Paco Ignacio Taibo II

 

Come la vita
1987 - Marco Troppa Editore pag.175


 

Jose Daniel Fierro, democratico convinto e indolente autore di gialli che “scrive sempre di partire, e invece resta”, dal piovoso Distrito Federal si ritrova catapultato quasi per scherzo, come capo della polizia, nel "comune rosso" di Santa Ana, cittadina mineraria del Nord messicano in mano a latifondisti e uomini senza scrupoli. Ad accoglierlo, una sparatoria all'ora di pranzo e una serie di cadaveri. Accompagnato da una sgangherata combriccola di compagni, con una spilla dell'Uomo Ragno come distintivo, lo sceriffo-scrittore Jose Daniel trasformerà l'indagine in un'avventura scoppiettante, al termine della quale scoprirà tutto senza in realtà scoprire niente. Il caso si risolverà da sé, la storia si scriverà da sola. Come la vita. Perché in fondo la differenza tra scrivere a vivere "è solo una questione di chilometri".

***

 

 

1. Sotto la pioggia nel D.F

- Se in questa città non piovesse, sarei gia andato via da un pezzo -, pensava Josè Daniel Fierro riflettendo sui suoi pensieri; perché alcuni erano oggetto del suo lavoro, pensieri da riutilizzare che formavano frasi e prendevano la strada della macchina da scrivere. Quella riflessione era sua, ma avrebbe anche potuto essere del vecchio seguace di Pancho Villa che lavorava in un negozio di ferramenta a circa metà del terzo capitolo del romanzo che stava scrivendo. - Se non piovesse -... scriveva col pensiero, guardando le gocce d'acqua che si schiantavano contro i doppi vetri di fronte al suo tavolo bianco, e senza sentirlo immaginava il loro splash, i piccoli plop. Doveva imprimere alla frase un po' del suono del vento, che spingeva la pioggia contro la finestra e si trasformava in immagine letteraria scuotendo l'alloro solitario del viale, facendolo danzare. - Se non ci fosse l'alloro -, anche in quel caso sarebbe andato via, lui, non il vecchio del terzo capitolo. Scriveva sempre di partire, e invece restava. Si accese una Mapleton con la cicca della precedente. Ana, seduta alle sue spalle su una poltrona bianca, levò lo sguardo dal libro che stava leggendo e tese una mano per rubargli una sigaretta.
- Sai quanto ci costa fumare?
- Josè Daniel si lisciò i baffoni neri guardando la pioggia.
- Quarantaduemila pesos al mese, che te ne pare? L'enfisema polmonare è la malattia più cara del mondo.
- Una volta ho sentito di una sifilide costata a un tale duecentomila pesos.
- Non attacca. Piantala - disse Ana. - Un caffè? - Un cognac doppio.
- A pensarci bene, l'alcolismo è ancora più caro - disse lei avviandosi in cucina. A metà strada, il campanello le fece cambiare direzione.
Josè Daniel Fierro si toccò il gomito, la pioggia gli procurava l'artrite.
L'esordio doveva essere convincente, solo uno scrittore di serie B avrebbe iniziato un capitolo dicendo: -Se in questa città non piovesse...-. Cercò di evitare che la conversazione sulla porta gli facesse perdere il filo. C'era quasi. Batte i tasti riscattando il foglio dal suo biancore infetto: - Un bravo detective non può che vivere in una città dove piove così-.
- Daniel, ci sono visite per te - disse Ana, quasi soffiandogli le parole sulla peluria della nuca.
