Paco Ignacio Taibo II

 

Ritornano le Ombre
2001 - Marco Troppa Editore pag.458


 

Non sono i quattro moschettieri, ma anche loro vent'anni dopo ritornano. Vent'anni dopo ombre nell’ombra, un po' ammaccati dal tempo e più sgangherati che mai: un poeta e scrittore di romanzi porno, nonché agente dei servizi segreti messicani; un cinese che non parla più con la "l", difensore degli indios chiapanechi; un giornalista disincantato eppure romantico, mancato suicida per amore, ateo convinto ma con un nome da papa; e un ex avvocato internato in un manicomio, difensore di puttane e profughi della vita, voce narrante del romanzo, che nel suo delirio ripassa con sistematico disordine la storia messicana degli anni quaranta. Cosa ci fa Hitler in Messico nell' estate del '41, oltre a iniettarsi caffeina e ad assumere peyote per resistere allo stress del fronte orientate? Troppe cose strane stanno succedendo: nella selva del Chiapas un gruppo di Camicie brune marcia intorno a un vecchio grammofono, mentre sui muri delle case appaiono misteriose rune dipinte con il sangue umano e sommergibili nazisti sondano la costa in cerca dl un punto da cui sferrare il colpo decisivo al gigante americano. I garbugli del caso fanno ritrovare i quattro amici; insieme combatteranno non solo le macchinazioni della rete tedesca ma anche, e non è cosa da poco, la corruzione della classe politica messicana. Li aiuterà uno scrittore fantasioso, raramente sobrio e appassionato di corrida: un Ernest Hemingway che, in una delle sue crisi alcolico-letterarie, si è addormentato in una piscina a l’Avana per riapparire inspiegabilmente a Città del Messico.
Giocando con personaggi reali e fittizi che si confondono in una girandola vertiginosa, in un miscuglio agrodolce di sentimenti ed emozioni, Paco Ignacio Taibo II realizza una perfetta sintesi fra il noir, il romanzo storico e d'avventura, regalandoci una commedia amara, una tragedia riletta con un sorriso beffardo e una personalissima riflessione sulla follia: del resto solo quattro scombinati non proprio sani di mente oserebbero dichiarare guerra al Male, alla follia devastante che ha sconvolto la Storia.


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frammenti

C’è gente convinta che un romanzo debba spiegare tutto. che il romanzo debba essere il riparatore della vita e delle sue incoerenze. Ma la vita è mai stata coerente? E perciò pensa che lo scrittore occupi questa posizione centrale nello spazio e nel tempo per dare un inizio e un finale alle storie( ma lei conosce qualche storia che abbia un finale, una cosa che si dovrebbe chiamare finale, finale-finale?), collegare, riempie vuoti e dissipare zone d’ombra; spiegare i comportamenti dei personaggi.
C’è chi crede che il romanzo abbia una funzione divulgativa e una vocazione pedagogica. Niente di più lontano dalla verità. Il romanzo non è fatto per mettere ordine nel caos. Il romanzo non è fatto per mettere ordine in un beneamato cazzo. Il romanzo non è nato per dare soddisfazioni agli amanti dell’ordine. E’ fatto per divertirsi con le vertigini, per creare casino, per goderne, per rimestarlo.
Non si tratta di rispondere a domande ma di farne altre, sempre nuove, sempre più inquietanti.
Il romanzo , come la realtà reale, come le storie che conosciamo tutti e le storie che ci capitano sempre, è pieno di parentesi, buchi, ellissi che ballano saltellando da una parte e dall’altra senza desiderare concretizzarsi, senza voglia di spiegarsi.
Credo di essere ben lontano dall’illusione che quando la vita diventa profondamente incoerente arrivi il romanzo a metterci una pezza.
D’altra parte non dobbiamo lamentarci troppo. Il romanzo è certamente il guercio in questo luminoso deserto messicano in cui abbondano i ciechi.

 


 

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