Paco Ignacio Taibo II

 

A Quattro Mani
1991 - Ediz. Ponte alle Grazie pag.432


 

Il 23 luglio del 1923 Stan Laurel varca la frontiera per il Messico portando con sè otto bottiglie
di gin olandese che aspettano solo di essere bevute. A cosa è dovuta la sbornia colossale che ha in programma? E l'assassinio di Pancho Villa che di lì a poco avverrà sotto i suoi occhi è reale o è frutto dei fumi dell'alcool? Riuscirà l'ottavo nano di Biancaneve a smascherare le losche manipolazioni dello Shit Department della CIA? E perché Stoyan Vasilev dalle carceri staliniane riscrive la sua versione di Addio a Mompracem di Salgari?
A queste e ad altre ancor più inquietanti domande potranno forse rispondere Julio il Ciccio e Greg il Piccoletto, uno messicano, l'altro gringo, due giornalisti che tra un battibecco e l'altro trovano il tempo per interessarsi di complotti internazionali sandinisti, piste bulgare, infiltrazioni di servizi segreti. Il romanzo più frenetico, traboccante e struggente sgorgato dalla penna del più grande scrittore messicano contemporaneo.


 

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frammenti

13
IL RUOLO DI DIO...

...aveva il suo equivalente preciso nei fatti terreni di ciò che è dato chiamare lavori di intossicazione che non sono altro che procedimenti di disinformazione sofisticata e indotta per far credere agli altri quello che uno vuole che credano; in sintesi, le belle arti del lavoro di spionaggio. I classici della questione pensano che il centro vitale dello spionaggio consista nel sapere cose sui tuoi nemici che loro ignorano che tu sai. Si sbagliano. Il gioco più grande, gli intrecci più complessi dello spionaggio consistono nell'intossicazione. Che gli altri sappiano quello che tu vuoi che sappiano, sia questo vero o falso, che agiscano a seconda dell'informazione che tu gli somministri, che i loro vincoli con la realtà siano mediati dagli occhiali scuri che tu gli infili.
Alex sembrava pensare che Dio si fosse dedicato alla questione quando aveva dettato la bibbia, e che la prova più evidente si poteva trovare nell'apocrifa descrizione del paradiso. Alex pensava che Dio fosse un disinformatore di seconda categoria.
La seconda operazione dell'SD prese forma da una nota in codice del direttore delle operazioni della CIA, collocata a margine di un documento classificato con il livello massimo di sicurezza usato in quei giorni: top secret only for your eyes che circolò fra diciassette persone incluso un cugino del presidente degli Stati Uniti che si trovava in visita nell'ufficio ovale e che si era ritrovato qualche istante da solo col documento mentre il fratello andava a pisciare. Si trattava di una valutazione delle contraddizioni a livello direttivo del Movimento delle Forze Armate portoghesi. L'appunto del direttore delle operazioni diceva “utilizzarle”. Alex ricevette il documento, un'autorizzazione a fare resuscitare l'SD, un preventivo e tre mesi di tempo.
Invece di partire per Lisbona imparò il documento a memoria, prese un aereo per New York e passeggiò per Manhattan. La camminata lo convinse della validità delle sue profonde convinzioni antiecologiste. Giurò che non sarebbe mai più tornato a lavorare a Langley, di cui odiava i boschi e gli uccellini che si avvicinavano alle finestre degli uffici e che venivano trattati come funzionari di secondo rango del KGB. Lui preferiva New York, anche se non per i motivi che si possono immaginare. Manhattan non possedeva il fascino che gli abitanti dell'isola rivendicavano alla propria terra e che i turisti accettavano come reale. Alex la vedeva come il più grande rifugio per anormali nella storia dell'umanità. Passeggiare qualche ora per quelle strade lo metteva in contatto con così tante vibrazioni demenziali che si sentiva spiritualmente alimentato per le successive dieci settimane.

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19

STORIE DI GIORNALISTI (RACCONTA GREG)

Sono membro di una dozzina di minoranze, mi dissi, accendendo una Delicados col filtro. Mi ero riempito lo zaino di sigarette durante il trasbordo che avevamo fatto all'aeroporto di Città del Messico, sufficienti per questo e per gli altri sedicimila voli con paracadute verso il nulla che il mestiere ci avrebbe fatto intraprendere. Sono membro di una dozzina di minoranze e me lo devo ripetere prima di ogni inizio, dopo qualsiasi sogno, giusto prima di ogni mattino, per non scordarmelo. A Los Angeles sono membro onorario della minoranza di fumatori e nel mio quartiere della quasi estinta minoranza di eterosessuali; sono gringo a Managua, yanki in Cile, yuma a L'Avana e tifoso dei Lakers quando vado a New York; sono membro della minoranza di assidui lettori delle opere di Kafka e membro della iperminoranza dei giornalisti che preferiscono una macchina fotografica nordamericana a una giapponese. Quando queste condizioni di marginale volontario restano nascoste in qualche angolo della memoria, mi ricordo che sono membro della minoranza per natura, quella degli ebrei, questi strani tipi che si sentono obbligatoriamente minoritari ed esclusi allo stesso modo sia a Broadway che all'interno di una sinagoga o nel parlamento di Israele... A volte tutto questo è fastidioso, come un foruncolo nel sedere, ma nella maggioranza dei casi risulta un pregio, perché ti rende sfiduciato, sulle difensive, diffidente, professionalmente paranoico, insomma tutto quello che presto o tardi si trasforma in una virtù per il nostro ambiente.
Ciccio non ha voluto accettare una sigaretta. Quando lavorava non fumava, diceva che lo rendeva nervoso, fortunatamente lavorava poco e fumava in tutte le altre occasioni. Una volta ho scoperto della cenere accanto al gabinetto nella mia casa di Los Angeles; fatto che non mi ha mai voluto spiegare, per quanto glielo abbia chiesto con le dovute maniere. Fumava quando cagava?