Josè Daniel si voltò a guardare i nuovi arrivati: un giovane spettinato con giaccone di panno, stivali e occhiali molto spessi; un barbuto sulla quarantina dallo sguardo fiero; un uomo sui 35 anni, molto scuro e con gli occhi verdi, che aveva visto tante volte in fotografia.
- Prego, accomodatevi - disse ai tre, attenti a non sporcare il tappeto bianco con i loro stivali. Si avvicinarono tendendogli la mano. Lo scrittore girò la sedia per mettersi di fronte al suoi ospiti, e lasciò loro le due poltrone; Ana restò vigile sulla porta col suo fare da anfitriona-padrona.
- Siamo della commissione - disse il giovane con gli occhiali.
- Piove a dirotto - disse Josè Daniel tanto per dire qualcosa.
- Gliene hanno già parlato, vero? - chiese l'uomo dagli occhi verdi.
- Tu sei Benjamin Correa - disse lo scrittore, il giovane annuì.
- Macario, il dirigente della sezione 23 e Fritz, il direttore della nostra stazione radio – rispose indicando i due compagni.
- No, nessuno mi ha detto niente, ma non importa - disse lo scrittore. - In cosa posso esservi utile? E’ per la settimana culturale di Santa Ana? Ho gia detto di si, che ci andrò, e ho firmato il manifesto. E’ uscito oggi, vero?
- Ci serve un'altra firmetta - disse il capo dei minatori.
- Un assegno?
I tre si misero a ridere.
- No, compagno Fierro, peggio - disse Fritz Glockner. Josè Daniel Fierro sorrise.
- Vogliamo che lei diventi il capo della polizia di Santa Ana - disse il sindaco “rosso”. I tre risero.
Josè Daniel Fierro emise una risatina riluttante, incerta.
- Volete che scriva un romanzo poliziesco su Santa Ana?
- No. Vogliamo che diventi il capo della polizia di Santa Ana.
- Ma bene, che bella idea! - esclamò Ana.
- Sul serio? - chiese lo scrittore.
- Certo - disse Benjamin Correa, accendendosi una Delicado senza filtro. Macario, il minatore, annuì con un sorriso furbo. Josè Daniel Fierro li fissò attentamente cercando di non incrociare lo sguardo di sua moglie.
- Aspettate un momento, vediamo di capirci. Voi volete che io venga a Santa Ana a occuparmi della polizia? Si tratta della municipale, vero? I tre annuirono.
- Io penso che quello che voi state facendo sia molto importante. In mezzo a tanta merda la vostra esperienza è fondamentale. Fin qui siamo d'accordo. Sia chiaro. Io firmo manifesti, partecipo alle manifestazioni, scrivo di voi quando posso se ho qualcosa da dire, do un appoggio economico, vengo a Santa Ana per la settimana culturale; queste sono tutte cose che so fare, che posso fare. Fin qui d'accordo, ve l'ho gia detto... Ma mettersi a capo della polizia è una follia. Io ho cinquant'anni...
- Cinquantadue - disse Ana dal suo angolino.
- Ne compio cinquantuno tra un mese... - le rispose subito Josè Daniel.
- Non ho mai usato una pistola in vita mia.
- Mai? - chiese Macario, che non si capacitava del fatto che in Messico ci fosse ancora qualcuno che non aveva mai sparato un colpo.
- Però in “Morte all'imbrunire” racconta tutto di una calibro 45: l'urto, il rinculo, la precisione, la sicurezza... - disse Fritz Glockner sorridendo.
- Tutta roba che ho tirato fuori da un manuale di armi italiano - rispose lo scrittore giustificandosi. - E poi, che importanza ha? Non ho nessuna esperienza reale in fatto di indagini. La mia è solo fantasia, soltanto letteratura.
