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Jose
Daniel Fierro, democratico convinto e indolente autore di gialli
che “scrive sempre di partire, e invece resta”,
dal piovoso Distrito Federal si ritrova catapultato quasi per
scherzo, come capo della polizia, nel "comune rosso"
di Santa Ana, cittadina mineraria del Nord messicano in mano
a latifondisti e uomini senza scrupoli. Ad accoglierlo, una
sparatoria all'ora di pranzo e una serie di cadaveri. Accompagnato
da una sgangherata combriccola di compagni, con una spilla dell'Uomo
Ragno come distintivo, lo sceriffo-scrittore Jose Daniel trasformerà
l'indagine in un'avventura scoppiettante, al termine della quale
scoprirà tutto senza in realtà scoprire niente.
Il caso si risolverà da sé, la storia si scriverà
da sola. Come la vita. Perché in fondo la differenza
tra scrivere a vivere "è solo una questione di chilometri".
***
1. Sotto la pioggia nel D.F
- Se in questa città non piovesse, sarei
gia andato via da un pezzo -, pensava Josè Daniel Fierro
riflettendo sui suoi pensieri; perché alcuni erano oggetto
del suo lavoro, pensieri da riutilizzare che formavano frasi
e prendevano la strada della macchina da scrivere. Quella riflessione
era sua, ma avrebbe anche potuto essere del vecchio seguace
di Pancho Villa che lavorava in un negozio di ferramenta a circa
metà del terzo capitolo del romanzo che stava scrivendo.
- Se non piovesse -... scriveva col pensiero, guardando le gocce
d'acqua che si schiantavano contro i doppi vetri di fronte al
suo tavolo bianco, e senza sentirlo immaginava il loro splash,
i piccoli plop. Doveva imprimere alla frase un po' del suono
del vento, che spingeva la pioggia contro la finestra e si trasformava
in immagine letteraria scuotendo l'alloro solitario del viale,
facendolo danzare. - Se non ci fosse l'alloro -, anche in quel
caso sarebbe andato via, lui, non il vecchio del terzo capitolo.
Scriveva sempre di partire, e invece restava. Si accese una
Mapleton con la cicca della precedente. Ana, seduta alle sue
spalle su una poltrona bianca, levò lo sguardo dal libro
che stava leggendo e tese una mano per rubargli una sigaretta.
- Sai quanto ci costa fumare?
- Josè Daniel si lisciò i baffoni neri guardando
la pioggia.
- Quarantaduemila pesos al mese, che te ne pare? L'enfisema
polmonare è la malattia più cara del mondo.
- Una volta ho sentito di una sifilide costata a un tale duecentomila
pesos.
- Non attacca. Piantala - disse Ana. - Un caffè? - Un
cognac doppio.
- A pensarci bene, l'alcolismo è ancora più caro
- disse lei avviandosi in cucina. A metà strada, il campanello
le fece cambiare direzione.
Josè Daniel Fierro si toccò il gomito, la pioggia
gli procurava l'artrite.
L'esordio doveva essere convincente, solo uno scrittore di serie
B avrebbe iniziato un capitolo dicendo: -Se in questa città
non piovesse...-. Cercò di evitare che la conversazione
sulla porta gli facesse perdere il filo. C'era quasi. Batte
i tasti riscattando il foglio dal suo biancore infetto: - Un
bravo detective non può che vivere in una città
dove piove così-.
- Daniel, ci sono visite per te - disse Ana, quasi soffiandogli
le parole sulla peluria della nuca.
Josè Daniel si voltò a guardare i nuovi arrivati:
un giovane spettinato con giaccone di panno, stivali e occhiali
molto spessi; un barbuto sulla quarantina dallo sguardo fiero;
un uomo sui 35 anni, molto scuro e con gli occhi verdi, che
aveva visto tante volte in fotografia.
- Prego, accomodatevi - disse ai tre, attenti a non sporcare
il tappeto bianco con i loro stivali. Si avvicinarono tendendogli
la mano. Lo scrittore girò la sedia per mettersi di fronte
al suoi ospiti, e lasciò loro le due poltrone; Ana restò
vigile sulla porta col suo fare da anfitriona-padrona.
- Siamo della commissione - disse il giovane con gli occhiali.
