per la televisione, la radio, il teatro e il cinema sempre per te. Scrivevano canzoni per te. Il Creatore dell'Universo fece inventare loro centinaia di religioni perché tu potessi avere una scelta. Quindi li fece uccidere tra loro a milioni unicamente per questo scopo: perché tu ne fossi strabiliato. Hanno così commesso ogni tipo di atrocità possibile e ogni possibile gentilezza, insensibilmente, automaticamente, inevitabilmente, per provocare una reazione in TE -.

- Ogni volta che entravi in una biblioteca -, diceva il libretto, - il Creatore dell'Universo tratteneva il fiato. Fra tanto materiale tra cui scegliere, che cosa mai tu, con il tuo libero arbitrio, avresti scelto? -.
- I tuoi genitori sono macchine litigatrici e autocommisuratrici - proseguiva il libro. - Tua madre era programmata per brontolare e lamentarsi di tuo padre come macchina produttrice di soldi difettosa, e tuo padre era programmato per brontolare e lamentarsi di lei come macchina domestica difettosa. Entrambi erano programmati per brontolare e lamentarsi l'uno dell'altra come macchine amatrici difettose.
- Poi tuo padre era programmato per uscirsene di casa sbattendo la porta. Questo automaticamente trasformava tua madre in una macchina piangitrice. E tuo padre se ne andava in una taverna a ubriacarsi insieme con altre macchine bevitrici. Poi tutte le macchine bevitrici se ne andavano in un bordello a noleggiarsi macchine chiavatrici. Dopodiché tuo padre si trascinava a casa diventando una macchina scusatrice. E tua madre diventava una lentissima macchina per donatrice -.

- Dwayne ora si alzò in piedi, dopo aver ingurgitato in una decina di minuti, o poco più, decine di migliaia di parole di tale solipsistica stravaganza.
Si avvicino, camminando rigidamente, al piano-bar. Ciò che lo rendeva rigido era il timore della propria forza e consapevolezza.

***


- Mr. Trout… Kilgore…- dissi, - in mano stringo un simbolo dell’unità, dell’armonia e del nutrimento. È orientale nella sua semplicità, ma noi siamo americani, Kilgor, e non cinesi. Noi americani abbiamo bisogno di simboli pieni di colori, tridimensionali e succosi. Ma più di tutto noi bramiamo simboli che non siano stati avvelenati dai grandi peccati che la nostra nazione ha commeso come la schiavitù e il genocidio e la negligenza criminale e le vistose avidità e astuzie commerciali. Alzi gli occhi, Mr. Trout - dissi, e attesi pazientemente. «Kilgore...?».
Il vecchio alzò gli occhi e aveva la faccia devastata di mio padre quando divenne vedovo...quando divenne un vecchio, vecchissimo uomo.
Vide che stringevo in mano una mela.

- Sto per compiere cinquant'anni, Mr. Trout - dissi. - Mi sto ripulendo e rinnovando per gli anni molto diversi che mi aspettano. In tali condizioni di spirito il conte Tolstoj liberò i suoi servi, Thomas Jefferson i suoi schiavi. Io manderò liberi tutti i personaggi letterari che mi hanno servito con fedeltà durante la mia carriera di scrittore.
- Lei è l'unico al quale lo confido. Per gli altri, questa sarà una sera come tutte le altre. Si alzi, Mr. Trout, lei è libero, libero -.
S'alzò a fatica.
Avrei potuto stringergli la mano, ma la sua destra era ferita, e così le nostre mani rimasero lungo i fianchi. - Bon voyage - dissi. E scomparvi.

- Capitombolai pigramente e piacevolmente nel vuoto, che è il mio nascondiglio preferito quando mi smaterializzo. Le grida che Trout mi lanciò dietro s'affievolirono man mano che la distanza tra noi aumentava.
La voce era quella di mio padre. Udii mio padre... e vidi mia madre nel vuoto. Se ne stava lontana, lontanissima, perché mi aveva lasciato in eredità un suicidio.
Uno specchietto passò vicino. Era una falla con manico e cornice di madreperla. Lo afferrai senza difficoltà, lo sollevai davanti all'occhio destro, che si presentò così:

Ecco cosa mi gridò dietro Kilgore Trout con la voce di mio padre: - Fammi giovane, fammi giovane, fammi giovane!-.



 

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