- Ne “La testa di Pancho Villa” racconta la storia di quella truffa in banca, è così che a Santa Ana abbiamo scoperto come funzionano.
- Beh, capita. Merda! Devo spiegarvi io la differenza che c'è tra scrivere e vivere?
- Nessuna - disse il sindaco rosso. - E’ solo questione di chilometri. Chi ci capisce qualcosa di polizia in Messico? Nessuno. Solo lei, scrittore. E chi è che ha scritto undici romanzi? Anzi, me ne manca uno, quello dei braccianti...
- Il salario - disse Josè Daniel. - Devo averne ancora qualche copia...
- Forse la verità è che non riusciamo a spiegarci - disse Fritz. - Mettiamola così: in un anno e mezzo a Santa Ana, sono stati assassinati due capi della polizia municipale. La polizia di stato cerca di fotterci con ogni mezzo, abbiamo bisogno di una squadra efficiente, di qualcuno che non possano uccidere senza provocare un casino a livello nazionale, addirittura internazionale; per esempio uno scrittore che ha appena vinto il Gran Premio di Letteratura poliziesca di Grenoble, o che viene intervistato dal “New York Times”. Uno che pur essendo di sinistra partecipa al programma di Rocha ogni Volta che esce un suo nuovo libro. Uno che non possano far fuori e che abbia anche il cervello, le idee, lo spirito dell'investigatore, uno che dia una mano alla città e che allo stesso tempo faccia abbassare la cresta a quelli del Pri e al governo statale, qualcuno di cui Santa Ana si ricorderà.
- Capisco, però dovete tener conto di una cosa. Io sono uno scansafatiche. Ho paura. Questo paese mi mette ogni giorno più paura. Se continuo a parlare e a scrivere è soltanto perché mi spaventa di più star zitto.
- Non è di coraggiosi che abbiamo bisogno, a quello pensiamo noi - disse il sindaco. - Possiamo contare su almeno una decina di uomini pronti a buttarsi a mani legate nella gabbia dei leoni e a farli a pezzi... Ci serve uno come lei. Provi a immaginare: - Josè Daniel Fierro, capo della polizia di Santa Ana -.
- Me lo immagino, certo.
- Chiedo il divorzio, attento! - disse Ana.
- Di chi è stata l'idea? - chiese lo scrittore.
- Ci stavamo ancora pensando e ne abbiamo parlato un po' in giro, finché poi Carlos Monsivais ci ha suggerito lei.
- Bello scherzetto, non c'è che dire.
- Ci pensi, maestro. Oltre a dare una mano a Santa Ana, provi a immaginare quanti romanzi polizieschi può ricavarne. Dalle nostre parti abbiamo delitti grandiosi - disse Fritz.
- Ci fanno la guerra - disse il sindaco, e Josè Daniel capì in che modo avesse raggiunto quella carica. Metteva nelle parole un'intensità che afferrava allo stomaco chi lo ascoltava e non lo mollava più. - Siamo accerchiati, ci tagliano i bilanci, i cacicchi ci mettono i bastoni tra le ruote, i fondi del comune sono bloccati, ci provocano, ci infangano con la propaganda più falsa di tutta la storia del Messico. Tra otto mesi ci saranno le elezioni: se vinciamo ci spediscono subito l'esercito, se perdiamo ci smantellano l'Organizzazione popolare che abbiamo messo su. Ci serve tutto l'aiuto possibile. Abbiamo bisogno di un capo della polizia... E allora?
- Piove molto a Santa Ana?
- Tutti i giorni - rispose Macario.
- Mai - disse Fritz Glockner.
- Lo vedrà - rispose il sindaco.
- Chiedo il divorzio - disse Ana. - Giuro che chiedo il divorzio.