- Piove a dirotto - disse Josè Daniel tanto per dire
qualcosa.
- Gliene hanno già parlato, vero? - chiese l'uomo dagli
occhi verdi.
- Tu sei Benjamin Correa - disse lo scrittore, il giovane annuì.
- Macario, il dirigente della sezione 23 e Fritz, il direttore
della nostra stazione radio – rispose indicando i due
compagni.
- No, nessuno mi ha detto niente, ma non importa - disse lo
scrittore. - In cosa posso esservi utile? E’ per la settimana
culturale di Santa Ana? Ho gia detto di si, che ci andrò,
e ho firmato il manifesto. E’ uscito oggi, vero?
- Ci serve un'altra firmetta - disse il capo dei minatori.
- Un assegno?
I tre si misero a ridere.
- No, compagno Fierro, peggio - disse Fritz Glockner. Josè
Daniel Fierro sorrise.
- Vogliamo che lei diventi il capo della polizia di Santa Ana
- disse il sindaco “rosso”. I tre risero.
Josè Daniel Fierro emise una risatina riluttante, incerta.
- Volete che scriva un romanzo poliziesco su Santa Ana?
- No. Vogliamo che diventi il capo della polizia di Santa Ana.
- Ma bene, che bella idea! - esclamò Ana.
- Sul serio? - chiese lo scrittore.
- Certo - disse Benjamin Correa, accendendosi una Delicado senza
filtro. Macario, il minatore, annuì con un sorriso furbo.
Josè Daniel Fierro li fissò attentamente cercando
di non incrociare lo sguardo di sua moglie.
- Aspettate un momento, vediamo di capirci. Voi volete che io
venga a Santa Ana a occuparmi della polizia? Si tratta della
municipale, vero? I tre annuirono.
- Io penso che quello che voi state facendo sia molto importante.
In mezzo a tanta merda la vostra esperienza è fondamentale.
Fin qui siamo d'accordo. Sia chiaro. Io firmo manifesti, partecipo
alle manifestazioni, scrivo di voi quando posso se ho qualcosa
da dire, do un appoggio economico, vengo a Santa Ana per la
settimana culturale; queste sono tutte cose che so fare, che
posso fare. Fin qui d'accordo, ve l'ho gia detto... Ma mettersi
a capo della polizia è una follia. Io ho cinquant'anni...
- Cinquantadue - disse Ana dal suo angolino.
- Ne compio cinquantuno tra un mese... - le rispose subito Josè
Daniel.
- Non ho mai usato una pistola in vita mia.
- Mai? - chiese Macario, che non si capacitava del fatto che
in Messico ci fosse ancora qualcuno che non aveva mai sparato
un colpo.
- Però in “Morte all'imbrunire” racconta
tutto di una calibro 45: l'urto, il rinculo, la precisione,
la sicurezza... - disse Fritz Glockner sorridendo.
- Tutta roba che ho tirato fuori da un manuale di armi italiano
- rispose lo scrittore giustificandosi. - E poi, che importanza
ha? Non ho nessuna esperienza reale in fatto di indagini. La
mia è solo fantasia, soltanto letteratura.
- Ne “La testa di Pancho Villa” racconta la storia
di quella truffa in banca, è così che a Santa
Ana abbiamo scoperto come funzionano.
- Beh, capita. Merda! Devo spiegarvi io la differenza che c'è
tra scrivere e vivere?
- Nessuna - disse il sindaco rosso. - E’ solo questione
di chilometri. Chi ci capisce qualcosa di polizia in Messico?
Nessuno. Solo lei, scrittore. E chi è che ha scritto
undici romanzi? Anzi, me ne manca uno, quello dei braccianti...
- Il salario - disse Josè Daniel. - Devo averne ancora
qualche copia...
- Forse la verità è che non riusciamo a spiegarci
- disse Fritz. - Mettiamola così: in un anno e mezzo
a Santa Ana, sono stati assassinati due capi della polizia municipale.
