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Non
sono i quattro moschettieri, ma anche loro vent'anni dopo ritornano.
Vent'anni dopo ombre nell’ombra, un po' ammaccati dal
tempo e più sgangherati che mai: un poeta e scrittore
di romanzi porno, nonché agente dei servizi segreti messicani;
un cinese che non parla più con la "l", difensore
degli indios chiapanechi; un giornalista disincantato eppure
romantico, mancato suicida per amore, ateo convinto ma con un
nome da papa; e un ex avvocato internato in un manicomio, difensore
di puttane e profughi della vita, voce narrante del romanzo,
che nel suo delirio ripassa con sistematico disordine la storia
messicana degli anni quaranta. Cosa ci fa Hitler in Messico
nell' estate del '41, oltre a iniettarsi caffeina e ad assumere
peyote per resistere allo stress del fronte orientate? Troppe
cose strane stanno succedendo: nella selva del Chiapas un gruppo
di Camicie brune marcia intorno a un vecchio grammofono, mentre
sui muri delle case appaiono misteriose rune dipinte con il
sangue umano e sommergibili nazisti sondano la costa in cerca
dl un punto da cui sferrare il colpo decisivo al gigante americano.
I garbugli del caso fanno ritrovare i quattro amici; insieme
combatteranno non solo le macchinazioni della rete tedesca ma
anche, e non è cosa da poco, la corruzione della classe
politica messicana. Li aiuterà uno scrittore fantasioso,
raramente sobrio e appassionato di corrida: un Ernest Hemingway
che, in una delle sue crisi alcolico-letterarie, si è
addormentato in una piscina a l’Avana per riapparire inspiegabilmente
a Città del Messico.
Giocando con personaggi reali e fittizi che si confondono in
una girandola vertiginosa, in un miscuglio agrodolce di sentimenti
ed emozioni, Paco Ignacio Taibo II realizza una perfetta sintesi
fra il noir, il romanzo storico e d'avventura, regalandoci una
commedia amara, una tragedia riletta con un sorriso beffardo
e una personalissima riflessione sulla follia: del resto solo
quattro scombinati non proprio sani di mente oserebbero dichiarare
guerra al Male, alla follia devastante che ha sconvolto la Storia.
***
frammenti
C’è gente convinta che un romanzo
debba spiegare tutto. che il romanzo debba essere il riparatore
della vita e delle sue incoerenze. Ma la vita è mai stata
coerente? E perciò pensa che lo scrittore occupi questa
posizione centrale nello spazio e nel tempo per dare un inizio
e un finale alle storie( ma lei conosce qualche storia che abbia
un finale, una cosa che si dovrebbe chiamare finale, finale-finale?),
collegare, riempie vuoti e dissipare zone d’ombra; spiegare
i comportamenti dei personaggi.
C’è chi crede che il romanzo abbia una funzione
divulgativa e una vocazione pedagogica. Niente di più
lontano dalla verità. Il romanzo non è fatto per
mettere ordine nel caos. Il romanzo non è fatto per mettere
ordine in un beneamato cazzo. Il romanzo non è nato per
dare soddisfazioni agli amanti dell’ordine. E’ fatto
per divertirsi con le vertigini, per creare casino, per goderne,
per rimestarlo.
Non si tratta di rispondere a domande ma di farne altre, sempre
nuove, sempre più inquietanti.
Il romanzo , come la realtà reale, come le storie che
conosciamo tutti e le storie che ci capitano sempre, è
pieno di parentesi, buchi, ellissi che ballano saltellando da
una parte e dall’altra senza desiderare concretizzarsi,
senza voglia di spiegarsi.
Credo di essere ben lontano dall’illusione che quando
la vita diventa profondamente incoerente arrivi il romanzo a
metterci una pezza.
D’altra parte non dobbiamo lamentarci troppo. Il romanzo
è certamente il guercio in questo luminoso deserto messicano
in cui abbondano i ciechi.
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