' Distrito Federal, il distretto amministrativo nel cui territorio a compresa Città del Messico. E l'espressione impiegata più di frequente per indicare la capitale.
'' Ricardo Rocha, anchorman motto popolare delta televisione messicana.
''' Pri, Acronimo di Partido Rivolucionario Institucional, il partito di govero messicano.

***


2. Appunti sulla storia del comune rosso di Santa Ana
dl Josè Daniel Fierro


Ho scoperto che ci sono almeno sei modi diversi per iniziare la storia del comune rosso di Santa Ana, e tutti durante un viaggio in auto lungo la panamericana, diretto a nord insieme a tre singolari compagni di viaggio. Uno potrebbe essere quello di raccontare la lotta sostenuta dalla sezione 23 del sindacato dei minatori per svincolarsi da quello dei contadini, intorno alla metà degli anni settanta. Un altro sarebbe ripercorrere le tappe di quello che fu “La voce del popolo”, il settimanale che Correa fondò sette anni fa e che ha dato vita alla Op cui hanno aderito minatori e studenti tornati nella loro città dopo aver frequentato l'università a Guadalajara, a Monterrey o nel D.F. Poi ci sarebbe la storia di Benjamin Correa, del suo stile da formichina, che lo ha portato a conoscere Santa Ana come nessun altro - e quando dico conoscere intendo anche in senso biblico, visto che gli sfottò dei suoi amici in macchina gli attribuivano almeno sette famiglie, nonostante lui sia ufficialmente scapolo. Un'altra storia ancora sarebbe quella dell'opera compiuta in città da due vecchi comunisti, un minatore detto don Andres, pensionato, e un commerciante, che furono i primi ad avviare l'esperienza sul terreno elettorale. C'è un quinto modo per accostarsi alla storia di questo comune, ed è raccontare dello studio legale del popolo messo su da Mercado che in tre anni ha assistito contadini defraudati della loro terra, commercianti e maestri di scuola licenziati. L'ultima possibilità è ripercorrere la genesi di questa amministrazione comunale a partire dagli abusi messi in atto dai cacicchi del Pri e dalla grande abbuffata populista. Non c'è che da scegliere.
I miei compagni di viaggio, a bordo di una Renault sgangherata, mi suggeriscono di ricostruire la storia dei morti di Santa Ana come settima possibilità: Madera il Camuso, a cui hanno sparato da un montacarichi quando iniziava a organizzare i minatori; donna Jeronima, titolare di una polleria al mercato, uccisa durante la manifestazione del 20 aprile da una pallottola vagante; Quintin Ramirez, contadino di 45 anni, impiccato sulla porta della sua baracca dai sicari dei latifondisti; sette bambini morti di epidemia sul finire degli anni ottanta; Daniel Contreras, investito dal figlio ubriaco di Simpson, direttore della Santa Ana Mining Co.; Lisandro Vera, studente di diritto e primo capo della polizia municipale di Santa Ana, colpito all'uscita dal penitenziario; Manuel, operaio della Coca-Cola, pugnalato da un crumiro prezzolato dal Pazienda mentre era di picchetto durante lo sciopero; il maestro Elpidio, secondo capo della polizia municipale di Santa Ana, mentre inseguiva un camion carico di marijuana a quindici chilometri dalla città.
Ecco un altro modo per raccontare questa città su cui avevo fantasticato attraverso le foto, e che immaginavo come un grande spiazzo pieno di bandiere rosse. Città che ora comincio a vedere da vicino, col suo groviglio di strade asfaltate e acciottolate, i supermercati, la piazza del municipio, una fitta rete di poteri e di passioni, una libreria (!), undici sale cinematografiche, undici bordelli (dichiarati e stanziali), tre parcheggi di taxi, 117 delitti passionali al semestre, 1654 matrimoni all'anno, 231.000 abitanti, 21 chiese, 42 scuole elementari, quattro medie, una superiore, un Gigante, un Blanco, un Oxxo, un regista cinematografico, 16 hotel, il 28% della produzione nazionale di stagno, un circo ogni due mesi, un'amministrazione di sinistra che ha vinto le elezioni con 86.000 voti contro 12.000, una montagna di polvere e terra che contaminano la purezza dell'arietta di montagna.

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12. Niente e meglio di un avvocato


- Chi è privo di manie scagli la prima pietra -, disse tra sé Josè Daniel Fierro considerando quanto gli sarebbe parso ridicolo alternare ogni notte la giacca e i pantaloni del pigiama, se l'avesse visto fare a qualcun'altro. Poi continuò la sua riflessione, elencando una serie di manie e stropicciandosi ferocemente gli occhi nel tentativo di aprirli alla luce del giorno:
a) Fare la spremuta d'arancia a mano pur avendo in casa lo spremiagrumi elettrico. Mania che aveva difeso con le unghie e con i denti, arrivando persino a tagliare il filo dello spremiagrumi quando Ana aveva proposto dl farlo riparare, poiché lui le nascondeva la sua ossessione sostenendo che fosse rotto.
b) Spezzare la focaccia in due prima di mangiarla, cosa che negli ultimi quarantacinque anni gli aveva procurato l'odio dei venditori di focacce, i quali lo consideravano un nemico della loro perizia culinaria, un corruttore di costumi, un ficcanaso figlio di puttana che chissà cosa diavolo cerca li dentro.
c) Pisciare seduto. Usanza femminile, pericolosa se scoperta, vecchia di secoli e nata per il gusto di leggere chiuso in bagno, lontano, completamente isolato grazie ad una porta chiusa a chiave e inaccessibile alle molestie esterne.
d) Togliersi il cerume dalle orecchie con un cerino per poi accenderlo, anche se non prendeva fuoco quasi mai e si limitava a produrre un fumo acre e insignificante.
Interruppe l'elenco che avrebbe potuto essere infinito, e si diresse alla finestra con addosso la sola giacca del pigiama…