La polizia di stato cerca di fotterci con ogni mezzo, abbiamo
bisogno di una squadra efficiente, di qualcuno che non possano
uccidere senza provocare un casino a livello nazionale, addirittura
internazionale; per esempio uno scrittore che ha appena vinto
il Gran Premio di Letteratura poliziesca di Grenoble, o che
viene intervistato dal “New York Times”. Uno che
pur essendo di sinistra partecipa al programma di Rocha ogni
Volta che esce un suo nuovo libro. Uno che non possano far fuori
e che abbia anche il cervello, le idee, lo spirito dell'investigatore,
uno che dia una mano alla città e che allo stesso tempo
faccia abbassare la cresta a quelli del Pri e al governo statale,
qualcuno di cui Santa Ana si ricorderà.
- Capisco, però dovete tener conto di una cosa. Io sono
uno scansafatiche. Ho paura. Questo paese mi mette ogni giorno
più paura. Se continuo a parlare e a scrivere è
soltanto perché mi spaventa di più star zitto.
- Non è di coraggiosi che abbiamo bisogno, a quello pensiamo
noi - disse il sindaco. - Possiamo contare su almeno una decina
di uomini pronti a buttarsi a mani legate nella gabbia dei leoni
e a farli a pezzi... Ci serve uno come lei. Provi a immaginare:
- Josè Daniel Fierro, capo della polizia di Santa Ana
-.
- Me lo immagino, certo.
- Chiedo il divorzio, attento! - disse Ana.
- Di chi è stata l'idea? - chiese lo scrittore.
- Ci stavamo ancora pensando e ne abbiamo parlato un po' in
giro, finché poi Carlos Monsivais ci ha suggerito lei.
- Bello scherzetto, non c'è che dire.
- Ci pensi, maestro. Oltre a dare una mano a Santa Ana, provi
a immaginare quanti romanzi polizieschi può ricavarne.
Dalle nostre parti abbiamo delitti grandiosi - disse Fritz.
- Ci fanno la guerra - disse il sindaco, e Josè Daniel
capì in che modo avesse raggiunto quella carica. Metteva
nelle parole un'intensità che afferrava allo stomaco
chi lo ascoltava e non lo mollava più. - Siamo accerchiati,
ci tagliano i bilanci, i cacicchi ci mettono i bastoni tra le
ruote, i fondi del comune sono bloccati, ci provocano, ci infangano
con la propaganda più falsa di tutta la storia del Messico.
Tra otto mesi ci saranno le elezioni: se vinciamo ci spediscono
subito l'esercito, se perdiamo ci smantellano l'Organizzazione
popolare che abbiamo messo su. Ci serve tutto l'aiuto possibile.
Abbiamo bisogno di un capo della polizia... E allora?
- Piove molto a Santa Ana?
- Tutti i giorni - rispose Macario.
- Mai - disse Fritz Glockner.
- Lo vedrà - rispose il sindaco.
- Chiedo il divorzio - disse Ana. - Giuro che chiedo il divorzio.
' Distrito Federal, il distretto amministrativo
nel cui territorio a compresa Città del Messico. E l'espressione
impiegata più di frequente per indicare la capitale.
'' Ricardo Rocha, anchorman motto popolare delta televisione
messicana.
''' Pri, Acronimo di Partido Rivolucionario Institucional, il
partito di govero messicano.
***
2. Appunti sulla storia del comune rosso di Santa Ana
dl Josè Daniel Fierro
Ho scoperto che ci sono almeno sei modi diversi per iniziare
la storia del comune rosso di Santa Ana, e tutti durante un
viaggio in auto lungo la panamericana, diretto a nord insieme
a tre singolari compagni di viaggio. Uno potrebbe essere quello
di raccontare la lotta sostenuta dalla sezione 23 del sindacato
dei minatori per svincolarsi da quello dei contadini, intorno
alla metà degli anni settanta. Un altro sarebbe ripercorrere
le tappe di quello che fu “La voce del popolo”,
il settimanale che Correa fondò sette anni fa e che ha
dato vita alla Op cui hanno aderito minatori e studenti tornati
nella loro città dopo aver frequentato l'università
a Guadalajara, a Monterrey o nel D.F. Poi ci sarebbe la storia
di Benjamin Correa, del suo stile da formichina, che lo ha portato
a conoscere Santa Ana come nessun altro - e quando dico conoscere
intendo anche in senso biblico, visto che gli sfottò
dei suoi amici in macchina gli attribuivano almeno sette famiglie,
nonostante lui sia ufficialmente scapolo. Un'altra storia ancora
sarebbe quella dell'opera compiuta in città da due vecchi
comunisti, un minatore detto don Andres, pensionato, e un commerciante,
che furono i primi ad avviare l'esperienza sul terreno elettorale.