***

Vuotò la coppa d'un colpo, prese la bottiglia e si servì di nuovo. Il vino traboccò e qualche goccia sulla tavola macchiò la nuova serie di passaporti messicani che Longoria falsificava nei momenti di ozio per i ragazzi salvadoregni.
- Brindò ai nani, perché loro vedono le cose nella giusta e umile dimensione, dal basso. Brindò alla Senna e agli usi costruttivi della nitroglicerina. Brindò ai vecchi amici. Che le loro ossa possano concimare i cimiteri della nostra memoria.
Bevve ancora. Poteva trovarsi a Parigi o a Città del Messico. Gliene importava tre par di coglioni. Finché non dimenticava i vecchi compagni, finché ricordava puntualmente da che parte della barricata vivono, dormono, si coricano e si alzano quelli buoni per veder sorgere il sole.
A quel punto alzò la bottiglia e disse:
- A morte i cattivi! - e se la trangugiò fino all'ultima goccia.

 

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73

SD VOLEVA DIRE..
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... Shit Department, Dipartimento della Merda, ed era esattamente ciò che Alex era capace di distribuire a livello internazionale, nazionale, e locale, utilizzando vari mezzi come DHL, lettere raccomandate, il telefono (comprese le chiamate a carico del destinatario) e i pony express in motorino che si usavano a New York. Ma c'era ancora qualcosa che impediva di cominciare i bombardamenti...
E se stavano facendo in modo che lui affrontasse le persone sbagliate? E se Quinn fosse stato il portavoce di una manovra diversiva per costringerlo a sparare le sue salve contro chi non c'entrava?
Alex aveva chiuso la finestra dell'SD obbligando quelli che volevano entrare a utilizzare la vecchia via, e rimuginava i dati che Quinn gli aveva messo in mano. Leila lo guardava senza azzardarsi ad attraversare la soglia, bevendo una tazza di caffè.

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STORIE DI GIORNALISTI (RACCONTA GREG)

C'e una canzone di G. Brown in Havana Moon, un disco di Santana, che ripete a ritmo country la frase “E tutti se ne andarono in Messico”, ci andarono i suoi amici, ci andarono i suoi compagni, ci andò persino il suo cane. Immagino che formi parte della congiunzione di due delle più sane tradizioni nordamericane: mettersi in strada (grazie Woody Guthrie, Kerouac, Wyatt Earp, Bob Dylan, John Dos Passos, Calamity Jane, L'uomo Ragno, John Garfield, Ernest Hemingway) e scendere verso la frontiera, cercare il sud (grazie John Reed, Indiana Jones, James Taylor, Clint Eastwood, John Houston, Babe Ruth, Carleton Beals, Mike Gold, Burt Lancaster).
Suppongo che io me ne fossi andato al sud varie volte negli ultimi anni per quei due stessi motivi nazionali. Ma non era facile scendere a sud. Ogni conoscenza richiede l'assunzione per dosi, equivalente in peso e importanza, al motivo che ti spinge a farlo. Essere UScitizenUSbornGringo in America Latina è un passatempo per incoscienti, gangster a buon mercato, missionari commercianti, radicali al limite della pensione, freak, illusi o crociati. Tutti questi vanno a sud della nostra frontiera per via dei loro demoni. Viaggiano con i propri fantasmi. Poi ci siamo noi, gli altri, quelli che pensano che non ci siano frontiere, ne paesi, ma solo paesaggi e canzoni cantate in lingue che a volte non si conoscono. Tra tutti i mostri che viaggiano verso sud, noi siamo i più pericolosi, perché crediamo di non avere peccati originali da farci perdonare; perché pensiamo razionalmente di non essere troppo diversi, di poter coesistere con i nativi nei giusti termini: tu mi dai io ti do, tu mi sorridi io ti sorrido, anche se di notte abbiamo incubi dove bambini affamati e seminudi, i vivi fantasmi latinoamericani, ci indicano col dito. Scendere a sud, è, come sapevano Malcolm Lowry e Joseph Conrad e Ambrose Bierce, una discesa ai propri inferi. Abbandonando l'ingannevole paradiso nordamericano, il vero inferno, i demoni attaccano, cercano di fuggire dalla pelle ed erompere fuori. Lo sappiamo quando viaggiavamo verso sud, conosciamo i marziani che giocano a ping pong nelle nostre teste. E tutto sommato ci piace essere così, e non in un altro modo. Quello che non ha l'inferno dentro sarà contento di morire davanti al suo televisore in un posto assurdo come Indianapolis.
Bene, io ero qui. E se a volte non ci capivo niente, nemmeno i nativi sembravano capirci molto; per lo meno di questa storia assurda, di quel che si deduceva leggendo i giornali. Glielo dissi al Ciccio. Mi rispose che quando si stava lavando i denti non aveva tempo per le merdate razziste nordamericane.

 


 

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