***


[…]
-E lei perché è di sinistra?
-Perché nell’altra vita ero di destra e mi sono sputtanato la coscienza
-No, sul serio.
-Vediamo-disse José Daniel grattandosi i baffi con il calcio del fucile nuovo, abitudine che il Cieco deplorava in quanto poco professionale.-Con tutto quello che la gente di Queens a New York butta via in una notte, si potrebbe attrezzare un intero quartiere di Cuzco diecimila volte meglio di come è adesso. Con gli avanzi di un ristorante medio di Caracas, mangerebbero per cinque giorni sessanta famiglie algerine. Gli scapoli che passeggiano di notte a Buenos Aires farebbero la felicità di zitelle che sognano solitarie guardando le stelle di Bangkok. I libri che ho acquistato e non ho mai letto risolverebbero i problemi della biblioteca di una scuola media di Camaguey. Con lo stipendio di un tranviere del Distretto Federale si alloggia un giorno al Cesar Palace di Las Vegas. Con i discorsi di un governatore del Pri messicano si possono mandare in tilt sei macchine della verità. Con il fuoco che c’è nelle poesie di Vallejo si possono cuocere tutti gli hot dog che si consumano in un giorno a Monterrey. Con le parole che ho impiegato in trentacinque anni per spiegarlo, trasformate in pietre, avremmo costruito a Texcoco tre piramidi di Cheope…E’ chiaro?

[…]

***


57. Cara Ana - 23 aprile

23 aprile
Cara Ana,

Il romanzo continua, è la storia di un gioco. Le persone muoiono e coloro che le uccidono credono di farlo per un motivo, in realtà agiscono istigati da altri che a loro volta hanno un altro motivo, e così via. Perciò non si capisce molto bene perché la gente muore in questo libro.
I personaggi sono un'americana che viene in Messico a trovare il suo ex marito per strappargli gli alimenti, l'ex marito che non vuole darglieli, un paio di sicari che uccidono la donna per mettere alle strette l'ex marito, il nemico dell'ex marito che è colui che in realtà li mette contro di lui, un amico dell'ex marito che tratta con gli assassini, e uno sceriffo di paese continuamente depistato, a mezza strada tra una gloria fittizia e la follia.
Il bello del romanzo è che lo sceriffo non scopre niente, le cose accadono e basta. Ecco cosa mi piace di questo libro, che non c'è una fine, che non si conclude, che, come ti dicevo dei miei giorni a Santa Ana, è come la vita.
Che te ne pare?

Con nostalgia, JD

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61. Cara Ana - 23 aprile II


23 aprile
Cara Ana,

fine del romanzo: lo sceriffo di paese non riesce a capirci niente anche se, senza volerlo, scopre tutto. I cattivi della storia si ammazzano tra loro e lui resta a guardare l'ecatombe.
Era un romanzo di “passioni scoperte” , nel senso che non erano “segrete” , che di queste non scrive più nessuno.
Tutto ruota attorno ad un cacicco di provincia senza tatuaggi, che fotte un mucchio di gente che invece i tatuaggi ce li ha. Uno lo tiene nascosto e intanto lo spreme a dovere, un'altra la fa ammazzare, ad altri ancora ordina di abbandonare un'auto rossa in una certa via. La storia è piuttosto complicata. Non so ancora se mi piacerebbe scriverla, credo di no, non fa presa, non ha una struttura drammatica, i personaggi negativi (come direbbero i miei amici cubani) sono sfumati. Non credo che mi piacerebbe scriverla.
Anzi, sono sicuro che non mi piacerebbe affatto.

Ma ti amo, JD

 


 

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