C'è un quinto modo per accostarsi alla storia di questo
comune, ed è raccontare dello studio legale del popolo
messo su da Mercado che in tre anni ha assistito contadini defraudati
della loro terra, commercianti e maestri di scuola licenziati.
L'ultima possibilità è ripercorrere la genesi
di questa amministrazione comunale a partire dagli abusi messi
in atto dai cacicchi del Pri e dalla grande abbuffata populista.
Non c'è che da scegliere.
I miei compagni di viaggio, a bordo di una Renault sgangherata,
mi suggeriscono di ricostruire la storia dei morti di Santa
Ana come settima possibilità: Madera il Camuso, a cui
hanno sparato da un montacarichi quando iniziava a organizzare
i minatori; donna Jeronima, titolare di una polleria al mercato,
uccisa durante la manifestazione del 20 aprile da una pallottola
vagante; Quintin Ramirez, contadino di 45 anni, impiccato sulla
porta della sua baracca dai sicari dei latifondisti; sette bambini
morti di epidemia sul finire degli anni ottanta; Daniel Contreras,
investito dal figlio ubriaco di Simpson, direttore della Santa
Ana Mining Co.; Lisandro Vera, studente di diritto e primo capo
della polizia municipale di Santa Ana, colpito all'uscita dal
penitenziario; Manuel, operaio della Coca-Cola, pugnalato da
un crumiro prezzolato dal Pazienda mentre era di picchetto durante
lo sciopero; il maestro Elpidio, secondo capo della polizia
municipale di Santa Ana, mentre inseguiva un camion carico di
marijuana a quindici chilometri dalla città.
Ecco un altro modo per raccontare questa città su cui
avevo fantasticato attraverso le foto, e che immaginavo come
un grande spiazzo pieno di bandiere rosse. Città che
ora comincio a vedere da vicino, col suo groviglio di strade
asfaltate e acciottolate, i supermercati, la piazza del municipio,
una fitta rete di poteri e di passioni, una libreria (!), undici
sale cinematografiche, undici bordelli (dichiarati e stanziali),
tre parcheggi di taxi, 117 delitti passionali al semestre, 1654
matrimoni all'anno, 231.000 abitanti, 21 chiese, 42 scuole elementari,
quattro medie, una superiore, un Gigante, un Blanco, un Oxxo,
un regista cinematografico, 16 hotel, il 28% della produzione
nazionale di stagno, un circo ogni due mesi, un'amministrazione
di sinistra che ha vinto le elezioni con 86.000 voti contro
12.000, una montagna di polvere e terra che contaminano la purezza
dell'arietta di montagna.
***
12. Niente e meglio di un avvocato
- Chi è privo di manie scagli la prima pietra -, disse
tra sé Josè Daniel Fierro considerando quanto
gli sarebbe parso ridicolo alternare ogni notte la giacca e
i pantaloni del pigiama, se l'avesse visto fare a qualcun'altro.
Poi continuò la sua riflessione, elencando una serie
di manie e stropicciandosi ferocemente gli occhi nel tentativo
di aprirli alla luce del giorno:
a) Fare la spremuta d'arancia a mano pur avendo in casa lo spremiagrumi
elettrico. Mania che aveva difeso con le unghie e con i denti,
arrivando persino a tagliare il filo dello spremiagrumi quando
Ana aveva proposto dl farlo riparare, poiché lui le nascondeva
la sua ossessione sostenendo che fosse rotto.
b) Spezzare la focaccia in due prima di mangiarla, cosa che
negli ultimi quarantacinque anni gli aveva procurato l'odio
dei venditori di focacce, i quali lo consideravano un nemico
della loro perizia culinaria, un corruttore di costumi, un ficcanaso
figlio di puttana che chissà cosa diavolo cerca li dentro.
c) Pisciare seduto. Usanza femminile, pericolosa se scoperta,
vecchia di secoli e nata per il gusto di leggere chiuso in bagno,
lontano, completamente isolato grazie ad una porta chiusa a
chiave e inaccessibile alle molestie esterne.
d) Togliersi il cerume dalle orecchie con un cerino per poi
accenderlo, anche se non prendeva fuoco quasi mai e si limitava
a produrre un fumo acre e insignificante.
Interruppe l'elenco che avrebbe potuto essere infinito, e si
diresse alla finestra con addosso la sola giacca del pigiama…
***
[…]
-E lei perché è di sinistra?
-Perché nell’altra vita ero di destra e mi sono
sputtanato la coscienza
-No, sul serio.
-Vediamo-disse José Daniel grattandosi i baffi con il
calcio del fucile nuovo, abitudine che il Cieco deplorava in
quanto poco professionale.-Con tutto quello che la gente di
Queens a New York butta via in una notte, si potrebbe attrezzare
un intero quartiere di Cuzco diecimila volte meglio di come
è adesso. Con gli avanzi di un ristorante medio di Caracas,
mangerebbero per cinque giorni sessanta famiglie algerine. Gli
scapoli che passeggiano di notte a Buenos Aires farebbero la
felicità di zitelle che sognano solitarie guardando le
stelle di Bangkok. I libri che ho acquistato e non ho mai letto
risolverebbero i problemi della biblioteca di una scuola media
di Camaguey. Con lo stipendio di un tranviere del Distretto
Federale si alloggia un giorno al Cesar Palace di Las Vegas.
Con i discorsi di un governatore del Pri messicano si possono
mandare in tilt sei macchine della verità. Con il fuoco
che c’è nelle poesie di Vallejo si possono cuocere
tutti gli hot dog che si consumano in un giorno a Monterrey.
Con le parole che ho impiegato in trentacinque anni per spiegarlo,
trasformate in pietre, avremmo costruito a Texcoco tre piramidi
di Cheope…E’ chiaro?
[…]
***
57. Cara Ana - 23 aprile
23 aprile
Cara Ana,
Il romanzo continua, è la storia di
un gioco. Le persone muoiono e coloro che le uccidono credono
di farlo per un motivo, in realtà agiscono istigati da
altri che a loro volta hanno un altro motivo, e così
via. Perciò non si capisce molto bene perché la
gente muore in questo libro.
I personaggi sono un'americana che viene in Messico a trovare
il suo ex marito per strappargli gli alimenti, l'ex marito che
non vuole darglieli, un paio di sicari che uccidono la donna
per mettere alle strette l'ex marito, il nemico dell'ex marito
che è colui che in realtà li mette contro di lui,
un amico dell'ex marito che tratta con gli assassini, e uno
sceriffo di paese continuamente depistato, a mezza strada tra
una gloria fittizia e la follia.
Il bello del romanzo è che lo sceriffo non scopre niente,
le cose accadono e basta. Ecco cosa mi piace di questo libro,
che non c'è una fine, che non si conclude, che, come
ti dicevo dei miei giorni a Santa Ana, è come la vita.
Che te ne pare?
Con nostalgia, JD
***
61. Cara Ana - 23 aprile II
23 aprile
Cara Ana,
fine del romanzo: lo sceriffo di paese non
riesce a capirci niente anche se, senza volerlo, scopre tutto.
I cattivi della storia si ammazzano tra loro e lui resta a guardare
l'ecatombe.
Era un romanzo di “passioni scoperte” , nel senso
che non erano “segrete” , che di queste non scrive
più nessuno.
Tutto ruota attorno ad un cacicco di provincia senza tatuaggi,
che fotte un mucchio di gente che invece i tatuaggi ce li ha.
Uno lo tiene nascosto e intanto lo spreme a dovere, un'altra
la fa ammazzare, ad altri ancora ordina di abbandonare un'auto
rossa in una certa via. La storia è piuttosto complicata.
Non so ancora se mi piacerebbe scriverla, credo di no, non fa
presa, non ha una struttura drammatica, i personaggi negativi
(come direbbero i miei amici cubani) sono sfumati. Non credo
che mi piacerebbe scriverla.
Anzi, sono sicuro che non mi piacerebbe affatto.
Ma ti amo, JD
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